"I paramenti sacerdotali per la Messa di papa Francesco al prossimo Meeting Mondiale delle Famiglie (Dublino, 22-26 agosto) contengono una tripla spirale.
Don Damian McNeice, cerimoniere dell'evento, ha confermato sul sito WorldMeeting2018.ie (15 agosto) che il simbolo deriva da una "immagine celtica". Spirali si possono trovare su molte pietre antiche e su monumenti storici irlandesi. McNeice afferma che il simbolo pre-cristiano rappresenti anche la Santissima Trinità".(Cfr. Gloria TV QUI sottolineature nostre N.d.R.)
Nell'intervista che Aldo Maria Valli ha riservato al Liturgista don Enrico Finotti, ingiustamente emarginato dal solito gruppo di potere (quelli che pensano di aver vinto), il Vaticanista si domanda:"...cosa direbbe don Finotti davanti agli abiti liturgici scelti per i sacerdoti che celebreranno le Sante Messe durante l’Incontro mondiale delle famiglie a Dublino?
Che cosa direbbe di quelle casule dai colori pastello che evocano l’arcobaleno e di quei simboli pagani disegnati proprio al centro?" (v.foto sopra N.d.R.)
AC
Anche l’abito liturgico fa il monaco.
Ovvero: perché la Casa di Dio non va spogliata
di Aldo Maria Valli
(Intervista in occasione della pubblicazione del libro di don Enrico Finotti:"Nell’attesa della tua venuta" Chorabooks Edizioni)
...
...ci vogliamo concentrare sull’uso dei paramenti preziosi e alla “lode” che don Finotti innalza ai sacristi, grazie ai quali in molte nostre chiese ancora si conservano pezzi di grandissimo valore artistico e spirituale.
Purtroppo però, annota sconsolato l’autore, non pochi paramenti sacri “sono stati lasciati deperire, altri smontati per fare casule moderne, o comunque abbandonati e non più usati”. Perché? Tante le cause: incuria, trascuratezza, ignoranza. Ma una cosa è certa: “Il Concilio, come si vorrebbe far passare, non ha nel modo più assoluto comandato o consigliato l’abbandono dei paramenti storici, anzi ne ha sollecitato il restauro e la conservazione”.
È vero che il Concilio, nel proporre un criterio per la confezione degli abiti liturgici nuovi, raccomanda “una nobile bellezza” e di non ricercare “una mera sontuosità”, tuttavia “la
nobile semplicità non significa pauperismo, minimalismo e mediocrità, ma piuttosto l’opposto”.
Infatti, “gli abiti liturgici devono essere nobili nella qualità dei materiali, nelle forme e nell’ornato. Non più prodotti seriali a basso prezzo e con fogge dozzinali e sommarie, ma abiti di qualità e spessore artistico”.
Gli abiti liturgici, in quanto tali, devono avere una loro funzionalità, ma senza mai dimenticare anche lo scopo di rivestire degnamente i ministri sacri.
“Occorre perciò un gusto specifico e una attenta formazione liturgica, sia per confezionare, sia per scegliere un campionario di valore”. “Forse è giunto il tempo – afferma don Finotti – di dotare le nostre sagrestie di apparati veramente nobili, che per la loro proprietà possano varcare le mode passeggere ed essere ancora apprezzati e usati dai posteri. In tal modo si spende bene e si crea buon gusto e cultura liturgica elevata. In questo orizzonte i paramenti antichi non solo ci mettono in comunione con le generazioni cristiane che ci hanno preceduti, dimostrando il genio artistico dei secoli e proclamando la continuità con la Liturgia di sempre, ma ci sono maestri in ordine alla proclamazione del primato di Dio nella Liturgia. Essi affermano l’altissima dignità del ministro sacro, soprattutto quando in timore e tremore accede all’altare e compie il Sacrificio, agendo in persona Christi”.
I paramenti preziosi possono metterci a disagio solo se abbiamo “una visione riduttiva del sacerdote”.
Se vediamo in lui un semplice animatore di assemblea non riusciamo a capire il perché di ricoprirlo di indumenti speciali.
Invece, se siamo consapevoli del senso del sacro e “dello stare alla presenza del Mistero e dell’incedere adorante nel santuario davanti alla divina Maestà”, ecco che l’intero complesso dei paramenti ci appare per ciò che è: una delle modalità con le quali la Chiesa rende onore e gloria a Dio aiutando i fedeli a fare altrettanto attraverso la partecipazione all’azione liturgica.
Ecco perché i paramenti classici sono importanti.
Ed ecco perché, di conseguenza, è necessario verificare lo stato della loro conservazione e, quando è il caso, procedere con gli adeguati restauri, ma soprattutto è importante che i paramenti siano usati nelle occasioni dovute.
Essi “non sono, né sono mai stati, abiti quotidiani, ma paramenti per le celebrazioni solenni”.
Pertanto “la Settimana santa, il Triduo pasquale, le domeniche di Pasqua e le solennità dell’Ascensione e di Pentecoste sono giorni quanto mai propri per indossare questi apparati e far percepire al popolo cristiano la grandezza dei misteri celebrati e anche l’alto tenore della fede dei nostri padri e della storia religiosa delle nostre comunità, anche piccole”.
I parroci sotto questo profilo hanno una responsabilità alla quale non devono sottrarsi.
Da loro infatti “dipenderà la formazione di sacristi sensibili a questi valori e capaci di assolvere al loro impegno”, ma, d’altro canto, “anche la competenza, la convinzione e l’entusiasmo di molti sacristi potrà risvegliare nei loro parroci una maggiore attenzione verso un patrimonio che è del popolo di Dio e che richiede non detrattori, ma buoni amministratori”.
nobile semplicità non significa pauperismo, minimalismo e mediocrità, ma piuttosto l’opposto”.
Infatti, “gli abiti liturgici devono essere nobili nella qualità dei materiali, nelle forme e nell’ornato. Non più prodotti seriali a basso prezzo e con fogge dozzinali e sommarie, ma abiti di qualità e spessore artistico”.
Gli abiti liturgici, in quanto tali, devono avere una loro funzionalità, ma senza mai dimenticare anche lo scopo di rivestire degnamente i ministri sacri.
“Occorre perciò un gusto specifico e una attenta formazione liturgica, sia per confezionare, sia per scegliere un campionario di valore”. “Forse è giunto il tempo – afferma don Finotti – di dotare le nostre sagrestie di apparati veramente nobili, che per la loro proprietà possano varcare le mode passeggere ed essere ancora apprezzati e usati dai posteri. In tal modo si spende bene e si crea buon gusto e cultura liturgica elevata. In questo orizzonte i paramenti antichi non solo ci mettono in comunione con le generazioni cristiane che ci hanno preceduti, dimostrando il genio artistico dei secoli e proclamando la continuità con la Liturgia di sempre, ma ci sono maestri in ordine alla proclamazione del primato di Dio nella Liturgia. Essi affermano l’altissima dignità del ministro sacro, soprattutto quando in timore e tremore accede all’altare e compie il Sacrificio, agendo in persona Christi”.
I paramenti preziosi possono metterci a disagio solo se abbiamo “una visione riduttiva del sacerdote”.
Se vediamo in lui un semplice animatore di assemblea non riusciamo a capire il perché di ricoprirlo di indumenti speciali.
Invece, se siamo consapevoli del senso del sacro e “dello stare alla presenza del Mistero e dell’incedere adorante nel santuario davanti alla divina Maestà”, ecco che l’intero complesso dei paramenti ci appare per ciò che è: una delle modalità con le quali la Chiesa rende onore e gloria a Dio aiutando i fedeli a fare altrettanto attraverso la partecipazione all’azione liturgica.
Ecco perché i paramenti classici sono importanti.
Ed ecco perché, di conseguenza, è necessario verificare lo stato della loro conservazione e, quando è il caso, procedere con gli adeguati restauri, ma soprattutto è importante che i paramenti siano usati nelle occasioni dovute.
Essi “non sono, né sono mai stati, abiti quotidiani, ma paramenti per le celebrazioni solenni”.
Pertanto “la Settimana santa, il Triduo pasquale, le domeniche di Pasqua e le solennità dell’Ascensione e di Pentecoste sono giorni quanto mai propri per indossare questi apparati e far percepire al popolo cristiano la grandezza dei misteri celebrati e anche l’alto tenore della fede dei nostri padri e della storia religiosa delle nostre comunità, anche piccole”.
I parroci sotto questo profilo hanno una responsabilità alla quale non devono sottrarsi.
Da loro infatti “dipenderà la formazione di sacristi sensibili a questi valori e capaci di assolvere al loro impegno”, ma, d’altro canto, “anche la competenza, la convinzione e l’entusiasmo di molti sacristi potrà risvegliare nei loro parroci una maggiore attenzione verso un patrimonio che è del popolo di Dio e che richiede non detrattori, ma buoni amministratori”.
E che cosa rispondere a chi obietta che la Chiesa deve essere povera?
Risposta: “È vero, ma tale povertà va esercitata innanzitutto nella vita personale e familiare dei cristiani e anche in quella pastorale e istituzionale della comunità”.
Risposta: “È vero, ma tale povertà va esercitata innanzitutto nella vita personale e familiare dei cristiani e anche in quella pastorale e istituzionale della comunità”.
La liturgia e il suo decoro vanno invece “curati con la massima proprietà, fino all’ultima spiaggia, quando a malincuore, come in taluni frangenti della storia della Chiesa, si dovette soccombere alla necessità”.
Insomma, “la casa di Dio è l’ultima che va spogliata, dopo averlo fatto con le nostre case. Così ci insegnano i santi, in particolare il santo curato d’Ars”.
Tutto il contrario di ciò che spesso avviene oggi, quando troppo spesso, anziché rendere più povero ed essenziale il nostro stile di vita, ci comportiamo da consumisti e materialisti incalliti, ma pretendiamo che ad impoverirsi sia il culto da rendere a Dio.
E che cosa direbbe don Finotti davanti agli abiti liturgici scelti per i sacerdoti che celebreranno le Sante Messe durante l’Incontro mondiale delle famiglie a Dublino?
Che cosa direbbe di quelle casule dai colori pastello che evocano l’arcobaleno e di quei simboli pagani disegnati proprio al centro? (v.foto sopra N.d.R.)
Sembrano maglie di una squadra di calcio....con tutto il rispetto eh....
RispondiEliminaAttenzione.Questi simboli non sono casuali.Sono simboli pagani, celtici ma innanzitutto hindu, che rappresentano si la trinità, ma di Brahma, Shiva e Vishnu!!! Quella spirale è la spirale del caos primigenio, come raccontato nel Rgveda e nelle Upanisad, testi sacri hindu, da cui si è generato il mondo. Dico, ma chi credono di prendere in giro?! Finché su questa terra ci sarà anche una sola persona culturalmente preparata e di Fede solida, saranno smascherati. Che bisogno abbiamo di simboli ambigui e pagani, se Cristo duemila anni fa ci ha indicato la Sua Croce? Resistiamo allo scempio del satanico in bianco!!!
RispondiEliminaAnonimo ha ragione. Ovviamente il rinvio a simboli pagani è, almeno da parte delle PSEUDOautorità, perfettamente consapevole e voluto.
EliminaRoberto Dal Bosco ha scritto splendidi libri per chiarire che tali simbologie rinviano a ideologie mondialiste e DI MORTE pienamente attuali: cfr. ad es. il volume su Casaleggio e l'ideologia pentastellata.
Detto a margine: Francesco (che mi guarderò bene dal definire "papa" in quanto un non cattolico, non "semplicemente" un eretico, non può rivestire l'autorità: cfr. Cum ex apostolatus officio, bolla de fide di Paolo IV) ha coinvolto l'Irlanda nell'operazione Di Ciotti ma, se non m'inganno, non ha detto una parola a proposito del referendum apostata che ha introdotto l'aborto in quelle terre olim cattoliche.
scusate lo vedo solo io che nell'immagine c'è il numero della bestia 666? la cosa è ancora più raccapricciante...
RispondiEliminaHai ragione, è proprio così. Direi che il quadro è completo.
EliminaConfermo!! Più palese di così...
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