Un doloroso commento pubblicato oggi da Marco Tosatti.
S. Marta tace e padre Sosa, per ora, non si dimette.
QUI i post, tra l'altro, sul caso Rupnik pubblicati da MiL.
Luigi
17 Dicembre 2022 Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la vicenda del padre gesuita Marko Ivan Rupnik, portata alla luce da Silere Non Possum e da Messa In Latino, porta a compiere una serie di riflessioni gravi e tristi. In particolare sulla fiducia, o la sua crescente mancanza, che i cattolici possono avere nel Pontefice regnante, e nel suo modo di gestire abusi e scandali legati all’attività sessuale dei presbiteri, dei vescovi e dei cardinali.
Immaginate se invece di papa Bergoglio ci fosse Benedetto XVI, al centro dello scandalo legato al padre gesuita Rupnik, scomunicato e poi graziato (da chi? Mistero) per aver assolto in confessionale una suora, complice con lo stesso Rupnik di aver peccato contro il sesto comandamento… I giornali sarebbero pieni di titoloni scandalizzati.
Immaginate poi se il caso Rupnik non fosse un episodio isolato, ma si presentasse come una perla di una collana che ha avuto per protagonista sempre lo stesso Pontefice, con comprimari diversi.
Ne elenchiamo qualcuno, sicuri di dimenticarne altri (abbiamo scritto un libro, su questo vizietto, ma siamo troppo pigri per andarlo a compulsare).
Cominciamo da Theodore McCarrick, punito da Benedetto XVI, coperto dall’allora arcivescovo di Washington, William Wuerl, riabilitato da papa Bergoglio e usato come suo messaggero diplomatico in varie parti del mondo, Cina compresa, con gli splendidi risultati che abbiamo sotto gli occhi, nonostante la denuncia di mons. Viganò; impunità e onori fino a che l’ombra lunga dei suoi peccati non lo ha raggiunto, e ha costretto i suoi protettori a lasciarlo cadere come un tizzone ardente.
Poi c’è Mauro Inzoli, di CL, “don Mercedes”, scomunicato, condannato, graziato dal Pontefice, infine ridotto allo stato laicale ma sempre senza scomunica.
Non dimentichiamo mons. Gustavo Zanchetta, che ha affrontato un processo davanti al tribunale civile in Argentina, e che ha trovato rifugio in Vaticano. Le accuse contro di lui sono state tranquillamente trascurate da papa Bergoglio, che ha preferito credere al suo ex pupillo quando era in Argentina, e alle improbabili scuse avanzate. Gli ha addirittura creato un posto – mai esistito prima – all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
E poi mons. Pineda, il braccio destro di quello che per anni è stato il braccio destro del Pontefice, il cardinale honduregno Maradiaga, denunciato da una lettera di cinquanta seminaristi per le solite ragioni; lettera pubblicata sui giornali del Paese; non si ha notizia di provvedimenti canonici o disciplinari nei suoi confronti, anzi…
E come dicevo all’inizio, certamente la lista è più lunga, e può cominciare da quando Bergoglio era arcivescovo a Buenos Aires.
E adesso il caso di padre Rupnik. Giustamente Franca Giansoldati scriveva ieri sul Messaggero:
<Il copione del caso Rupnik sembra ricalcare una situazione analoga già accaduta in passato
Città del Vaticano – Rischia di avere un devastante effetto domino e coinvolgere direttamente Papa Francesco il brutto caso di abusi di padre Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido., l’artista gesuita conosciuto a livello internazionale per i suoi mosaici che ornano cattedrali, santuari e persino la cappella nel Palazzo Apostolico. Il Generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa ha dovuto riconoscere pubblicamente – facendo una rovinosa retromarcia – che Rupnik era effettivamente incorso nella scomunica per il reato canonico gravissimo dell’assoluzione di complice, un provvedimento che qualcuno molto in alto ha deciso di cancellare. In queste ore sta crescendo la pressione dentro la Chiesa per avere trasparenza sul “Rupnik gate” e per conoscere chi sia stata l’autorità che ha deciso di intraprendere un passaggio giuridico del genere. Tutti sanno che la revoca di un provvedimento del genere resta un atto straordinario che, tecnicamente, spetterebbe solo al Papa.
[…]
E’ solo a seguito delle pressanti domande della Associated Press che il superiore generale dei Gesuiti, padre Sosa, ha riconosciuto obtorto collo che la Congregazione per la Fede ha perseguito Rupnik per un caso separato e precedente del 2019, conclusosi con la sua condanna e scomunica temporanea per uno dei crimini più gravi contemplati dal diritto canonico: l’assoluzione del complice. In questo caso aver assolto una donna in confessione con la quale Rupnik aveva avuto in precedenza relazioni sessuali. Il caso risale al 2015. Rupnik ha ammesso le circostanze e si è formalmente pentito, e la Congregazione ha revocato la sua scomunica. Resta da chiarire se il Papa aveva autorizzato il cardinale gesuita Ladaria, prefetto della Congregazione a cancellare questa pena, oppure se è stata una iniziativa autonoma del prefetto del Dicastero?
Lo scandalo è scoppiato la scorsa settimana dopo che due blog italiani, Silere non possum e Messa in Latino hanno iniziato a parlare del passato scomodo di Rupnik, rivelando le accuse di abusi psicologici, sessuali e spirituali nei confronti di donne e religiose. In un primo tempo i Gesuiti hanno confermato che era stata ricevuta una denuncia nel 2021, ma che il Vaticano aveva derubricato le accuse, risalenti agli anni ’90 in Slovenia, perchè andate in prescrizione.
Tuttavia il generale dei Gesuiti – il cosiddetto Papa Nero – ha precisato di aver mantenuto delle restrizioni precauzionali a Rupnik vietandolo di confessare, tenere dei ritiri spirituali. Nella dichiarazione del 2 dicembre padre Sosa non menzionava però che a carico di Rupnik vi erano altre accuse. Perché non c’era, infatti, solo l’indagine partita nel 2021 e conclusasi con una prescrizione nell’ottobre del 2022 ma vi era anche un’altra indagine precedente per l’assoluzione di complice in confessione. Una circostanza rivelata dal blog Messainlatino.it e ignorata nel comunicato datato 2 dicembre.
«”Posso capire come le vittime si sentano tradite”, ha detto alla Reuters padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e responsabile del centro di studi sugli abusi dell’Università Gregoriana di Roma. “Per amore della trasparenza, dobbiamo sapere chi sapeva qualcosa, cosa e quando, e cosa è successo dopo. Avremmo potuto scoprire i diversi livelli di responsabilità, il che avrebbe potuto evitare tutto questo” ha aggiunto, riferendosi alla denuncia del 2021. “Mi chiedo e chiedo alla mia comunità, ai Gesuiti: Chi poteva sapere? Chi lo sapeva? Chi ha percepito che qualcosa non andava e non è andato oltre?”>.
Se la scomunica a padre Rupnik è stata tolta, a tempo di record, chi l’ha deciso? Conoscendo un po’ i meccanismi vaticani, dubitiamo fortemente che il prefetto Ladaria (gesuita anche lui, come Rupnik e il Pontefice) abbia agito in maniera autonoma, in un caso di tale gravità, senza informare il papa, e, molto probabilmente chiedere l’autorizzazione ad agire.
Torniamo ora allo spunto iniziale. Se di tutte queste belle cose fosse stato responsabile Benedetto XVI, che cosa sarebbe accaduto? E perché invece ora è tutto quieto, a parte qualche blog cattolico rompiscatole, e qualche isolato giornalista?
Scrive Messa in Latino: “Intanto il blog Messa in Latino chiede la testa di padre Sosa. Non dovrebbe dimettersi per avere mentito?”.
Forse non solo lui, prima che il danno compiuto da questi comportamenti diventi una vera e propria devastazione dell’orbe cattolico.