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martedì 11 novembre 2025

Brachetta. "La salvezza della Chiesa è sempre scaturita dalla fede di un singolo

Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi C.

Silvio Brachetta, Ott 14, 2025, Osservatorio Van Thuan

Il libro di Leonardo Lugaresi è peculiare nella sua essenza. Tratta di «economia», nel senso teologico del termine. Solo uno dei capitoli è dedicato a questo tema, ma il senso di «economia della salvezza» pervade tutto il testo. Il cristianesimo – scrive Lugaresi – «è essenzialmente economico», poiché il «piano dell’azione creatrice-provvidenziale e salvifica di Dio» è contenuto nel concetto teologico di «Trinità economica».
L’economia, nel suo significato originale, c’entra poco con il denaro. «Economia» è un termine che latinizza il greco oikos nomía, con il senso di «amministrazione della casa», oppure di «legge della casa». Quest’arte di reggere o amministrare bene qualcosa (la casa, la vita, la famiglia, lo stato, il denaro, l’anima, le virtù, le passioni) è null’altro che l’ordine, che ha la sua fonte in Dio e si riversa su tutte le creature. La Ss. Trinità, nel suo aspetto di Provvidenza, dispone tutto con ordine, perché è ordine nella sua sostanza e, per questo, è detta «economica».

C’è un agire di Dio ad intra – nel seno della Trinità – e un agire ad extra, che concerne la creazione. L’agire trinitario ad intra è null’altro che la relazione d’amore in atto tra le tre Persone. È un atto d’amore del Padre la generazione del Figlio, come anche il procedere dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio. Sono atti d’amore, eppure distinti tra loro – il generare è difatti altro dallo spirare: atti distinti perché distinte sono le Persone.

L’intera Trinità, al contrario, crea ad extra (fuori di se stessa) gli angeli, l’universo e l’uomo, attraverso la medesima operazione di verità, di potenza e d’amore, che è l’actus creandi. E così anche l’uomo dispone ogni sua attività con ordine, per il fatto di essere creato ad immagine e somiglianza di Dio. Non sorprende, allora, che l’uomo e la Chiesa di Gesù Cristo siano un tutto ordinato e che nell’economia della salvezza si ritrovino tutte le principali attività del cristiano nella società, indicate da Lugaresi in altrettanti capitoli: l’uomo che giudica (il cristiano e la scienza del diritto), l’uomo che educa (il cristiano e il mondo della scuola), l’uomo che gioca (il cristiano e il mondo dello spettacolo).

Non ultimo, l’autore descrive anche l’uomo dell’economia, spirituale e materiale. Il convertito non è del mondo e preferisce i beni del Cielo: egli vorrebbe che fosse questa tutta la sua economia. Ma così non può essere e, durante la storia, deve vivere nel mondo, con il suo lavoro, il suo denaro o l’elemosina che distribuisce.

Lugaresi ripercorre la storia del cristianesimo nei primi secoli. È una storia di «crisi». Crisi nel senso del turbamento vissuto dal cristiano nel mondo pagano dell’antichità e nel senso etimologico, dove «crisi» sta per «giudizio». Il cristiano, infatti, è tale perché è chiamato a giudicare tra male e bene, per poi approdare al bene. Non si tratta di un giudizio etico sulle persone, riprovato dal Cristo, ma sulle circostanze della storia, che il cristiano ha il dovere di vagliare: «come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» – chiede Gesù (Lc 12, 56).

C’è inoltre l’autorità di san Paolo, che esorta ad esaminare ogni cosa e a trattenere ciò che è buono (1Ts 5, 21). L’autore interpreta questa doppia esortazione paolina come le due fasi dell’agire del cristiano nel mondo: giudizio secondo il «criterio» del Cristo (krisis) e scelta del «retto uso» delle cose e delle circostanze, per conseguire la salvezza (chrêsis). Questi due momenti – krisis e chrêsis – accompagnano il fedele nel corso della vita e permettono di riconoscere (e scegliere) la città di Dio in mezzo alla città terrena, dove sono posti dalla Provvidenza. Certamente, nel corso della storia, c’è anche la crisi del cristiano nel senso di turbamento, sofferenza e malessere interiore: non si contano le incomprensioni e le persecuzioni che il cristiano ha subíto – e subisce tuttora – da parte del potere politico o dalla cultura avversa con la quale convive.

Spesso il cristianesimo o il cattolicesimo sono diventati marchi d’infamia. L’intimo discernimento e la relativa scelta di vita del fedele sono da sempre motivi di contrasto, personale e sociale. E, anzi, Lugaresi sembra avere scritto questo libro proprio a motivo della crisi attuale del cristianesimo, in modo che il fedele di oggi possa avere qualche esempio con cui orientarsi. Il libro è un resoconto dettagliato di come i cristiani dei primi secoli hanno dovuto vagliare e operare una scelta (o una sintesi) tra mitologia e teologia, tra educazione pagana e cristiana, tra giustizia del mondo e giustizia di Dio, tra possesso onesto e ricchezza egoistica, tra gioco e vanità dello spettacolo fine a se stesso.

L’autore si chiede se «siamo gli “ultimi cristiani” in un mondo ormai non più cristiano». È la domanda che fa da sfondo a molte pubblicazioni e che, nella maggioranza dei casi, ne genera un’altra: che fare? Sono interrogativi – nel caso di questo libro – che tuttavia sembrano contrastare con il contenuto. Se, infatti, il mondo non è più cristiano, perché parlare di «cristiani»? Non siamo gli «ultimi cristiani», ma «(come) i primi cristiani» – precisa Lugaresi. Ma di cristiani non se ne vedono proprio, se non per un dato anagrafico, come del resto è precisato. Si vede una massa di battezzati e la comparsa di alcuni santi, senza troppo seguito.

In altre parole: siamo preoccupati della crisi del cristianesimo o della crisi della societas christiana medievale? I due aspetti non sono coincidenti: il cristianesimo è la città di Dio commischiata nella città terrena (sant’Agostino) – la res publica christiana è solo il prevalere storico (e dunque transeunte) della città di Dio su di una città terrena viva e vegeta. Il termine «cristiano» è, tra l’altro, molto abusato. Secondo san Bonaventura da Bagnoregio, solo uno come san Francesco d’Assisi appartiene all’ordine serafico e, quindi, è un autentico cristiano (cf. Collationes in Hexaëmeron). Tutto diceva san Bonaventura di sé, tranne che essere cristiano. Lo stesso san Francesco si definiva «ignorans et idiota» (cf. Fonti francescane). San Paolo, poi, si considerava come un «veleno abortivo» – tamquam abortivo (1Cor 15, 8).

Può essere utilissimo affidarci all’esempio di vita dei primi cristiani, se però si afferma che dietro quell’esempio c’era una moltitudine di santi, ovvero di cristiani in senso proprio, che il battezzato emulava, specialmente nella dottrina (eresia a parte). È anche adatto il riferimento a san Benedetto (Rod Dreher), ma solo tenendo conto che egli fu serafico, nel significato bonaventuriano. L’affermazione di Lugaresi, contenuta nel titolo del suo libro – «vivere da cristiani» –, è molto opportuna. Non si può vivere da cristiani senza esserlo: sotto questa luce è impossibile superare la crisi. La differenza tra ieri e oggi è tutta qui: i primi battezzati vivevano in un mondo non cristiano, seguendo l’esempio dei santi; oggi, al contrario, il mondo è non cristiano e secolarizzato, nonostante i santi concessi dalla Provvidenza, perché sono venuti meno i cristiani, laici e chierici, con un atto volontario di rigetto della dottrina e della prassi.

Silvio Brachetta

Libro recensito: Leonardo Lugaresi, Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli, Lindau, Torino 2024.