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sabato 26 novembre 2011

Le esequie negate in diocesi di Bergamo. Gnocchi racconta il "caso Gnocchi" - III parte

Torna su messainlatino.it il diario della crisi del "caso Gnocchi", scritto dallo stesso Alessandro Gnocchi. Ricordiamo la vicenda: nella diocesi di Bergamo sono stati vietati i funerali in rito antico al padre del noto giornalista e scrittore cattolico (si legga qui, qui e l'articolo del Foglio). Il caso, ricordiamo, ha suscitato l'indignazione generale, anche di quei cattolici lontani dalle nostre posizioni e dal tradizionalismo, fra questi ricordiamo Tornielli sul suo blog.
Vengono in mente alcuni passaggi del bellissimo libro del professor Roberto de Mattei, "Apologia della Tradizione" (Lindau). Citiamo un passo, fuori dal contesto: "Il sensus fidei può spingere i fedeli, in casi eccezionali, a rifiutare il loro assenso verso alcuni documenti ecclesiastici e persino a porsi, di fronte alle supreme autorità, in una situazione di resistenza o di apparente disobbedienza. La disobbedienza è solo apparente perché in questi casi di legittima resistenza vale il principio per cui bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At. 5, 29)". E il professor de Mattei non è certo un rivoluzionario...
Alessandro Gnocchi è autore di numerosi libri, scritti con Mario Palmaro, l'ultimo dei quali è il notevole "La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Vallecchi). Altri titoli: "L'ultima Messa di padre Pio. L'anima segreta del Santo delle stigmate"(Piemme), "Viva il Papa. Perché lo attaccano. Perché difenderlo" (Vallecchi), "Contro il logorio del laicismo moderno. Manuale di sopravvivenza per cattolici" (Piemme).




MA QUESTA MESSA S’AVRA’ DA FARE - TERZA PUNTATA
di Alessandro Gnocchi

Qui a Villa d’Adda (VdA), ridente perla della ridentissima diocesi di BG (Bergamo, non Bulgaria) tutto bene. Anzi, tutto benissimo visto che

TUTTO TACE

su tutti i fronti. Non un cenno dal parroco di VdA, non un buffetto dal vicario generale di BG, non un paterno richiamo dal vescovo di BG. E neanche un piccolo messaggio trasversale dal delegato-episcopale-a-quasi-tutto e che tanto timore incute nel clero della diocesi. Insomma, niente di niente. Eppure, parroco di VdA, vicario generale di BG, vescovo di BG e il quasi onnipotente delegato-episcopale-a-quasi-tutto sono stati sommersi da lettere e da e-mail di dissenso non sempre sommesso. Forse che stiano pensando a

UNA LETTERINA ARRIVATA DA ROMA

nella quale si chiede conto di quanto è accaduto? Perché questa risulta essere la procedura. Il fedele battezzato che ritiene di aver subito un torto dall’autorità ecclesiastica territoriale ricorre alle istanze superiori. Le istanze superiori prendono contatto con l’autorità territoriale per capire cosa sia accaduto e valutare la situazione. Quindi, le istanze superiori traggono una conclusione: A) aveva ragione il fedele battezzato e l’autorità territoriale viene messa al suo posto; B) aveva ragione l’autorità territoriale e viene messo al suo posto il fedele battezzato. In linea di principio, e anche in linea di fatto,

NON DOVREBBERO ESSERE CONTEMPLATE LA SOLUZIONE C E LA SOLUZIONE D

e cioè: C) hanno ragione tutti e due; D) hanno torto tutti e due. Questo non potrebbe avvenire in rispetto del principio di non contraddizione che, dentro la Chiesa cattolica, pare in qualche modo sopravvivere. Ma la lunga frequentazione di diocesi dove il federalismo dottrinale e disciplinare è anni luce avanti a quello fiscale, e pure la conoscenza di realtà locali dove sono sempre più evidenti uno spirito e un piglio da dittatura burocratica lasciano intendere che in questo caso potrebbe essere applicata

LA FAMIGERATA SOLUZIONE E

che consisterebbe nello scaricare tutto sul povero parroco di VdA, il quale, dopo aver messo inflessibilmente in pratica il diktat della curia, verrebbe rimproverato per non aver saputo valutare pastoralmente la situazione. Che, tradotto in lingua corrente, significa:

RAGAZZO, LO VEDI IN QUALE AFFARE CI HAI INFILATO?

E si dice affare, per usare un linguaggio da personcine perbene. A soli cinquant’anni di distanza, ecco a che cosa si è ridotto l’afflato pastorale che tanto riscaldò i cuori dei padri conciliari e dei figli postconciliari: per favore niente problemi. Naturalmente, dai meandri della pastorale dei nostri giorni, che funziona come il cappello di un prestigiatore, si possono estrarre tante altre soluzioni. Ma rimane il fatto che le uniche praticabili senza prendere a calci la ragione, la logica, il buon senso, le regole, le leggi, eccetera, eccetera, sono le prime due. Diversamente, il documento che il Santo Padre ha voluto per il bene di tutta la Chiesa verrebbe depotenziato fino a sgonfiarsi. E sul punto in questione

IL DOCUMENTO PARLA CHIARO.

Parla chiaro, ma non per tutti in quanto il parroco di VdA ha anche tentato di spiegare agli interessati che la Messa in rito antico ha senso soltanto se viene celebrata in certe chiese e non in altre: cioè va bene nelle riserve indiane per cattolici tradizionali, ma non nelle parrocchie. Insomma, se uno la sente dove impone abusivamente e prepotentemente la curia assolve il suo dovere di cattolico

FIGLIO DI UNA CURIA MINORE,

se invece la sente in una chiesa frequentata da fratelli adulti nella fede e incamminati verso il radioso avvenire di una Chiesa più nuova e più bella deve sentirsi fuori posto. Tutto questo per dire che si attende dagli organi competenti una risposta chiara nella quale si spieghi se i fedeli battezzati sono tutti uguali. Ma, nel frattempo, nella parrocchia di VdA, ridente perla della diocesi di BG (Bergamo, non Bulgaria)

TUTTO TACE

e fa una certa impressione pensare che, a tacere, sia proprio questa cosiddetta chiesa del dialogo. Evidentemente, come ha scritto un confratello al parroco di VdA, è proprio difficile dialogare con certi “lontani” che non hanno l’appeal dei musulmani, degli ebrei, dei luterani, dei calvinisti, dei buddisti, degli induisti, dei taosti, degli scintoisti, degli animasti, degli atei agnostici e razionalisti. Eppure, il dialogo sarebbe imposto proprio questa lontananza: chi c’è di più lontano, da certo clero e da certo episcopato, dei cattolici che continuano a credere quello in cui si credeva cinquant’anni fa?

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