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martedì 18 novembre 2025

InfoCatólica. "Il blog cattolico Messainlatino vince la battaglia legale contro Google dopo essere stato censurato per «incitamento all'odio"

Grazie a Infocatolica per questo utile articolo sulla vittoria di MiL contrio Google.
Luigi Casalini

Il blog cattolico Messainlatino vince la battaglia legale contro Google dopo essere stato censurato per «incitamento all'odio»

Avviso ai naviganti: come unica prova di contenuto presumibilmente discriminatorio, l'azienda ha segnalato la pubblicazione di un'intervista al vescovo monsignor Strickland, che si dichiarava contrario all'ammissione delle donne al diaconato.

16/11/25

(InfoCatólica) Il 13 luglio Google ha eliminato il blog cattolico italiano Messainlatino.it per un presunto «reato di odio». Reato che si è dimostrato non tale, ripristinandolo pochi giorni dopo. Javier Navascués ha intervistato il suo direttore, il dottor Luigi Casalini, il quale ha affermato che «La chiusura è gravissima, c'è un abuso di potere e un'ingiustizia». Detto fatto, non si sono limitati a un «ricorso» al gigante di Internet. Hanno anche presentato una denuncia.

E questa volta è andata a finire bene. Il caso va oltre il blog, hanno guidato una causa che avrebbe potuto essere considerata risolta con la restituzione del blog, ma che con questa denuncia vinta può far riflettere più di un censore sul fatto che le sue arbitrarietà hanno delle conseguenze. Messainlatino.it ha proclamato come San Paolo: «Sono cittadino romano».

A luglio la giustificazione dell'azienda si è limitata a una breve e-mail in inglese: «Your content has violated our Hate speech policy» («Il vostro contenuto ha violato le nostre regole contro l'incitamento all'odio»). Non è stata fornita alcuna altra spiegazione né la possibilità di dialogare con i rappresentanti di Google.

Qualche giorno fa il Tribunale di Imperia si è pronunciato a favore del blog nel suo ricorso contro Google Ireland Limited per la censura subita lo scorso luglio, quando la multinazionale ha eliminato senza preavviso il sito web dopo 18 anni di attività e oltre 23.000 articoli pubblicati.

Reazioni politiche e mediatiche

La censura ha avuto ampia risonanza, generando due interrogazioni parlamentari: una al Parlamento europeo da parte dell'eurodeputato Inselvini e un'altra alla Camera dei deputati italiana da parte del deputato Galeazzo Bignami. Nell'interrogazione europea è stato sottolineato che l'intervento censorio è stato adottato per presunto incitamento all'odio, ma «non vi è alcuna indicazione chiara sui contenuti effettivamente considerati lesivi».

Anche i media hanno dato risalto al caso. Franca Giansoldati ha scritto su Il Messaggero: «La stupidità dell'algoritmo di Google ha colpito ancora: convinto di voler sradicare l'incitamento all'odio e altri contenuti velenosi e politicamente scorretti, ha chiuso uno dei blog di informazione religiosa di area conservatrice più seguiti nella Chiesa».

Da parte sua, Nico Spuntoni ha sottolineato su Il Giornale: «Il blog si era guadagnato nel corso degli anni non solo un traffico consistente, ma anche la sua credibilità grazie ad anticipazioni e indiscrezioni sul Vaticano».

La difesa di Google e la sentenza

Sebbene Google abbia riattivato spontaneamente il blog, dimostrando così che non conteneva materiale che incitava all'odio, si è difesa in tribunale con cinque avvocati milanesi. Come unica prova di contenuto presumibilmente discriminatorio, l'azienda ha segnalato la pubblicazione di un'intervista al vescovo monsignor Strickland, che si dichiarava contrario all'ammissione delle donne al diaconato.

I difensori di Google sono arrivati a dichiarare nel corso del procedimento: «Non importa che la fonte del post sia più o meno autorevole (vescovo, Pontefice), se viola le norme della Policy», arrogandosi così il diritto di censurare anche le dichiarazioni delle autorità ecclesiastiche.

Storica vittoria giudiziaria

La dottoressa De Sanctis, giudice del Tribunale di Imperia, ha emesso una lunga sentenza in cui riconosce le gravi violazioni commesse da Google contro le norme europee che garantiscono l'accesso ai servizi digitali. Il magistrato ha dichiarato l'inconsistenza delle motivazioni addotte per oscurare il blog e ha riconosciuto la fondatezza del ricorso.

Google è stata condannata a pagare le spese processuali per circa 7.000 euro. La sentenza, secondo i responsabili del blog, «farà giurisprudenza in casi analoghi» e rappresenta una vittoria importante nella difesa della libertà di espressione contro il potere delle grandi aziende tecnologiche.