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Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

mercoledì 24 novembre 2010

Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro


Non abbandonarli alla tentazione di cambiare il Padre nostro

1 - Lo status quaestionis
Secondo quanto diramato il 10-11-2010 da APCom, nella nuova edizione italiana del Messale Romano, il testo del Padre nostro potrebbe subire un cambiamento: la traduzione classica della VI domanda “non ci indurre in tentazione” (Mt 6,13) verrebbe sostituita, seguendo così la nuova Bibbia CEI 2008, con “non abbandonarci alla tentazione”.
Perché questo cambiamento? Per evitare che qualcuno pensi che Dio possa positivamente indurre qualcuno in tentazione, o essere Egli stesso causa della tentazione.
Si tratterebbe veramente di uno scandalum mere receptum, perché è molto facile ricordare, con San Giacomo, che “Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno” (Gc 1,13).
Sono ben altri i passi difficili, che possono turbare la coscienza dei più deboli; e, sempre in tema di una certa azione positiva e diretta di Dio nella tentazione, è molto più problematico del nostro versetto quanto troviamo in 2 Ts 2,11: “Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna”. Grazie al cielo, qui nessuno ha ancora pensato di cambiare il testo sacro.
Però è anche vero che ogni scandalo, quando è possibile, va rimosso, perché “non tutti hanno la conoscenza” e quindi “se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello” (1 Cor 8, 7. 13).
Questo principio paolino, tutto informato dalla carità, va applicato anche nella traduzione dei testi sacri; a patto però di non tradire il significato del testo, di non contraffarlo; il che significherebbe contrabbandare per Parola di Dio una povera parola di uomo.
E allora ci chiediamo: non abbandonarci alla tentazione è una traduzione esatta, vera, di et ne nos inducas in tentationem, che a sua volta traduce il greco κα μ εσενέγκς μς ες πειρασμόν? La nuova versione corrisponde a quello che ci ha insegnato Gesù?

2 - Cosa vuol dire et ne nos inducas?
La parola greca tradotta con ne inducas (μ εσενέγκς) è una voce del verbo εσφέρω, che vuol dire fare entrare dentro, introdurre. Cosa significa questo?
Innanzi tutto, con il Padre nostro, noi non chiediamo di non essere tentati.
Sappiamo infatti che questo è impossibile; anzi, tanto quanto vorremo servire il Signore, tanto più saremo messi alla prova.
La Scrittura parla chiaro: “Perché tu eri accetto a Dio, bisognava che ti provasse la tentazione” (Tb 12, 13 Vg). Altrettanto affermano i Padri: “La nostra vita in questo luogo di esilio non può essere senza tentazione, perché il nostro avanzamento avviene soltanto per la tentazione. Nessuno può arrivare a conoscere se stesso finché non è tentato, né essere coronato senza aver vinto. Né vince senza combattimento; né può combattere senza che vi siano nemici e tentazioni ” (S. Agostino, In Psalm. LX).
E San Leone Magno afferma: “Non si danno opere di virtù senza le prove della tentazione, né fede senza agitazioni, né lotta senza avversari, né vittoria senza combattimento. Se vogliamo trionfare dobbiamo venire alla lotta” (Serm. I, de Quadrag.).
Se dunque non si può chiedere di non essere tentati, dovremo chiedere di vincere nella tentazione; e come si consegue questa vittoria? Non entrando nella trappola diabolica (la tentazione), rimanendo nell’amore di Gesù Cristo (Cf. Gv 15).
Chi cede alla tentazione cessa di rimanere in Dio (cf 1 Gv 4,15), e dimora nell’atmosfera diabolica: la tentazione è la porta aperta per uscire dagli atri del Signore per ritrovarsi in un paese lontano (Lc 15,13).
“Per me un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove, stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi” (Ps 84,11). Peccare significa entrare, attraverso la porta della tentazione, in uno stato di vita lontano dal Signore, le tende degli empi.
Allora tutto ciò significa, forse, che con la VI domanda del Padre nostro, chiediamo al Signore di non indurci a lasciare il suo amore, la dimora in Lui, e che non ci faccia entrare nella dimora degli empi?

3 - Il sostrato semitico.
Con questa spiegazione, l’espressione et ne nos inducas in tentationem potrebbe essere un’occasione di scandalo ancora più pericolosa, perché sembrerebbe che Dio stesso ci possa spingere a entrare nel peccato.
A questo punto ci viene in aiuto la grammatica ebraica e aramaica. Non dobbiamo dimenticare infatti che Gesù ha insegnato il Padre nostro non certo in greco, ma – e qui ci sono varie ipotesi – o in ebraico (nella lingua colta dei farisei: cf. At 21,40; oppure nella lingua degli esseni di Qumram), o in aramaico (la lingua parlata in Palestina ai tempi di Gesù).
Ebbene, in ebraico esiste la forma causativa, per cui, con una sola parola si esprime ciò che in italiano o latino si esprime con una perifrasi.
Provo a spiegare con un esempio: attivo: mangiare; passivo: essere mangiato, riflessivo: mangiarsi; causativo attivo: fare mangiare; in ebraico fare mangiare si esprime con una parola sola, con una coniugazione particolare (detta Hiphil).
Questa forma, al negativo, si trova ad avere due possibilità di traduzione, determinate esclusivamente dal contesto. La particella negativa (’al = non) può negare o la causalità stessa o l’azione causata. Non ci indurre (<= lat. et ne nos inducas <;= gr. μ εσενέγκς μς) traduce l’ebraico ’al tebî’ênu (אל תביאנו o forme aramaiche analoghe)
’al = non tebî’ênu = facci entrare
’al tebî’ênu può essere tradotto con:
a) non farci entrare (nella tentazione): qui viene negata la causalità.
b) fa sì che non entriamo (nella tentazione): qui viene negata l’azione causata.
Tra gli studiosi che sostengono la traduzione b, troviamo Johannes Heller (1901), Jean Carmignac (1969, 1971) (“garde-nous de consentir a la tentation”): quest’ultimo offre un lungo elenco di altri autori che interpretano, pur implicitamente, in questo senso; ne riporto alcuni: Eliseo Armeno (450), Riccardo di San Vittore (tra il 1153 e il 1162), il futuro Innocenzo III (1195), T.H Robinson (1928), M. Zerwick (1953).

4 - Confronto tra le due opzioni
Se confrontiamo la proposta di Heller e di Carmignac (fa’ sì che non entriamo nella tentazione) con la nuova traduzione della CEI (non abbandonarci alla tentazione), possiamo vedere cha la prima è più corretta e presenta due vantaggi.
1) Viene dichiarata una causalità divina positiva: Signore, agisci, fa’ sì che; Non abbandonarci richiama in modo più tenue l’azione divina, quasi che Dio venga richiamato da uno stato di non azione.
2) Viene meglio espressa la teologia e la dinamica psicologica della tentazione: l’uomo è - di fatto - necessariamente tentato. Il demonio non può obbligare al peccato, può solo costruire una trappola; allora chiediamo: Fa sì o Signore che io non entri colà dove il demonio mi apre le porte.
Al contrario, non abbandonarci alla tentazione non è una traduzione, ma una interpretazione: purtroppo viene dichiarato testo sacro ciò che – al più – potrebbe essere detto in una nota esplicativa.

Conclusione
Cosa ha fatto l’evangelista nel tradurre in greco le parole di Gesù pronunciate in una lingua semitica (ebraico o aramaico)? È rimasto umile, non ha voluto dare una sua spiegazione per l’uomo di quell’epoca, ma ha tradotto letteralmente parola per parola, per rimanere il più vicino possibile al verbo stesso del Salvatore, o a quella versione del Padre nostro che veniva già usata nella liturgia Eucaristica in età apostolica (Cf. la Didaché).
In poche parole non ha confuso la traduzione della Parola di Dio o di un testo liturgico con la catechesi.
Si potrebbe obiettare che era più facile per un greco che viveva in ambiente palestinese recuperare il senso del negativo causativo, di quanto non possa fare l’uomo di oggi. Al che rispondo: all’uomo di oggi si possono dare spiegazioni; e se proprio si vuole cambiare un testo con la sua parafrasi, si dia almeno la parafrasi giusta.

Don Alfredo Morselli, Stiatico di San Giorgio di Piano, 21 novembre 2010.

47 commenti:

  1. spesso nell'ebraico, soprattutto nella preghiera, ci si rivolge al Signore esprimendo in una semplice unica parola che è un verbo nella forma hifil usata come causativa, fattitiva "fa in modo che io non mi trovi -oppure mi trovi- nella situazione significata del verbo)
    E' evidente la derivazione semitica del testo e non cambia l'interpretazione data da sempre nella chiesa (fa che io non cada in tentazione)
    se lo potevano risparmiare, come potrebbero risparmiarsi tutti gli altri scempi

    del resto di che ci meravigliamo, se osserviamo questa copertina della Bibbia CEI, così 'sapienzalmente commentata da Francesco Colafemmina??

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  2. <span>spesso nell'ebraico, soprattutto nella preghiera, ci si rivolge al Signore esprimendo in una semplice unica parola che è un verbo nella forma hifil usata come causativa, fattitiva "fa in modo che io non mi trovi -oppure mi trovi- nella situazione significata del verbo)  
    E' evidente la derivazione semitica del testo, </span><span>ulteriore prova della sua autenticità, </span><span> e non cambia l'interpretazione data da sempre nella chiesa: "fa che io non cada in tentazione"  </span>
    <span>se lo potevano risparmiare, come potrebbero risparmiarsi tutti gli altri scempi  
     </span>

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  3. La Parola del Signore....è stata messa ai voti ( che scandalo e che squallore).

    Insomma si è ripetuta la votazione  del1989: Comunione in mano o sulla bocca. EUREKA , approffittando di alcuni mitrati ammalati, hano votato  :in mano, in mano: La cronaca nel bel libretto edito da LEv  Dominus est.

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  4. Sempre mi sorge un'amara considerazione leggendo gli articoli di messainlatino.it:

    che "queste cose" vere e sensate ce le diciamo tra noi, le conosciamo e condividiamo noi, più o meno tradizionalisti ...

    ma i diretti interessati (i Vescovi CEi in questo caso) mai ne vengono a consapevolezza;

    _ in parte essa è colpevole, son tutti Vescovi (anche se molti si lasciano trascinare dalla macchiana CE), molti sono laureati, alcuni intelligenti,

    _ in parte l'ideologia modernista li sopraffà e, credendo che a colpi d'aggiornamento promuoveranno il "vangelo" in realtà abbattono l'albero,

    _ in parte di queste considerazioni che cosa giunge loro, nulla.

    C'è a Vostro avviso un modo per far leggere qualcosa di tutto ciò a "chi di dovere" ?  Lo dico in generale ma anche nel caso specifico:

    se quest'articolo giungesse ai singoli Vescovi, che ne so, sparo, in una lettera garbata ... che almeno uno ci pensa ...

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  5. Le anime vanno all'inferno, le chiese si svuotano, l'aborto dilaga, i seminari sono deserti e questi vescovi hanno il tempo di pensare alla pastorale del greco biblico.

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  6. C'è stata una vivace discussione in merito anche sul blog di Tornielli.
    Personalmente ringrazio don Morselli (e la Redazione) perchè mi sembra tutto molto sensato e convincente.  
    LA PROVA E' NECESSARIA. NELLA PROVA L'UOMO DI FEDE COMPIE E COMPRENDE LA VOLONTA' DI DIO.
    QUANDO SIAMO PIU' DEBOLI -NELLA PROVA- IL DEMONIO CI TENTA.
    DIO PERMETTE CHE LA NOSTRA VOLONTA' DI AMARE SIA DAVVERO LIBERA. POSSIAMO SCEGLIERE. 
    LA TENTAZIONE E' INEVITABILE, MA DIO NON TENTA.
    L'UOMO DI FRONTE ALLA REALTA' DELLA TENTAZIONE PUO' ACCONSENTIRE O MENO.
    ACCONSENTENDO ALLA TENTAZIONE SI FA IL PECCATO; CIOE' NON SI FA LA VOLONTA' DI DIO.  
    DAL PECCATO DISCENDE OGNI MALE: IL MALE NON C'ENTRA CON DIO, MA CON LE CREATURE.
    DIO CI LIBERA DAL MALE:
    NELLA PROVA CHE CI DERIVA DAL MALE ESISTENTE, LA FEDE CI ASSISTE E CI CONFORTA. 
    NEL PECCATO POSSIAMO CONFIDARE NEL SUO PERDONO E CONVERTIRCI.
    NELLA TENTAZIONE POSSIAMO CHIEDERE L'AIUTO DELLO SPIRITO SANTO.
    AL PADRE CHIEDIAMO DI ESSERE LIBERATI DALL'AZIONE DEL MALIGNO; AL PADRE DICIAMO CHE ACCETTIAMO CHE SIA FATTA LA SUA VOLONTA'. CHIEDIAMO DI NON RASSEGNARCI ALLA TENTAZIONE, INEVITABILE, SAPENDO CHE NON VIENE DA DIO, MA DAL DEMONIO E SAPENDO CHE L'AMORE DI DIO NON CI ABBANDONA MAI.    
    NELLA TENTAZIONE

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    1. Se il male dipende dalle creature è però pur sempre vero che esse sono create da Dio. Infatti Dio tra le creature ha anche creato il demonio o meglio l'angelo divenuto poi ribelle. Questo per dire che il male lo ha comunque creato Dio o meglio permesso Dio nella sua attuazione della libertà concesaa col libero arbitrio. Se ciò non fosse vero gli angeli non avrebbero potuto scegliere di non amare Dio e quindi non esisterebbe il diavolo.non ci indurre in tentazione significa a questo punto non lasciare che il nostro libero arbitrio scelga di seguire e omologare il maligno attraverso appunto la tentazione.

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    2. Dio fa che tutte queste genti cavillose, abbandonino tanta prosopopea!… È una questione così semplice, naturale, direi, dal momento che mi ha turbato sin dalla più tenera infanzia!… Dio! non lasciarli cadere in tentazione e liberali dall'esibizionismo, amen

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  7. Leggendo la Sacra Scrittura ci sono molti brani dove teologicamente si nota come Dio induca in tentazione l'uomo, soprattutto la storia di Giobbe è indicativa. Giobbe viene tentato, il Signore prima gli uccide tutte le greggi, poi gli trasforma il corpo in piaga purulente, per capire fino a quando il giusto giobbe fosse a lui fedele. Abramo fu initato da Dio a sacrificare suo figlio Isacco perchè il Signore voleva provare la sua fedeltà. Il Signore si seve anche delle prove per affermare la sua carità. Gesù disse dei ciechi guariti da Lui: '' Essi sono nati ciechi per testimoniare la gloria di Dio''. La traduzione latina del tresto greco è buone e valida, tradurre diversamente sarebbe un rischio teologico ossia: dire '' non ci abbandonare nella tentazione'' significherebbe insinuare il dubbio che Dio possa essere infedele, Gesù nel Vangelo di Giovanni dice ''Non temete io sono con voi sempre''. Dio è fedele alla sua allenza con noi, permette la prova ma non possiamo in nessun caaso noi dire nel ''Pater Noster'', Pater emon in greco, che questo dio che Gesù c'insegna a chiamare padre possa abbandonarci, '' voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, tanto più il padre vostro in cielo darà cose buone ai suoi figli''. Dire non ci abbandonare nella tentazione è scorretto  teologicamente, filogicamente ed l'ennesima banalizzazione del pensiero di Cristo, il che è gravissimo. Dio non ci abbandona, gli apostoli impauriti per la tumultuosa tempesta chiamarono Gesù il quale sedò i venti ed i moti ondosi e disse a quegli atterriti : '' Dov' è la vostra fede?''.

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  8. Bisogna distinguere la prova dalla tentazione. Dio non tenta mai, perchè scopo della tentazione è il peccato, anche se può permettere al diavolo di tentarci, spesso per colpa nostra, a volte per lasciarci la gloria della vittoria (ad agonem), a volte per farci capire chi siamo (ad humilitatem). Però Dio può metterci alla prova: quella di Giobbe fu una prova, una condizione di vita difficile ma non un incitamento al peccato. Devo ringraziare una catechesi di Padre Livio Fanzaga per questo chiarimento.

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    1. Rifletto... e approvo, un conto è dire (e pensare) che Dio ci "saggia", ci prova come oro nel crogiolo, ben altro è sostenere (ed inculcare) che Dio possa tentarci, cioè metterci volontariamente in condizione di peccare!

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  9. Cattolico terra terra24 novembre 2010 alle ore 17:37

    <span>Bisogna distinguere la prova dalla tentazione. Dio non tenta mai, perchè scopo della tentazione è il peccato, anche se può permettere al diavolo di tentarci, spesso per colpa nostra, a volte per lasciarci la gloria della vittoria (ad agonem), a volte per farci capire chi siamo (ad humilitatem). Però Dio può metterci alla prova: quella di Giobbe fu una prova, una condizione di vita difficile ma non un incitamento al peccato. Devo ringraziare una catechesi di Padre Livio Fanzaga per questo chiarimento.</span>

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  10. "alcuni intelligenti" peccato che i pochi acculturati cadano inevitabilmente in superbia, la quale acceca gli uomini. Ravasi docet.

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  11. Per Ospite: il libro di Giobbe dice che Dio permette al demonio di tentare Giobbe.
    Il che è molto differente.
    Le prove con cui Giobbe viene "vagliato" sono tutte "brutte cose" in potere del demonio.
    E' risaputo che la morte è subentrata nella creazione a motivo del peccato, dal primo ai seguenti.
    Ebbene il peccato ha introdotto una "corruzione generale" che era sconosciuta finchè tutto derivava dalle mani del Creatore.   
    Nel libro di Giobbe i tre amici cercano di convincere il buon uomo che in fondo troppo giusto non era, visto che Dio punirebbe i suoi peccati.
    Tocca al giovane Aliu dimostrare ai tre che Giobbe in realtà non ha peccato nel senso che credono loro, cioè in senso normativo, contro qualche comandamento, che Giobbe seguiva alla lettera.
    Piuttosto Giobbe non ha ancora capito lo scarto che c'è tra creatura e Creatore. Tra precetto ed amore. Tra infinito e finito. Tra eterno e caduco. E Dio lo "ridimensiona" attraverso le prove, attraverso il male che imperversa nel mondo anche contro i "giusti", presentando la necessità di una fede retribuita dall'abbandono a Dio e non dal calcolo di opere che valgano una assicurazione dal furto/incendio ed altre disgrazie. Ma Dio non tenta: è il diavolo a tentare la salda fede di Giobbe. Che è sul punto di vacillare non per le moralistiche false accuse dei tre amici, ma per l'abilità del diavolo di imputare a Dio ciò che è tutto frutto della sua invidia e cattiveria.   
      
      

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  12. MIA MADRE MI HA INSEGNATO A PREGARE IL PADRE NOSTRO,LA QUALE LO HA APPRESO A SUA VOLTA DA SUA MADRE. E COSì ANCORA MIA NONNA DALLA MIA BISNONNA, E PARIMENTI TUTTI I MIEI AVI E LE MIE AVOLE. CON LE PERSONE CHE AMAVO E CHE ORA NON SONO PIù HO IMPARATO A RECITARLO PRIMA DI ADDORMENTARMI, AL ROSARIO, ALLA MESSA. GRAZIE A QUESTE PERSONE HO IMPARATO IL VALORE DELLA PREGHIERA, E QUANDO IO RECITO IL PATER, è COME SE ESSE RIVIVESSERO, E CON LORO TUTTI I MORTI CHE HANNO ORALMENTE TRAMANDATO AI FIGLI LE SEMPLICI ORAZIONI DEL BUON CRISTIANO, E SI UNISSERO A ME NELL'ORAZIONE PERENNE CHE DOBBIAMO AL DIO CHE SI è ASCOSTO NEI MISTICI VELI. E VOI, VESCOVI INFEDELI, SAPPIATE CHE IL VOSTRO NUOVO PATER NON LO RECITERA' NESSUNO, E VEDRETE ANCOR PIU' I VOSTRI FREDDI TEMPLI DI CEMENTO DESERTI, DOVE POTRETRE PROFFERIRE DA SOLI LE VOSTRE ERESIE E LE VOSTRE BESTEMMIE CHE ARDISCONO PERSINO CAMBIARE LE PAROLE DEL CRISTO!!!

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    1. Calma fratello... ricorda sempre che siamo Cristiani, seguaci della Parola Viva che è Gesù, non delle parole (scritte, trascritte, tradotte, interpretate e proposte) dagli uomini agli uomini...

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    2. Gentile sig Placentinum, la fede nn è fatta di formule ma anche di riflessione, di dubbi, è così che cresce,si rafforza, matura… Non basta ripetere giaculatorie avite … Ho imparato certe 'Salveregina' e Deprofundis' in latino dalle mie adorate ave… Ciò nn toglie che mi sia posta il problema di cosa stessi recitando… sopratutto quando ho iniziato a studiare Latino! Mi parrebbe rispettoso di Dio e della Chiesa pregare correttamente! Se finora abbiamo usato una traduzione approssimativa di un'espressione aramaica, perchè non correggerla? perchè i suoi avi si rivolterebbero nella tomba!?… La Chiesa dovrebbe essere universale ed universalmente compresa e partecipata… o no!?

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  13. Spiegazioni semantiche, traduzioni? Ok
    Ma la Chiesa cosa ha sempre insegnato?
    Riporto due passi di due Santi Padri della Chiesa "ormai superati" dai mostri di teologia:
    <span>c'è una tentazione che può far cadere in peccato, con la quale però Dio non tenta nessuno, e c'è una tentazione che mette alla prova la fede, e con questa anche Dio si degna di tentare.</span><span>(San't Agostino Discorso 71, 10,15)</span>
    <span>"In realtà  contro di noi è concesso il potere (a satana) di tentarci per una duplice finalità: da una parte per condurci al castigo quando pecchiamo, dall'altra per condurci alla gloria, nel momento in cui siamo messi alla prova"(San Cipriano-La preghiera del Signore 26)</span>
    <span>Cipriano infatti traduce il passo con "e non permettere che siamo indotti in tentazione".</span>
    <span>Infine per esperienza personale sarebbe bene comunque, a proposito del passo di Paolo,  che il cattolico senza conoscenza, come me, imbracci gli scritti dei Padri e inizi a farsi una piccola conoscenza che poi potrà essere approfondita con l'ausilio di, ahimè qui diventa difficile, pastori d'anime.</span>
    <span>Altrimenti si finirà, per ignoranza, con l'avverarsi del detto che Cristo è morto di freddo e non sulla croce.</span>
    <span>CV,CR,CI </span>

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  14. Premetto che ringrazio Don Morselli per il suo punto di vista chiarficatore, ma non posso non sottolineare che è solo un'ipotesi.
    In effetti, il testo originale è il greco koiné che cita <span>μ<span>ὴ</span> ε<span>ἰ</span>σενέγκ<span>ῃ</span>ς <span>ἡ</span>μ<span>ᾶ</span>ς </span>e non l'ebraico o l'arameo, che possono solo essere estrapolazione, una dietrologia, utile per spiegare o glossare sul significato greco. La traduzione la più prossima di questa frase greca in latino rimane quindi "ne nos inducas", con la relativa traduzione in italiano, non dispiaccia ai vescovi fannulloni che dovranno quindi spiegare al loro gregge il significato spirituale e pratico di questa domanda insegnataci da Cristo stesso...
    Non c'è niente di scandaloso in questa richiesta del Padre Nostro quando si pensa al dialogo tra Gesù e Suo Padre nel giardino di Getsemani...

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  15. Tutta questa distinzione tra tentazione e prova io non la vedo nel sostantivo <span>πειρασμός !</span>

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  16. Ma molti dei commenti fanno pensare ad un letteralismo degno dell' Islam più intransigente, per il cui il Corano non dovrebbe nemmeno esser tradotto. Ma la Bibbia ha avuto decine di traduzioni in decine di lingue diverse, e gridare al tradimento e all'eresia per un passaggio dal latino (esso stesso una lingua di traduzione) all'italiano mi sembra veramente paranoico. Con questo criterio sarebbe stato eretico San Girolamo che traducendo direttamente dall'ebraico in latino ha offerto, per molti libri della Bibbia lezioni assai diverse da quelle della traduzione latina della traduzione greca dei Settanta (una traduzione alla 'seconda' dunque), già in uso comune in Occidente. Ma che razza di tradizionalismo è questo, che si fissa sulla singola frase di una traduzione, come se da essa dipendesse dannazione e salvezza. Che l'abbia recitata la nonna della nonna basta per farne un pilastro della fede? E le nonne delle nonne che l'hanno recitata in tedesco, fiammingo, swahili, cinese, con parole e perifrasi diverse? Complimenti a Placentinum per la sua cattolicità

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    1. Il problema non è il letteralismo...Può anche andar bene il fatto che le traduzioni con il tempo abbiamo bisogno di un aggiornamento o di un ammodernamento, ma penso che questo debba essere però in qualche modo coerente con il messaggio del testo di partenza (d'altronde anche S. Gerolamo che lei citava poc'anzi faceva così) e non discostarsene solo e semplicemente per applicare categorie modernistiche che non appartengono ai testi antichi, e meno che mai ai testi sacri. Qualsiasi forma di attualizzazione va fatta nel rispetto del messaggio originale. In questo caso, gli autori di questa traduzione hanno semplicemente applicato al testo ciò che avevano loro nella testa. Ritengo, infine,che per fare una buona traduzione bisogna fare come insegnavano i filologi alessandrini, cioè "correggere Omero con Omero" , quindi, in questo caso, tradurre, interpretare ed attualizzare il Vangelo con il Vangelo.

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  17. :)  Caro Don Alfredo, pregherò affinchè "qualcuno" ascolti la saggezza da te riportata in queste spiegazioni e non si vada oltre con certi "ammordenamenti", un conto sono le pastorali con il linguaggio moderno o traduzioni più comprensibili, altra cosa è MODIFICARE LE PREGHIERE che in 2000 anni hanno formato scuole di Santi, Martiri e Fondatori e Fondatrici.....

    A me rimane il ricordo caro quando, nel 1980, con il gruppo collegiale andammo a dire il Rosario delle 21,00 alla Radio Vaticana, quel Rosario che il Papa stesso assicurava di seguire in unione di preghiera....
    Mesi di preparazione per ricevere una dizione quasi perfetta di un Rosario in latino.... e giunse il mio turno, quella sera toccò a me fare da solista: Deus, in adiutorium meum intende.....
    Pater Noster qui es in caelis: sanctificetur nomen tuum........
    quanta pazienza della suora per insegnarci che quel "tuum" non aveva 10 "u" e che non andava strascinato!!! :-D
    Il Papa ci ascoltava! il mondo pregava con noi! Maria sorrideva dal Cielo per la nostra emozione....
    ...<span>et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo. Amen</span>....
    per 2000 anni abbiamo detto "AMEN-COSI' SIA" perchè giungere ora a stravolgere una CERTEZZA così ben consolidata?
    Nessuno ha mai pensato che in questa frase potesse esserci un Dio pronto a farci del male.... e se santa Teresina del Bambin Gesù avrebbe voluto essere una palla in mano a Gesù Bambino per essere lanciata dove Lui avrebbe voluto, che male c'è nel pensare a Dio pronto  AMETTERCI IN GICO, E A PERMETTERE LE TENTAZIONI PER IL NOSTRO BENE?
    Perfino Giobbe giunse a dire: se da Dio accettiamo il bene, perchè non accettare il male?" -Gb.2,9- dalla traduzione della CEI....
    saranno poi le pastorali e la catechesi a SPIEGARE il significato e il senso, la Preghiera serve PER PREGARE....non per discutere...

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  18. <p><span><span>Mons. Anacoreta</span><span><span>,</span></span></span>
    </p><p><span><span>se l</span></span><span><span>e anime vanno all'inferno, salvale;</span></span>
    </p><p><span><span>se le chiese si svuotano, riempile;</span></span>
    </p><p><span><span>se l'aborto dilaga, impediscilo e fai figli;</span></span>
    </p><p><span><span>se i seminari sono deserti, riempili magari inizia ad entrarci tu</span></span>
    </p><p><span><span>e se questi vescovi hanno solo il tempo di pensare alla pastorale del greco biblico, tu prega incessantemente per tutti.</span></span></p>

    RispondiElimina
  19. <p><span><span>Mons. Anacoreta</span><span><span>,</span></span></span>
    </p><p><span><span>se l</span></span><span><span>e anime vanno all'inferno, salvale;</span></span>
    </p><p><span><span>se le chiese si svuotano, riempile;</span></span>
    </p><p><span><span>se l'aborto dilaga, impediscilo e fai figli;</span></span>
    </p><p><span><span>se i seminari sono deserti, riempili e magari inizia ad entrarci tu</span></span>
    </p><p><span><span>e se questi vescovi hanno solo il tempo di pensare alla pastorale del greco biblico, tu invece prega incessantemente per la Chiesa e per tutti. Vedrai che le cose miglioreranno.</span></span></p>

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  20. Redazione di Messainlatino.it24 novembre 2010 alle ore 18:58

    Calma. Stiamo parlando di traduzioni, non delle parole 'originali'
    Enrico

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  21. non parlavo con la "ratio" di un ex studente di liceo classico ma con il santo sdegno della sempilce vecchietta che da un giorno all'altro si è trovata cambiata la messa e al posto dei ceri candele elettriche. mi sono lasciato andare alla sterile provocazione sapendo di alterare il senso di queste parole. chiedo umilmente perdono.

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  22. Praticamente si invoca una sorta di CONTINUITA' nella ROTTURA! Che dire, BhOOOOOOOOO!

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  23. La nostra taduzione in lingua locale recita: "e no nos lesser ruere in tentassione..." (e non lasciarci cadere in tentazione), che significa: soccorrici nei momenti in cui siamo tentati e fa che non cadiamo nella trappola del Nemico. 
    Se il Pater in latino o in italiano non cia ha  crato mai problemi credo che lo dobbiamo proprio all'ottima traduzione in vernacolo.

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  24. Don Morselli ha evidenziato chiaramente come sia bene rifarsi al testo aramaico o ebraico e ha dato le traduzioni e interpretazioni perfette dei Padri, che sono quelle che la Chiesa ci ha sempre insegnato..

    E' bello scoprire che in ebraico la 'costruzione' rappresentata dalle varie forme verbali prevede una forma hifil=causativa, fattitiva, che ad esempio nelle preghiere diventa (fa in modo che io mi trovi - o non mi trovi - nella situazione significata dalla forma verbale)... ed ecco che al tebienu significa "fa in modo che noi non entriamo" e, quindi, il senso di fa sì che noi non cadiamo in tentazione che tutti abbiamo imparato è quello giusto e è anche molto bello e 'toccante' pensare all'autenticità di un testo che conserva l'eco del sostrato originale, che mette in primo piano l'azione di Dio... mi pare bellissima la frase di Don Morselli: "<span>Fa sì o Signore che io non entri colà dove il demonio mi apre le porte". Il "non ci indurre", in qualche modo conserva proprio l'eco dell'azione di Dio significata dal testo ebraico: l'interpretazione della Chiesa nei secoli ce l'ha sempre data fedelmente... </span>
    E dice bene ancora Don Aldredo: "non abbandonarci alla tentazione", non è più una traduzione  è una intepretazione e non possiamo ignorare che diventa un inquinamento del il testo sacro, che le generazioni future, se non avranno l'originale cui attingere (che comunque non è sempre a portata di tutti) potranno cambiare a seconda della mentalità del momento, fino a perdere definitivamente il contatto VIVO con la Parola... il Testo è Sacro proprio perché è intangibile da venerare e da rispettare e non da trasformare a proprio piacimento...

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  25. dovrò prendere anche il valium ma non mi sembra di aver detto nulla di sbagliato: forse che i vescovi non sono quasi tutti eretici? forse che i vescovi non fan costriure fredde chiese cementizie che sono semivuote? (di cui lìultima proprio a Piacenza guardatevi l'articolo di fides et forma di qualche settimana fa!) forse che il padre nostro come lo conosciamo non ci è stato insegato dai nostri padri? forse che i morti non si uniscono con noi nell'orazione?

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  26. Ma da quali duemila anni? Intanto sarà bene toglierci qualche secolo, anche per chi usava e usa il latino. Poi togliamoci tutti quelli che usavano ed usano il greco, più quelli che usavano ed usano lo slavo, più i fedeli delle Chiese orientali che usavano ed usano altre lingue e vedrai, cara Caterina, che la tua catena è meno lunga e larga di quanto tu non pensi. Quanto a Giobbe, perché citare dalla traduzione della CEI e non dalla Vulgata che a sua volta è una traduzione dal greco di un testo scritto in ebraico? Dal tuo punto di vista dovrebbe essere un testo privo di ogni valore (e forse, chissà, traditore ed eretico)

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  27. Si, il Signore permette, nel caso di Giobbe a Satana diprovarlo duramente per  vedere se egli rimarrà a benedire il Signore. Il valore di questo racconto biblico è di dimostrare come il Signore possa permettere al maligno di tentare l'uomo al fine di renderlo migliore. Giobbe era il più giusto e la benedizione di Dio era su di lui, Dio lo ha provato e questi ha mantenuto il suo orientamento verso Dio.

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  28. Un grazie grande don Alfredo M.

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  29. Si può, per cortesia, evitare il tutto maiuscolo? 

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  30. chiedo scusa: ho scritto con quel carattere e poi non avevo tempo/voglia di riscrivere.
    Ma non c'era enfasi, solo pigrizia... 

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  31. Comunque Gesù dice: "vegliate per non cadere in tentazione".
    Dunque: la tentazione, situazione pericolosa rispetto alla quale Gesù insegna (a noi) di domandare al Padre di non assecondarla (noi, la tentazione) è anche "evitabile" vegliando/vigilando, cioè stando attenti alle "cose di Dio", innanzitutto stando in preghiera.
    Perchè nella preghiera certamente guardo a Dio, mentre inaridendosi questa "attenzione" non è escluso che faccia capolino qualcun altro. Questa è la ragione per la quale la Madonna in ogni apparizione ha invitato a pregare, atto basilare di conversione/penitenza, antidoto al cadere in tentazione, premessa alla forza da chiedere in caso di tentazione, unitamente alla fede nella misericordia di Dio, anche in caso di peccato.

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  32. Ma che sei un vescovo della Cei ? Un "episkopos" ? o sei solo un "presbyteros" ? di sicuro non sei un "laikos".

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  33. ma chi sei che ti scaldi tanto, un "episkopos" della Cei ?

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  34. Dio la benedica immensamente, don Alfredo. Posso chiederle di esercitarsi anche sulla traduzione della formula di consacrazione "quod pro vobis tradetur" (di cui i traduttori CEI sembra vogliano eliminare la menzione del termine "in sacrificio")?

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  35. E' la malattia incurabile dei filologhetti. Congetturano con dotta acribia in ossequio... alla propria dotta acribia... per poi assumere le proprie congetture come dati di fatto e spacciarle per verità inconfutabili.

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  36. Modificare una preghiera usata da tutti i cristiani da 2000 anni è demenziale. Il tutto perchè si crede di poterla far capire meglio.  Basta spiegarla no?? Se no a che serve il catechismo. Pretendere che il senso comune delle parole italiane del 2010 possano interpretare compiutamente il significato originale senza approfondire e' illusione anzi, pia illusione. Ma in fondo mi viene da pensare positivo (Jovanotti vade retro) credo che se si oserà toccare perfino il Padre Nostro molte persone torneranno a pregare in latino. Evviva!

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  37. da quello che ho letto il significato originale del Padre nostro viene cambiato, stravolto
    infatti non si chiede al Signore di non abbandonarci
    ma di non essere indotti in noi stessi di andare contro i pericoli in maniera sconsiderata
    leggete le interpretazioni di Valtorta o della Madonna di Medjugojre sul Padre nostro

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