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Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

lunedì 31 agosto 2020

Ringraziamo il monaco benedettino Dom Perignon per la nascita dello champagne



Chi scrive ringrazia sempre l'ordine benedettino...
Come diceva Chesterton, "Dio è cattolico".
Luigi

Lucandrea Massaro, Aleteia, Ago 06, 2020

La tradizione lo vuole inventato da un abate francese: Pierre Pérignon
Cosa vi dice il nome “Dom Pérignon”? Probabilmente vi rimanda subito alla memoria il più famoso dei marchi dello champagne, quello delle grandi occasioni, ma questo nome era prima di tutto quello con cui era più conosciuto nella sua epoca Pierre Pérignon, un monaco benedettino che per quasi cinquant’anni fu il procuratore (si potrebbe dire il tesoriere) del monastero di Saint-Pierre d’Hautvillers che si sosteneva principalmente proprio grazie ai suoi prodotti vinicoli, di cui Dom Pérignon fu un attento curatore, confermato per la sua perizia dai suoi confratelli anno dopo anno. A lui – secondo la tradizione – si deve l’invenzione (per caso o per tentativi).
La storia

Cresciuto a Sainte-Menehould, nella regione della Champagne-Ardenne, Pierre crebbe a stretto contatto con il vino, lavorando nei vigneti di famiglia. Da ragazzo studiò presso un collegio gesuita e in seguito fu accettato in un monastero benedettino nei pressi di Verdun Dopo essere divenuto sacerdote tra il 1666 e il 1667, a 30 anni divenne responsabile dei vigneti del monastero benedettino di Saint-Pierre d’Hautvillers nel quale visse fino alla sua morte nel 1715 (Il Post).

La leggenda narra che sia lui l’inventore del vino frizzante, ma è probabile che tale tecnica fosse già conosciuta da tempo e che lui abbia avuto semmai un ruolo essenziale nella selezione delle uve migliori per renderlo eccezionale, come spiega il sito di Eataly: “grazie alla sua profonda conoscenza delle uve del territorio, ebbe il merito di selezionare i vitigni più adatti per realizzare lo Champagne: Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier. Inoltre introdusse gli attuali tappi di sughero e lavorò per affinare il metodo di produzione, contribuendo a istituzionalizzare un’eccellenza globale, che ancora oggi viene prodotta seguendo i suoi consigli, non solo dall’etichetta che porta il suo nome ma da tutte le più importanti cantine del mondo”.

“Le due versioni più diffuse (e probabilmente non del tutto vere) della storia della nascita dello champagne ne parlano come di una scoperta quasi del tutto casuale: sembra infatti che Dom Pérignon avesse intuito che di poter produrre vino frizzante notando che alcune bottiglie, una volta sigillate, scoppiavano o, nella seconda versione, che aggiungendo zucchero e fiori al vino imbottigliato si poteva farlo fermentare un’altra volta e dargli frizzantezza” (Documentazione.info).
Lo zampino italiano?

L’eterna diatriba tra spumante e champagne, tra Italia e Francia, si arricchisce anche delle ricerche storiche ed enologiche locali, ed ecco che spunta un medico di Fabriano che quasi cinquant’anni prima descriveva il metodo per rendere frizzante il vino in un suo saggio ritrovato negli archivi cittadini nei primi anni duemila. Lo riporta La Stampa:

Francesco Scacchi, un medico di Fabriano, almeno 48 anni prima di Perignon aveva descritto il metodo per rendere frizzanti e spumosi i vini normali. A dirlo sono lo storico locale Alvise Manni e l’enologo Francesco Sbaffi che nei primi anni duemila hanno riscoperto il “De salubri potu dissertatio” (Del bere sano), un trattato scritto dal loro concittadino. «Scacchi proveniva da una prestigiosa famiglia di medici e nel 1622 ha scritto un trattato sul modo corretto di bere acqua, tè e vino, e l’effetto che queste bevande hanno sul nostro corpo» spiega Manni. «In particolare nel capitolo ventuno chiamato “Se il vino frizzante, comunemente detto piccante, sia utile alla salute”, Scacchi descrive in modo dettagliato il metodo per rendere il vino fermo frizzante, ovvero aggiungendo mosti o uve passite. E lo fa molto prima di Dom Perignon che non ha mai lasciato nulla di scritto».

E’ anche vero che certe conoscenze sono spesso diffuse e procedimenti involontari di rifermentazione sono comuni e chi fa il vino lo sa bene. La bravura del monaco è soprattutto – questo ormai è acclarato – aver reso il procedimento chiaro, sicuro e perfezionato, raggiungendo vette di sapore divenute famose. Se poi fosse tutto merito del dottor Francesco Sacchi, allora almeno – si scherza naturalmente – l’orgoglio di esserci arrivati prima di tutti resta italiano…