Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

sabato 6 giugno 2009

Curia romana: notizie (poche) e rumors (molti)

Pubblichiamo in successione tre recenti articoli dei vaticanisti Bevilacqua, Rodari e Tornielli, che illustrano l'attuale stallo (o immobilismo) della Curia romana e le prospettive di nuove nomine.


Di Andrea Bevilacqua - Da Italia Oggi, 5 giugno 2009, via Papa Ratzinger blog:


Lo sblocco è arrivato tre giorni fa: Benedetto XVI ha nominato il nunzio a Parigi Fortunato Baldelli nuovo Penitenziere maggiore al posto del cardinale americano Stafford. È questo il segnale che in molti attendevano. Mossosi da Parigi Baldelli, i nunzi della Santa Sede potranno finalmente cambiare di posto e permettere, in questo modo, che nella monolitica segreteria di Stato si smuovano dalle proprie poltrone alcuni uomini che sono da tempo in posti di comando: il sostituto Fernando Filoni, l'assessore Gabriele Caccia e il sottosegretario ai rapporti con gli Stati Pietro Parolin.Tre nomi che contano in segreteria di Stato. Tre nomi ai quali viene imputato parte dello stallo nel quale la curia romana sembra essere incappata dopo la grande paura seguita al caso Richard Williamson.

Oltre a Filoni, Caccia e Parolin dovrebbero «partire» anche il cardinale Renato Raffaele Martino e il già settantacinquenne segretario della Congregazione per i vescovi, Francesco Monterisi. Questi in luglio, con la fine dell'anno paolino, prenderà il posto del cardinale Montezemolo, arciprete di San Paolo fuori le Mura. La partenza di Monterisi fa molto parlare. In particolare ci si domanda: chi prenderà il suo posto? Chi diverrà numero due di quella «fabbrica dei vescovi» (appunto la congregazione dei Vescovi), il cui prefetto, il cardinale Giovanni Battista Re, è già anch'egli settantacinquenne e, dunque, pensionabile? Sarà un italiano o no? Domanda non secondaria: se Benedetto XVI, infatti, metterà al posto di Monterisi un italiano, difficilmente il prossimo successore di Re potrà essere anch'egli italiano.Se, invece, Benedetto XVI metterà colui che Re sta cercando di sponsorizzare, ovvero Pedro Lopez Quintana, oggi nunzio apostolico in India e Nepal, il successore di Re potrà essere più facilmente un italiano.

Già, il successore di Re. C'era un tempo il cardinale Bernardin Gantin (negli anni Ottanta prefetto dei Vescovi) che sosteneva come il prefetto dei Vescovi dovesse dare l'esempio: cioè dovesse dimettersi al compimento dei settantacinque anni.«Se non lascia lui, infatti», sosteneva Gantin», come si può persuadere i vescovi nel mondo a lasciare a tempo debito?». E, soprattutto, come si può convincere coloro che lavorano nella curia romana (coloro cioè che svolgendo, a differenza dei vescovi nel mondo, un servizio «d'ufficio» e non pastorale non dovrebbero avere nessun tipo di problema a lasciare a tempo debito) ad andare in pensione quando un ricambio è necessario? Re per ora sta «resistendo» al proprio posto.


Forte dei precedenti (mal digeriti dal segretario di Stato Tarcisio Bertone che sulla cosa non è potuto intervenire) che prendono il nome di Poletto e Tettamanzi, ovvero del cardinale arcivescovo di Torino e del cardinale arcivescovo di Milano i quali sono riusciti a farsi prolungare il proprio incarico per almeno due anni oltre il raggiungimento del settantacinquesimo anno di età, anche Re potrebbe avvalersi di questo «privilegio». Del resto Papa Ratzinger è fatto così: anche se ha intenzione di cambiare qualche suo collaboratore all'interno della curia romana, se c'è chi avanza la richiesta di restare ancora al proprio posto, egli l'accontenta. E così, di richiesta in richiesta, la curia non cambia mai. O comunque cambia poco.



[..] Gli ultimi mesi di questo pontificato sono stati costellati di polemiche probabilmente mosse ad arte da non si sa bene chi. Il caso lefebvriani, i rapporti con gli ebrei intorno alla possibile beatificazione di Pio XII e alle dichiarazione sulla Shoah del vescovo negazionista Richard Williamson, la polemica sui preservativi, le critiche per quello che il Papa ha detto o avrebbe dovuto dire una volta atterrato in Israele e Giordania, sono tutte ferite le cui cicatrici ancora faticano a rimarginarsi. Soprattutto la questione della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani è un qualcosa sì di superato ma che ancora brucia.Infatti, quattro mesi dopo le furenti polemiche - la cosa scoppiò a fine gennaio -, gli effetti di quanto accaduto hanno reso coloro che governano la curia romana più accorti ma nulla, occorre dirlo, è avvenuto a livello di gestione del potere. Ovvero, nessuna di quelle nomine che una crisi mediatica e governativa di quelle dimensioni avrebbe potuto portare è stata messa in campo. In parte lo si capisce: i tempi della Chiesa non sono quelli del mondo. La Chiesa assimila e mette in campo progetti nuovi con tempi lunghi.Anzitutto poco o nulla è avvenuto a livello di comunicazione. Non è cambiato il pur bravo e competente portavoce vaticano padre Federico Lombardi. L’affaire Williamson evidenziò colpe non sue ma, insieme, mise in luce come difficilmente un direttore della sala stampa della Santa Sede potesse continuare ad avere assieme anche gli incarichi di direttore del Centro Televisivo Vaticano, della Radio Vaticana e di assistente del preposito generale dei gesuiti.E cambiamenti non sono di fatto pervenuti a livello di governo. Anzi sembra quasi che la Santa Sede s’impegni a lasciare i propri uomini dove stanno anche quando le scadenze per la pensione sono belle che superate. Sono solo esempi ma da tempo si parla, senza che mai accada nulla, della promozione del capo dell’ufficio del personale della segreteria di Stato, monsignor Carlo Maria Viganò, in una qualche nunziatura: ma difficilmente lo stesso Viganò sembra disposto a lasciare la curia romana. Si parla della promozione di monsignor Paolo Sardi - collabora alla stesura dei testi del Papa - verso il posto, vacante dalla morte di Pio Laghi, di patrono dell’ordine di Malta. Il segretario dei vescovi Francesco Monterisi sono mesi che dovrebbe prendere il posto dell’arciprete di San Paolo Fuori le Mura il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. Al suo posto rimane monsignor Agostino Marchetto, segretario dei Migranti e Itineranti, nonostante svariate diocesi italiane siano pronte a riceverlo con tutti gli onori del caso. E, ancora, il cardinale Renato Raffaele Martino: presidente di Iustitia et Pax pare si sia individuato nell’attuale segretario dell’Evangelizzazione dei Popoli, l’africano Robert Sarah, un degno sostituto. Eppure, prima del cambio, si è deciso che debba uscire l’enciclica sociale di Benedetto XVI - Martino vi ha collaborato - il cui testo è finalmente terminato e sta passando attraverso il lento e difficile parto delle traduzioni.Il problema sembra comunque essere a monte. Occorre tornare indietro negli anni, al pontificato di Paolo VI. Fu lui, sostituto nella segreteria di Stato ai tempi di Pio XII, a modificare quella che allora era un’aristocrazia democratica (tutti i prefetti e i segretari delle Congregazioni vaticane vedevano più volte il Papa e la segretaria dello stesso Papa, suor Pasqualina, contribuiva nell’incentivare i rapporti tra Pacelli e i vari monsignori) in una monarchia di fatto. Da Paolo VI in poi, infatti, è la segreteria di Stato a gestire ogni richiesta dal basso vuole essere esposta al Papa. È la segreteria di Stato a decidere, dunque, quali questioni siano degne d’essere comunicate al Pontefice e quali no. È la segreteria di Stato a bloccare riforme della curia e cambiamenti in posti di potere importanti. Una centralizzazione di potere che blocca l’effettivo esercizio del potere a discapito, in fondo, dello stesso Pontefice.

Infine, riportiamo quqnto segue dal blog di Tornielli, il quale torna a predire il trasferimento di mons. Ranjith e fa pure il nome del probabile successore, l'americano Di Noia. Che altrove (American Papist) viene invece considerato probabile nuovo vescovo di Fort Waine (la diocesi ove si trova l'ormai famosa università di Notre Dame, al centro delle polemiche per le onorificenze a Obama). Essendo la terza o quarta volta che Tornielli dà per imminente la notizia (vedi qui le nostre perplessità in merito e gli informativi commenti dei lettori; ma è anche vero che talvolta Tornielli sbaglia il quando ma azzecca l'an), vediamo se questa volta...

Una delle nomine più contrastate e rinviate della Curia romana sembra ora davvero decisa: il Segretario della Congregazione del Culto divino, il cingalese Malcom Ranjith Patabendige Don - già chiamato a suo tempo in Curia come segretario di Propaganda Fide, quindi allontanato come nunzio apostolico per poi essere richiamato a Roma da Benedetto XVI - sarà il nuovo arcivescovo di Colombo, nonostante qualche tentativo cardinalizio in extremis di trattenerlo Oltretevere. Al suo posto sarà nominato il domenicano statunitense J. Augustine Di Noia (nella foto), dal 2002 Sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, e dunque per quasi tre anni collaboratore dell’allora cardinale Ratzinger. Del sostituto di Ranjith si sapeva che doveva essere anglofono: cadute per veti incrociati varie candidature provenienti dall’Australia, dall’Irlanda e dalla stessa Curia romana, alla fine si è scelto il teologo americano in servizio all’ex Sant’Uffizio. Dopo essere stato il numero tre di Ratzinger, diventerà ora il numero due del “piccolo Ratzinger”, soprannome affibbiato al cardinale spagnolo Canizares Llovera, che guida la congregazione del Culto. La nomina dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere resa nota nei prossimi giorni, comunque non oltre il 29 giugno. Quello liturgico è il dicastero vaticano che ha cambiato più spesso segretario negli ultimi anni: Di Noia sarà infatti il quarto in appena sette anni.

13 commenti:

  1. I tempi sono ovviamente lunghi ma... saranno anche abbastanza lunghi i tempi che Nostro Signore concederà a Benedetto XVI?
    Si potrebbe fare un parallelo con il Pontificato di Giovanni XXIII. Anche lui fu eletto ad un'età ragguardevole e quindi si diede molto da fare per la convocazione del Concilio che avrebbe dato una svolta alla storia della Chiesa. Il timore è che Benedetto XVI non faccia in tempo ad incidere concretamente sulla Curia e che quindi, una volta venuto meno Lui, tutto possa rientrare nella "normalità" post-conciliare.

    RispondiElimina
  2. Non credo che Benedetto XVI voglia allontanarsi e si sia mai allontanato dalla "normalità postconciliare". Non ha per quanto si può capire nessuna intenzione di revocare le riforme seguite al concilio, come gli ultratradizionalisti sperano e gli ultraprogressisti temono. Ritiene piuttosto che queste riforme possano essere ulteriormente arricchite e vivificate riattingendo al grande depositum tradizionale. E' una visione profetica, ma nel contempo non è una formula arditissima e accessibile a pochi. Dove si può attingere altrove per riattizzare la fiamma che vacilla? Ai mormoni, ai testimoni di Geova, ai quaccheri? Chiunque verrà dopo di lui non potrà che proseguire per questa strada.

    RispondiElimina
  3. Non vi è dubbio che questa sia l'intenzione del Papa. La ferita provocata dal post-Concilio, e forse in qualche misura anche dal Concilio, è rofonda e non penso possa essere sanata solo con qualche "pannicello caldo" dal contenuto terapeutico assai blando.

    RispondiElimina
  4. I problemi che il Concilio Vaticano II ha lasciato, sono talmente gravi, che ci vorranno almeno altri 30 anni, per poter ritornare alla normalità. Quindi, nonostante il lodevole impegno di Benedetto XVI, temo che non sarà sufficente, fare qualche sostituzione nella Curia vaticana, per mettere le cose a posto.

    RispondiElimina
  5. Un paragone calcistico: le squadre che cambiano troppi allenatori, scendono spesso di categoria. Speriamo che Di Noia sia quello giusto e non ci faccia curialisticamente annoiare.

    RispondiElimina
  6. Piccolo OT...oggi ho partecipato alla Messa in rito antico...ho pure fatto da chierichetto...è l'ultima Messa prima di settembre...tutto molto, molto bello...però...oggi, a cena con alcuni compagni di classe (in classe mia i cattolici, me compreso, sono 2 o 3) si è finiti per discutere...anche di religione...com'è possibile che io, per aver ribadito le verità di Fede, per come esse sono, ricevo delle accuse di integralismo, fanatismo, tradizionalismo, fascismo (!)...perchè? Io dico solo la Dottrina per come essa è...e per quel poco che conosco...e ricevo ostilità, derisione e insulti...è vero che Gesù ci ha promesso la persecuzione e la morte (ma è anche vero che ci ha promesso la Resurrezione e la Salvezza, e che le porte degli inferi non avrebbero mai prevalso)...ed è vero che i nostri fratelli in Iraq, in Iran, in Palestina, in Turchia, in India, in Egitto, in Cina, soffrono molto più di noi...scusate, non c'entrava nulla con l'argomento del tread...però volevo dirvelo...se disturba, cancellatelo pure...

    RispondiElimina
  7. Altro che 30 anni per rimediare ai danni fatti dall'interpretazione errata del concilio.
    Al flagello della cattiva interpretazione del Concilio aggiungerei anche l'altra disgrazia : la continua critica e la non collaborazione di coloro che si definiscono eredi di Mons. Lefebvre al Papa e al Magistero in genere.
    La supponenza di questi chierici, che hanno smarrtito la sublime realtà del Sacerdozio ed il contatto quotidiano con i fedeli, eterogenei,aumenta l'elenco delle sciagure post conciliari.
    Il Concilio c'è stato e si è svoltlo in maniera legittima.
    Le manovre prima e dopo il Concilio per condizionarne l'esito non possono inficiare la validità di quell'assise ecclesiale che è stata canonicamente valida.
    Può un Papa ignorare l'ultimo Concilio?
    Rimmai torniamo alle vere proposizioni del Concilio : una finestra aperta sul mondo e cerchiamo di ripempire l'aula ecclesiale del buon profumo d'incenso per impedire che il fumo di Satana entri ancora.
    In una botte piena d'olio non entra l'acqua.
    Basta con i piagnistei contro il Concilio e basta con la chiesa fai da te ( anche nel campo tradizionalista).
    La Chiesa c'è con la sua struttura e con le sue diocesi , antiche e moderne.
    Non sin può costruire, come fanno di lefebvriani che rifiutano il ritorno nella Chiesa Cattolica, una chiesa a propria immagine.
    Dobbiamo tornare all'obbedienza e all'umiltà : è inconcepibile che lo spirito protestante alberghi, sia pur camuffato con maschere tradizionaliste, in ambienti che si definiscono cattolici ma che in realtà fanno le stesse cose che i riformatori fecero scegliendo questa o quella parte dell'unica Chiesa di Cristo.
    Per me non c'è, dal punto di vista disciplinare, alcuna differenza fra un riformato protestante ed un lefebvriano.
    Siamo grati alla memoria di Mons. Lefebvre per la fedeltà alla Messa antica, mai abrograta da alcuno.
    Non siamo grati ai successori di Monsignore che , con la loro ostinatezza, non vogliono vedere e non vogliono sentire le cose che, per effetto dello Spirito, che agisce dove vuole e come vuole, stanno cambiando riportando la Santa Chiesa nel recupero della Tradizione.
    Essendo i lefebvriani sospesi a divinis andrebbero evitati come la devota prassi cattolica insegna.
    A.C.

    RispondiElimina
  8. rispondendo ad A.C.:sarei un pò più cauto ad infierire contro "i lefebrviani"catalogandoli come protestanti, ribelli ecc., anche perché oggi "l'unica chiesa di Cristo" è squassata alsuo interno da tante e tante correnti, se vogliammo usare un termine politico, sia nel campo della liturgia , sia nel campo della stessa fede, vedi neocatecumenali, ultraprogressisti, progressisti, cattolici adulti ecc, per cui forse l'auspicato ritorno della la Fraternità di San Pio x in piena comunione non potrà fare che del bene alla Chiesa stessa.
    gabri

    RispondiElimina
  9. aggiungo che, a differenza dei riformati, mi pare che la Fraternitaà abbia lo stesso identico credo della chiesa cattolica, celebri la messa tridentina, preghi per il Papa e per il vescovo.
    gabri

    RispondiElimina
  10. Rispondo a Gabri.
    Pur tenendo conto che la Santa ed unica Chiesa di Cristo è lacerata da mille contese interne, soprattutto dal punto di vista liturgico, essa fa sempre riferimento a Pietro ed al Magistero.
    Non è forse protestantico lo spirito di coloro che setacciano i documenti della chiesa, scegliendo quelli che, secondo la loro ottica sarebbero più o meno in linea con il loro concetto di tradizione?
    io adopero il termine "protestante" ma potrei dire che si fatto atteggiamento antiecclesiale è il frutto di un confidare solo ed esclusivamente nel pensiero umano.
    Inutile citare Sant'Atanasio e l'eresia ariana e il silenzio del successore di Pietro durante quel terribile momento della storia della Chiesa.
    Il Magistero prima e dopo il Concilio Vaticano II si è sempre espresso in maniera chiara riguardo le questioni di fede...
    Fra cento anni, quando analizzeranno i documenti ecclesiali, non troveranno in essi nessun cedimento dottrinale.
    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" dice la SAcra Scrittura.
    Questo basilare principio sancito dalla Parola di Dio è applicabile, in maniera ancor più incisiva, a coloro che hanno studiato e che conoscono i fondamenti della fede.
    Allora coloro che si autodefiniscono gli eredi di Mons. Lefebvre hanno una colpa ancora più grande : quella di confidare solo nei loro pensieri umani e nelle loro capacità organizztaive e intellettive.
    Cristo, umilmente, ha sempre confidato nel Padre e il vangelo ce lo insegna affinchè anche noi possiamo trarne esempio.
    Speriamo che con il tempo anche i lefebvriani, sospesi a divinis, quindi non frequentabili, possano recare il loro contributo all'interno della Santa ed unica Chiesa di Cristo.
    Chi non favorisce l'unità ecclesiale fa gli interessi del demonio.
    A.C.

    RispondiElimina
  11. Mons. Gherardini, a detta di tutti grande teologo, qualche ambiguità o difficoltà di interpretazione l'ha trovata, come abbiamo letto recentemente in questo blog, ed è per questo che ha chiesto umilmente al Santo Padre che inizi un processo di chiarificazione .onde interpretare i documenti del Concilio alla luce della Tradizione. Tra cento anni probabilmente questo, ce lo auguriamo, sarà stato fatto e certamente non si troverà più alcun cedimento dottrinale.
    gabri

    RispondiElimina
  12. A onore del vero bisogna dire che dopo la comparsa del Motu Proprio, e in generale con il pontificato di Benedetto XVI, in varie diocesi italiane qualche evidente miglioramento, almeno sul fronte liturgico, c'è stato. Anche in alcune diocesi tradizionalmente scollacciate si è vista fare capolino una certa asciuttezza. Simile a un fiume sotterraneo, limpido e sommesso, Benedetto XVI scava, modella e irrora il terreno.

    RispondiElimina
  13. Dopo il Vaticano II il Magistero sono in qualche caso si è espresso chiaramente (matrimonio, sessualità, transustanziazione ecc.), ma sulle ambiguità e la spesso palese contraddizione col magistero precedente niente ha chiarito, lasciando la Chiesa nella confusione.
    Non basta dire che si deve far capo al Papa: bisogna vedere come si fa capo a lui, se facendo il proprio comodo o magari anche richiamandolo ai suoi doveri con animo filiale, e domandiamoci anche se lui fa capo a tutti i papi precedenti.

    RispondiElimina