Federica Tourn, Marija Zidar, Il Domani, 15-4-23
Una società di cui nemmeno il superiore di Rupnik, padre Johan
Verschueren, delegato del Preposito generale della Compagnia di Gesù per le
Case internazionali dei gesuiti a Roma, era a conoscenza: «è una notizia
completamente nuova per me e anche abbastanza scioccante», ha detto,
interpellato da Domani. Possedere una società non è ammissibile per un gesuita,
«perché è contro il voto di povertà» ha aggiunto padre Verschueren. Chi allora
ha permesso a Rupnik di gestire direttamente i profitti derivati dalle sue
opere?
Più si diffondono le testimonianze delle vittime (un'altra
religiosa, suor Samuelle, qualche giorno fa ha raccontato al giornale francese La
vie le molestie subite da Rupnik al Centro Aletti), più quei rossi, gialli
e blu accesi di Rupnik sembrano incombere su chi li osserva e sollevano non
pochi dubbi sul futuro delle opere. Si può distinguere il lavoro dell'artista
dalle responsabilità del sacerdote? Al momento a Rupnik è vietato accettare
nuove commissioni di lavori artistici, ma l'interdizione si estende anche
all'atelier artistico del Centro Aletti di cui lui è il fondatore e
l'ispiratore? Domande imbarazzanti, perché coinvolgono non solo la reputazione
di Rupnik ma il futuro stesso del Centro Aletti e di non poche istituzioni
religiose e chiese in tutto il mondo. Interrogativi spinosi che qualcuno ha
cominciato a porsi: il 27 marzo il vescovo di Tarbes e Lourdes Jean-Marc Micas e il rettore del Santuario di
Lourdes Michel Daubanes hanno affermato in un comunicato ufficiale che «i
mosaici di padre Rupnik che decorano la Basilica del Santuario di Lourdes
potrebbero essere rimossi a causa della sofferenza delle vittime che vengono al
Santuario in cerca di conforto». Rupnik era stato anche nominato responsabile
della decorazione interna ed esterna della nuova chiesa di Saint-Joseph-le
Bienveillant, la cui costruzione è iniziata diversi mesi fa nella parrocchia di
Montigny-Voisins, non lontano da Parigi. L'8 dicembre scorso, però, venuto a
conoscenza delle accuse al gesuita, il vescovo di Versailles Luc Crepy,
d'accordo con don Pierre-Hervé Grosjean, parroco di Montigny-Voisins le
Bretonneux, ha deciso di interrompere ogni collaborazione. Segnali importanti
che arrivano dalla Francia, un paese sempre un passo avanti sul tema degli
abusi clericali e del rispetto delle vittime, e che presto potrebbero fare
scuola anche altrove.
Senza entrare nel merito del valore artistico di queste opere,
siamo certamente di fronte a un patrimonio considerevole dal punto di vista
economico. In particolare i mosaici, che hanno reso famoso Marko Rupnik a
livello internazionale, hanno prodotto ricavi stimati in decine di milioni di
euro. E qui dunque sorge la domanda: quanto costa un mosaico realizzato da
Rupnik e dalla sua corte di artisti?
Reperire i dati è tutt'altro che semplice. Il Centro Aletti non ha
risposto alle domande di Domani e sul sito non c'è traccia di cifre, né si
trova di più sui siti delle istituzioni che hanno commissionato le opere, come
se fosse di cattivo gusto parlare di denaro in mezzo a tanta professione di
fede. Per quanto riguarda l'Italia, abbiamo rintracciato il preventivo per il
mosaico di 250 metri quadri realizzato nel 2017 sulla facciata esterna del
Santuario della Madonna dei Fiori di Bra (Cuneo): ammontava a 250mila euro
(coperti interamente dai fedeli), ma la cifra è lievitata in corso d'opera. Il
lavoro al Santuario di Padre Pio, invece, è costato ai frati minori cappuccini
più di sei milioni di euro già dieci anni fa (il cantiere è stato aperto dal
2009 al 2013), secondo quanto riferisce una fonte interna al Santuario. Si
tratta di un percorso iconografico di oltre 2400 metri quadri, pensato per
arricchire la chiesa costruita da Renzo Piano e che comprende il mosaico della
rampa di accesso alla Chiesa inferiore, gli arredi della cripta, il crocefisso,
l'altare esterno e infine la decorazione della Cappella del Santissimo
Sacramento. Possiamo quindi soltanto immaginare quale cifra da capogiro
richieda il progetto, tuttora in corso, al Santuario nazionale dell'Aparecida,
nello stato di San Paolo in Brasile, la più grande chiesa del continente
americano e la seconda al mondo dopo San Pietro in Vaticano. Qui Rupnik e la
sua équipe hanno già terminato di decorare l'ingresso nord della basilica, 2300
metri quadri di mosaico con scene dall'Antico Testamento. Restano ora le altre
tre facciate da ultimare. Interpellati da Domani sui costi dell'opera e sulle
previsioni per il prossimo futuro (chi completerà il lavoro? Sarà appaltato ad
altri?), i responsabili del Santuario brasiliano hanno preferito non rilasciare
dichiarazioni.
Dei quaranta committenti interpellati, quasi nessuno ha voluto
dichiarare l'esito degli accordi finanziari. Ciraj è riuscito a ottenere
informazioni sul prezzo delle opere di Rupnik solo da tre parrocchie slovene,
dove sono presenti i mosaici più imponenti: San Marco Evangelista a
Capodistria, il complesso cimiteriale di Santa Croce a Lubiana e la chiesa di
Sant'Elena a Pertoče, vicino al confine con l'Ungheria. Secondo i media
cattolici sloveni dell'epoca, la chiesa di Pertoče ha pagato 250mila euro nel
2009 per un mosaico di 92 metri quadri che occupa tutto il presbiterio, mentre
la parrocchia di San Marco a Capodistria ha corrisposto circa 100mila euro nel
2003 per un mosaico di 115 metri quadri, a cui si aggiungono i 22mila euro
donati dalla società per azioni del Porto di Capodistria per un nuovo mosaico
di 40 metri. Per gli 80metri quadri del mosaico nella chiesa di Tutti i Santi
nel cimitero di Lubiana, invece, la stima del costo, calcolata sul prezzo al
metro quadro, arriva facilmente ai 150mila euro.
Inoltre, si apprende dal sito della parrocchia di Semič, a 70
chilometri da Lubiana, che nel 2019 aveva calcolato di spendere 50mila euro per
un mosaico di 70 metri quadri, senza però aver ancora ricevuto un attendibile
preventivo di spesa. Alcune parrocchie, a quanto pare, non hanno infatti avuto
dal Centro Aletti una esatta stima dei costi, come nel caso della piccola
parrocchia di Vrhpolje, a trenta chilometri dal confine italiano, dove i lavori
per il mosaico di 180 metri quadri (all'epoca il più grande mosaico di Rupnik
in Slovenia), iniziati nel 2013, sono stati terminati anni dopo per la
difficoltà nel reperire i fondi necessari. Un articolo del 2016, uscito sul
periodico Novi Glas, conferma le difficoltà incontrate dal sacerdote
responsabile della parrocchia, don Janez Kržišnik: «l'enorme quantità di lavoro
– spiega il prete – ha richiesto costi enormi che non possono nemmeno essere
stimati con precisione».
Il bilancio appare comunque scarno rispetto al peso delle
committenze evidenziate: quanto denaro è poi passato semplicemente «di mano in
mano», come testimonia Ciraj nella sua tesi? Denaro che, lo ricordiamo,
arrivava soprattutto dalle collette dei fedeli. I fondi della società
Rossoroblu potevano essere usati per finanziare qualsiasi attività: per esempio
– ma è solo un'ipotesi – la “Chiesa dell'uomo nuovo”, la cui costruzione a Roma
ovest, secondo una nostra fonte, era già stata annunciata al clero dal vicario
generale della capitale, il cardinale Angelo De Donatis.
Da notare anche che, nonostante le grandi entrate e i profitti dei
mosaici, il Centro Aletti ha ben due fondazioni che chiedono contributi per
finanziarne le attività, la Fondazione Agape a Roma e la Fondazione Centro
Aletti, fondata in Slovenia nel 2002 da Marina Štremfelj, un'altra ex sorella
della Comunità Loyola. Secondo
il sito web del Centro Aletti, la fondazione slovena è stata creata con lo
scopo specifico di «sostenere e incoraggiare, anche finanziariamente» le
attività dell'Aletti di Roma. Non è chiaro come pensasse di farlo, visto che i
bilanci mostrano entrate basse e addirittura numeri in rosso da alcuni anni.
Davvero niente male per un sacerdote che ha fatto voto di castità, povertà e obbedienza.
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