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mercoledì 23 novembre 2011

Ancora sulle esequie negate in Diocesi di Bergamo. "Gnocchi racconta il 'caso Gnocchi' - II parte"

Alessandro Gnocchi, giornalista e scrittore, torna a scrivere per messainlatino.it il diario della crisi del caso "caso Gnocchi". Ricordiamo la vicenda: nella diocesi di Bergamo sono stati vietati i funerali in rito antico al padre del noto giornalista e scrittore cattolico (si legga qui e qui). Il caso, bisogna dire, ha suscitato l'indignazione generale, anche di quei cattolici lontani dalle nostre posizioni e dal tradizionalismo, fra i quali Tornielli. Molti commenti e considerazioni sono stati fatti. Ne aggiungiamo uno. Come mai dopo tante belle parole sull'apertura al mondo e alla modernità, nessuna delle gerarchie ecclesiastiche coinvolte (Vaticano, Ecclesia Dei, curia di Bergamo, vescovo di Bergamo) ha sentito la necessità non diciamo di una parola di conforto, di umanità (lo so che piace questa parola...) e vicinanza alle persone coinvolte, ma semplicemente di replicare in questa infuocata e importante questione? Comunque sappiamo benissimo che neppure questa domanda avrà risposta.
Alessandro Gnocchi è autore di numerosi libri, scritti con Mario Palmaro, l'ultimo dei quali è il notevole "La Bella Addormentata. Perché dopo il Vaticano II la chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà (Vallecchi). Altri titoli: "L'ultima Messa di padre Pio. L'anima segreta del Santo delle stigmate"(Piemme), "Viva il Papa. Perché lo attaccano. Perché difenderlo" (Vallecchi), "Contro il logorio del laicismo moderno. Manuale di sopravvivenza per cattolici" (Piemme).



Visto che questo appuntamento periodico minaccia di andare per le lunghe, mi piacerebbe dargli una forma che non permetta di cadere nel lamento. Vorrei raccontare i fatti miei, e nostri, anche dolorosi, con un po’ di leggerezza e brio. E con questo sono sicuro di non fare un torto a mio padre, che per parte sua era un eccellente scrittore di teatro e un altrettanto eccellente attore e capocomico.
Ecco perché la scrittura di queste note copia in maniera evidente e dichiarata quella che il maestro Giovannino Guareschi impiegava su “Candido” nella rubrica “Giro d’Italia”.
La pagina guareschiana era un fluire tumultuoso spezzettato da frammenti di frase riportati in neretto al centro della colonna a mo’ di titoletto. Mi rendo che è una tecnica difficile da spiegare teoricamente. Dunque, passiamo alla pratica. Con l’avvertenza che Guareschi la maneggiava da maestro e il sottoscritto la maneggia da allievo.


MA QUESTA MESSA S’AVRA’ DA FARE - SECONDA PUNTATA
di Alessandro Gnocchi

Per mestiere mi occupo di giornali, dunque non leggo l’Avvenire. Però mi dicono che domenica 20 novembre, un certo Pier Giorgio Liverani ha commentato l’articolo con cui Palmaro e io abbiamo raccontato sul Foglio la vicenda del “Funerale latino negato”. Evidentemente, questo Liverani deve essere

un giovanotto di buona volontà, ma inesperto,

visto che la sua argomentazione è la seguente: “TRA DAT E DAF Potrebbe anche darsi che abbiano ragione i due buoni cristiani, che su un'intera pagina del Foglio protestano (giovedì 17 novembre) perché, in un paese della bergamasca, il loro parroco non ha concesso al padre di uno di loro la celebrazione del funerale secondo il rito latino nonostante il Motu proprio Summorum Pontificum. Ciò che lascia perplessi è la motivazione della richiesta: il defunto voleva «la sua messa, quella in latino ricamata di oremus, dominusvobiscum e Kyrie eleison splendidi e secolari», insomma come quel funerale che «il Peppone di Guareschi» volle «per la vecchia maestra del paese, nella bara coperta dalla sua bandiera, quella ricamata con lo stemma del re». Con tutta la pietà per il defunto e per suo figlio, va ricordato che il Motu proprio pontificio ha motivazioni più consistenti di un ricamo, anche se di "oremus" in fili d'oro. Né è giustificato il paragone satirico tra Dat e «Daf, le Dichiarazioni anticipate di funerale». Caro Liverani, se “potrebbe darsi che abbiano ragione i due buoni cristiani che scrivono sul Foglio”, a rigor di logica il suo pezzullo avrebbe dovuto fermarsi proprio lì. Non c’era bisogno sciupare con le restante povere considerazioni l’otto per mille con cui tanti buoni cattolici pagano il suo inchiostro. Ma il giovanotto, in barba al principio di non contraddizione, spiega poi che

i “due buoni cristiani” hanno ragione, ma hanno torto

perché chissà quali ragioni ci sono dietro la richiesta di una Messa in latino. Insomma tutta robetta inconsistente trita e ritrita, ma scritta con tale livore da far pensare che Liverani sia uno pseudonimo ispirato allo stile. Argomenti e toni a cui si è ormai abituati, ma trovarli sul bollettino dei vescovi italiani fa sempre un certo effetto. Anche perché, alla fine

nel mirino di Avvenire, finisce il Papa

che, con il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, ha dato la stura a richieste di Messe che chissà quali ragioni avranno. Spieghiamo subito al giovanotto che la ragione è una sola e si chiama fede cattolica. Ma, col tempo, imparerà anche lui. Siamo stati tutti giovani e inesperti. In ogni caso, è tutto regolare: Avvenire ha difeso senza argomenti un rappresentante dell’azionista di riferimento, come fanno anche tanti giornali veri, e tutto dovrebbe essere a posto.

In realtà non è a posto niente

perché, la vicenda rimane aperta. Da giorni la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha in mano la relazione dettagliata della vicenda, che è stata spedita per conoscenza anche al vescovo di Bergamo. In calce si chiede che cosa deve fare un cristiano battezzato per avere ciò che il Papa ha stabilito essere un suo diritto, che cosa intende fare Ecclesia Dei per difendere tale diritto dai soprusi di episcopato e clero apertamente in opposizione al Santo Padre, come Ecclesia Dei intende intervenire presso il vescovo di Bergamo per dirgli che così proprio non va. In effetti

Eccellenza, così proprio non va,

non può essere vero che un vescovo frapponga tanti ostacoli a chi vuole andare a Messa. Guardi, Eccellenza, che segnaliamo tutto a Pier Giorgio Liverani, così saprà ben lui mettere al suo posto chi non fa il proprio dovere. Racconteremo magari al giovanotto di Avvenire che la sigla BG, oltre che Bergamo, ricorda tanto la Bulgaria dei tempi d’oro. Si deve sapere, per esempio, che a un fedele bergamasco della Messa in rito gregoriano

è stata proposta la “seconda comunione”

con rito tradizionale previa Prima Comunione riparatoria in rito nuovo. Se lo è sentito dire un fedele che frequenta abitualmente la Messa antica nella chiesetta della riserva indiana per cattolici tradizionali istituita in città. L’amico Roberto ha chiesto che i figli ricevessero la Prima Comunione durante la cerimonia con Messa antica. In via confidenziale gli è stato detto che sì, si può fare, ma prima i bambini fanno la prima Comunione con rito nuovo nella Comunità-di-appartenenza, poi fanno “un’altra Prima Comunione” nella chiesetta della riserva tradizionale. Ma, come insegna la logica

dopo la prima, c’è solo la seconda.

Ecco questa è la non-logica che governa la diocesi di BG (Bergamo, non Bulgaria). L’amico Roberto ha risposto che accetta volentieri se i bambini della Comunità-di-appartenenza che ricevono la Prima Comunione con rito nuovo, poi, si trasferiscono per la “seconda Prima Comunione” nella chiesetta della riserva tradizionale per dimostrare di essere in comunione con quei poveretti della Messa in latino. Risultato, i figli di Roberto riceveranno la Prima Comunione con rito antico a Venezia.

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