Non è uscito "col botto", ma quasi in sordina, come il piccolo seme di cui parla Nostro Signore nel Vangelo; e come quel seme, è destinato a crescere molto e a fungere da ricovero per tante anime smarrite dalla crisi che ha seguito l’ultimo Concilio. Stiamo parlando dell’ultimo libro di Monsignor Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, edito dalla Casa Mariana Editrice di Frigento, fondata e diretta dai Francescani dell’Immacolata.
Sac. Brunero Gherardini
E’ certamente una pubblicazione destinata a far scorrere molto inchiostro e probabilmente ad accendere qualche polemica, sebbene ciò non rientri nelle intenzioni dell’Autore. Ci sembra però inevitabile visti i contenuti del libro, l’eminenza di chi lo ha scritto e l’aria che tira in molti ambienti del mondo cattolico (e non). A ciò si aggiungano la prefazione di Sua Ecc.za Mons. Mario Oliveri, Vescovo di Albenga e Imperia e la presentazione di Sua Ecc.za Mons. Albert Malcom Ranjith, Arcivescovo Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti.
Cosa è uscito dunque dalla penna dell’ultimo grande teologo della Scuola Romana? Rispettivamente un ridimensionamento, una critica ed una supplica.
Anzitutto ridimensionamento, o forse sarebbe meglio dire corretto inquadramento del Concilio Vaticano II. Sì, perché la teoria, la prassi, la stessa terminologia dei cinquant’anni che hanno seguito il Concilio, sono stati una falsificazione di ciò che realmente il Concilio è stato. Testi di Teologia, Corsi nelle Facoltà teologiche, articoli specifici e non, hanno posto il Concilio Vaticano II, ribattezzato "il" Concilio come il fondamento della vera fede, uscita finalmente dalle ristrettezze ecclesiali dei secoli passati. L’anno zero, insomma, l’anno di fondazione della chiesa, che infatti si rinomina "chiesa conciliare". E questo atteggiamento non è quello di qualche piccolo gruppo un po’ fanatico: bisogna andare nelle parrocchie, frequentare le Facoltà teologiche, leggere le pubblicazioni "cattoliche", ascoltare i discorsi dei cattolici "adulti" per rendersi conto della vastità e della radicalità del nuovo corso. "La ripetitività, in effetti, è ormai una recita: e ripetitivo è il reiterato richiamo al Vaticano II, il celebrarne acriticamente i meriti, l’affermarne l’importanza oltre i limiti del dovuto, il dichiararne l’incomparabile eccellenza rispetto ad ogni altro Concilio, il farne un prontuario di ricette per la soluzione di problemi d’ogni ordine e tipo. Mi pare che, dopo quasi mezzo secolo d’un linguaggio siffatto, d’incensazioni "a tre tiri doppi", di celebrazioni intempestive, non richieste e controproducenti, sia finalmente venuto il momento di voltar pagina. Mi pare anzi che, "finite le feste al tempio" e conclusa la fase osannante, s’imponga oggi di necessità una riflessione storico-critica sui testi conciliari, che ne ricerchi i collegamenti - qualora effettivamente ci siano - con la continuità della Tradizione cattolica… Ne va della Fede e dell’autentica testimonianza cristiana" (p. 17). E’ questo un dovere del Magistero, precisa Gherardini; è questo un diritto dei fedeli, che per decenni hanno dovuto ingoiare veleno, mentre venivano rassicurati che tutto era voluto dal Concilio…
Monsignor Gherardini dedica i primi capitoli ad un’analisi del valore del Vaticano II, secondo quanto il Concilio stesso ha affermato di sé, escludendo che il Concilio si sia avvalso dell’infallibilità propria ai Concili ecumenici che lo precedono e facendo il punto sulla "pastoralità" che lo caratterizza. Conseguentemente al valore del Vaticano II, Gherardini offre i criteri per l’interpretazione fedele dei suoi testi, indicando in tal modo i criteri di cui avvalersi nella tanto auspicata analisi storico-critica dei documenti conciliari.
In secondo luogo, nel nuovo libro si trova una critica, nel significato più nobile del termine, di quell’arte, cioè di giudicare secondo i principi del vero, del buono e del bello, che nel nostro caso, non sono altro che i principi custoditi, tramandati, sviluppati dalla Tradizione della Chiesa. Gherardini attua in tutta la sua pregnanza quell’invito a considerare il Vaticano II alla luce della Tradizione. Ed è per tale motivo che a fianco di rilievi indubbiamente positivi, egli non può tacere problemi reali che i testi stessi rivelano. Dal documento conciliare sulla Sacra Liturgia, ai passi più discussi di Lumen Gentium, fino alle dichiarazioni sull’ecumenismo e la libertà religiosa, il lavoro di Monsignore è tutto un confronto analitico e serrato con la grande Tradizione della Chiesa, da parte di un uomo che quella Tradizione e quella Chiesa ama veramente e per le quali ha consacrato tutta la sua vita. E cosa risulta dal confronto con la Tradizione? Non vogliamo fare come quelli che, leggendo una romanzo, saltano subito alla fine, per sapere l’esito ultimo della storia; rimandiamo perciò allo studio del testo. Però un assaggio lo vogliamo offrire, citando un passaggio del libro: "A chi mi chiedesse se in ultim’analisi la tabe modernista s’annidasse proprio nei documenti conciliari e se i Padri stessi ne fossero più o meno infetti, dovrei rispondere con un no quanto con un sì. No, perché il respiro soprannaturale è tutt’altro che assente dal Vaticano II grazie alla sua aperta confessione trinitaria, alla sua fede nell’incarnazione e redenzione universale del Verbo, al radicato convincimento circa l’universale chiamata alla santità, alla riconosciuta e professata causalità salutare dei sacramenti, alla sua alta considerazione del culto liturgico ed eucaristico in special modo, alla sacramentalità salvifica della Chiesa, alla devozione mariana teologicamente alimentata. Ma anche sì, perché non poche pagine dei documenti conciliari arieggiano scritti e idee del modernismo – si veda soprattutto la Gaudium et Spes – e perché alcuni Padri conciliari – e non dei meno significativi – non nascondevano aperte simpatie per antichi e nuovi modernisti… Volevan infatti una Chiesa pellegrina della verità, in cordata verso di essa insieme con ogni altro pellegrino… La volevan amica ed alleata d’ogni altro ricercatore. Assertrice, anche nell’ambito degli studi sacri, dello stesso criticismo metodologico d’ogni altra scienza. Una Chiesa, insomma, laboratorio di ricerca e non dispensatrice di verità calate dall’alto" (pp. 78-79). In definitiva, una Chiesa non cattolica. E nei documenti conciliari si possono purtroppo rinvenire le tracce di questo atteggiamento.
Infine, Monsignor Gherardini eleva una supplica – alla quale si unisce toto corde anche Sua Ecc.za Mons. Mario Oliveri, autore della Prefazione al volume – al Santo Padre, una supplica che è un’armonia di umiltà, coraggio e scienza e che proponiamo di seguito per intero e che – chissà – non possa dare origine ad una sottoscrizione pubblica da parte dei media veramente cattolici, non per spirito referendario, ma per manifestare il sostegno delle pecore al loro Pastore Supremo, perché, secondo l’espressione da Egli stesso adoperata, "non fugga davanti ai lupi":
SUPPLICA AL SANTO PADRE
Beatissimo Padre,
so bene che questa comunicazione diretta è anomala e gliene chiedo scusa. Il ricorrervi dipende anzitutto dalla fiducia che ispira la sua Persona e, in pari tempo, dall'aver Ella stessa raccomandato a tutta la Chiesa, come principio interpretativo del Vaticano II, l'ermeneutica della continuità, sulla quale, se me lo consente, vorrei brevemente parlarLe.
Fin ad oggi mi son sempre scrupolosamente guardato dall’interloquire con chi ha la responsabilità della Chiesa; ho, sì, richiesto qualche raro telegramma in particolari circostanze, ma nulla di più.
Anche il nostro personale rapporto all'interno del dibattito teologico è stato solo episodico; è mancata, per mia scelta, una reciproca frequentazione. Raramente infatti m'espongo, mai mi propongo. Raccogliendo però il suo invito sull'ermeneutica della continuità, faccio oggi un'eccezione e sottopongo alla Santità Vostra alcune mie riflessioni a tale riguardo.
Anche il nostro personale rapporto all'interno del dibattito teologico è stato solo episodico; è mancata, per mia scelta, una reciproca frequentazione. Raramente infatti m'espongo, mai mi propongo. Raccogliendo però il suo invito sull'ermeneutica della continuità, faccio oggi un'eccezione e sottopongo alla Santità Vostra alcune mie riflessioni a tale riguardo.
Per il bene della Chiesa - e più specificamente per l'attuazione della "salus animarum" che ne è la prima e "suprema lex" - dopo decenni di libera creatività esegetica, teologica, liturgica, storiografica e "pastorale" in nome del Concilio Ecumenico Vaticano II, a me pare urgente che si faccia un po' di chiarezza, rispondendo autorevolmente alla domanda sulla continuità di esso - non declamata, bensì dimostrata - con gli altri Concili e sulla sua fedeltà alla Tradizione da sempre in vigore nella Chiesa.
Non so se questo scritto perverrà nelle mani della Santità Vostra, né se vi perverrà così com'è stato concepito e come il benemerito Editore l’ha tipograficamente realizzato, anziché in qualche sintesi d'ufficio che non ne metta in risalto le connessioni logiche. Da parte mia, proprio queste connessioni ho collocato a supporto della presente supplica, dettata dalla mia profonda convinzione circa l'improrogabile necessità che il dettato conciliare venga preso in esame in tutta la sua complessità ed estensione. Sembra, infatti, difficile, se non addirittura impossibile, metter mano all'auspicata ermeneutica della continuità, se prima non si sia proceduto ad un'attenta e scientifica analisi dei singoli documenti, del loro insieme e d'ogni loro argomento, delle loro fonti immediate e remote, e si continui invece a parlarne solo ripetendone il contenuto o presentandolo come una novità assoluta.
Ho detto che un esame di tale e tanta portata trascende di gran lunga le possibilità operative d'una singola persona, non solo perché un medesimo argomento esige trattazioni su piani diversi - storico, patristico, giuridico, filosofico, liturgico, teologico, esegetico, sociologico, scientifico - ma anche perché ogni documento conciliare tocca decine e decine d'argomenti che solo i rispettivi specialisti son in grado di signoreggiare.
A ciò ripensando, da tempo era nata in me l’idea - che oso ora sottoporre alla Santità Vostra -d'una grandiosa e possibilmente definitiva mess’a punto sull'ultimo Concilio in ognuno dei suoi aspetti e contenuti. Pare, infatti, logico e doveroso che ogni suo aspetto e contenuto venga studiato in sé e contestualmente a tutti gli altri, con l'occhio fisso a tutte le fonti, e sotto la specifica angolatura del precedente Magistero ecclesiastico, solenne ed ordinario. Da un così ampio ed ineccepibile lavoro scientifico, comparato con i risultati sicuri dell'attenzione critica al secolare Magistero della Chiesa, sarà poi possibile trarre argomento per una sicura ed obiettiva valutazione del Vaticano II in risposta alle seguenti - tra molle altre - domande: Qual è la sua vera natura?
La sua pastoralità - di cui si dovrà autorevolmente precisare la nozione - in quale rapporto sta con il suo eventuale carattere dogmatico? Si concilia con esso? Lo presuppone? Lo contraddice? Lo ignora?
È proprio possibile definire dogmatico il Vaticano II? E quindi riferirsi ad esso come dogmatico? Fondare su di esso nuovi asserti teologici? In che senso? Con quali limiti? È un "evento" nel senso dei professori bolognesi, che cioè rompe i collegamenti col passalo ed instaura un'era sotto ogni aspetto nuova? Oppure tutto il passato rivive in esso "eodem sensu eademque sententia"?
È evidente che l'ermeneutica della rottura e quella della continuità dipendono dalle risposte che si daranno a tali domande. Ma se la conclusione scientifica dell'esame porterà all'ermeneutica della continuità come l'unica doverosa e possibile, sarà allora necessario dimostrare - al di là d'ogni declamatoria asseverazione - che la continuità è reale, e tale si manifesta, solo nell’identità dogmatica di fondo. Qualora questa, o in lutto o in parte, non risultasse scientificamente provata, sarebbe necessario dirlo con serenità e franchezza, in risposta all'esigenza di chiarezza sentita ed attesa da quasi mezzo secolo.
La Santità Vostra mi chiederà perché mai dica a Lei ciò che Ella già conosce meglio di me, avendone chiaramente e coraggiosamente già parlato. In fondo, me lo chiedo anch'io, un po' meravigliato per il mio ardire e dispiaciuto per il tempo che Le sottraggo. Vedo, però, nel mio ardire un atto insieme di "parresìa" e di coerenza, in linea con l'ecclesiologia che i miei grandi Maestri avevan appreso dalla Parola rivelata, dalla patristica e dal Magistero e che - "quasi in insipientia loquor" (2Cr 11,17) - anch'io ho avuto l'onore e la gioia di ritrasmetter a migliaia d'alunni. È l'ecclesiologia che nella Chiesa una-santa-cattolica-apostolica riconosce la presenza misterica del Signore Nostro Gesù Cristo e secondo la quale il Papa, anche "seorsim", è sempre in grado - per dirla con S. Bonaventura - di "reparare universa" perfino nel caso che "omnia destructa fuissent". Basta una sua parola, Beatissimo Padre, perché tutto, essendo essa stessa la Parola, ritorni nell'alveo della pacifica e luminosa e gioiosa professione dell'unica Fede nell'unica Chiesa.
Ho detto, strada facendo, che lo strumento per "reparare omnia" potrebb'esser un grande documento papale, destinato a rimanere nei secoli come il segno e la testimonianza del Suo vigile e responsabile esercizio del ministero petrino. Qualora, però, non volesse agire da solo, Ella potrebbe disporre che o qualche suo dicastero, o l'insieme delle Pontificie Università dell'Urbe, o un organismo unitario e di vastissima rappresentatività, assicurandosi la collaborazione di tutti i più prestigiosi, sicuri e riconosciuti specialisti in ognuno dei settori in cui s'articola il Vaticano II, organizzi una serie di congressi d'altissima qualità a Roma o altrove; o una serie di pubblicazioni su ognuno dei documenti conciliari e sulle singole tematiche di essi.
Si potrà in tal modo sapere se, in che senso e fin a che punto il Vaticano II, e soprattutto il postconcilio, possan interpretarsi nella linea d'un'indiscutibile continuità sia pur evolutiva, o se invece le sian estranei se non anche d'ostacolo.
Ringraziando in anticipo la Santità Vostra e rinnovandoLe sinceramente le mie scuse, Le auguro che la pienezza della grazia divina, la verità divinamente rivelata e la Tradizione dalla quale la rivelazione stessa è veicolata nell'alternarsi dei periodi e delle epoche della storia ecclesiastica, sian sempre la luce del Suo ministero. Mi benedica
Sac. Brunero Gherardini
Il libro Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, di Monsignor Brunero Gherardini può essere richiesto scrivendo a CASA MARIANA EDITRICE, Via dell'Immacolata, 83040 Frigento (Av) telefonando o inviando un fax allo 0825.444015 - 444391 oppure rivolgendosi alla Chiesa Maria SS. Annunziata, Via Lungo Tevere Vaticano, 1 - 000193 Roma. Tel. 06.6892614 (apertura: 9.00 – 12.00; 16.00-20.00) . Tutti i libri di "Casa Mariana Editrice" non hanno un prezzo commerciale ma vengono ripagati con un'offerta a secondo della disponibilità e bontà dei lettori.
Qualche tempo fa avevo annunciato la pubblicazione di due libri importanti del grande Maestro ed Amico, il miglior teologo italiano vivente, l'esperto di luterologia, ecclesiologia ed ecumenismo tra i massimi al mondo, erede della grande scuola romana, degno di star accanto ai Piolanti, agli Spadafora, ai Garofalo, ai Parente, ai Palazzini ecc.
RispondiEliminaEccoli, dunque,questi libri, uno publicato da Fede e Cultura (una racolta di importantisimi saggi) e questo apparso nelle edizioni benemerite dei Francescani dell'Immacolata.
Non è uscito col botto, quest'ultimo, perché l'illustre Amico è persona schiva e, benché operi in Vaticano, è lontano dalle combriccole curiali, vivendo in modo quasi eremitico, consacrato alla preghiera ed al lavoro teologico.
Ora la stampa à la page, quella cattolica ufficiale in testa, potrà seguire due vie: o il silenzio o la demonizzazione.
Io, come tutti i cattolici ancora fieri d'eserlo, continuerò ad abbeverarmi a questa fonte di sapere che m'è stata linfa vitale per la mia giovinezza e per la mia formazione.
Grazie, don Brunero.
Gherardini è uno stimato teologo, un tempo progressista e lettore corretto del protestantesimo.
RispondiEliminaOggi fa una scelta opposta e criticabile.
Limitarsi ad un positivistico “ciò che realmente il Concilio è stato”,
significa limitarsi al solo ”fatto bruto”,
significa amputare l’emozione e l’aspettativa che quel fatto hanno dato ai cristiani e ai non cristiani: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
E’ poi chiaro e distinto che la vera tradizione, quella vivente, non è mai solo continuità, ma è anche – a modo suo – discontinuità, soprattutto quando serve a mostrare e a dimostrare le manchevolezze nell’essere discepoli di Cristo, quelle ereditate dal passato.
Tutto questo significa quindi:
ridimensionare (e di brutto),
criticare (e di brutto),
rifiutare (e di brutto).
O, almeno, dà questa impressione.
Mi pare assurdo parlare di "aspettative" a oltre 40 anni dalla chiusura del concilio. Quanto alle emozioni che può aver suscitato morranno con chi le ha vissute e ne conserva il ricordo.
RispondiEliminaA noi restano i documenti conciliari e i frutti spirituali.
Le parole scritte, senza gli uomini che le hanno scritte, senza l'amore alla Chiesa che hanno dato.
RispondiEliminaMa è possibile avere ANCORA questo livore?
Ma il Concilio è il nuovo Sancta Sanctorum intoccabile oppure anche lui può essere criticato e ridimensionato (di brutto)? Chi vuole andare avanti deve fare così. Chi vuole restare nel passato pensa che la storia si è fermata nel 1965.
RispondiEliminaMa qualcosa deve pure essere successo, caro Jacopo. Critica e ridimensiona pure, ma non puoi fare come non ci sia stato. Questa è la questione.
RispondiEliminaE allora, come alla fine del XIX i conservatori gridavano "Torniamo allo Statuto!", anche noi grideremo "Torniamo al Concilio!"; ma quale? Alla lettera, è ovvio. Mica prenderemo per buone le ciarle dello "spirito del concilio"!
RispondiEliminaEssere cristiani è rifiutare il clericalismo, il ritualismo, la superstizione, l'intimismo, l'individualismo, l'intolleranza e l'indifferenza verso il povero e la vedova; lo spirito del concilio è questo, la chiesa che rifiuta gli anatemi, per farsi anatema nel mondo e portare carità e misericordia.
RispondiEliminaE chi lo determina, questo "spirito del concilio"? Tu?
RispondiEliminainopportuno, mi compiaccio con te! Tu l'hai detto! (finalmente): il Concilio si può ridimensionare e criticare. Fino a poco tempo fa era una bestemmia il solo pensarlo.
RispondiEliminaCerto non si deve ignorare, perché è stato un evento ecclesiale animato per molti da santi propositi, ma nemmeno assolutizzare.
Non so se parliamo della stessa cosa quando parliamo di concilio, inopportuno. Temo di no. Ma come ho già detto un'altra volta, il cristianesimo, la Chiesa, la liturgia, ecc., non siamo noi che ce li inventiamo, così come non siamo noi che inventiamo la Divina Commedia o la filosofia di Platone. Sono cose che preesistono a noi. Possiamo cercare di darne la nostra personale interpretazione, che non può tuttavia essere una riscrittura. Puoi rifare tutto a modo tuo, se credi, ma chiamalo Opus Inopportuni e non cristianesimo, Divina Commedia o Fedone.
RispondiEliminaLe parole in libertà di inopportuno sulla Chiesa e sul suo compito (non parla mai della sua divina costituzione e del messaggio di salvezza spirituale che è lo scopo primo per cui è stata istituita) lascian il tempo che trovano. Il solito bla-bla.
RispondiEliminaMons. Gherardini progressista? In che senso?
Io, che anonimo non sono, l'ho avuto assistente FUCI negli anni tra il '58 e il '60 a Prato, dove abitavo, so quel che pensava mentre studiava nelle pontificie università a Roma, so quello che ha insegnato.
Si è sempre sforzato di intepretare il Concilio al lume della Tradizione, ma spesso, ed ora lo ammette candidamente, arrampicandosi sugli specchi.
La formazione che ha dato a centinaia di allievi è sempre stata fedele all'ortodossìa cattolica: non per nulla la sua scuola è la scuola "romana" di cui alcuni eminenti nomi ho già fatto.
Così fedele che mai ha ammesso deviazioni: ricordo un trafiletto di Famiglia (ex) cristiana di diversi anni fa intitolato "Brunero troppo severo".
Altri suoi studi, di luterologia ad es., o di ecumenismo o di mariologia, cos'han di "progressista"? Che poi egli sviluppi un suo pensiero, diradi delle ombre, inneschi nuove prospettive teologiche, ma sempre nella perfetta fedeltà al Magistero e alla Tradizione, è un titolo di merito.
Questo studio (ed altri saggi che ho letto: si pensi al magnifico volume "Contemplando la Chiesa) è frutto di una quarantennale meditazione e di un'approfondita analisi dei testi conciliari, della loro intepretazione, delle varie interpretazioni e dei loro frutti ed applicazioni.
La sua supplica al Papa è propria di chi, come S. Caterina, invita il Papa a dire la parola conclusiva sul valore di questi docum,enti, specie di quelli più discussi e discutibili, sì da porre fine alle divisioni, con una solenne esegesi che sia quella e non altra. Per il bene della Chiesa e di tutti noi fedeli.
Ché se poi fosse davvero stato "progressista" come lo intende tendenziosamente l'inopportuno anonimo, ed ora si fosse reso conto d'aver sbagliato, maggior merito gli si dovrebbe riconoscere: un ripensamento così eclatante che dovrebbe mettere in guardia tutta la Chiesa.
Anonimo ha detto...
RispondiEliminaE chi lo determina, questo "spirito del concilio"? Tu?
5 giugno 2009 19.01
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Sì lui, la scuola eretica di Bologna,Farinella, Gallo, Barbero, Vitaliano, Adista: il fior fiore della grande teologia, insomma.
Con molto piacere ho letto questa frase di Pastorelli:
RispondiElimina"Che poi egli (Gherardini) sviluppi un suo pensiero, diradi delle ombre, inneschi nuove prospettive teologiche, ma sempre nella perfetta fedeltà al Magistero e alla Tradizione, è un titolo di merito".
Ora io mi chiedo: è possibile che egli (Gherardini) sia l'unico teologo che ha fatto questo in 40 anni e più?
Uno per tutti: von Balthasar (a parte l'inferno) non l'ha fatto?
Oppure quella patente necessita per forza dell'esame in liturgia tridentina?
http://books.google.it/books?id=jmmEC1FZh9sC&pg=PA104&lpg=PA104&dq=sacramentologia&source=bl&ots=I4hKKsFTGJ&sig=AtMvvF-ppQBnT_HMoN1WwOG9reo&hl=it&ei=uFopSu7YNJewsgbu8u3UCQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=2
RispondiEliminaNon si tratta di liturgia tridentina, che non è d'importanza secondaria visto che in essa è compendiata la fede di secoli e secoli, ma di fedeltà a tutto il Magistero: sviluppo della teologia senza mai venir meno al principio che è la base della sana teologia, cioè dimostrare, confermare, approfondire ciò che è stato rivelato e trasmesso dalla legittima autorità.
RispondiEliminaInferno a parte? Basta e avanza.
Inferno a parte? Basta e avanza.
RispondiEliminaO non l'hai letto o non l'hai capito.
Mons. Gherardini in questo libro veste i panni del profeta; e come ogni profeta vero non ha paura di gridare la verità.
RispondiEliminaSarà l'età ormai non più giovanissima, ma questo eminente teologo sceglie coraggiosamente il linguaggio della chiarezza per mettere interrogativi scomodi, che faran contorcere le budella a tanti che non han domande, ma a cui prima o poi la Chiesa deve dare una risposta, chiara, convinta e convincente, non, come fatto finora, riproponendo, compendiati, i medesimi testi conciliari ma chiarendo ciò che è da chiarire; e son tanti i passaggi conciliari su cui gettare una luce, perché la Chiesa ha diritto di sapere se in questi ultimi decenni è stata strapazzata, flagellata e umiliata per un superiore bene oppure inutilmente.
Questo lavoro chiarificatore richiede però molti anni, e soprattutto richiederà molti più anni per esser metabolizzato da tutti i membri di Santa Madre Chiesa.
Per ora in tutti gli ambiti ecclesiali si continua imperterriti a correre spensieratamente nella stessa direzione in cui si corre da 40 anni: VERSO IL NULLA teologico, liturgico, pastorale, esegetico, disciplinare.
Innominato.
Che cosa ha dato il Concilio nella “Sacrosanctum Concilium” (SC) ?
RispondiEliminaQueste riscoperte fondamentali per la liturgia.
1. La centralità del mistero pasquale: l’eucaristia è il memoriale (ripresentazione, non nuda commemorazione) della morte e risurrezione di Gesù. Di qui la centralità dell’altare.
2. La consapevolezza della presenza reale di Gesù nella globalità della celebrazione: nell’assemblea, nella Parola, nella persona del prete che presiede, e sotto le specie del pane e del vino (cf. SC 7)
3. La principale fonte della spiritualità cristiana è l’Eucaristia come celebrazione del memoriale della Pasqua (cf. SC 14).
4. La centralità della Parola, da prendere sul serio: lettori qualificati, l’ambone come polo della celerazione, incremento del lezionario e dell’evangeliario, obbligo dell’omelia almeno nella domenica e nelle feste (cf. SC 24-25).
5. La consapevolezza che liturgia della Parola e liturgia eucaristica sono un unico atto di culto, due momenti di esperienza della medesima Alleanza.
6. Il mistero celebrato è la principale fonte di ispirazione teologica. Una teologia eucaristica può essere elaborata soprattutto a èartire dell’esperienza di Dio nella Divina Liturgia (ascolto della Parola e partecipazione ai Sacramenti).
7. La mistagogia come metodologia più appropriata nell’iniziazione alla vita eucaristica. Iniziare alla vita eucaristica a partire dal rito, dall’azione eucaristica.
8. Il carattere comunitario, ministeriale e participativo della celebrazione eucaristica. Il soggetto dell’azione eucaristica è la comunità ecclesiale, popolo sacerdotale, corpo di Cristo (cf. SC 26 e 48). Da qui il riconoscimento dei diversi ministeri laici nella liturgia (accolito, lettore, musico, strumentista, sacrista, monitore, etc.) come veri e propri “ministeri liturgici”. Ed é impressionante come SC riconosca la partecipazione piena, cosciente, attiva e fruttuosa nella celebrazione della Divina Liturgia come diritto e dovere di tutti (cf. SC 14 e, soprattutto, SC 48).
9. Il senso della azione eucarística come “un mangiare e bere inscindibile dal rendimento di grazie”.
10. La necessità che la celebrazione dell’Eucaristia si adatti alle differenti culture e indoli dei popoli, con linguagggi verbali, gestuali e musicali propri (cf. SC 37-40).
11. La “nobile simplicitàe” della liturgia eucaríitica della nostra tradizione romana del primo millennio (cf. SC 34). Si tratta cioè di garantire l’essenziale: la Parola e il Mistero Pasquale.C’è una tendenza oggi (precisamente a causa di una mentalità viziata que rimonta al millennio appena passato) di cercare di complicare tutto di nuovo, di inflazionare le messe nuovamente con una marea di addobbi e orpelli che vanno a compromettere ciò che é essenziale nella celebrazione dell’Eucaristia.
12. Infine, la preoccupazione per la “qualità” teologica, rituale, spirituale, pasquale della celebrazione eucaristica. Da quí la insistenza nella formazione liturgica in tutti i livelli (cf. SC 14-20). E quando si dice “formazione liturgica”, si intende un processo permanente de apprendistato e approfondimento sul senso teologico-spirituale della azione celebrativa eucaristica, dalla quale deve conseguire naturalmente un comportamento solidaleo nella società, secondo la giustizia del Vangelo.
Ciò dimostra che molte delle vostre critiche sono nella gran parte non fondate.
Non sono d'accordo con Te igitur. Il concilio è stato altro. bisogna vedere quello che ha cambiato, non quello che è rimasto.
RispondiEliminaQuello che conta sono i Vangeli, che sono Parola di Dio, e la povertà spirituale dei veri credenti; sono invece inutili e dannosi clero, cerimonie ed immagini, come dimostra l’Epistola agli Ebrei.
Forze nella spelonca dell'eremita Celestino non arriva la luce, ma io la luce ce l'ho, naturale ed elettrica. Quindi ho letto e capito. Ed anche se qua e là tenta di distinguere la sua posizione dall'apocatastasi, Balthasar afferma che l'inferno è vuoto, perché l'amore di Dio non può permettere che qualcuno si danni.
RispondiEliminaDa qui la distruzione dell'escatologia cristiano-cattolica, basata sui Vangeli.
Cristo parla spesso di geenna, di benedetti e maledetti, di giorno del giudizio ecc.
Se l'inferno è vuoto, non vedo perché crearlo e perché è stata necessaria la redenzione.
I documentio di un concilio sono magistero da ritenere ed ossequiare se ribadiscono la Tradizione, il Magistero ininterrotto, le verità sempre e dovunque credute, le definiizioni pontificie e conciliairi.
RispondiEliminaQuel che può cambiare non è la sostanza, può esser la pastorale intesa come approccio diverso nella presentazione del Deposito della Fede.
Dunque la Sacrosanctum Concilium afferma quasi in tutte le sue pagine ciò che sempre la Chiesa ha detto. E questo è l'importante.
Chi devìa è in errore.
A Pierre de Bruis (nickname assai opportuno, visto che il personaggio era un eretico dei più balenghi, tanto da propugnare di bruciare le croci perché simbolo della sofferenza di Gesù).
RispondiEliminaForse hai sbagliato sito. Te ne indichiamo uno più confacente: www.protestantesimo.it
E non citare la lettera agli Ebrei: per Pietro di Bruis (quello vero) contavano solo i 4 vangeli...
Oggi il balengo capirebbe che la Lettera agli Ebrei è il libro più laico in assoluto (come dice il gesuita Rossi De Gasperis), che squalifica radicalmente ogni lettura ritualistica. Sembra accordare un posto privilegiato al sacrificio, ma invece ne registra uno piazzamento del senso, dal registro magico-rituale al registro etico-spirituale. Anche se volessimo negarle l’esclusione di principio del sacrificio, è solo tollerato, come verità relativa o convenzionale, prendendo la forma esistenziale della misericordia.
RispondiEliminaLa sintesi conciliare è perciò inadeguata, servendo la fondazione di una nuova laicità in vista di una città insieme più cristiana e più secolare, dove l'esercizio della misericordia (es. gli ultimi interventi di Marlini) prevalga sul ritualismo (motu proprio sulla messa in latino).
Correggo i refusi
RispondiElimina"spiazzamento"
"Martini".
Approfitto per sottolineare che questa non è una visione protestante. Ieri Carretto, Arturo Paoli, Balducci, Turoldo, mons. Camara e oggi Martini, Bello, Alberto Maggi, Antonio Thellung, sono cattolici e intendono restarlo. Semmai dov'è il cattolicesimo nella mentalità scismatica e antisemita della FSSPX?
Commenti come quelli di Celestino, de Bruis , inopportuno, o altri, espressioni di tutte le aberrazioni che circolano liberamente nella Chiesa e che trovano un ancor miglior canale di diffusione grazie al web, obbligano persone come Dante Pastorelli ad un lavoro attento e ripetitivo di rettifica e insegnamento della retta dottrina.
RispondiEliminaSapendo però come oggi molti si accontentano di pietanze grossolane, ricercano la facilità che non è saggia semplicita, non amano cibi troppo complicati o complessi, vogliono la novità per la novità, rompere gli schemi, liberarsi dalle catene, ecc..ecc...temo che gli sforzi di Dante e altri si riveleranno vani.
Allora lo ripeto e mi ripeto, perchè dare spazio all`eresia, alla pura provocazione che può purtroppo avere un effetto deleterio su certe anime sensibili e disorientate?
O allora questo blog è diventato un sito pedagogico, obiettivo "louable".
Abbiamo sempre tutti molto da imparare , io per prima e imparo molto da Dante Pastorelli, dovrò alla fine ringraziare i vari troll che sembrano voler infestare i siti legati alla Tradizione?
Perchè forniscono l`occasione a chi è infomato di ridire la retta dottrina?
Non ne sono sicura.
PS temo che Celestino sia un sacerdote e ciò non può che aumentare il mio sconcerto sulla situazione della Chiesa oggi e i miei dubbi sul fatto di offrirgli un spazio supplementare in cui diffondere la sua visione.
Continuo a considerare interessanti le elucubrazioni di questi (o questo? Forse ha ragione Franco Pernice e, per dirla con Platone, i molti sono uno...) pazdaran del veteroprogressismo (!). Interessanti come museo degli orrori. Vedo un'ansia di escludere, di amputare lasciando grucce e moncherini (rito esclude misericordia, e viceversa? Ma dove vivete!). Vedo la voglia di crearsi a tavolino un loro cristianesimo-frankenstein, prendendo quello che più piace e inventandosi di sana pianta il resto. Rimarrete scornati. Sapete quanta gente si è messa alla scrivania e ha inventato la "lingua perfetta", perfettamente razionale (secondo loro)? Non hanno mai avuto successo. Continuiamo a parlare la lingua di Dante, di Petrarca e di Boccaccio (in Italia).
RispondiEliminaQuanto al pericolo che costoro facciano proseliti, mi pare trascurabile. Possono convincere al massimo chi già la pensa come loro. Parlano più che altro per convincere se stessi.
Purtroppo Jacopo non condivido il suo ottimismo.
RispondiEliminaLei può parlare così perchè è un uomo di fede, colto e con gli strumenti sufficienti e necessari per fare le dovute distinzioni, per subito rettificare ciò che sa contorto.
Lei sa, purtroppo oggi gran parte della gente non sa, il sentimento dell`identità cattolica è così debole e vacillante che teorie anche contorte possono aver presa, sedurre...
Lei può trovare interessanti certe teorie ed è in misura di definirle "elucubrazioni", altri le troveranno solo interessanti, attiranti, seducenti.
È a queste persone che penso quando dico che non è forse cosa saggia e utile dare spazio a chi proferisce eretiche elucubrazioni.
Forse pechè mi metto pure io fra le persone ignoranti, molto ignoranti, solo ho sete e fame di retta dottrina, è anche per questo che seguo questo blog, non per dover sorbirmi prosa eretica!
Caro Celestino, la lettera agli Ebrei è un inno splendido a Gesù sommo sacerdote che entra nel santuario del cielo a offrire il suo sacrificio unico, al quale nella santa messa siamo accomunati tutti. Non c'è pagina del NT più profonda per descrivere la morte di Gesù come vero sacrificio di espiazione. [Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, [12]non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. [13]Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, [14]quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?] Eb.9
RispondiEliminaProprio per questo l'atto più sublime della messa non è la comunione, come qui qualcuno ha detto, ma la consacrazione, che ripresenta il sacrificio della salvezza.
C'è un problema, Luisa.
RispondiEliminaNon è certo chiudendo gli occhi che le brutture scompaiono. Le cose che tu non vuoi vedere ... e non vuoi far vedere a noi ... sono il sottofondo dei discorsi dei dotti, la lingua comune dei predicatori (compreso il movimento che è il tuo incubo) e l'agenda delle battaglie ecclesiastiche dei prossimi trent'anni.
Fanno breccia anche a causa della minima percentuale di vero che contengono; ad esempio: è inutile e produce una testimonianza contraria amare il SS. Sacramento o le pie devozioni e non amare lo stesso Dio che si presenta nei fratelli, anche quelli più brutti, sporchi e cattivi; come è inutile difendere la morale cattolica più tradizionale e non voler vedere l'attentato ai 10 comandamenti in toto perpetrato quotidie da un piccoletto molto in vista e propalato ogni giorno dai suoi media.
Piuttosto, si faccia come ha fatto Gherardini: si studi molto, arrampicandosi e attaccandosi ai testi; non si tema di frequentare il nemico, si impari a rispondere alle sue provocazioni, altrimenti peccheremmo contro lo Spirito Santo; si sappia osare rimando fedeli; si eserciti sempre la pazieza e la misericordia spirituale.
se, poi, uno nei commenti si mette a fare propaganda elettorale anche il giorno precedente le elezioni, povero blog!
RispondiEliminaGabri
Carissimi, grazie ha tutti coloro che compiono per vera carita' lo sforzo di far conoscere la retta dottrina.
RispondiEliminaGli argomenti degli inopportuni sono in fondo sempre gli stessi; negazione del sacrificio eucaristico, della presenza reale, del sacerdozio, del significato trascendentale del rito. In pratica l'eresia protestanta gabellata per nuovo cattolicesimo, in realta' l'apripista del ritorno al paganesimo e all'adorazione pubblica di satana (che in primo luogo vuole abolire i sacramenti).
La piu grande medicina della misercordia e' oggi rappresentata dalla correzione dell'errore e dall'anatema. Solo attraverso questo si mantiene la via diritta che ci conduce a Cristo Signore e da Lui e' stata tracciata.
Non posso quindi non pensare all'immenso e soprannaturale dono che ci e' stato fatto da Cristo con il Sacerdozio cattolico, anche se con ministri a volte indegni.
Attraverso di esso, ci viene posto innanzi il trascendente, la dimensione di Dio che puo' toccare noi ma che noi non possiamo comprendere.
La Chiesa cattolica e' stata costituita da Cristo custode di questi misteri che sono tali solo nella loro intrinseca essenza non nella loro esistenza che e' divinamente rivelata.
Per chi non si accontenta Cristo Signore e' stato mediatore di infinite grazie, miracoli, profezie e infine castighi.
Solo chi non vuol vedere non vede e ignora anche la realta' dell'inferno. Anche il Vangelo non ce lo descrive certo come un deserto.
Chi lo ha visto non vuole che ci finiscano i suoi fratelli.
F.d.S.
Luisa (diamoci del tu, che è molto internettiano!), non penso che i ragionamenti dei nostri amici di per sé faranno grandi danni. Lutero non ha convinto i tedeschi con la bontà delle sue argomentazioni teologiche: semplicemente ha dato una giustificazione teorica a un'antipatia che molti dei suoi compatrioti avevano concepito verso la Chiesa per questioni molto pratiche. Io credo che le tesi (95 o meno) propalate dai nostri amici siano ormai roba vecchia che intercetta sempre meno i "bisogni profondi" della gente. Anche perché chi ha in odio la Chiesa oggi ha altre vie per esprimersi. Credo che la gente in generale voglia più spiritualità e più sacro, non meno come costoro sostengono. E se non glieli dà il cattolicesimo vanno a cercarli nei posti più impensati. Per questo i cari "eretici" del blog non mi spaventano, mi sembrano soldati giapponesi rimasti a presidiare il loro atollo mentre la guerra è già finita.
RispondiEliminaAvete forse ragioni voi!
RispondiEliminaMa, Arnulfo, non è esatto che io non voglia vedere certe cose, le ho sotto gli occhi in permanenza, mi creda.
Semplicemente non mi aspettavo a trovarle anche su questo sito!
Quanto al movimento, che non vuole essere chiamato movimento...ma fondazione di beni spirituali...non è un incubo, non è un sogno terrificante ma un realtà, che non esito a definire incomprensibile e sconcertante.
Se fosse un incubo, potrei dirmi che svegliandomi sparirebbe anche lasciandomi scossa,...
però, scusate la mia ignoranza, a me dopo tutti questi interventi, soprattutto quello di te igitur, un dubbio è venuto. Se, secondo la Sacrosanctum Concilium, il "soggetto dell'azione eucaristica è la comunità ecclesiale , popolo sacerdotale, corpo di Cristo" , chi celebra il sacrificio di Cristo, il sacerdote o l'assemblea?
RispondiEliminagabri
Le preoccupazioni di Luisa sono autenticamente cattoliche e sono le preoccupazioni che aveva la Chiesa fino a qualche decennio fa: preservare incorrotto il deposito della fede vigilando attentamente perché non si mescolino impurità al buon grano della Verità custodito nei silos della Chiesa per essere nutrimento di vita eterna. E in conseguenza di tutta questa preoccupazione i sacri Pastori facevano un esame attentissimo prima di impastare e porgere ai fedeli il pane della Parola, controllando il grano chicco per chicco per poter eliminare le impurità; le massaie di un tempo non facevano nulla di diverso prima di portare il grano al mulino: ne controllavano i chicchi uno ad uno, ed è ciò che le buone massaie fanno tuttora col riso prima di usarlo in cucina.
RispondiEliminaOggi non solo i sacri Pastori non fan più tale attentissima cernita, ma son loro stessi a mescolare i chicchi di grano con chicchi di loglio.
E a furia di mangiar farina di grano e farina di loglio molti non solo non conoscon più il buon sapore del grano puro, ma arrivano a giudicar migliore il sapore del pane fatto con farina di grano "arricchito" con farina di loglio.
Parlare di certe cose può andar bene tra chi ha una certa cultura teologica, ma non tra chi non ha gli strumenti per separare il grano dal loglio.
Antonello
Cara Gabri,
RispondiEliminail mio esempio è troppo schierato politicamente? scegline uno che ti vada a genio (in dubiis, libertas).
Resta inalterato il discorso complessivo.
Al tuo dubbio su SC, risponde la stessa costituzione conciliare; ad esempio: i nn. 7 e 8
"7. Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, « offertosi una volta sulla croce [20], offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti », sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza [21]. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro » (Mt 18,20).
Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.
8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio [22] quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l'inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria [23]".
Antonello, absit iniuria verbis, ma oggi il pane migliore è quello integrale, con le fibre.
RispondiEliminaC`è anche il pane alle olive, alle noci, al sesamo, ai quattro cereali, viva la diversità !
RispondiEliminaC`è anche chi si comunica con una focaccia, una brioche, et tant pis per le briciole che cadono per terra e saranno in seguito calpestate, tanto quel pezzo di pane è solo un simbolo, o una presenza che non fa che passare....
Finalmente si sta capendo che il problema non è nel concilio ma nella sua cattiva interpretazione.
RispondiEliminaLa stessa cosa vale nella messa. Il problema non è la nuova messa ma gli abusi che a volte ci sono in essa.
Si rende la messa uno spettacolo dove i laici e il prete sono i protagonisti mentre il vero protagonista deve essere Gesù. Il concilio ha detto che il popolo deve partecipare e non essere il protagonista ma soprattutto non ha autorizzato a mancare di rispetto a Gesù come a volte avviene.
Bisogna recuperare modi più liturgici di confezionare il pane eucaristico; visto che manifestate il senso della santità e divinità della liturgia, per coerenza non dovete farvi fabbricare le ostie da dei macchinari; il pane deve quanto possibile assomigliare al pane che mangiamo, anzi un pane molto grande, come nei bei tempi andati, quando da uno mangiavano tutti...
RispondiEliminaAltrimenti sparisce la verità del segno; che guadagno liturgico si ha nello spezzare un pane che è già stato spezzetato da un macchinario?
p.s. Anche comunicarsi a ostie consacrate in un'altra messa è antiliturgico; attenzione non sto dicendo che quel pane no è Gesù in corpo, anima e divinità, ma solo che è una stonatura liturgica.
Celestino V, nel suo post di stamattina, cita tra gli esimi studiosi ed esegeti "cattolici" da lui prediletti il frate servita p. Alberto Maggi. Quanto lo sia (cattolico) potrete capirlo da un suo commento al Vangelo di Giovanni sulla resurrezione di Lazzaro, che per lui è una resurrezione solo simbolica, infatti
RispondiElimina“Il messaggio cristiano è che Gesù non resuscita i morti, ma comunica ai vivi una vita che è capace di superare la morte. Pertanto i cristiani non credono che resusciteranno, ma credono che sono già resuscitati.”
Così “É chiaro, non è che Lazzaro debba ancora andare dal Padre, c’è già. È la comunità che deve lasciarlo andare senza trattenerlo come un morto. Fintanto che noi piangiamo disperati, per la morte di una persona cara, la teniamo legata, immobilizzata, nelle funi della morte.”
Inutile dire che qualche problemino P. Maggi lo potrebbe avere anche con i non cattolici, perché la resurrezione è articolo di fede, da sempre proclamato e confessato nel Credo. Ma che problema c'è: basta l'amore...
Rutilio Namaziano
P.S. Nello stesso post delle 7.29 Celestino V dimostra qualche buco di memoria: don Tonino Bello, che però non credo fosse davvero sulla stessa linea, è già tornato alla casa del Padre.
Hagrid perché non provi a farti una bella focaccia con farina di loglio?
RispondiEliminaDevo confessare che ormai non leggo più gli interventi di inopportuno: passo subito all'intervento successivo.
RispondiEliminaAntonello
il mio prof. di liturgia diceva che ci vuol più fede a credere che quella cosa rotonda sia pane che credere nella transustanziazione. Penso che Inopportu-no sia un deg-no discepolo di tanto maestro. Penso che la forma del pane eucaristico da almeno mille anni sia come la vediamo oggi e sinceramente no mi crea nessun problema di fede, tanto più che un pane lievitato o anche azzimo di grandi dimensioni comporterebbe difficoltà e rischi di profanazioni a me-no che dedicare molto tempo alla preparazione come fanno gli orientali nella Protesi, che però, a differenza di Inopportu-no no si preparano a una cena seppur santa, ma al sacrificio del corpo e del sangue del Signore, lo dimostrano i gesti e le parole durante il taglio delle Prosforà: "Subito dopo configge la Lancia nel lato destro del sigillo della Prosforà e dice taglando: 'Come pecora, venne condotto al macello.'
RispondiEliminaAllora Inopportu-no e compagnia cantante è più importante la forma del pane o quello che se ne vuol fare: cena o sacrificio?.
Non è vero che la nuova messa celebrata bene vale tanto quanto la vecchia: ci sono troppi equivoci che lasciano spazio a interpretazioni molto soggettive.
A proposito di grano e di loglio, vedo che Inopportuno si è fatto scappare un chicco di grano. E' vero che sarebbe preferibile comunicarsi con ostie consacrate nella messa cui si è partecipato, dato che quello è il sacrificio al quale abbiamo unito le nostre intenzioni. Non so poi come il Nostro concili questi soprassalti di zelo con altre affermazioni sull'inutilità dei riti... Teologia sacramentale creativa?
RispondiEliminaA Celestino V. Sorvoliamo sulle accuse di antisemitismo ai lefebvriani (che hanno fatto precisazioni in senso opposto dopo le odiose imbecillaggini, e conseguente emarginazione, di Williamson; semmai ribadiscono la posizione - riproposta anche da Benedetto XVI con la sua oratio pro iudaeis - che il giudaismo non è via alternativa di salvezza).Ma circa l'elenco di personaggi della tua "hall of fame" cattolica, essi, semplicemente, non sono cattolici. O, almeno, non interamente: non facciamo di tutta l'erba(ccia) un fascio. Ma, a proposito di Fascio, proprio il tuo amico Helder Camara fu Segretario Nazionale del partito filonazista del suo paese, l'Azione Integralista Brasiliana. Ti pare poco? Non un anonimo militante: fu lo Starace brasilero, il gran vizir delle camicie nere (no, forse erano brune, o verdi), il ras degli squadristi. E poi vogliamo accusare gli altri di antisemitismo? Hitler sconfitto, il tuo pestifero eroe Camara ha opportunisticamente cambiato parole d'ordine e estremismo (ché quelli, si sa, si toccano). Non più onore, sangue, patria, ma opzione per i poveri e teologia della liberazione. Ma ha mantenuto gli stessi obbiettivi (distruggere il cattolicesimo; e vi ha dato grande impulso, basta pensare alle gran masse brasiliane che, schifate da quella caricatura di cattolicesimo alla Camara, si son fatte evangelici) e gli stessi metodi (l'uso spregiudicato dei mezzi politici, che fecero di lui il dominus della sua creatura, il Celam - la conferenza episcopale sudamericana - diretta come una sorta di Comintern).Che Dio lo perdoni.
RispondiEliminaHagrid ha detto...
RispondiEliminaAntonello, absit iniuria verbis, ma oggi il pane migliore è quello integrale, con le fibre.
6 giugno 2009 14.49
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MA A TE BASTA LA DOLCE EUCHESSINA.
BALDUCCI, TUROLDO? La peggior genìa di preti.
RispondiEliminaRicordo che Turoldo, servita, "poeta e profeta" a detta dei suoi fanatici sostenitori, fu convinto sostenitore del divorzio in occasione del referendum del 1971; nel santuario di Tirano spezzò la sua corona del rosario e la gettò tra i fedeli gridando "Basta con queste superstizioni da Medio Evo". Servo di Maria o di Satana?
Ancora, se non erro nel 1988, su Panorma ebbe a disprezzar la devozione al Crocifisso, perché il Crocifisso c'è o non c'è è la medesima cosa. Il Crocifisso non dice più niente. Il crocifisso è Mandela, Martin Luther King ecc.
Dunque son costoro che ci redimono non Cristo.
La nostra religione non è il cristianesimo ma il mandelismo, il luterismo ecc.
Ora capisco le follìe che leggo in questo blog: con maestri simili...
Gentile Pastorelli, se Turoldo ha scritto sciocchezze, Balducci se possibile ne ha scritte di peggiori.
RispondiEliminaNon condivido però il suo giudizio su von Balthasar, che ritengo un po' affrettato.
Certo, le sue opinioni sull'inferno sono criticabili (e personalmente le trovo sbagliate), ma non si può parlare di apocatastasi, nè, credo, di eresia.
Eppoi aggiungerei che quando le ha dette era un po' anziano e forse meno brillante. La sua ampia opera teologica è invece ortodossa, a quanto ne so. Anzi, per quel poco che le mie letture mi hanno consentito, credo sia uno dei pochi teologi che innovano, rispetto alla tradizione tomista, pur rimanendo ancorati alla tradizione di pensiero della Chiesa e quindi alla fede cattolica.
Per questo mi chiedevo cosa pensasse lei, che sicuramente ne sa più di me, in generale su questa figura, che a me sembrava tutt'altro che esecrabile: anzi mi pareva una delle poche oasi di pensiero autenticamente cattolico (la cosiddetta "nouvelle théologie" non mi piace molto, dico la verità).
Cordialmente.
Caro Luca, per Balthasar mi son limitato a riportare il suo pensiero sull'inferno ed ho affermato che qua e là cerca di distinguersi dall'apocatastasi. Quindi non l'ho accusato d'esser seguace di quella dottrina.
RispondiEliminaPoi ho tratto le conseguenze che tutti traggono: se l'inferno è vuoto che ci sta a fare? L'escatologia cattolica è ferita a morte. Ed anche la redenzione, la sua necessità.
Guarda che non poche tracce del "surnaturel" di de Lubach (il soprannaturale è contenuto nel naturale, Humani Generis, par. 16)) si trovano anche in Balthasar.
Se proprio lo vuoi sapere, l'ho trovato noiosissimo. Lo lascio volentieri ad altri. Non m'interessa. Neppure parlarne.
Do(n) Gianluigi dice:
RispondiElimina"tanto più che un pane lievitato o anche azzimo di grandi dimensioni comporterebbe difficoltà e rischi di profanazioni a me-no che dedicare molto tempo alla preparazione come fanno gli orientali nella Protesi, che però, a differenza di Inopportu-no no si preparano a una cena seppur santa, ma al sacrificio del corpo e del sangue del Signore".
Non posso che notare una eccessiva enfatizzazione dei "rischi di profanazione" ogni volta che - sempre pienamente rispettando la sacra riverenza - viene suggerito di recuperare antichi elementi della Tradizione vivente.
Io non vedo, di principio, che tipo di rischio di profanazione ci sia, in sè, ad esempio:
1) nella comunione nelle mani,
2) nella comunione c.d. sotto le due specie (meglio sarebbe dire: al pane della vita e al calice della salvezza),
3) nel pane eucaristico a forma di pane,
4) nel comunicarsi preferibilmente alle specie consacrate nella stessa celebrazione,
5) nella sobrietà delle vesti liturgiche.
Tutte queste cose non arrecano alcun danno alla sana teologia eucaristica, ma rendono più evocativi l'insieme dei gesti rituali!
L'Inopportuno ne spara davvero di grosse, ma su questi punti non sbaglia mica tanto.
Al Sig. Pastorelli, con riferimento ad Hans Urs von Balthasar
RispondiElimina"Se non credete a labbro mio, credete a questo galantuomo":
http://www.aventicum.ch/IT_Pages/IT_editBenedettovB05.htm
Hagrid
RispondiEliminanon fare di tutte l'erbe un fascio. Io dissi che c'è pericolo di profanazione solo in certe forme di comunione, cosa c'entrano le vesti liturgiche?
1. la comunione in mano. Posso assicurare, perché testimone oculare, che spesso si staccano dalle particole frammenti che cadono in terra e vengono calpestati. Un tempo nelle sacrestie c'era un setaccio che serviva proprio per staccare prima questi frammenti.
2. la comunione con pane lievitato o di forma più casereccia. A parte il fatto che non è un elemento della tradizione viva della chiesa latina, poiché da più di mille anni è stato abbandonato, una tale forma produce molte briciole e con la superficialità che c'è oggi nel purificare, è ben immaginabile cosa potrebbe succedere.
Inoltre se in oriente è vero che usano il pane lievitato, c'è però una cura meticolosa sia nella preparazione della prosforà, sia nel dare la comunione, tanto che da noi ci sarebbe qualche problema igienico.(tutti vengono imboccati con lo stesso cucchiaino e si purificano le labbra con lo stesso purificatoio rosso).
Da parte mia non ho nessun problema, se volete introdurre la comunione come in oriente. Solo mettiamo nel conto di rimanere a messa un'oretta, minimo, in più.
Questo è il senso pratico che hanno alcuni liturgisti o presunti tali!
Comincia tu Hagrid a stare un'ora in più in chiesa: mezz'ora prima e mezz'ora dopo la messa. Quella sì sarebbe una vera riforma liturgica.
inopportuno ha parlato di "stonature liturgiche". Non credevo si arivasse a tanto.
RispondiEliminaSi ricordi che si puo' ricevere la comunione senza aver partecipato alla S. Messa e viceversa. Cio' che nega alla radice cio' che egli crede (se mai crede) ma soprattutto vuol far credere. In secondo luogo ricordi che il sacerdote celebra in persona Christi. Evidentemente gli sfugge cmpletamente la dimensione soprannaturale della S. Messa, derivante dall'azione sacra del sacerdote secondo la liturgia.
F.d.S.
Deve essere con cura distinto l’aspetto dogmatico e l’aspetto celebrativo.
RispondiEliminaSpero non ci siano equivoci (vero FdS?).
Ovvio che l’ostia consacrata è Cristo. Ma sotto l’aspetto celebrativo non è la stessa cosa ricevere il corpo di Cristo nella messa o fuori della messa; come non è la stessa cosa, poi, ricevere il corpo di Cristo consacrato in quella messa e quello consacrato in un’altra messa:
come ha detto JACOPO (“dato che quello è il sacrificio al quale abbiamo unito le nostre intenzioni”).
Quanto al pane, sempre dal punto di vista celebrativo, evoca e significa molto più che l’ostia sacerdotale sia quanto più grande possibile, in modo che (quanto più possibile) tutti si comunichino proprio da quell’unico pane.
Tenendo conto che quello che è nelle tradizioni popolari e folkloristiche un tempo era invece di diritto nella liturgia, si potrebbero ripristinare modalità più tradizionali di fare il pane e il vino per la celebrazione eucaristica.
Poi,
è il Pane spezzato per la salvezza del mondo.
Anche lo spezzare del pane attualmente è, sotto l’aspetto celebrativo, negletto.
Dopo il concilio è stato giustamente abbinato con l’Agnus Dei, ma di fatto è sovrastato dai gesti e dai canti della pace. Eppure in altre liturgie viene trattato con maggiore solennità e simbolismo.
Purtroppo anche l’istruzione Redemptionis sacramentum non ha recepito questa opportunità.
Non tutto l'Oriente usa pane fermentato! Così come non è certo in maniera assoluta che in tutto l'occidente si usasse sempre pane fermentato nel primo millennio.
RispondiEliminaBisigna poi tener presente sempre una verità assoluta: è lo Spirito che guida la Chiesa; e se lo Spirito ha ispirato alla Chiesa cattolica di usare il pane azzimo, perché è certo che Gesù Nostro Signore abbia usato pane azzimo per la Mistica Cena, perché resistere allo Spirito volendo ritornare ad un uso che lo Spirito ha fatto abbandonare?
Bisogna conoscere approfonditamente le motivazioni che sono alla base di certe pratiche, come la Comunione fuori della Messa, la Comunione con particole consacrate in precedenza, la Comunione sotto la sola Specie del pane, la Comunione in ginocchio e solo sulla lingua; se non conosciamo le motivazioni che hanno portato a tali pratiche o se le ignoriamo perché ci piace di più pensare all'opposto, non faremo altro che resistere allo Spirito che tali pratiche ha ispirato alla Sua Chiesa. La Chiesa è un organismo vivo, non un museo dove conservare questo o quell'elemento paleocristiano, e tantomeno. Sicuramente ci potrebbero essere alcuni elementi secondari e accessori da recuperare, come la preparazione delle ostie o del vino nelle singole comunità: con tutti i laici che girano intorno alle sacrestie, indaffaratissimi come formiche, non sarà poi tanto difficile trovarne alcuni a cui far preparare un pò di ostie, fino ad arrivare a prepararle quotidianamente. Così come non è poi cosi difficile pigiare a suo tempo un pò di uva e preparare il vino da usare durante l'anno per la messa!
Ma è più comodo ordinare le ostie per posta e comprare il vino già imbottigliato!
Un' ultima cosa; chi l'ha detto che in antico il pane veniva sempre fatto lievitare e veniva sempre cotto in un forno?
In tutte le culture la cottura del pane in antico veniva fatta più in altro modo che dentro un forno (veniva cotto sotto la cenere oppure, più spesso, su un piatto di terracotta appoggiato sul fuoco); la cottura dentro un forno, per la complessità e la lungaggine delle operazioni necessarie, era più una eccezione che non la norma. Così come era più usuale fare il pane azzimo che non quello lievitato (sempre per il medesimo motivo: quello azzimo era più spiccio).
In Italia ci sono ancora zone dove si prepara un ottimo pane azzimo cotto su un recipiente di terracotta appoggiato sul fuoco.
Come abbiamo visto il modo latino di realizzare le ostie (cioè fuori dal forno) è più "naturale" di ciò che si pensa; ma le ideologie amano più seguire le idee che non la realtà. Ed è il difetto principale del Novus Ordo e di coloro che oggi vorrebbero ritornare a pratiche più ifìdeali che reali.
Innominato
ERRATA CORRIGE
RispondiEliminaifideali=ideali
Dopo questa disgressione, ritornando in tema: ci rendiamo conto che ultimamente, a cominciare dal Papa, si dicon cose che per decenni han dette solo quelli della FSSPX?
RispondiEliminaIl tema su cui c'è stata una delle pi macroscopiche inversioni ad U è propio quello del Vaticano II; per decenni a denunciarne i punti ambigui e le storture interpretative era solo Lefebvre, mentre ufficialmente la Santa Sede non faceva altro che andare avanti come se tutto fosse perfetto, come se il Vaticano II non avesse passaggi ambigui e come se le applicazioni non fossero che perfette. All'interno stesso della Chiesa era impensabile che si parlasse apertamente di certi problemi come ora invece fa mons. Gherardini; tutti, Gherardini in primis, erano affannosamente impegnati ad arrampicarsi sugli specchi per dimostrare ciò che finora è indimostrato: la continuità del Vaticano II con il Magistero precedente.
Naturalmente ancora oggi mica si sono accorti tutti che è cambiato il vento! Solo i più intelligenti, come il Papa, Gherardini e pochi altri.
Tutti gli altri continuano ad arrampicarsi sugli specchi.
Innominato
Perfettamente d'accordo con don Luigi.
RispondiEliminaSono stato testimone dell'asportazione di ostie date in mano, di particole che volavan per terra e di Preziosissimo Sangue versato in terra in un convento di cappuccini a Firenze e senza la cura di porvi sopra un lino per poi procedere alla purificazione.
Quanto alla comunione con particole onsacrate in precedente Messa non vedo il motivo del contendere. Capisco che si offre il Sacrificio e ci si accosta alla mensa del Signore: vi partecipiamo. Certo: abbiamo offerto, tramite il sacerdote, il Sacrificio.
Ma quelle particole già consacrate, non sono frutto dell'offerta dell'identico sacrificio? E se anche non vi abbiamo di persona presenziato, non siamo stati presenti come Chiesa? Non è ogni Messa il Sacrificio offerto da tutta la Chiesa, anche di quei membri che sono al lavoro?
Lana caprina, novatori. Attaccatevi ad altro: qui l'appiglio vi fa cascar a testa in giù.
Qualcuno mi può "parlare" dell`Istruzione Eucharisticum Mysterium?
RispondiEliminaVedo che è strumentalizzata da molti, non solo dai necoat, per giustificare comportamenti che non mi sembrano ortodossi.
Che cosa c`è in quel testo che non sono arrivata a trovare per intero, che permette questa strumentalizzazione e arbitrarie conclusioni e applicazioni?
È stata redatta sotto l`influenza di Bugnini ?
Ringrazio Dante e chiunque può "éclairer ma lanterne" !
Caro Hagrid,
RispondiEliminacredo che sia l'aspetto dommatico quello piu' preoccupante oggigiorno, anche se gli abusi liturgici sono quelli che piu' saltano agli occhi. Lex orandi lex credendi.
Cordialmente, FdS
Lex orandi, lex credendi.
RispondiEliminaIl bellissimo adagio non dice che la liturgia è semplice espressione accidentale del dogma di fede. Semmai la gerarchia è esattamente contraria. La liturgia è l'accesso reale alla verità professata. Prima si prega bene e poi si sa bene, e questo bene non si sa se non dentro l'esperienza liturgica.
La vostra stessa esperienza lo conferma.