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Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

martedì 5 maggio 2020

Affidamento CEI a Maria a Caravaggio e la finta diretta: tutto vero!

Sulla grottesca vicenda della falsa diretta CEI sull'Affidamento a Maria SS. dell'Italia (vedere il benemerito autore dello scoop Aldo Maria Valli QUI,  MiL QUI e QUI e la Bussola QUI), pubblichiamo di seguito due articoli  appena usciti degli amici della Nuova Bussola Quotidiana che ringraziamo.
Mettiamo anche il link, sempre dalla Bussola, sul problema deontologico della finta diretta
Confermiamo ogni disponibilità ad una eventuale smentita, ma, purtroppo, tutte le risposte locali e nazionali sembrano proprio confermare le accuse e le menzogne propinate a noi poveri fedeli
Sembra essere ritornati, in tono minore, alle falsificazione della lettera di Benedetto XVI da parte di Mons. Dario Viganò, allora Prefetto della Segreteria per la Comunicazione, poi costretto alle dimissioni (QUI).
Da un sacerdote della zona di Caravaggio per capire le menzogne del vescovo a tutti: "È  molto triste. Fra l'altro proprio lunedì 27 nel pomeriggio si aveva  il Vescovo in videochiamata con i preti di zona e  ha detto cosa avrebbe fatto il 1 maggio,  com'era organizzata...". 

Un mentitore seriale.
Ripariamo recitando il S. Rosario sabato prossimo QUI.
Luigi
La Nuova Bussola Quotidiana
05-05-2020, Andrea Zambrano

Il Santuario di Caravaggio conferma la differita dell'atto di affidamento: «Ma non siamo tenuti a conoscere i motivi». Nessuna risposta invece dalla diocesi, ma «la diretta ... dovevate immaginarvela». L'atteggiamento arrogante e incompetente di Cei e Diocesi di Cremona. Un paternalismo onanistico che mostra tutto il disprezzo che la gerarchia nutre per i fedeli ai quali hanno già tolto le Messe. Possibile che venerdì nessun vescovo fosse davanti alla tv e oggi non si senta - lui per primo! - truffato?

«La Diocesi di Cremona non comunicazioni in merito all’oggetto della sua domanda». Così, con una piccola deroga alla deontologia professionale, e una alla sintassi, si apre e si chiude la comunicazione con la Diocesi protagonista dell’Atto di Affidamento truffa di Caravaggio.

La risposta che don Enrico Maggi, direttore della comunicazione della Diocesi ha dato alla Bussola, che chiedeva le motivazioni della differita in onda della preghiera spacciata per live, fotografa bene lo stato di profonda lontananza della gerarchia ecclesiale dai fedeli.

E condensa in una sola riga l’arroganza e l’incompetenza.

Quando un ente non ha nulla da dire le cose sono due: o non sa che pesci pigliare o disprezza grandemente l’interlocutore. E se l’interlocutore è un giornalista e dall’altra parte c’è un cosiddetto ufficio stampa, il disprezzo è maggiore. Ci si può permettere di non dare spiegazioni.

Ma in questo caso, forse, ci sono entrambe le condizioni. Disprezzo - per i fedeli anzitutto - ai quali è stato raccontato che l’evento al quale partecipavano venerdì era in diretta, quando non lo era, e incompetenza nella comunicazione dato che – lezione di giornalismo numero uno – una risposta va sempre data perché una risposta c’è sempre, fosse anche ammettere che di “rispettare i fedeli non ce ne frega nulla”. Eppure, quando ci sono cose più importanti da comunicare, in diocesi lo sanno fare tempestivamente, come nel caso della cosiddetta pastorale per i divorziati nel solco di Amoris Laetitia. 

Al telefono col Santuario di Caravaggio, don Tonino Bini, ci conferma la differita: «Bè, ormai lo sanno tutti, hanno girato lunedì e l'hanno mandato in onda venerdì», spiega alla Nuova BQ il cappellano. Chiediamo i motivi della differita. «Questo non ci viene detto, non sono tenuti a dircelo».

«La differita? Ragioni di montaggio», ci viene detto, con narcisistica nonchalance dalla Cei, attraverso fonti con le quali siamo entrati in contatto. Montaggio, una scusa a caso fornita dall'organismo dei vescovi, che sta dimostrando di mettere in campo l'incompetenza migliore proprio nei giorni dell’ora più buia, quei giorni che verranno ricordati di quando la Messa venne tolta all’uomo volutamente dai vescovi e sul cielo si stagliarono nubi come quando alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.

Il montaggio... come no? Salvo poi specificare lungamente una supercazzola degna del Conte Mascetti: «L’evento non era in diretta, ma andava vissuto in diretta». Ora, sul caso, c'è chi promuove un atto di riparazione perché in fondo è stato un prendersi gioco prima di tutto di quella Vergine che si doveva invocare e a cui ci si doveva affidare. 

Capito? La diretta non è un fatto oggettivo, ma uno stato dell’animo, bisogna sentirsi in diretta, deve essere un sentimento. Loro, vescovi e curiali di carriera sono competenti, loro sanno come si fa e se ti stupisci chiedendoti se non sia da pirla stare a guardare la tv quando l’evento in realtà si è già svolto, sappi che sei tu che non hai capito. Dovevi godertela e stare zitto. A pensarci bene, se nell'89 mi avessero detto che Steaua-Milan si era già svolta 4 giorni prima, mi sarei rovinato la serata più bella della mia infanzia. 

Stesso rispetto e competenza professionale messi in campo nel gestire la faccenda di un atto di Consacrazione trasformato in affidamento perché in certi ambienti bisogna sempre darla vinta a teologi protestanti e malvagi che negano la possibilità che alla Madonna ci si possa consacrare perché ci si consacra solo a Dio, come se Colei che è tempio dello Spirito Santo sia indegna di cotale compito.

Affidamento che non era affidamento, venerdì che non era venerdì. Balle e sotterfugi, pressapochismo, fastidio per queste polverose devozioni popolari e la ciliegina: la diretta? Dovevate immaginarvela, fessacchiotti che non siete altro. Possibile che non ci sia nessun prelato della Cei che venerdì si sia collegato davanti a Tv2000 e oggi si senta truffato lui per primo da questa sterile messinscena? Erano tutti d’accordo? Paternalismo clericale a parte, c’è qualcosa, da parte di un pastore, di più arrogante e perverso e – in definitiva - onanistico?


Affidamento farlocco, ora si faccia una Consacrazione vera
5-5-20, La Nuova Bussola Quotidiana, Luisella Scrosati

La farsa dell’Atto di affidamento di venerdì scorso rivela l'incapacità della Conferenza Episcopale Italiana di porre atti di sostanza che aiutino realmente la vita della fede. A Caravaggio c'è stata una tripla beffa: aver fatto finta che il popolo non abbia chiesto la Consacrazione; un affidamento dell'Italia che nella preghiera non c'è stato; e poi la falsa diretta tv.
Stiamo assistendo allo svilimento della liturgia. Ma malgrado tutto invitiamo i vescovi a ripartire: riprendete le Messe, e si faccia una consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria, senza se e senza ma, con un Atto pubblico, solenne. Magari a Loreto, con la presenza del cardinale Bassetti.


La farsa dell’Atto di affidamento di venerdì scorso (vedi qui) è rivelatrice della (in)consistenza della Conferenza Episcopale Italiana: del tutto incapace di porre atti di sostanza, che aiutino realmente la vita della fede, ma incredibilmente abile nel produrre burocrazia: documenti, parole, programmi inutili o dannosi, che hanno la loro forza solo nel legare le mani a chiunque voglia fare diversamente, ma che servono a dare l’idea di una Chiesa viva, operativa; insomma a far apparire vivo un cadavere.

Ricordiamo che qualche anno fa, una diocesi del Nord Italia aveva chiesto alle parrocchie di compilare un questionario per avere una fotografia della “vita cristiana” nella diocesi. Cosa si chiedeva? Se in parrocchia c’era il gruppo liturgico, quello della pastorale giovanile, quello catechistico, da quanti membri era composto il consiglio pastorale, etc. Più “fuffa” c’era e più significava che la parrocchia era viva.

Quello che è avvenuto a Caravaggio è l’amaro esito di questa ricerca delle strutture, delle apparenze, per nascondere il più possibile il vuoto di sostanza, il marciume che imputridisce nelle nostre comunità. In sostanza, una presa in giro, di fronte alla quale dovremmo manifestare la nostra indignazione e magari renderla concreta con la prossima dichiarazione dei redditi.

La prima beffa è stata quella di far passare l’idea che al cardinal Bassetti ed ai vescovi italiani sia stato chiesto un qualcosa di non meglio precisato, qualcosa che insomma mettesse insieme l’Italia, i malati, il covid-19 e la Madonna. Invece, in molte richieste si domandava esplicitamente una consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria (vedi qui). Richieste prontamente disattese.

La seconda beffa sta nel fatto che il testo letto da mons. Napolioni a Caravaggio non solo non contiene il termine “consacrazione”, ma neppure quello di “affidamento” (vedi qui, pag. 3); e nemmeno viene menzionata l’Italia. Per essere più precisi: nel titolo si legge “Atto di affidamento dell’Italia alla Madre di Dio”, ma nel testo non esiste alcuna espressione che indichi che si intende affidare l’Italia alla SS. Vergine. Si chiede di essere aiutati, sostenuti, illuminati, ma nessuna idea del fatto che, come vescovi italiani, si intende affidare la Nazione alla protezione della Madonna, come cosa e proprietà Sua.

La terza beffa, come si è visto, è il fatto che si è spacciata come diretta una registrazione di quattro giorni prima. Dalla CEI hanno fatto sapere che si è preferita la registrazione “per ragioni di montaggio”. Come se la Chiesa italiana non avesse i mezzi per trasmettere una diretta... E probabilmente per ragioni di audience non lo si è detto; perché non sarebbe interessato a nessuno (o quasi) seguire la registrazione del vescovo di Cremona, che va a fare una preghiera nel Santuario della Madonna di Caravaggio.

Sempre dalla CEI hanno fatto sapere che la cosa importante è stato unirsi alla preghiera, che quello che conta è che le persone abbiano pregato. Eh no, signori miei, adesso basta. Già non avete il coraggio di richiamare il popolo nelle chiese per le Sante Messe, mettendolo buono buono con la moltiplicazione delle Messe in televisione o in streaming, come se fosse la stessa cosa. Adesso, lo fate fesso con gli atti di affidamento – che non affidano un bel niente –, trasmessi dopo giorni.

Non ci si sta rendendo conto che questo uso dei mezzi di comunicazione - che di fatto, per la stragrande maggioranza delle persone, ha sostituito la liturgia - sta diventando una pericolosa parodia della liturgia stessa. Una parodia che la distrugge nei suoi elementi portanti. Oltre che una comoda scusa per continuare a non prendere posizioni coraggiose.

Che cos’è infatti la liturgia? E’ l’entrare nell’unico atto eterno di offerta di Cristo al Padre, mediante i segni liturgici. Non è tanto quell’atto perpetuo che diventa presente, ma sono io che divengo presente, “contemporaneo” ad esso, per la mediazione di gesti, parole, cose. La mediazione della fisicità, della materialità è necessaria per la partecipazione liturgica. Ripetiamo: necessaria. Come è necessaria la mediazione della carne di Cristo per la nostra salvezza.

Un elemento irrinunciabile di questa materialità è proprio quello di essere presenti nel medesimo luogo. Espressione che dovrebbe richiamare la condizione degli Apostoli nel Cenacolo per le apparizioni del Risorto, ed anche per la Pentecoste. La CEI, a Tommaso assente, avrebbe probabilmente trasmesso la replica della prima apparizione...

Se non posso essere presente all’atto liturgico, per gravi ragioni, posso unirmi spiritualmente: è per questo che ancora da qualche parte è sopravvissuto l’uso di suonare le campane delle chiese nel momento della consacrazione/elevazione dell’Ostia e del Calice. In questo senso, seguire una Messa in diretta, può al massimo avere lo stesso significato dell’unione spirituale al suono delle campane. Ma non possiamo dire, come pericolosamente ormai molti tendono ad affermare, di “aver preso” la Messa. Anzi, si dice, persino più di una!

Nel caso dell’Atto di (in)affidamento di Caravaggio, non è venuta meno “solamente” la componente spaziale, ma anche quella temporale. In questo modo, le due dimensioni fondamentali dell’atto liturgico, o di qualsiasi atto assimilabile ad esso, sono state eliminate. Il risultato è che chi ha seguito la celebrazione di venerdì sera, si è semmai servito di un sussidio audio e video alla preghiera, ma niente di più. Un atto solenne di affidamento/consacrazione, se vuole aver significato, dev’essere un unirsi a quell’unico atto di consacrazione di Cristo al Padre, nella fattispecie per mezzo della consacrazione alla Madonna. Non è una semplice devozione personale o un’esortazione: è qualcosa che avviene nel tempo e in uno spazio e ci “aggancia”, per così dire, all’eternità, a quello che gli Angeli e i Santi celebrano eternamente in Dio.

Stiamo vivendo un pericoloso passaggio del decadimento liturgico di questi decenni: il primo passo è stato il minimalismo dei segni, ai quali si è sostituita una pletora di parole; adesso vengono colpite le due colonne portanti della liturgia della Chiesa militante: lo spazio ed il tempo. L’effetto devastante è quello di relativizzare l’importanza della Carne e del Sangue di Cristo, della reale umanità che egli ha unito alla sua Persona divina. Possiamo sì continuare a parlare dell’Incarnazione, a professarla, ma essa sta diventando un’idea, un concetto, non più la tangibile esperienza che i cristiani hanno nella vita liturgica e sacramentale.

Dobbiamo essere onesti: il rischio è quello di cadere, senza nemmeno accorgersene, in una gnosi del XXI secolo. Dobbiamo riavere le Messe, dobbiamo riavere la vita sacramentale, dobbiamo riavere un popolo che si ritrova nel luogo santo per unirsi al Verbo fatto carne ex Maria Virgine.

Ancora una volta, cari vescovi: ripartiamo. Il vostro popolo è disposto a tutto perdonare, purché si cambi direzione. Disponete il ritorno delle Messe con popolo, senza false paure e inutili “obbedienze”. Consacrate l’Italia al Cuore Immacolato di Maria, senza se e senza ma, con un Atto pubblico, solenne. Molti vescovi stanno consacrando le loro diocesi, molti parroci le loro parrocchie, numerosi sindaci le loro città e paesi, innumerevoli genitori le proprie famiglie: il cardinal Bassetti raccolga questa spinta del popolo e dei confratelli e vada a Loreto, alla Santa Casa, nel cuore della nostra Italia ferita, e lì compia questo atto.