Riportiamo da Zenit questo intervento, non recentissimo, del Prof. don Mauro Gagliardi sui paramenti liturgici. E' sempre utile ed ispirante e lo dedichiamo a quei sacerdoti - uno in particolare: orate pro eo - che per la prima volta si accostano alla liturgia tradizionale con interesse o anche solo curiosità, ma possono essere ancora imbevuti di pregiudizi, tante volte ascoltati, contro questi orpelli secondari "di una volta". Secondari in effetti sono, rispetto agli elementi essenziali della Messa; ma non sono certo orpelli inutili, volti solo a soddisfare un vacuo estetismo: al contrario, hanno una simbologia profonda e mistagogica, che le preghiere di vestizione chiariscono e spiegano, predisponendo al meglio alla celebrazione: la stola segno della potestà d'ordine; il manipolo simbolo della fatica e del dolore del divin sacrificio; il cingolo vincolo di castità; l'amitto cimiero di fortezza; la pianeta giogo di fedeltà, e così via.
1. Cenni storici
Le vesti usate dai ministri sacri nelle celebrazioni liturgiche sono derivate dalle antiche vesti civili greche e romane. Nei primi secoli, l’abito delle persone di un certo livello sociale (gli honestiores) è stato adottato anche per il culto cristiano e questa prassi si è mantenuta nella Chiesa anche dopo la pace di Costantino. Come emerge da alcuni scrittori ecclesiastici, i ministri sacri portavano le vesti migliori, con tutta probabilità riservate per tale occasione [1].
Mentre nell’antichità cristiana le vesti liturgiche si sono distinte da quelle civili non in ragione della loro forma particolare, ma per la qualità della stoffa e per il loro particolare decoro, nel corso delle invasioni barbariche i costumi e, con essi, gli abiti di nuovi popoli sono stati introdotti in Occidente e hanno apportato cambiamenti nella moda profana. Invece, la Chiesa ha mantenuto essenzialmente inalterate le vesti usate dal clero nel culto pubblico; così si è differenziato l’uso civile delle vesti da quello liturgico.
In epoca carolingia, infine, i paramenti propri ai vari gradi del sacramento dell’ordine, tranne alcune eccezioni, sono stati definitivamente fissati ed hanno assunto la forma che hanno ancora oggi.
2. Funzione e significato spirituale
Al di là delle circostanze storiche, i paramenti sacri hanno una funzione importante nelle celebrazioni liturgiche: in primo luogo, il fatto che non sono portati nella vita ordinaria, e perciò possiedono un carattere cultuale, aiuta a staccarsi dalla quotidianità e dai suoi affanni, al momento di celebrare il culto divino. Inoltre, le forme ampie delle vesti, ad esempio del camice, della dalmatica e della casula o pianeta, pongono in secondo piano l’individualità di chi le porta, per far risaltare il suo ruolo liturgico. Si può dire che la “mimetizzazione” del corpo del ministro al di sotto delle ampie vesti, in un certo senso lo spersonalizza, di quella sana spersonalizzazione che toglie dal centro il ministro celebrante e riconosce il vero Protagonista dell’azione liturgica: Cristo. La forma delle vesti, dunque, dice che la liturgia viene celebrata in persona Christi e non a nome proprio. Colui che compie una funzione cultuale non attua in quanto persona privata, ma come ministro della Chiesa e come strumento nelle mani di Gesù Cristo. Il carattere sacro dei paramenti risulta anche dal fatto che vengono assunti secondo quanto descritto nel Rituale Romano.
Nella forma straordinaria del Rito Romano (cosiddetta di San Pio V), la vestizione dei paramenti liturgici è accompagnata da preghiere relative ad ogni veste, preghiere il cui testo si trova ancora in molte sagrestie. Anche se queste orazioni non sono più prescritte (ma neppure vietate) dal Messale della forma ordinaria emanato da Paolo VI, il loro uso è consigliabile, perché aiutano alla preparazione ed al raccoglimento del sacerdote prima della celebrazione del Sacrificio eucaristico. A conferma dell’utilità di queste preghiere, va notato che esse sono state incluse nel Compendium eucharisticum, pubblicato recentemente dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti [2]. Inoltre, può essere utile ricordare che Pio XII, con decreto del 14 gennaio 1940, assegnò un’indulgenza di cento giorni per le singole orazioni.
3. Le singole vesti liturgiche e le preghiere che accompagnano la vestizione
1) All’inizio della vestizione, il sacerdote si lava le mani recitando un’apposita preghiera; oltre al fine pratico dell’igiene, questo atto ha anche un simbolismo profondo, in quanto significa il passaggio dal profano al sacro, dal mondo del peccato al puro santuario dell’Altissimo. Lavarsi le mani equivale in qualche modo al togliersi i sandali davanti al roveto ardente (cf. Esodo 3,5). La preghiera accenna a questa dimensione spirituale:
Da, Domine, virtutem manibus meis ad abstergendam omnem maculam; ut sine pollutione mentis et corporis valeam tibi servire.
(Da’, o Signore, alle mie mani la virtù che ne cancelli ogni macchia: perché io ti possa servire senza macchia dell’anima e del corpo) [3].
All’abluzione delle mani, segue la vestizione vera e propria.
2) Si comincia con l’amitto, un panno di lino rettangolare munito di due fettucce, che si appoggia sulle spalle e si fa poi aderire al collo; infine si lega attorno alla vita. L’amitto ha lo scopo di coprire l’abito quotidiano attorno al collo, anche se si tratta dell’abito del sacerdote. In questo senso, bisogna ricordare che l’amitto va indossato anche quando si utilizzano fogge di camici moderne, le quali spesso non prevedono un’apertura ampia nella parte superiore, e tendono piuttosto a stringersi attorno al collo. Nonostante ciò, l’abito quotidiano rimane ugualmente visibile e per questo è necessario coprirlo anche in questi casi con l’amitto [4].
Nel Rito Romano, l’amitto è indossato prima del camice. Nell’assumerlo, il sacerdote recita la seguente preghiera:
Impone, Domine, capiti meo galeam salutis, ad expugnandos diabolicos incursus.
(Imponi, Signore, sul mio capo l’elmo della salvezza, per sconfiggere gli assalti diabolici).
Con richiamo alla Lettera di san Paolo agli Efesini 6,17, l’amitto viene interpretato come «l’elmo della salvezza», che deve proteggere colui che lo porta dalle tentazioni del demonio, in particolare dai pensieri e desideri cattivi durante la celebrazione liturgica. Questo simbolismo è ancora più chiaro nel costume seguito a partire dal medioevo dai Benedettini, Francescani e Domenicani, presso i quali l’amitto si applicava prima sulla testa e poi si lasciava cadere sulla casula o sulla dalmatica.
3) Il camice o alba è la lunga veste bianca indossata da tutti i sacri ministri, che ricorda la nuova veste immacolata che ogni cristiano ha ricevuto mediante il battesimo. Il camice è dunque simbolo della grazia santificante ricevuta nel primo sacramento ed è considerato anche simbolo della purezza di cuore necessaria per entrare nella gioia eterna della visione di Dio in Cielo (cf. Matteo 5,8). Questo si esprime nella preghiera detta dal sacerdote, mentre indossa il camice, orazione che fa riferimento ad Apocalisse 7,14:
Dealba me, Domine, et munda cor meum; ut, in sanguine Agni dealbatus, gaudiis perfruar sempiternis.
(Purificami, Signore, e monda il mio cuore, perché purificato nel Sangue dell’Agnello, io goda degli eterni gaudi).
4) Sopra il camice, all’altezza della vita, è indossato il cingolo, un cordone di lana o di altro materiale adatto che si utilizza a mo’ di cintura. Tutti gli officianti che indossano il camice dovrebbero portare anche il cingolo (questa consuetudine tradizionale è oggi disattesa molto di frequente) [5]. Per i diaconi, i sacerdoti e i vescovi, il cingolo può essere di diversi colori, secondo il tempo liturgico o la memoria del giorno. Nel simbolismo delle vesti liturgiche, il cingolo rappresenta la virtù del dominio di sé, che san Paolo enumera anche tra i frutti dello Spirito (cf. Galati 5,22). La corrispondente preghiera, prendendo spunto dalla Prima Lettera di Pietro 1,13, dice:
Praecinge me, Domine, cingulo puritatis, et exstingue in lumbis meis humorem libidinis; ut maneat in me virtus continentiae et castitatis.
(Cingimi, Signore, con il cingolo della purezza e prosciuga nel mio corpo la linfa della dissolutezza, affinché rimanga in me la virtù della continenza e della castità).
5) Il manipolo è un paramento liturgico adoperato nelle celebrazioni della Santa Messa secondo la forma straordinaria del Rito Romano; è caduto in disuso negli anni della riforma liturgica, anche se non è stato abolito. Il manipolo è simile alla stola, ma di lunghezza minore: è lungo meno di un metro e fissato a metà da un fermaglio o da fettucce simili a quelle che si trovano nella pianeta. Durante la Santa Messa nella forma straordinaria, il celebrante, il diacono e il suddiacono lo portano all’avambraccio sinistro. Questo paramento forse deriva da un fazzoletto (mappula) che era portato dai romani annodato al braccio sinistro. Siccome la mappula si utilizzava per detergere il viso da lacrime e sudore, gli scrittori ecclesiastici medievali hanno assegnato al manipolo il simbolismo delle fatiche del sacerdozio. Questa lettura è entrata anche nell’apposita preghiera di vestizione:
Merear, Domine, portare manipulum fletus et doloris; ut cum exsultatione recipiam mercedem laboris.
(O Signore, che io meriti di portare il manipolo del pianto e del dolore, affinché riceva con gioia il compenso del mio lavoro).
Come si vede, nella prima parte la preghiera cita il pianto ed il dolore che accompagnano il ministero sacerdotale, ma nella seconda parte si fa riferimento al frutto del proprio lavoro. Non sarà fuori luogo richiamare il passo di un salmo che può aver ispirato questa seconda simbologia del manipolo, visto che la Vulgata così rendeva il Salmo 125,5-6: «Qui seminant in lacrimis in exultatione metent; euntes ibant et flebant portantes semina sua, venientes autem venient in exultatione portantes manipulos suos» (corsivo nostro).
6) La stola è l’elemento distintivo del ministro ordinato e si indossa sempre nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. È una striscia di stoffa, di norma ricamata, il cui colore varia secondo il tempo liturgico o il giorno del santorale. Indossandola, il sacerdote recita la relativa preghiera:
Redde mihi, Domine, stolam immortalitatis, quam perdidi in praevaricatione primi parentis; et, quamvis indignus accedo ad tuum sacrum mysterium, merear tamen gaudium sempiternum.
(Restituiscimi, o Signore, la stola dell’immortalità, che persi a causa del peccato del primo padre; e per quanto accedo indegno al tuo sacro mistero, che io raggiunga ugualmente la gioia senza fine).
Siccome la stola è un paramento di enorme importanza, che indica più di ogni altro lo stato di ministro ordinato, non si può non lamentare l’abuso ormai diffuso in molti luoghi che i sacerdoti non portino più la stola quando indossano la casula [6].
7) Infine, ci si riveste della casula o della pianeta, la veste propria di colui che celebra la Santa Messa. I libri liturgici hanno usato in passato i due termini latini casula e planeta come sinonimi. Mentre il nome di planeta si usava particolarmente a Roma ed è rimasto in Italia, il nome di casula deriva dalla forma tipica della veste che all’origine circondava interamente il sacro ministro che la portava. L’uso della parola casula si trova anche in altre ligue: «casulla» in spagnolo, «chasuble» in francese e in inglese, «Kasel» in tedesco. La preghiera relativa alla casula fa riferimento all’esortazione della Lettera ai Colossesi 3,14: «Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione»; e, infatti, l’orazione con cui si indossa la casula o pianeta cita le parole del Signore contenute in Matteo 11,30:
Domine, qui dixisti: Iugum meum suave est, et onus meum leve: fac, ut istud portare sic valeam, quod consequar tuam gratiam. Amen.
(O Signore, che hai detto: Il mio gioco è soave e il mio carico è leggero: fa’ che io possa portare questo [indumento sacerdotale] in modo da conseguire la tua grazia. Amen).
In conclusione, si può auspicare che la riscoperta del simbolismo proprio ai paramenti e delle rispettive preghiere possa incoraggiare i sacerdoti a riprendere la consuetudine di pregare durante la vestizione, in modo da prepararsi con il dovuto raccoglimento alla celebrazione liturgica. Se è vero che è possibile pregare con diverse orazioni, o anche semplicemente elevando la mente a Dio, nondimeno i testi delle preghiere per la vestizione hanno dalla loro parte la brevità, la precisione del linguaggio, l’afflato di spiritualità biblica, nonché il fatto di essere state pregate per secoli da un numero incalcolabile di sacri ministri. Queste orazioni si raccomandano dunque ancora oggi, per la preparazione alla celebrazione liturgica, anche svolta in accordo alla forma ordinaria del Rito Romano.
Note
[1] Cf. ad esempio san Girolamo, Adversus Pelagianos, I, 30.
[2] Edito dalla LEV, Città del Vaticano 2009, pp. 385-386.
[3] Riprendiamo il testo delle preghiere dall’edizione del Missale Romanum emanato nel 1962 dal beato Giovanni XXIII, Roman Catholics Books, Harrison (NY) 1996, p. lx. La traduzione in italiano delle preghiere è nostra.
[4] La Institutio Generalis Missalis Romani (2008) al n. 336 permette di non assumere l’amitto quando il camice è confezionato in maniera tale da coprire completamente il collo, nascondendo la vista dell’abito comune. Di fatto, però, avviene di rado che l’abito non sia visibile, anche solo parzialmente; di qui la raccomandazione ad utilizzare comunque l’amitto.
[5] Lo stesso n. 336 della Institutio del 2008 prevede la possibilità di omettere il cingolo, se il camice è confezionato in maniera tale da aderire al corpo senza di esso. Nonostante questa concessione, bisogna riconoscere: a) il valore tradizionale e simbolico dell’uso del cingolo; b) il fatto che difficilmente il camice – sia in foggia più tradizionale, che soprattutto nei tagli più moderni – aderisce da sé al corpo. Se la norma prevede la possibilità, essa dovrebbe però restare piuttosto ipotetica in via di fatto: in concreto, il cingolo risulta sempre necessario. A volte si trovano oggi dei camici che hanno il cingolo incorporato: una fettuccia di stoffa unita al camice per mezzo di una cucitura all’altezza della vita e che si annoda al momento della vestizione: in questi casi la preghiera sul cingolo può essere recitata mentre si annoda. Resta però di gran lunga preferibile la forma tradizionale.
[6] «Il Sacerdote che porta la casula secondo le rubriche non tralasci di indossare la stola. Tutti gli Ordinari provvedano che ogni uso contrario sia eliminato»: Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Redemptionis Sacramentum, 25 marzo 2004, n. 123.
Di fronte a trattazioni come questa si potrebbe avere una reazione "di pelle" esclamando: ma che c'entra tutto questo col messaggio evangelico delle figliolanza verso Dio e della fraternità con gli uomini? Una più meditata riflessione porta però a dire che l'uomo è un "animale" non solo "razionale", ma anche "simbolico": ha bisogno di segni, e di segni articolati. Tra due che si amano non basta il sentimento inespresso: occorre tutto un vocabolario di "attenzioni" grandi e piccole, da un certo modo di rispondere ai mazzi di fiori, ai regalini debitamente confezionati. Il segno può apparire superfluo o ridondante quando alla sua base non c'è un sentimento di appartenenza reciproca. A fronte della corsa all' anonima veste laicale di molti preti postconciliari, c'è la testimonianza di santi che certo hanno fatto molto in campo assistenziale. Don Orione e padre Pio da bambini spasimavano per poter vestire il saio francescano, e così credo molti che intrapresero la via del sacerdozio.
RispondiEliminaPersone come me, che non hanno una specifica formazione nel campo dei "segni" liturgici, dovrebbero farsela, sia pure tardivamente, così come a suo tempo hanno imparato le icone del codice della strada. E' una questione sostanziale: l'articolazione dei segni corrisponde a una articolazione sacrale del tempo e dello spazio.
grazie alla REDAZIONE per questo ARTICOLO ......... e alla faccia dei preti in cravatta sempre piu' numerosi .....
RispondiEliminaè CERTO che quando si vedono certe cose con l' occhio indifferente , insensibile , ignorante ma ................. INTELLIGENTE !!! ....... tutto diventa orpello !!!!!!!
La “tradizione” di cui tanto si discute –e che tanto piace a voi “tradizionalisti”- altro non è che una nostalgia dello “stile” dell’epoca delle nostre nonne o bisnonne. Insomma una nostalgia di “abiti”, più che di sostanza; una nostalgia di una delle tante epoche della storia della Chiesa. Ricordo che Elio Toaff rimproverava quei giornalisti che chiamavano “ortodossi” gli ebrei lubavitch e diceva: “Anch’io sono un ortodosso! Non capisco perché per essere considerato ‘ortodosso’ mi dovrei vestire come un ebreo polacco dell’Ottocento.”
RispondiEliminaE allora pure io voglio dire: “Ma perché mi devo vestire e devo pregare come un cattolico europeo degli anni Quaranta? …e perché non come un copto del VI secolo o un cattolico portoghese della seconda metà del Quattrocento? …le talari, così come sono, sono un’invenzione davvero recente, rispetto alla millenaria storia della Chiesa e un esperto di liturgia può confermare che il rito latino della Messa (anche se più “statico” della “moda” del vestiario dei preti) non è sempre stato uguale a sé stesso.
Che profondità e che mistcismo in queste preghiere. La poesia delle cose sante!
RispondiEliminaUn sacerdote che si veste non è il saldatore che si mette la tuta o il chirurgo che indossa il camice, perché quello che si appresta a compiere non ha valore di lavoro materiale, ma di gesto <span>significante</span>. Per questo la vestizione ha bisogno di questa semiotica eucologica, lirica, ma concreta.
Concreta anche perché serve a introdurre e preparare lo spirito del sacerdone ai Misteri che si appresta a celebrare.
Importantissima anche l'abluzionei, per le ragioni esposte (igiene e simbolo di purificazione), ma anche perché sarebbe mancanza di rispetto maneggiare le sacre Specie con mani lorde.
Quando ero piccolo, nella sacrestia della mia parrocchia territoriale c'era un lavandino accanto al bancone. Il lavabo è sparito dopo che il locale è stato collegato a un bagno, ma adesso è stata chiusa anche quell'apertura. Chissà se il prete si lava le mani o no?
<span>...e invece vede, Franco,
RispondiEliminalei dice "questione sostanziale", ma
i modernisti ne fanno una questione formale ed esteriore, appellandosi al fatto che "Dio guarda l'intenzione", che "le vesti e i segni sono esteriorità da farisei" e a chiacchiere consimili, che in realtà mascherano la tragica perdita del senso stesso del SACRO.
La sua considerazione sul valore dei simboli, infatti, che poggia sul suo personale bagaglio formativo culturale e dottrinale ante-concilio, prescinde -ahimè- dalla realtà di fatto, innegabile, che quell'articolazione sacrale NON è più affatto avvertita nè lontanamente concepita ormai dalle nuove generazioni, figlie e nipoti di quella che 40 anni fa insegnò (col VIETATO VIETARE)
la <span>dissacrazione sistematica, </span>inoculando in tutti gli alunni, dalle cattedre e anche nel latte materno la mentalità trasgressiva di ogni limite e regola, proclamando la fine dell'insegnamento di una morale oggettiva, da parte di un qualsiasi uomo che fosse investito d'Autorità: ognuno da allora si è auto-investito di autorità morale nei propri confronti ("nè padri, nè padroni, nè Dio", "disonora il padre" ecc.: se lo ricorda, vero? tutto compreso nel travolgente programma intitolato "rivoluzione culturale" ....).
Non vediamo forse che sacro e profano sono continuamente confusi, capovolti nei significati, divinizzando l'uomo (con i vari star-systems), non assistiamo forse a cento forme di idolatria, verificando in vari modi che "chi non crede a Dio è disposto a credere a tutto" ?
Se gli stessi sacerdoti rifiutano anche di chiamarsi tali (per non sentir più neanche nominare quel SACER-) e alcuni (quanti?) si vergognano del "don" e della veste distintiva del loro ministero sacro, preferendo apertamente abiti e mode e look mondani, scegliendo così il panta rèi, la caducità umana, invece dei simboli dell'Eterno che non soggiace al mondo, (perchè lo crea e lo ricrea essendone Signore), se essi per primi non tornano con umiltà al SACRO perduto e rifiutato per due generazioni..., </span>
<span>
come potranno i laici, i "profani", i piccoli, i giovani nati in questo clima totalmente dissacrante, che vive nel "tutto qui e subito", ritornare all'idea di SACRO, bruciata da tempo nelle coscienze con la damnatio memoriae degli stessi oggetti, arredi, vesti e libri gettati via o seppelliti nella polvere antiquaria di "una Chiesa che fu" ?</span>
Bellissimo articolo,grazie .No carissimi non è nostalgia è rimettere le cose in ordine,al proprio posto,io non so gli altri Sacerdoti ma io che ho la grazia di celebrare nei due Riti ho sempre trovato in queste preghiere un aiuto a prepararmi meglio alla santa messa o adesso è nostalgia anche prepararsi alla Messa?Perchè quyi non ci capiamo piu' davvero.Io da povero porete di campagna ho sempre goduto di queste preghiere anche nei venticvinque anni di celebrazione della Messa di Paolo VI,ho sempre cercato di mantenere un clima di raccoglimento anche con uno stuolo di Chierrichetti che scusate ma erano proprio piu' raccolti dei vari preti di passaggio capitati lì sempre a concelebrare perchè amici,parentio benefattori deltal morto ,dei tali sposi o dei battezzandi...sì carissimi Chierichetti che sanno passarti il cingolo la stola o ilmanipolo con la croce da bnaciare ,ragazzi inorriditi perchè questo prete non mette la stola ma sorridendo schifato la butta sul bancone...o il Vescovo che tiu sposta la croce dal centro dell'altare versus pop.perchè non ci vede ...Ma vogliamo parlare del ringraziamento e delle Preghiere prima e dopo laMessa...coraggio contate sulle dita quanti preti avete visto fare il ringraziamento in ginocchio...ma che è meglio buttare tutti i poaramenti sul tavolo della sacrestia e correre fuori a rispondere al cellulare,accendersi una sigaretta o salutare megllio in chiesa e gridando il tale ,la tale ,i tali...no cari non è nostalgia di stracci orpelli e stili,è nostalgia di cielo.Ricordo il Cardinale Ratzinger in Sacrestia a Rosano entrato sbalordito iin un baccano di preti disse amabilmante ma con fermezza..QUESTA NON E' UN POLLAIO MA UNA SACRESTIA.Che bello.E iniziò a vestirsi recitando le prescritte preghiere.
RispondiEliminaPastor Ille ..... voi '' tradizionalisti ,, ??? ....... sempre col dito puntato vero ....
RispondiEliminaquesto titolo gratuito nato dal e dopo SUPERDOGMA del CVII ............ che minestrone di idee in testa ......... complimenti !!!!!!!!!
e per sottolineare ...... se faccio ancora il segno della croce devo ringraziare esattamente mia nonna ed i miei antichi sacerdoti ........... io ho un debito con loro e tante cose messe al dito per quello che è venuto dopo il Diluvio !!! .......
grandi tesori di 'Sapienza', maturati nella Fede che ha nutrito nei secoli tante generazioni di credenti e confluita fino a noi, finché non è intervenuta la selvaggia, ignorante e grossolana iconoclastia modernista, che oggi ha molte facce e che si gloria di aver instaurato una "nuova" Chiesa,
RispondiEliminaabbandonando alle ortiche una Tradizione millenaria Viva e Perenne per chi "ha orecchi per intendere" e non rimane in superficie, sviato da slogan tanto accattivanti quanto vuoti di significati....
Vi ricordo l`omelia di Benedetto XVI :
RispondiEliminaSANTA MESSA DEL CRISMA
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana Giovedì Santo, 5 aprile 2007
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070405_messa-crismale_it.html
che livore e cattiveria nelle parole di pastor ille, davvero sempre il dito puntato... si accetta tutto, avete presente cosa succede in tante messe che di sacro non hanno nulla? sono più avanspettacolo che liturgie, ma non si può accettare che la chesa possa essere per dirla con un espressione di S. Ambrogio, mi pare " Ante e retro oculata" guai se si accenna ad attingere al tesoro cose antiche e preziose.
RispondiEliminaIn tanto livore, che spesso ho pagato di persona, non vedo altro che l'azione del divisore e temo profondamente perchè io prete non ho più nulla in comune con i modernisti che non mi hanno mai dato se non persecuzioni e cattiveria, li Dio non c' è , non ostante tutti i miei sforzi non ce lo vedo proprio
mi scuso ma ho cliccato invia senza correggere lo scitto di getto.
RispondiEliminaComunque credo si capisca il senso. Devo solo aggiungere che, dopo Benedetto XVI, personalmente, non sarei assolutamente in grado di tornare indietro a sopportare la tirannia di "preti o vescovi "modernisti........a qualsiasi costo.
La via , la via di sempre, la via dei santi è il rinnovamento nella tradizione
Perchè invece di accettare la crescita naturale della Tradizione, anche vestimentaria, ci avete voluto riportare alla pratica apostolica....col vostro archeologismo; invece di vestirvi così come la Chiesa ci aveva trasmesso, nella continuità della Tradizione, vi siete travestiti come nel terzo secolo....raccontandoci che erano tutte aggiunte tridentine....e ora gli esperti di liturgia dicono che Bugnini e compagnia si sono inventati....icostumi del terzo secolo che volevano restaurare...veda il canone d'Ippolito
RispondiElimina<span><span><span>la via dei santi,....</span></span></span>
RispondiElimina<span><span>proprio così: i modernisti non vogliono sentir parlare nè dei santi che sono glorificati nella Chiesa Trionfante, che è eterna, al di là del tempo (infatti i santi sono con noi, dopo averci preceduto nelle vie dello spazio-tempo, ora presenti al di sopra del tempo, nella Gloria eterna di Dio, VIVI e in Comunione con la Chiesa Militante e Purgante...),</span>
nè vogliono che si pronunci neppure la parola SANTITA', che è propria solo della natura divina, e solo da Dio ci viene donata: non sanno più che farsene, non mostrano a nessuno nè seguono essi stessi alcuna "via di santità", perchè non vogliono tornare a Dio in ginocchio, con cuore umile e contrito, come chi ha bisogno di attingere la Vita Vera dalla Fonte stessa della Vita:
essi credono che l'uomo si salvi e si glorifichi da solo, con le sue proprie forze e facoltà,
celebrando così il trionfo dell'HOMO FABER !</span>
come dice bene MONS FELLAY la CHIESA NON è UMANA , non appartiene agli uomini ......
RispondiElimina..... questa '' chiesa,, che si è volutamente adattare a questo mondo ...... disumano ,!!!! non sa neppur lontanamente dov'è di casa il SACRO ....
RINGRAZIO LUISA per la bellissima omelia pubbiicata , specie la parte introduttiva ......
RispondiElimina<span>nostalgia di cielo...</span>
RispondiEliminaquello è il nome di ciò che noi proviamo; ma come faranno quegli inseguitori del "nuovo ad ogni costo", trainati anelanti in affannosa concorrenza dai capricci del mondo transeunte, a capire e provare questa nostalgia ?
Grazie per questo post, interessante anche per i laici, specialmente se non hanno mai partecipato ad una Messa v.o.!
RispondiEliminaCredo che il mondo, i giovani abbiano un bisogno immenso di Dio .
RispondiEliminaOrmai è evidente per tutti che l'ecclesiologia falsamente detta del Vaticano II sia stato totale fallimento, non dice + nulla a nessuno e queste nostre riflessioni, impensabili anche solo 10 anni fa, testimoniano che le cose stanno cambiando.
Sono convinto che " Ecclesiam sempre reformanda" riformare, nella bimillenaria storia della chiesa, non ha mai voluto dire distruggere e calpestare la devozione , l'Arte, la sensibilità di generazioni di cristiani. Io ricordo bene lo sconcerto all'indomani delle proclamate riforme conciliari, quando parroci impazziti distruggevano balaustre storiche, altari maggiori, svuotavano le chiese di arredi, le snaturavano, bruciavano paramenti antichi, abolivano processioni e devozioni popolari radicate e antiche, per cosa????? i lavori di gruppo sulla parola? la lampada e il libbro?... leggiamo un salmo e poi facciamo la risonanza, ma se sono ancora vivi se la facciano al cervello la risonanza.... che il diavolo se li porti tutti ste sessantottini, non ci servono più non dobbiamo più a questi tali nulla, tanto meno rispetto e obbedienza
è proprio così, Alaki, ricordo bene: fu un ciclone che portò solo distruzione, negli oggetti, nei simboli e nelle coscienze, polverizzando e disperdendo la vera Fede, per sostituirla con ricerche di emozioni e sensazioni illusorie che portano lontano dal Volto del Signore, ad incensare il proprio "IO" sotto il pretesto di una falsa spiritualità...
RispondiElimina:'(
Caro confratello concordo pienamente, anch'iuo cerco di fare altrettanto e dopo la tua bella ed edificante testimonianza cercherò di impegnarmi di più...... Grazie.
RispondiEliminadon bernardo
<span>Sì quella bufera l`ho vissuta pure io, ho visto quei sacerdoti, che celebravano fino al giorno prima rivolti al Signore, girarGLI il giorno dopo le spalle per rivolgersi a noi dicendo tutto il bene possibile della riforma e tutto il male possibile di ciò che era sacro per loro (almeno avrebbe dovuto esserlo) e per noi ancora la vigilia, li ho visti distruggere, togliere, aggiungere, li ho sentiti strumentalizzare i fedeli raccontando loro che d`ora in poi saranno più attivi, protagonisti, con nuove responsabilità, ho visto il fulcro della Santa Messa spostato sull` assemblea... con le relative piccole lotte di potere e creazioni di ogni sorta, ho assitito alla confusione, alla rivoluzione, ho resistito un momento e poi me ne son andata. </span>
RispondiEliminaIl fatto è continuano a travestirsi: Pastor ille è anche d. mercenaro, El Cid. Inopportuno, Celestino V, ospite ecc.
RispondiEliminaProprio per questo il nostro impegno è da moltiplicare, a vantaggio delle vittime inconsapevoli di consapevoli lupi.
RispondiEliminasei stata coraggiosa io sono rimasto mi son fatto prete per subire solo persecuzioni e mi chiedo se ne è valsa la pena. Oggi resisto solo per il segno che Dio ci ha dato nel Santo Padre, per fare un po di guerriglia contro i modernisti, visto che sono riamasti solo i vecchi cattocomunisti sessantottini, mentre grazie a Dio alla maggior parte della gente non gliene può gregà de meno, ed è meglio così, almeno non saranno avvelenanati dall'eresia modernista. I pochi laici giovani delle parrocche spesso sono vipere e bestie feroci che si azzannano tra loro, questo è il miglior esito della pastorale postconciliare.....che tristezza, che amarezza.....Ringrazio Dio per blog come questo che ci permettono di vedere che sioamo in molti a condividere una sensibilità che ancor oggi ,nella chiesa, non ostano Benedetto XVI,è ancora combattuta , osteggiata , perseguitata...
RispondiEliminaL'articolo è molto interessante, complimenti. Vorrei sapere: come si annoda il cingolo se tenuto sopra il camice e sotto la casula?
RispondiEliminaOk, ma come si annoda ? C'è un modo corretto ?
RispondiEliminaIo sono seminarista, e mi vergogno dei preti che criticano un articolo così ricco. Comunque li capisco perché la critica. È proprio perché non lo fanno. Mi provate a dare un'occhiata in dietro al giorno della vostra "prima Messa" (come lo chiamano) e poi pensate a quella che fate oggi. Potete dire che eravate tradizionalisti, ma oggi modernisti proprio perché anche oggi leggete il vangelo dal tablet oppure dite tutta la Messa dal tablet. Ma guardate quanto santi eravate celebrando la prima Messa.
RispondiEliminaQuesto articolo vi picca perché è la verità. In persona Christi - il Cristo che gli siete strumenti non muta, né cambia. Non è tradizionalista né modernista. Pensateci e non scoraggiare i futuri fedeli e preti.