
Interessante intervista a Mons. Bux.
Luigi C.
( LifeSiteNews ) — Il 21 ottobre, il cardinale Blase Cupich ha pubblicato una riflessione sulla liturgia e il suo rapporto con la povertà. Questa lettera ha suscitato un acceso dibattito e il celebre teologo italiano padre Nicola Bux ha scritto una lettera aperta, pubblicata il 18 novembre su Substack di Edward Pentin, che ha riportato l'attenzione sul cuore del culto cristiano: la manifestazione del mistero di Dio nella gloria del sacro.
Secondo Cupich, la riforma liturgica inaugurata dal Concilio Vaticano II è in sintonia con il «crescente senso del bisogno di una nuova immagine della Chiesa, più semplice e sobria […] non definita dagli elementi del potere mondano».
Inoltre, secondo Cupich, il Messale Romano riformato avrebbe così recuperato la sua “antica sobrietà”, perduta nel corso dei secoli a causa di una Chiesa resa mondana dalla propria egemonia culturale.
La lettera aperta di Padre Bux, fondata su una lettura teologica e storica dell'identità perenne del Rito Romano, contesta l'idea che la Tradizione liturgica sia una forma di "spettacolo", lontana dal popolo di Dio. Al contrario, egli sostiene che è proprio la solennità del culto a esprimere la presenza di Cristo e a convertire il mondo.
Padre Bux è un noto sacerdote e teologo cattolico italiano. È stato consultore della Congregazione per le Cause dei Santi (1998-2019), della Congregazione per la Dottrina della Fede (2002-2013), dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice (2008-2013) e della Congregazione per il Culto Divino (2010-2018); è stato inoltre assistente del Segretario Speciale al Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia (2-23 ottobre 2005) e al Sinodo sul Medio Oriente (2010).
Giurista e Dottore in Scienze Ecclesiastiche Orientali, ha insegnato liturgia orientale e teologia sacramentaria presso diverse prestigiose università (Gerusalemme, Roma, Bari). Consulente e amico personale di Papa Benedetto XVI, e attualmente del Cardinale Raymond Leo Burke, sotto il cui patrocinio – insieme con l’assistenza di altri illustri teologi – ha fondato la Scuola Ecclesia Mater. Attraverso questa istituzione, promuove la dottrina cattolica in Italia, nella fedeltà alla Tradizione apostolica e, in particolare, alla devozione alla Messa latina tradizionale.
LifeSiteNews: Padre Bux, grazie per questa conversazione. In risposta all'osservazione di Cupich secondo cui la liturgia della Chiesa dovrebbe liberarsi da ogni riferimento al potere per mostrare vicinanza ai poveri, lei richiama invece la natura "regale" del culto cristiano contro ogni riduzione sociologica della liturgia. Come giudica l'attuale tendenza a interpretare la riforma liturgica quasi esclusivamente attraverso le categorie di povertà materiale e "solidarietà sociale"? Quali rischi dottrinali intravede in questo spostamento semantico?
Bux: La tendenza attuale è l'effetto della "svolta antropologica" di Karl Rahner, che è penetrata anche nel culto divino: invece di parlare di Dio, si parla dell'uomo e del mondo – il profano – termine che indica la realtà del mondo prima e attorno ( pro ) al tempio ( fanum ).
Questa parola, tempio , dal greco temno , che significa “recinto” ottenuto ritagliando una porzione del mondo e consacrandola a Dio, intende piuttosto richiamare l’uomo a mettere da parte le preoccupazioni terrene, gli affari della vita quotidiana, e a dedicare mente e tempo all’eterno, alla maestà divina del Rex aeternus , dal latino regere , “sostenere”, che è ciò che rende il culto – la liturgia – “regale”. Dio sostiene la liturgia!
La liturgia è dunque il perno, il “ culmen et fons ” della vita della Chiesa. In questo, il cristianesimo si riallaccia al senso religioso degli antichi e lo porta a compimento mediante l’Incarnazione del Figlio. Il termine tempio non impediva, nella Chiesa primitiva, di chiamare il luogo di culto dell’assemblea domus ecclesiae , la “casa della Chiesa” radunata da ogni luogo.
Ma Colui che raduna è Dio; Egli è il costruttore, e quindi il primo abitante della domus , come afferma il rito della dedicazione di una chiesa: essa è dunque la casa di Dio, domus Dei et porta coeli , pur essendo Egli Colui che i cieli non possono contenere. Per l'israelita era chiaro che il culto avveniva in Sua presenza, come dicono i Salmi. Il rischio dottrinale è quindi quello di eludere questa presenza e di trattare il culto come se Dio non ci fosse e non ci mostrasse come desidera essere adorato.
LSN: Nella sua lettera aperta, lei osserva che la “nobile semplicità” della Sacrosanctum Concilium non significa povertà estetica, ma trasparenza del mistero. In un tempo in cui molti fedeli percepiscono un offuscamento del senso del sacro, quali criteri concreti possono orientare un autentico recupero dell’ars celebrandi ?
Bux: La liturgia rende presente il Signore ed evangelizza i poveri innanzitutto attraverso la sua ricchezza: la verità delle preghiere e dei riti, la bellezza e la solennità – termini che indicano grandezza, maestà, straordinarietà – e solleva i poveri dalla monotonia ordinaria della vita quotidiana.
Cristo ha ammonito che i poveri li abbiamo sempre con noi, ma non sempre abbiamo Lui (cfr Mt 26,11). Di qui il senso dei paramenti, della musica e dell’arte sacra, che devono quindi prendere le distanze – come si vede soprattutto nelle liturgie orientali – dalle mode contemporanee popolari e seriali. Non si può ridurre la sacra liturgia a un rito mondano che offre all’uomo ciò che egli già conosce dalla vita quotidiana, ma piuttosto a ciò da cui la sua anima desidera veramente fuggire, per così dire, perché anela a Dio. I poveri sono gli emarginati dal potere mondano, che Gesù ha raccolto nella sua casa, la Chiesa, per arricchirli della grazia, con la quale la liturgia li nobilita.
LSN: Lei afferma che l' usus antiquior ha resistito alla secolarizzazione del sacro. In che modo la forma tradizionale della liturgia può oggi esercitare una funzione apologetica e missionaria, soprattutto tra i giovani che cercano una fede più solida e identitaria?
Bux: Dopo il Concilio [Vaticano II], si è spesso posto l'accento sul Signore come il “totalmente altro”, ma poi si è finito per ridurlo a uno di noi. Chiaramente, queste espressioni contengono una parte di verità, poiché il Figlio di Dio è disceso dal Cielo, senza mai abbandonarlo (cfr Gv 3,13). Inoltre, l'uomo ha un'anima immortale e porta con sé, consapevolmente o meno, la nostalgia della sua vera patria: il Cielo.
Se eseguiamo, con il rito romano tradizionale – così come con le antiche liturgie orientali e occidentali – quello che in archeologia si chiama un “carotaggio”, possiamo cogliere l’intero patrimonio di 2.000 anni e più, se consideriamo anche il culto ebraico da cui tutto ha preso forma.
Per questo motivo la liturgia parla della verità della fede in Cristo, proclamata attraverso i secoli, e ci parla anche del fatto che essa ha resistito alla prova del tempo e può quindi rispondere alle obiezioni di coloro che la ritengono superata.
Se così non fosse, non attirerebbe così tanti giovani e uomini in tutto il mondo, “cercatori della verità” come San John Henry Newman. Invece, più il culto imita le banalità mondane, meno attrae e più perde la sua capacità missionaria.
LSN: Alcuni sostengono che la distinzione tra "spettacolo profano" e "spettacolo sacro" sia incomprensibile per l'uomo contemporaneo. Come risponderesti a chi ritiene che la solennità tradizionale rischi di essere percepita come lontana dalla vita reale e quindi pastoralmente inefficace?
Bux: Se fosse incomprensibile, se non ci fosse differenza, non si spiegherebbe la resistenza e l'inarrestabile avanzata – nonostante gli ostacoli di 60 anni – dell'Usus antiquior del rito romano. Come ho fatto notare al cardinale Cupich, il termine "spettacolo" è un'arma a doppio taglio: ciò che conta è comprendere il contenuto che viene dato forma, ovvero il fondamento dogmatico, il punto fermo del rito liturgico.
In realtà, all'interno della Chiesa esiste un disaccordo sulla natura della sacra liturgia: chi la ritiene un culto sacro dovuto a Dio e chi invece la considera un intrattenimento umano, magari con una parvenza religiosa, come osservava Ratzinger, quindi uno spettacolo profano.
In verità, la liturgia è un dramma , nel senso che trasforma la realtà per purificarla, e la ripropone trasformata proprio dall'intervento divino, e per questo è detta "sacra". È la attualizzazione dell'evento di Cristo, il mistero salvifico della sua Passione, compiuto una volta per tutte in modo cruento. È il sacramento mediante il quale "Ecco, egli è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
LSN: Nel suo appello finale, lei invoca un “dialogo sinodale per l’unità della Chiesa”. Quali condizioni ritiene indispensabili affinché questo dialogo – e l’unità perseguita – siano autentici, e non semplicemente un processo a senso unico che marginalizza l’eredità liturgica di due millenni?
Bux: Nel libro La liturgia non è uno spettacolo (Italia, Fede & Cultura: 2025), pubblicato insieme al noto giornalista italiano Saverio Gaeta, abbiamo proposto al Papa di favorire la pubblicazione dei documenti della riforma liturgica postconciliare, l'opera svolta dal Consilium che ha attuato la Costituzione sulla Sacra Liturgia. Finché ciò non sarà fatto, non sarà chiaro cosa è stato eseguito e cosa è stato distorto rispetto alle intenzioni dei Padri conciliari.
Ciò consentirebbe una visione più oggettiva della riforma liturgica successiva e sarebbe di grande aiuto per riprendere quella “riforma della riforma” auspicata da Joseph Ratzinger, il quale, da papa, ritenne opportuno iniziare con il motu proprio Summorum Pontificum , favorendo pari dignità e reciproco arricchimento tra il Vetus e il Novus Ordo.
La riforma liturgica, come ogni riforma nella Chiesa, non può essere intesa e realizzata come una rivoluzione, ma come una renovatio : lo scrisse lo stesso Papa Paolo VI nella costituzione apostolica Missale Romanum , con la quale promulgò il nuovo messale nel 1970. Il principio di fondo richiamato da Benedetto XVI è questo: ciò che è sacro da secoli rimane tale, e non può essere improvvisamente giudicato dannoso o del tutto proibito.
Pertanto, i “diritti di Dio” nel culto a Lui dovuto devono essere restaurati e preservati attraverso un Codex liturgicus che regoli ciò che afferma la Costituzione, in particolare l’articolo 22c della Sacrosanctum Concilium : nessuno, neppure un sacerdote, può aggiungere, togliere o cambiare alcunché nella sacra liturgia.
Se il Papa affronterà la questione, come ha suggerito nell’intervista alla giornalista Elise Ann Allen ( Crux ), con uno stile “sinodale” e ricercando il consenso, riprenderà la “riforma nella continuità dell’unico soggetto, la Chiesa”, auspicata da Benedetto XVI nel suo noto discorso del 22 dicembre 2005. Il rinnovamento della Chiesa dipende in gran parte dal ritorno della liturgia al suo carattere sacro, cioè rivolta a Dio, presente e agente.
LSN: Infine, vorrei proporre una riflessione provocatoria. Mi sembra che Cupich e altre note figure ecclesiastiche che affermano di liberare la Chiesa dalle influenze mondane del potere siano, in realtà, i primi a esserne influenzati.
Nel corso dei secoli, il messaggio della Chiesa è sempre stato percepito come scandaloso, una sfida alle ideologie e alle ambizioni dei potenti. Oggi, invece, la Chiesa tace su molti temi davvero scottanti (penso, ad esempio, al silenzio della Santa Sede sulle cosiddette leggi sul fine vita che si stanno diffondendo in Occidente), o mostra imbarazzanti “aperture” su altri temi (si pensi alla questione LGBT). Chi è allora, mi chiedo – e lo chiedo a voi – chi è veramente influenzato dal potere della mondanità?
Bux: Nel recente libro scritto con Vito Palmiotti, Realtà e utopia nella Chiesa (Italia, La Nuova Bussola Quotidiana: 2025), abbiamo osservato che Papa Francesco e Padre Tonino Bello (1935-1993) – un vescovo progressista molto noto in Italia, che è in lizza per gli onori degli altari – hanno usato spesso il termine “mondanità”: hanno condannato il mondo a causa delle disuguaglianze sociali, ma poi lo hanno accarezzato, seguendo il pensiero dominante – ad esempio sulle migrazioni e sul pacifismo.
La Chiesa è mondana quando segue le mode del pensiero e dell'azione del mondo nei vari ambiti della vita umana, anziché orientare il mondo verso realtà eterne. Cos'è, dopotutto, la mondanità se non conformarsi alla mentalità dell'epoca presente?
La mentalità mondana ha finito per essere favorita, mentre chierici e fedeli di fede cattolica sono stati criticati e accusati. È tutto questo una vera riforma? Che la Chiesa abbia una componente umana fallibile e peccaminosa lo sappiamo, perché è all'opera il mistero dell'iniquità.
Ma la grazia di Dio non è vana: basta non porre ostacoli e non togliere il primato di Gesù Cristo. Grazia e verità vengono alla Chiesa solo da Lui. Se essa non crede più in Lui, anzi se lo usa come pretesto per parlare di povertà ed ecologia, come se fosse stata fondata da Cristo per eliminare la povertà e salvare il pianeta dai problemi ambientali, non c'è da stupirsi che i cuori non vengano trasformati.
La Chiesa è totalmente relativa a Gesù Cristo, che ha detto di essere venuto a portare il giudizio (cfr Gv 9,39). Pertanto, i pastori devono sottomettersi al giudizio della Rivelazione, della Sua Parola, a tutto ciò che accade nel mondo, ai sistemi di pensiero e di comportamento, senza lasciarsene influenzare e senza insegnare un vangelo accomodante e flessibile.