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domenica 25 ottobre 2020

A Cremona l’adeguamento liturgico della Cattedrale sarà una «gara d’amore» (con tanti echi luterani)

Entra nel vivo il bando di concorso per la progettazione dell’adeguamento liturgico della Cattedrale di Cremona, pubblicato lo scorso 9 ottobre e con scadenza il prossimo 5 novembre, finalizzato alla rielaborazione dell’area presbiterale e che porterà a una definitiva sistemazione dell’altare, dell’ambone e della cattedra del Vescovo per il costo complessivo di 400 mila euro, di cui 300 mila sostenuti dalla CEI.
Non si conoscono ancora, ovviamente, i progetti presentati, ma – avutane notizia – ci siamo peritati di navigare nel sito della Diocesi per capire che aria tirasse… e non ci sembra certo salutare.
Le intenzioni del committente (la Diocesi di Cremona) sono state ben esposte in occasione di un convegno svoltosi il 18 giugno nella stessa Cattedrale (all’uopo trasformata in una sala conferenze), introdotto dal Vescovo mons. Antonio Napolioni (già tristemente noto ai nostri fedeli per la sua avversione alle disposizioni del motu proprio Summorum Pontificum QUI, QUI, QUIQUIQUI e QUI), il quale ha lanciato questa «gara d’amore per la Cattedrale».


Il primo intervento del dott. Gabriele Barucca, della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova, conforta per la sua ponderazione ed attenzione: «Le cattedrali hanno una valenza straordinaria dal punto di vista ecclesiastico e, spesso, anche dal punto di vista artistico [] e la conciliazione di uno spazio così sedimentato storicamente implica un lavoro molto difficile[] Questi edifici sono nati e sono anche rispondendo a delle esigenze che, di volta in volta, sia la Chiesa sia le collettività che le hanno vissute, hanno poi determinato dei cambiamenti. Però è certo che il nostro approccio alla conservazione risponde a delle leggi, ma risponde anche ad una concezione che ci impone una grande cautela».
Le premesse (di un laico) ci paiono ottime, però poi, purtroppo, le relazioni sono continuate e particolarmente preoccupanti ci sembrano le parole di don Daniele Piazzi, responsabile dell’ufficio liturgico della Diocesi di Cremona, invero molto confuse, ma sintomatiche di una mentalità neppure troppo velatamente catto-luterana, che si riflette sulla struttura della chiesa e dell’altare in particolare: «Perché adeguare? La motivazione che sta alla base del cambiamento è molto profonda: la riflessione ecclesiale degli ultimi due secoli ha infatti maturato pensieri antichi che si erano persi ma non annullati. Occorre ritornare alla radice stessa del popolo di Dio, all’assemblea, mai uguale a se stessa nel tempo, ma sempre uguale nelle convocazioni domenicali» [e qui già il lettore inizia a perdersi]. «Il primo spazio che abitiamo è il nostro corpo messo vicino a quello degli altri e accorgiamo in questi momenti di distanziamento sociale quanto ci manchi fare spazio insieme. La nostra radice è il Battesimo e occorre che quello che la Teologia ha riscoperto diventi la spiritualità di tutti: il momento più grande di un amore più grande che ci mette insieme è quando veniamo lavati, partecipiamo a un pasto comune» [il Sacrificio Eucaristico diventa «pasto comune?»]. «Per questo gli spazi dell’Eucarestia non possono essere gli spazi del solo prete: occorre che questo sacerdozio battesimale quasi esploda anche nelle dimensioni degli spazi che abita» [ecco trovare spazio la teoria del «sacerdozio universale» tanto cara a Martin Lutero, che predicava l’inutilità della mediazione sacerdotale].


Altre chicche si sono susseguite nel convegno, tra cui quella di don Valerio Pennasso, direttore nazionale per i Beni culturali ed artistici, l’edilizia e culto, il quale ha affermato che «riappropriarsi del significato delle azioni e dei gesti per entrare in Cattedrale è indispensabile per far in modo che la Cattedrale esca e si raccordi con la città e con tutte le sue espressioni culturali» [fratelli tutti…]. «Oggi non possiamo essere vicini tra di noi per il distanziamento sociale imposto dall’emergenza sanitaria e questo fa apprezzare di più la necessità che le nostre chiese diventino casa nostra» [forse perché la presenza del Padrone di casa è considerata un mero simbolo?]. «Quando ci ritroveremo come prima nelle nostre chiese tornare ad essere vicini ci farà gustare come è bello essere popolo di Dio» [non sappiamo con quali sentimenti il reverendo don Valerio si accosti all’altare, ma noi continuiamo a gustare la bellezza di essere popolo di Dio non stando vicini, ma accostandoci con riverenza al Vero Corpo di Nostro Signore che sull’altare di ogni chiesa si immola per la nostra salvezza].

Se queste sono le premesse della «gara d’amore»…

L.V.

5 commenti:

  1. vorranno trasformare la cattedrale in un facsimile della cappella del seminario.. giudicate voi
    https://www.diocesidicremona.it/blog/s-photogallery/30-11-2019-messa-con-lammissione-agli-ordini-sacri-di-quattro-seminaristi-seminario-di-cremona

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  2. Come mai in questo caso non si son fatti sentire i cattocomunisti con la solita filastrocca: "Quanti poveri potrebbero essere aiutati con tutti quei soldi"? A loro giudizio per sconciar chiese sono ben spesi.

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  3. "Gara d'amore"... sempre meno virili e più ipocriti. Il clero "cattolico" ormai è sbeffeggiato da tutti.

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  4. A mio avviso "la gente di ogni cultura", soprattutto in questi tempi, ha bisogno di ritrovarsi con Gesù come prima: quando il Prete con tutto il popolo dei fedeli assistevano alla consacrazione e tutti rivolgevano lo sguardo "ad oriente" e non come ora alla faccia del celebrante. C'è davvero bisogno di stravolgere il già stravolto? Se vogliamo tornare alle origini, come minimo, celebriamo nelle catacombe.

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