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Per tramite del suo segretario diacono Ambrogio Fidato, abbiamo ricevuto la seguente informazione ex Aedibus da S.E.R. Mons. Eleuterio Fave...

sabato 28 dicembre 2013

Oggi come allora...


La strage degli innocenti

La strage degli innocenti
di Cristina Siccardi

Corrispondenza Romana 28-XII-2013

Quando Erode si accorse di essere stato ingannato dai Re Magi decise di sterminare i bambini di Betlemme di Giudea, quelli dai due anni in giù e se san Giuseppe non avesse creduto all’Angelo e non fosse fuggito in Egitto, in quella strage ci sarebbe stato anche Gesù. La Chiesa celebra la memoria dei Santi Innocenti tre giorni dopo la nascita del Salvatore: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più» (Mt 2, 18).
Il vero innocente agli occhi di Dio è la creatura che non conosce malizia, non conosce menzogna, non conosce bruttura e nessuno è più innocente di un bambino che si affida totalmente, perdutamente e con amore a sua madre. Questo affidarsi ciecamente, oggi, è divenuto molto pericoloso, poiché l’Innocenza viene minata fin dal principio e non soltanto con l’eliminazione su vasta scala della persona (l’aborto), ma anche con l’eliminazione dell’integrità morale e con l’inoculazione di idee contro la Fede, contro il diritto naturale (si pensi alla teoria del gender), contro la ragione.
Gli insegnanti saranno obbligati a seguire corsi di formazione e aggiornamento per migliorare, tra le altre, anche le competenze relative all’educazione all’affettività, alla sessualità, al «rispetto delle diversità» e delle pari opportunità di genere e al «superamento degli stereotipi di genere», come recita il decreto italiano 104/2013 «La scuola riparte». Tuttavia l’innocenza viene già spezzata fin dagli albori, quando il bimbo è posto davanti alla Tv ed è costretto a vedere telegiornali, pubblicità e spettacoli privi di vergogna e di decenza. L’innocenza viene calpestata fin da quando il minore viene messo davanti ad Internet per «navigare» e scoprire realtà perverse e contro Dio. L’innocenza viene poi massacrata quando i fanciulli vengono adottati da coppie omosessuali o sono in balia di orchi senza coscienza.
Quale consolazione dare? «Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più». Nessuna consolazione vogliono coloro che rifiutano che il peccato e lo stravolgimento della legge naturale si abbattano sull’infanzia, ma, come fecero le madri di Betlemme, tentano di fare scudo fra gli Erode contemporanei e i bambini.
«Èvvi ancora un soldato che ha tolto per forza un putto, e mentre correndo con quello se lo stringe in sul petto per amazzarlo, se li vede appiccata a’ capegli la madre di quello con grandissima rabbia; e facendoli fare arco della schiena, fa che si conosca in loro tre effetti bellissimi: uno è la morte del putto che si vede crepare, l’altro l’impietà del soldato che per sentirsi tirare sì stranamente mostra l’affetto del vendicarsi di esso putto, il terzo è che la madre, nel veder la morte del figliuolo, con furia e dolore e sdegno cerca che quel traditore non parta senza vendetta: cosa veramente più da filosofo mirabile di giudizio che da pittore», così scrive nell’opera Vite Giorgio Vasari nel suo splendido commento all’affresco (1486-1490) di Domenico Ghirlandaio, presente in Santa Maria Novella a Firenze.
Sono ancora le madri le protagoniste della scena che Duccio da Buoninsegna ci offre sulla strage dei Santi Innocenti nella tavola (1308-1311) del Museo dell’Opera del Duomo in Siena: sono ammassate in disparte, affrante dal dolore e stringono fra le loro braccia i corpicini martoriati; esse ricordano vividamente le icone della Madonna con il Bambino Divino.
Il contrasto formidabile tra la ferocia del potere politico e la tenerezza per gli affetti delle madri dà forma alla scena raffigurata nell’affresco di Giotto (ca. 1304-1306) della Cappella degli Scrovegni a Padova. In alto, su una tribuna, Erode ordina il massacro che i suoi sicari intabarrati eseguono con freddo cinismo e scrupolo; a fronte di essi, madri dolenti invocano inutilmente pietà, mentre si oppongono fisicamente e coraggiosamente all’eccidio. L’affresco si inserisce, non a caso, in una meditata logicità della narrazione evangelica, che ricopre le pareti della Cappella, esso è posto di fronte alla scena della Crocifissione di Gesù: il Figlio di Dio che si era salvato dal massacro dei piccoli martiri-agnelli, ora muore, innocente e martirizzato, per la salvezza di ogni uomo, anche per gli Erode di tutti i tempi, attuali più che mai.
Scriveva nel 1912 Charles Peguy nel suo Le Mystère des Saints Innocents: «Si mandano i figli a scuola, dice Dio. Io penso che sia perché dimentichino il poco che sanno. Si farebbe meglio a mandare a scuola i genitori. Son loro che ne hanno bisogno. Ma naturalmente ci vorrebbe una scuola di Me. E non una scuola di uomini. Si crede che i bambini non sappiano nulla. E che i genitori e le persone grandi sappiano qualcosa. Ora io ve lo dico, è il contrario. (È sempre il contrario). Sono i genitori, sono le persone grandi che non sanno nulla. E sono i bambini che sanno. Tutto. Perché essi hanno l’innocenza prima. Che è tutto.

Anche la vita è una scuola, dicono. Vi si impara tutti i giorni. La conosco, questa vita che comincia col battesimo e finisce con l’estrema unzione. È un’usura perpetua, un costante, un crescente avvizzimento. Si scende sempre. Si riempiono d’esperienza, dicono; guadagnano esperienza; imparano a vivere; di giorno in giorno accumulano esperienza. Singolare tesoro, dice Dio. Tesoro di vuoto e di carestia. Tesoro di rughe e di inquietudini. Quello che voi chiamate esperienza, la vostra esperienza, io la chiamo dispersione, la diminuzione, la decrescenza, la perdita della speranza. Ora è l’innocenza che è piena ed è l’esperienza che è vuota. È l’innocenza che vince ed è l’esperienza che perde. È l’innocenza che è giovane ed è l’esperienza che è vecchia. È l’innocenza che sa ed è l’esperienza che non sa. È il bambino che è pieno ed è l’uomo che è vuoto». Oggi si vuole e si pretende che il bambino si svuoti per riempirsi di errori dei grandi, grandi soprattutto nel peccato e nell’infelicità.