Apprendiamo da Rorate Caeli che il governo argentino ha espulso mons. Williamson dal territorio nazionale, ove attualmente risiede come ex (da poco) rettore del seminario di La Reya, nei sobborghi di Buenos Aires.
Egli dovrà lasciare il suolo argentino nel termine perentorio di dieci giorni: quindi entro il primo marzo prossimo.
L'ingiunzione è stata intimata su pretesto di una violazione di norme sull'immigrazione, avendo egli dichiarato alle autorità di essere un impiegato civile dell'associazione La Tradiciòn, anziché rivelare la sua vera attività sacerdotale.
Non sappiamo se sia stata una scelta intelligente quella di fare del vescovo negazionista una sorta di martire della libertà di pensiero (che paradosso, per un antiliberale!), un ghibellin fuggiasco per cui sono rispolverati istituti giuridici semimedioevali come l'esilio ed il bando.
Ma è una curiosa coincidenza che la scadenza dell'ultimatum del governo argentino coincida esattamente con l'altro termine perentorio che incombe sulla testa del vescovo: quello impostogli dalla Fraternità San Pio X (la fine di febbraio) per completare i suoi "studi" e ritrattare in modo convinto e convincente le sue asserzioni negazioniste. Sotto pena di essere espulso dalla Fraternità: lo ha rivelato in un'intervista ad una televisione tedesca Pater Matthias Gaudron del distretto di Germania della FSSPX (fonte: Cath.Net).
Che dire?
RispondiEliminaL'Argentina preferisce ospitare nazisti VERI,che hanno REALMENTE partecipato agli eccidi della Shoah.
Williamson è un agnellino rispetto a quelli.
Non si vuol fare rovinare la media.
Però anche Will! Non ha capito che la lesa Scioà è il massimo crimen nel mondo postbellico? Ci sono arrivati tutti (persino certe alte cariche dello Stato italiano!): sciorinare certe considerazioni in un paese la cui presidentessa risponde al nome di Kirchner è proprio dabbenaggine.
RispondiEliminal'unica religione rimasta lecita e contro la quale è vietato obiettare alcunchè
RispondiEliminaConfesso il mio totale sconcerto per la notizia.
RispondiEliminaPremetto di nutrire scarso interesse per la storiografia del XX secolo e, quindi, di non aver particolarmente approfondito il triste episodio delle persecuzioni operate dai socialisti di tendenza nazionalista germanica nei confronti degli Israeliti che, tuttavia, sarei orientato a considerare non già alla stregua in un "unicum", ma come uno dei purtroppo innumerevoli episodi che hanno costellato quel periodo; a mio avviso, di null'altro si è trattato, se non della diretta conseguenza di un hegeliano "sonno della ragione" generatore di mostri: in altri termini, di un consequenziale frutto di quella tendenza scellerata (già inaugurata dal giacobinismo che, a sua volta, non a caso, aveva dato luogo al primo genocidio sistematico della storia contemporanea) che ha preteso di sostituire il parametro morale dato da Dio con un fragile succedaneo offerto dalla fallibile ragione umana.
Per portare qualche sommario esempio: il genocidio degli Armeni, dei Kulaki russi, più recentemente dei Tutsi e, nel nostro (si fà per dire) piccolo, anche gli infoibati Istroveneti ne forniscono una triste (e trista) eloquente dimostrazione.
Ciò posto, tuttavia, così come non credo che lo Stato argentino abbia mai inteso espellere i rappresentanti diplomatici della Repubblica Turca (un Paese intiero ove, addirittura per Legge, lo sterminio degli Armeni deve essere negato!), non si comprende davvero sulla base di quale mai giustificazione etica si possa dare luogo ad un ostracismo nei confronti di un soggetto che, sul mero piano storico, si sia detto non convinto circa quello che, quantunque notevolmente deprecabile, altro non costituisce se non uno degli innumerevoli episodi raccapriccianti che hanno costellato lo scorso secolo.
In ogni caso, questa vicenda mi evoca, sin troppo da vicino, la figura "orwelliana" della "polizia della mente" e, a mio modesto avviso, paradossalmente contribuisce a gettare l'ombra del dubbio proprio su quella vicenda storica la cui memoria, al contrario, si era invece inteso onorare; questo giacché, come l'esperienza insegna, per il fatto che la "verità" stessa, allor quando venga ad essere imposta con la costrizione, cessa immediatamente di apparire come tale ...
Imerio
P.S. Grazie a DANTE PASTORELLI, per il graditissimo saluto
Meglio tacere. Qualunque cosa direi, sarebbe infierire su costui.
RispondiEliminaSperiamo si ravveda!
Di mons. Williamson, anche su questo blog, abbiamo parlato abbastanza. Più o meno tutti hanno apprezzato la serietà e la tempestività della reazione di mons. Fellay, e, credo, anche le scuse dello stesso Williamson che troppo tardi ha compreso il grave danno arrecato al Papa, alla stessa Fraternità ed a tutto il mondo cattolico che, pur con sfumature diverse,si riconosce in posizioni tradizionali.
RispondiEliminaHa promesso, il vescovo lefebvriano, di studiare per poter esprimere un giudizio più meditato sul tema della shoà.
Lasciamolo studiare in pace. Si assumerà la responsabilità dei suoi futuri più approfonditi convincimenti, visto ch'egli ha confessato di aver risposto alle domande dell'intervistatore sulla base di letture degli anni '80, e certamente non obbiettive.
Si è detto anche pronto a farsi da parte per non causare sofferenza alla Chiesa ed alla Fraternità S. Pio X.
Tuttavia, io che pure immediatamente ho stigmatizzato le sue parole, ritengo che un giudizio storico, per quanto superficiale, grave per il suo riduzionismo, non possa comportare un marchio d'infamia a vita ed un'autentica persecuzione.
Verra' il giorno che il povero Williamson sara' considerato un martire,non per quello che ha detto,che e' un parere storiografico disdicevole quanto volete,ma per come e' stato trattato da tutti,Chiesa in testa!
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