per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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sabato 22 aprile 2017
Florenskij : "Chi agisce con approssimazione si abitua anche a parlare con approssimazione"
Un magistrale brandello del filosofo e martire cristiano ortodosso Pavel Alksandrovič Florenskij e un piccolo commento aggiuntivo di Antonio Socci.
A buon intenditor poche parole.
Grazie all'amico Giovanni per la segnalazione.
L
"Chi agisce con approssimazione si abitua anche a parlare con approssimazione, e il parlare grossolano, impreciso e sciatto coinvolge in questa indeterminatezza anche il pensiero [... ] Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale".
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padre Pavel Florenskij
(martire)
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"C’è da restare perplessi se persino per i gesuiti – che per secoli sono stati un pilastro della dottrina della chiesa – papa Bergoglio ha indicato ora il dovere di avere «un pensiero incompleto».
Non basta la tolleranza per chi ha «un pensiero incompleto», è prescritto il dovere di averlo: «Il gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto». così ha dichiarato nell’intervista con padre Spadaro per la rivista dei gesuiti.
Inoltre, il Papa ha rifiutato come «una deformazione» quelle «epoche (in cui) nella compagnia si è vissuto un pensiero chiuso, rigido, più istruttivo-ascetico che mistico».
cosa significhi questo «pensiero incompleto» non è affatto chiaro.
Ma da altre pagine di papa Francesco si capisce che c’è da preoccuparsi. Per esempio nella Evangelii Gaudium se la prende con «quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature» (n. 40) e poi scrive: «A volte, ascoltando un linguaggio completamente ortodosso, quelo che i fedeli ricevono, a causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono, è qualcosa che non corrisponde al vero Vangelo di Gesù Cristo» (n. 41).
Allora cosa si dovrebbe fare? Usare un linguaggio non ortodosso? Non si era mai sentito un Papa che mettesse in guardia dal linguaggio dell’ortodossia. In duemila anni di storia della chiesa non si trova un solo atto del magistero o un solo santo che dica una cosa del genere.
Papa Giovanni, per esempio, il Papa del Concilio, affermava:
'Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. Di qui errori d’ogni genere, che penetrano negli animi e si infiltrano nelle strutture sociali, tutto sconvolgendo con grave rovina dei singoli e dell’umana convivenza' ".
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da Antonio Socci, "Non è Francesco" (Rizzoli)