Grazie a Marco Tosatti per questa utile intervista a Toni Brandi, Presidente di Pro Vita & Famiglia.
QUI Costanza Miriano.
Luigi C.
11 Ottobre 2025
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Cinzia Notaro, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione questa intervista con Toni Brandi, Presidente di Pro Vita & Familgia in tema di fine vita, eutanasia, e suicidio assistito. Buona lettura e diffusione.
La medicina al servizio della vita: perché il medico non può mai scegliere la morte
Preservare la vita e agire per il bene del paziente, non provocare “una morte rapida” né somministrare “alcuna droga mortale”, anche se richiesta dal paziente… questo fa sì che il medico non sia un sicario, ma colui che salva la vita.
Il Giuramento d’ Ippocrate nella forma originaria è ancora valido o nel corso della storia tale giuramento è stato interpretato e modificato soprattutto in relazione ad importanti temi etici riguardanti l’eutanasia e il suicidio assistito in diversi Paesi in base a proprie norme legali e morali ?
Risponde Antonio Brandi,Presidente di Provita&Famiglia.
Il compito del medico è curare e alleviare, non procurare la morte. L’idea della “morte rapida” trasforma la medicina in un atto letale e spezza l’alleanza terapeutica medico-paziente. L’alternativa esiste ed è già pratica clinica: terapia del dolore, cure palliative, sedazione proporzionata quando serve. Si allevia la sofferenza senza eliminare chi soffre.Non serve una legge sul suicidio assistito, serve umanità. Gli strumenti giuridici e deontologici per rifiutare le cure ci sono già. La Legge 219/2017 stabilisce che nessun trattamento può essere iniziato o proseguito senza consenso e che il paziente può rifiutare o interrompere le cure. Anche il Codice di Deontologia Medica riconosce il diritto di rifiuto delle cure.
Il Giuramento di Ippocrate nasce con precetti netti (“non darò un farmaco mortale… né un ovulo vaginale per provocare l’aborto”) e divieti precisi. Nel Novecento sono state adottate versioni modificate o testi sostitutivi, come la Dichiarazione di Ginevra (WMA, Associazione medica mondiale, nel 1948 e versione finale nel 2017), che conserva lo spirito ippocratico ma usa un linguaggio universale centrato su “salute e benessere del paziente”, “massimo rispetto per la vita umana” e “autonomia e dignità”.
Questi cambiamenti sono dovuti alla secolarizzazione, al modernismo in ambito Cattolico e ad un relativismo sempre più assoluto che pretende testi “neutri” su vita e morte. Così molte versioni del Giuramento di Ippocrate attenuano i divieti espliciti (eutanasia/aborto), spostano l’accento sull’autonomia individuale e sul linguaggio inclusivo, demandando alla legge del Paese il perimetro etico.
Veramente triste, la nostra società sta smarrendo il buonsenso e l’ordine naturale delle cose. Risponde Antonio Brandi,Presidente di Provita&Famiglia
In Italia come procede il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito?
Il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito in Italia sta attraversando una fase delicata. Nelle Commissioni Affari Sociali e Giustizia del Senato è in corso l’esame di un testo unico presentato dal centrodestra, che intende “regolare” la materia per rispondere ai ripetuti richiami della Corte Costituzionale. Tuttavia va sottolineato che tutto il nostro apparato costituzionale conferma che il Parlamento è sovrano e quindi non è tenuto a legiferare. Inoltre la scelta di un nuovo testo unico rappresenta un grave errore politico e morale. Legiferare sulla “morte di Stato”, dare la morte come risposta alla sofferenza non è un “male minore”, ma un cedimento culturale che apre la strada all’accettazione sociale del suicidio come soluzione. Come ogni legge, anche questa avrebbe un valore pedagogico: ciò che diventa legale appare giusto. E così, per i malati, gli anziani e i più fragili, “farla finita” diventerà non solo un diritto, ma addirittura un dovere.
Si vorrebbe fare una legge per regolamentare un fenomeno?
Un caro amico senatore mi ha confidato di sostenere la proposta in nome del “male minore”, dicendo che “non c’è differenza tra contribuire a una morte facendo una legge e contribuire a una morte non facendola quando si può evitarla”. Gli ho risposto che è come un medico che, vedendo un malato in pericolo, sceglie di non somministrargli un veleno: forse non lo guarisce, ma non diventa complice della sua morte. Una legge sul suicidio assistito, invece, equivale a prescrivere quel veleno con timbro dello Stato, rendendo Parlamento e popolo complici della morte. Il vero “male minore” non dovrebbe essere evitare che i suicidi aumentino? Il male minore è sempre un male. Ciò che va contro il bene comune non si “regolamenta”, si vieta. Pensiamo alla fecondazione artificiale: è stata regolamentata dalla legge 40/2004, tutti i paletti nel tempo sono caduti, e secondo gli ultimi dati noi oggi, per legge, permettiamo che vengano fecondati 249.068 ovuli e che si formino 172.177 embrioni, e sapete quanti bambini nascono? 4654. (Dati ufficiali del 2022, Relazione ministeriale del 2025)
Persino la Consulta, nelle sentenze n.135/2024 e n.66/2025, ha avvertito che una legge in materia accrescerebbe il rischio di abusi e pressioni sui più deboli. Ecco perché non serve una “buona legge sulla morte”, ma servono leggi che proteggano la Vita, che sostengano i malati, i disabili e gli anziani, e che prevengano i suicidi invece di facilitarli. Per fermare questa deriva chiediamo al Parlamento di respingere ogni testo sul suicidio assistito. Pro Vita & Famiglia ha lanciato la petizione “No alla legge sul suicidio assistito”, che ha già raccolto quasi 29.000 firme https://www.provitaefamiglia.it/petizione/no-alla-legge-sul-suicidio-assistito-firma-ora
Anche se in italia non c’ è una legge sul suicidio assistito, con la sentenza n. 242/2019 la Corte costituzionale ha dichiarato non punibile chi agevola il proposito di suicidio di una persona a deteminate condizioni?
La Consulta ha depenalizzato il suicidio assistito in presenza di quattro condizioni: 1. patologia irreversibile, 2. lucidità mentale, 3. sofferenze insopportabili psichiche o fisiche e 4. essere mantenuti in vita da sostegni vitali. Innanzitutto va detto che depenalizzare un crimine non significa dare il diritto a commetterlo. Ma quanto solide sono queste condizioni?
Chi è disperato non può essere lucido, è disperato. Ce lo ha confermato lo stesso DJ Fabo quando nella sua ultima lettera testamento scrisse “I miei giorni passano nella sofferenza e nella disperazione, non trovando più senso nella mia vita.”. Quella di Fabo era davvero una richiesta di morire o un grido d’aiuto inascoltato? Chi decide cos’è una patologia “irreversibile”? La medicina è piena di risvegli inattesi, diagnosi smentite, guarigioni inaspettate. L’unica cosa davvero irreversibile è la morte. Poi, la Corte equipara il dolore fisico a quello psicologico. Ma chi stabilisce il peso di un abisso interiore? Chi non ha mai conosciuto angoscia, paura, depressione? Se basta questo per morire assistiti, nessuno è davvero al sicuro. E poi essere dipendenti da sostegni vitali che vuol dire? La Consulta non ne dà un elenco preciso. E infatti la Corte d’Assise di Massa, nel caso Trentini, vi ha incluso anche le terapie farmacologiche indispensabili. Ma se così fosse, paradossalmente anche l’insulina per i diabetici diventa un sostegno vitale: allora i diabetici sarebbero “candidati” all’aiuto al suicidio?
Ebbene ecco l’assurdo: invece di fare chiarezza, la Consulta ha aperto un varco pericoloso, un pendìo scivoloso dove tutto diventa incerto. Ha trattato con superficialità la morte, dimenticando quanto sia fragile e preziosa la vita.
Il Parlamento dovrebbe aggiornare la legge 38/2010 sulla medicina palliativa per una maggiore qualità delle cure?
Forse non serve modificarla, ma bisogna applicarla. Le cure palliative sono un insieme di trattamenti e attenzioni mediche, psicologiche e spirituali che mirano ad alleviare la sofferenza delle persone affette da malattie gravi o inguaribili. Non hanno come obiettivo la guarigione, ma il miglioramento della qualità della vita del malato e della sua famiglia. Secondo uno studio della Bocconi, in Italia il 77% dei malati adulti e fino all’85% dei bambini, secondo la Società di Pediatria, non riceve le cure palliative cui avrebbe diritto. Che libertà è scegliere la morte, se prima non offriamo davvero l’alternativa della vita? La soluzione quindi è che la maggioranza abbia il coraggio di applicare interamente la legge 38 del 2010, garantendo cure palliative a chiunque ne abbia diritto, offrendo dignità e sostegno psicologico fino alla morte naturale. Serve una rivoluzione culturale e socio-sanitaria che metta al centro la persona e la salute del popolo, rendendo queste cure realmente accessibili a tutti: a casa, in hospice e in ospedale.
Dovrebbe anche finanziare maggiormente i programmi di formazione per i medici riguardo alla gestione del dolore e alle cure palliative?
Esatto, basterebbero 8-9 miliardi per soddisfare i fabbisogni dei malati adulti e pediatrici che hanno diritto alle cure, ma non le ricevono. Questa è una delle vere priorità. È una questione di priorità: è come se un ponte pericolante, percorso ogni giorno da migliaia di persone, venisse lasciato a rischio di crollo, mentre lo Stato corresse a riparare una buca in un vialetto privato. Ecco la sproporzione che denunciamo: si trascurano le vere emergenze che toccano centinaia di migliaia di compatrioti, per inseguire casi estremi e isolati, amplificati da una falsa narrativa che tenta di trasformarli in emergenza nazionale.
Qual è il ruolo della psicoterapia o del supporto psicologico che dovrebbe essere garantito in questi casi?
Il supporto psicologico e la psicoterapia sono strumenti essenziali per accompagnare la persona nel dolore e nella fragilità. Aiutano a ritrovare senso, speranza e relazione umana, proprio quando la sofferenza fisica o la paura della solitudine rischiano di far prevalere la disperazione.
La psicoterapia non sostituisce le cure mediche, ma può ridare voce al desiderio di vivere, sostenendo chi soffre nel riscoprire il valore della propria vita, anche nella prova. Il pericolo più grande, infatti, è quando si comincia ad avere più paura della vita che della morte: è allora che si perde il senso dell’esistenza e si arriva a desiderare di morire. Per questo lo Stato dovrebbe garantire non scorciatoie mortali, ma un vero supporto psicologico e umano, capace di curare la solitudine e di restituire dignità e speranza a ogni persona sofferente.
Il suicidio assistito mina il principio della solidarietà sociale e del sostegno ai più vulnerabili?
Sì, il suicidio assistito mina profondamente il principio della solidarietà sociale e tradisce il dovere collettivo di sostenere i più vulnerabili. Invece di unire la società attorno a chi soffre, la divide tra vite “degne” e “indegne”, tra chi merita cure e chi può essere “accompagnato a morire”. Una comunità davvero umana non può accettare che la risposta al dolore sia la morte, perché così abbandona i più fragili proprio nel momento in cui avrebbero più bisogno di essere amati e sostenuti.
In conclusione, oggi, sembra di vivere un incubo reale. Decine di migliaia di malati soffrono senza antidolorifici e cure palliative, circa 4.000 italiani si tolgono la vita ogni anno – sempre più giovani –, e centinaia di migliaia di disabili sono abbandonati senza assistenza. E qual è la priorità del Parlamento? Non aiutare i malati, i disabili o prevenire i suicidi, ma offrire la morte come soluzione alla sofferenza, facilitando il suicidio. Vi sembra giusto? Logico? La vera solidarietà non consiste nel “togliere di mezzo” chi soffre, ma nel stargli accanto, curarlo e ridargli speranza, perché solo così una società resta umana.
Legalizzarlo può portare a pressioni sociali sui malati e sui fragili?
Assolutamente sì, persino la Consulta, nelle sentenze n.135/2024 e n.66/2025, ha avvertito che una legge in materia accrescerebbe il rischio di abusi e pressioni sui più deboli. All’estero i malati già da tempo ricevono l’offerta di suicidio assistito (gratis) al posto di cure, assistenza e presidi sanitari.
Sembra che anche la Chiesa stia riflettendo sulla possibilità di offrire una morte dignitosa, pur mantenendo il rispetto per la vita?
Non si può generalizzare: la posizione ufficiale della Chiesa cattolica rimane chiarissima e immutata. Il Santo Padre ha più volte ribadito la sua ferma contrarietà al suicidio medicalmente assistito e all’eutanasia, ricordando che “la vita è sacra e inviolabile, e va accolta e custodita fino alla morte naturale”. Lo ribadisce anche la lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede Samaritanus bonus (approvata da Papa Francesco) e, in Italia, le recenti note della CEI hanno criticato le iniziative regionali che li regolamentano (es. Toscana)
Nel dibattito ecclesiale recente, alcune parole — anche attribuite a vescovi di rilievo — sono state lette come possibiliste. Senza mettere in discussione l’autorevolezza dei Pastori, chiediamo chiarezza: ogni vita ha valore e va custodita con cure palliative, prossimità e speranza.
Se la sofferenza ha un significato spirituale, il suicidio assistito è un atto contro il piano divino?
Sì, il suicidio assistito è un atto contro il piano divino, perché rifiuta la dimensione più profonda della vita e del mistero della sofferenza. Nella prospettiva cristiana, la vita non ci appartiene: è un dono che riceviamo, non un possesso di cui possiamo disporre a piacimento. Interromperla volontariamente significa interrompere quel cammino, spesso misterioso ma sempre fecondo, attraverso cui Dio può operare anche nel dolore.
La sofferenza, pur restando un male, può assumere un valore redentivo e spirituale: può unire a Cristo, purificare il cuore, aprire alla compassione verso gli altri e trasformare la debolezza in testimonianza d’amore. Chi sceglie o favorisce il suicidio assistito, invece, afferma che esistono vite “non più degne di essere vissute”, negando così il senso stesso della Croce. Ma è proprio nel momento in cui tutto sembra perduto che Dio si fa più vicino: nella sofferenza amata, accompagnata e offerta si manifesta la grandezza dell’uomo e la misericordia di Dio. Scegliere la morte, invece, significa chiudere la porta alla speranza e alla Grazia.
