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martedì 23 settembre 2025

IN ESCLUSIVA la bozza del Cammino Sinodale CEI: FERMATEVI FINCHE' SIETE IN TEMPO!

Abbiamo ricevuto, riservatamente, l'ANTEPRIMA della bozza del Cammino Sinodale della Conferenza Episcopale Italiana che, come sappiamo, ha legami strettissimi con la S. Sede. 
Prima di proporre il testo completo, sotto al post proponiamo, un'analisi critica del "Cammino Sinodale": da un'idea teologica a un progetto sociologico.
Confidiamo che molti vescovi leggano il testo della Bozza e si oppongano "in faccia".
Ma vediamo prima la nostra analisi (i punti critici sarebbero ben di più ma abbiamo cercato di concentrardi sui più pericolosi).

Il documento "Lievito di pace e di speranza" si apre con una premessa che ne espone le intenzioni programmatiche e ideali. Sebbene l'evocazione del "lievito" come immagine di una Chiesa umile e dialogante sia affascinante e profondamente radicata nel Vangelo, un'analisi critica del testo rivela una tensione irrisolta tra la sua aspirazione teologica e una sua effettiva impostazione più vicina alla sociologia e al pensiero secolare.

La Chiesa come "visione condivisa"

Il testo sembra definire la Chiesa non come una realtà soprannaturale, fondata sulla rivelazione di Cristo, ma come il risultato di un processo umano e di una "visione condivisa". Questa prospettiva rischia di minare le fondamenta stesse della fede cattolica. La Chiesa non è una democrazia né un club che può essere rimodellato in base al consenso o a un'ideologia. La sua identità, come "sacramento" di comunione, è un dono divino, una realtà che accogliamo, non un progetto che costruiamo da zero attraverso il dibattito. L'eccessiva enfasi sulle "relazioni" e sulle dinamiche di gruppo, se non saldamente ancorata a una dimensione verticale, rischia di trasformare la Chiesa in una semplice comunità orizzontale, ignorando la sua natura di Corpo Mistico di Cristo.

La pace: un obiettivo secolare o un dono di Cristo?

Il documento presenta la pace come la "missione più urgente" della Chiesa, ma il linguaggio utilizzato la descrive in termini generici. Non si parla della pace che è frutto della giustizia e della riconciliazione con Dio, ma di una pace che sembra essere un obiettivo umanitario e laico. Se la Chiesa riduce la sua missione a un progetto di pace senza radicarla nella persona di Cristo Risorto, l'unico che può offrire una pace autentica e duratura, si declassa al livello di un'agenzia sociale. Questa secolarizzazione della missione spoglia l'annuncio evangelico della sua specificità e della sua forza salvifica.

Un'ecclesiologia confusa e divisiva

L'uso del termine "Chiesa di Chiese" per descrivere il rapporto tra le Chiese locali e la Chiesa universale è un'ambiguità che alimenta la confusione ecclesiologica. La teologia cattolica insegna che la Chiesa universale non è la somma delle Chiese particolari, ma che il mistero della Chiesa intera è presente in ogni Chiesa locale.

L'espressione usata nel documento, pur se ispirata da un'idea di comunione, rischia di suggerire una visione federalista o addirittura protestante, che mina l'unità del Popolo di Dio. Inoltre, l'inclusione di espressioni come "nostalgie clericali" nel testo, pur volendo denunciare un problema reale, non contribuisce al dialogo (e ci ricorda, purtroppo, certe brutte esternazioni del Papa Francesco). Il linguaggio accusatorio e divisivo contrasta con l'ideale di "sinodalità" e fraternità che il documento si propone di promuovere.

In sintesi, la prima parte del testo, pur contenendo lodevoli aspirazioni, non riesce a superare una sottile ma profonda tensione. Le proposte sembrano volte a far sì che la Chiesa si adatti ai paradigmi del mondo, invece di essere un segno di contraddizione, perdendo il suo ruolo profetico e la sua unicità.

 Un'analisi critica del "rinnovamento" sinodale: dalla teologia alla sociologia

La seconda parte del documento, pur presentandosi come un'ambiziosa guida per il futuro della Chiesa italiana, solleva una serie di criticità che mettono in discussione le sue stesse premesse. Se l'intento dichiarato è quello di un rinnovamento missionario, le proposte concrete sembrano in molti punti tradire questa vocazione, privilegiando un'ottica sociologica e ideologica a scapito della sua profonda natura teologica.

La conversione: un atto umano o un dono divino?

Il testo afferma che il discernimento dei "segni dei tempi" è alla base della conversione. Questa affermazione è teologicamente problematica. La conversione, nel suo senso più profondo, non nasce dall'analisi del mondo o dai suoi "segni", ma dall'incontro con l'amore di Dio e dall'accettazione della grazia di Gesù Cristo, operante per mezzo dello Spirito Santo. Ridurre il fondamento della conversione a un'attività di studio e interpretazione culturale rischia di trasformare un evento di grazia in un processo di auto-realizzazione, spostando l'attenzione dall'azione salvifica di Dio all'iniziativa umana.

Un manifesto politico con rischi ideologici

Il documento propone una serie di iniziative concrete che, sebbene - forse - ben intenzionate, assomigliano più a un manifesto di un movimento politico o sociale che a un piano pastorale. La proposta di istituire osservatori, promuovere iniziative di disarmo o sostenere forme etiche di risparmio, pur essendo argomenti di grande rilevanza, sembrano confondere il ruolo della Conferenza Episcopale con quello di un'organizzazione non governativa. Ancora più preoccupante è l'invito ad aderire a "giornate" promosse dalla società civile, una scelta che può facilmente condurre all'approvazione di agende ideologiche che spesso sono in netto contrasto con la dottrina della Chiesa. Se la Chiesa vuole essere una voce profetica nel mondo, deve agire con una sua identità e una sua agenda, non allineandosi acriticamente alle istanze secolari del momento.

Una liturgia "antropocentrica"

Il testo sulla liturgia è forse il più problematico. Suggerisce che la celebrazione debba "tornare ad essere un'esperienza significativa, attrattiva e accessibile", e che essa "prende forma" anche dall'assemblea. Questa visione mina la natura stessa della liturgia cattolica, che non è un'esperienza umana da adattare alle sensibilità del momento, ma l'Opus Dei, l'opera stessa di Dio e la continuazione dell'ufficio sacerdotale di Cristo. La liturgia è un dono divino, non un prodotto che deve essere reso "comprensibile" attraverso "strumenti di analisi sociale" o "laboratori". Un tale approccio rischia di snaturare la sua essenza, trasformandola da una realtà del Cielo in un'attività puramente terrena, minacciando così la "lex orandi, lex credendi" e l'unità della Chiesa stessa.

Il paragrafo 30 esalta l'accoglienza di "tutti, tutti, tutti" come un'istanza evangelica. Tuttavia, le proposte concrete che ne derivano sembrano superare la distinzione tra l'accoglienza della persona e l'approvazione del suo stato di vita.

  • Matrimonio e Convivenza: Il documento suggerisce percorsi di "integrazione" per chi vive in unioni diverse dal sacramento del matrimonio, come le seconde unioni o le convivenze. Questa proposta si pone in aperta contraddizione con l'insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica che, richiamando la Rivelazione, ribadisce l'indissolubilità del matrimonio (cfr. CCC 1640). Il Catechismo afferma categoricamente che "se i divorziati si risposano civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio" e "non possono accedere alla Comunione eucaristica" (CCC 1650). Il testo sinodale, non facendo alcun riferimento a questa cruciale e irrinunciabile verità, rischia di banalizzare il sacramento e di ingannare i fedeli, suggerendo che si possa essere pienamente "integrati" nella vita ecclesiale senza una piena adesione alla verità della fede.
  • Identità e Sessualità: Ancora più grave è la proposta di "promuovere il riconoscimento delle persone omoaffettive e transgender" e di aderire a "giornate" promosse dalla società civile. La Chiesa è chiamata a trattare le persone con omosessualità "con rispetto, compassione e sensibilità" (CCC 2358), condannando ogni forma di discriminazione ingiusta. Tuttavia, la stessa carità pastorale non può in alcun modo confondere l'accoglienza della persona con l'approvazione delle sue tendenze o dei suoi atti. Il Catechismo è chiaro: "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati" e "in nessun caso possono essere approvati" (CCC 2357). La promozione di "giornate" che veicolano l'ideologia del gender, che nega la natura intrinseca dell'essere umano come maschio e femmina (cfr. CCC 369-373), è un atto di complicità con un'ideologia che la Chiesa ha fermamente condannato.

Il paragrafo 31, dedicato alla "dimensione affettiva", spoglia la sessualità della sua natura teologica e morale per ridurla a un mero campo di analisi psicologica e sociologica. La proposta di affidare la formazione e l'accompagnamento su questi temi a "realtà civili" e a "équipe" non meglio definite è un pericoloso passo indietro.

  • Sessualità e Moralità: Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che la sessualità umana non è un impulso disordinato ma un "bene" orientato verso l'amore coniugale e la procreazione (CCC 2360-2361). La castità è una virtù che è "compito di ogni battezzato" (CCC 2348-2350), un cammino di santità che riguarda ogni persona, indipendentemente dal suo stato di vita. Le proposte del documento, invece, sembrano voler trattare la sessualità e l'identità come questioni che necessitano di "esperti" esterni al Magistero, disconnettendole dalla vocazione alla santità e alla vita di grazia. Questo approccio secolarizzato tradisce la profondità della visione cristiana, che integra la sessualità nella persona in quanto creata a immagine e somiglianza di Dio.

In conclusione, i punti 30 e 31 non sono semplici raccomandazioni pastorali, ma un esempio di come un'iniziativa di dialogo possa trasformarsi in un'agenda di compromesso. Nel tentativo di essere "prossimo" al mondo, il documento rischia di compromettere la sua missione profetica e di allontanare i fedeli dalla verità della fede, offrendo risposte umanamente rassicuranti ma spiritualmente vuote, in un atto di pericoloso disorientamento dottrinale.

 Conclusione: un'opportunità mancata?

Il documento, in definitiva, offre uno spaccato delle tensioni interne alla Chiesa italiana. Sembra che, in molti passaggi, il desiderio di essere "lievito" per la società si sia trasformato nel rischio di essere "farina" che si lascia modellare, perdendo il suo sapore e la sua vocazione profetica. Le proposte, se implementate, potrebbero portare a una Chiesa che, nel tentativo di farsi più vicina al mondo, finisce per assomigliargli, a discapito della sua unicità, della sua dottrina e, in ultima analisi, della sua stessa identità.

Luigi Casalini

TESTO COMPLETO DEL DOCUMENTO CEI
     

Lievito di pace e di speranza

 

 

Presentazione

 

 

Nell’omelia per l’inizio del suo ministero petrino (18 maggio 2025), papa Leone XIV ha ripetutamente evocato l’immagine evangelica del lievito come icona della Chiesa missionaria. «Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato. In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme.

In queste parole c’è anche la storia e il senso del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. In questi quattro anni, ci siamo ispirati al magistero di papa Francesco che, fin dall’inizio del percorso sinodale universale, ci esortò – richiamando Yves Congar – a fare non un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa, «aperta alla novità che Dio le vuole suggerire», invocando «con più forza e frequenza lo Spirito» e camminando «insieme, come Lui, creatore della comunione e della missione, desidera, cioè con docilità e coraggio» (Discorso ai partecipanti al “Momento di riflessione per l’inizio del Percorso Sinodale”, 9 ottobre 2021).

Una Chiesa in cammino, in ascolto, senza pretese di superiorità, con la sola preoccupazione di accogliere il Vangelo e annunciarlo al mondo. Una Chiesa missionaria lievito di pace e di speranza. Non è altro che l’eco della brevissima e folgorante parabola di Gesù: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Mt 13,33; cfr. Lc 13,20-21). Gesù, quando vuole dare un’idea del regno di Dio, non evoca mai immagini di potenza umana e divina, ma propone quadretti di vita lavorativa e domestica. Qui il Signore sembra paragonarsi a una massaia, che mescola il lievito alla pasta, seguendo il giusto dosaggio, e sa attendere il risultato. Il lievito, di per sé, è il Regno, che la donna mescola alla farina. I discepoli non sono però semplici spettatori dell’impasto di Dio, ma vi collaborano, assumendo lo stile del Regno, le beatitudini (cfr. Mt 5,1-12). Una Chiesa che si lascia plasmare dal Vangelo, in questa stessa opera di conversione diventa con ciò stesso “germe e inizio” del Regno (cfr. Lumen gentium, 5), fermento e lievito di unità, di concordia, di speranza e di pace.

Il continuo richiamo di papa Leone XIV alla pace, fin dalle sue prime parole dal balcone di San Pietro la sera dell’elezione – «La pace sia con tutti voi!» – risponde alla missione più urgente della Chiesa di oggi: essere lievito di pace, insieme a cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, che si fanno operatori di pace in un mondo percorso da violenze che si speravano archiviate. I numerosi conflitti armati, oggi specialmente in Ucraina e in Terra Santa, sono entrati nelle case e nelle coscienze della gente del nostro Paese, creando incredulità, sconcerto, dolore, senso di impotenza, sdegno. La violenza inaudita, soprattutto verso persone fragili, deboli e inermi, in aperta violazione del diritto internazionale umanitario, ha raggiunto livelli impensabili. Ed ha sollevato il coperchio sulle altre decine di conflitti armati, tra cui quelli “dimenticati” o “ignorati”, e sulle tante violenze, ingiustizie e sopraffazioni che continuano a segnare la nostra epoca. Le crisi planetarie non si contano più e si intrecciano tra di loro in modo inestricabile, tanto che cause ed effetti si rincorrono: povertà, fame, malattie, sfruttamento del creato, sfollamenti, migrazioni e terrorismo… sono alla base di tanti conflitti e nello stesso tempo sono crisi aggravate da essi. Il card. Matteo Zuppi, introducendo la Professione di fede dei Giovani italiani radunati per il Giubileo in Piazza San Pietro, ha ricordato le «croci costruite follemente dagli uomini che fabbricano armi per uccidere» e che «distruggono quello che fa vivere, anche gli ospedali. La Chiesa è sotto la croce con gli occhi pieni di lacrime e il cuore ferito per tanta enorme sofferenza, insopportabile per una madre come deve esserlo sempre per l’umanità tutta» (31 luglio 2025).

Il Sinodo universale e il Cammino sinodale delle Chiese in Italia si sono mossi all’interno di questo scenario mondiale, non come “bolle” salubri e immuni, ma come fermento e lievito che si mescola alla pasta. I cristiani non sono “un altro genere” rispetto alle donne e agli uomini del loro tempo. Ne respirano i problemi e le risorse, ne vivono gli stessi drammi e le stesse opportunità. Le nostre Chiese sono sempre alla ricerca della pace anche al loro interno: le divisioni tra i cristiani, rese ancora più brucianti dalla celebrazione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, con il suo “Credo” professato da tutte le confessioni cristiane, depotenziano le qualità del lievito. E, per restare nel contesto dei cattolici italiani, la divisione tra chi sogna una riedizione pura e semplice della “cristianità”, ormai definitivamente tramontata, e chi cerca invece una postura ecclesiale adatta alla società di oggi, crea tensioni e incomprensioni dannose per la comunione e la missione. Il Cammino sinodale intende porsi, umilmente, come strumento per recuperare nella Chiesa la concordia nelle cose essenziali, la libertà nelle cose dubbie che richiedono ulteriori riflessioni e la carità in tutte. Solo così possiamo essere lievito di fraternità, lasciandoci davvero “inquietare” – come dice papa Leone XIV, figlio di Sant’Agostino – dalla storia, dai volti, dalle vicende, dalle gioie e dai dolori che vediamo e viviamo oggi.

Nel discorso per la Benedizione urbi et orbi, la vigilia della sua morte, papa Francesco aveva detto: «Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile!» (20 aprile 2025). Ha così collegato il “Giubileo della speranza”, da lui voluto, con il grido di pace che si leva dal mondo intero. La Chiesa italiana impegnata nel Cammino sinodale ha poi ricevuto da papa Leone XIV il mandato di lavorare affinché «ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione» (17 giugno 2025).

Il documento che segue è intriso di esperienze di pace e di speranza. Pur tra tante fatiche, documenta la realtà di oltre duecento Chiese locali, con tutte le loro articolazioni, impegnate a vivere e trasmettere speranza e pace: spesso senza farsi notare, senza “fare notizia”, ma sempre con tenacia e cura evangelica. Le nostre comunità cristiane non sono allo sbando: benché provate da tante situazioni faticose e tentate a volte dallo scoraggiamento, vivono come “piccolo lievito” di fraternità, attente soprattutto alle persone rimaste o lasciate ai margini. La pace e la speranza per noi non sono sogni lontani, ma hanno la carne e il volto del Signore Gesù morto e risorto: «Egli è la nostra Pace» (Ef 2,14) e «la nostra Speranza» (1 Tim 1,1).

 

 

 

S.Ec. Mons Erio Castellucci

Presidente del Comitato CS…

 

 

 

Introduzione

 

1. Il Cammino Sinodale è stato ispirato da un grande interrogativo: in che modo le Chiese che sono in Italia possono annunciare ed essere testimoni più trasparenti del Vangelo nel cuore dell’umanità? Questo Cammino ha preso le mosse dall’invito che papa Francesco ha rivolto alle Chiese di tutto il mondo convocando il Sinodo “Per una Chiesa sinodale: comunione, missione, partecipazione”; invito che ha indirizzato direttamente anche alla Chiesa italiana, chiedendole di rinnovarsi, testimoniando «umiltà, disinteresse, beatitudine» (INC), per crescere come «Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente» (ivi).

 

2. Questo testo non è destinato solo a chi ha preso parte direttamente al processo, ma a tutte le Chiese in Italia e a ciascun battezzato, perché tutti possano sentirsi coinvolti nell’esperienza di fede e corresponsabilità. Non sono contenute semplici indicazioni, ma autentiche convergenze maturate attraverso l’ascolto e il discernimento comunitario, nell’orizzonte di una visione di Chiesa condivisa. Per questo, il documento viene consegnato all’Assemblea dei Vescovi, chiamata ad assumere la responsabilità per orientare il percorso futuro delle Chiese in Italia con decisione e rinnovata speranza.

 

Un’esperienza che forma

3. Non riprendiamo qui tutta la storia di questi anni di Cammino Sinodale (cf. Appendice). Ci limitiamo a ricordarne alcuni che possono essere considerati come i frutti più significativi del camminare insieme, sapendo però che nessun racconto può comunicare la ricchezza dell’esperienza vissuta. Innanzitutto nel cammino sono emersi tanti segni di speranza e tante risorse delle nostre realtà ecclesiali italiane: la generosità pastorale e la prossimità tra presbiteri, diaconi e fedeli; la capillarità del reticolo parrocchiale con la capacità di essere vicini anche alle realtà più periferiche; l’impegno pastorale, educativo e sociale di laici e laiche, delle associazioni, dei movimenti e delle comunità religiose, con l’attenzione e il sostegno alle forme di povertà crescenti nel nostro Paese; l’inestimabile valore e la preziosa potenzialità pastorale del patrimonio artistico.

4. L’ascolto messo in atto durante gli anni di Cammino Sinodale ha fatto emergere anche le tante situazioni di fatica che, nella complessità dell’attuale momento storico, interpellano le nostre comunità. Da più parti si registra un calo della partecipazione con la conseguente diminuzione delle forze per la cura degli impegni pastorali e la gestione delle strutture; la trasmissione della fede tra generazioni è diventata più difficile e non sempre le famiglie riescono a vivere con consapevolezza la responsabilità dell’educazione alla fede dei figli; molti giovani si allontanano dalla vita della comunità anche perché i linguaggi ecclesiali e i segni liturgici non sembrano più intercettare la vita delle persone; permangono nostalgie clericali  tra i ministri ordinati e tra i fedeli con la relativa resistenza ad una conversione sinodale; c’è ancora ritrosia in ordine all’accesso delle donne a incarichi ecclesiali; individualismi, particolarismi e campanilismi appesantiscono spesso la vita delle comunità; più in generale, si avverte la  diminuzione di una rilevanza sociale della voce ecclesiale. Queste difficoltà, insieme allinevitabile fatica che portano con sé, possono generare stanchezze e disincanto, come spesso accade. 

5. Proprio dentro queste fatiche durante il Cammino sono germogliati segni concreti di risposta da riconoscere, custodire e far crescere. Fin dalla fase narrativa, la Chiesa ha imparato a riconoscere nell’ascolto una dimensione essenziale della sua missione. Non si tratta solo di un atteggiamento preliminare all’annuncio, ma di un atto che già lo realizza: ascoltare significa riconoscere l’altro, dirgli che è importante, che ciò che porta è prezioso e che in lui è già all’opera lo Spirito. In questi anni, dando spazio al racconto delle persone, delle comunità e dei territori – nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nei dialoghi con le istituzioni – si è resa visibile una Chiesa che accoglie e che invita; sono cresciuti l’attenzione e il dialogo anche con chi normalmente resta ai margini delle comunità. L’esperienza della “conversazione nello Spirito”, vissuta nei gruppi sinodali, ha generato in molte comunità una vitalità nuova: come in piccoli cenacoli, lo Spirito ha potuto operare più in profondità di quanto ci si aspettasse, mostrando quanto sia fecondo credere davvero nella sua azione libera e generosa.

6. Un altro frutto del Cammino è stata la sperimentazione di nuovi percorsi pastorali, in particolare attraverso i “Cantieri di Betania”, che hanno fatto comprendere l’urgenza di aprire spazi di riflessione e di ricerca pastorale in ambiti molteplici della vita culturale e sociale – dalla scuola al lavoro, dall’arte allo sport, dall’imprenditoria alle professioni, dal volontariato all’impegno politico, fino ai luoghi più segnati dall’emarginazione come le carceri e le situazioni di disabilità. In queste esperienze si è espressa una reale disponibilità al discernimento, per cercare non solo nuove idee ma anche le condizioni concrete che rendano praticabili i desideri emersi. È cresciuta così una sensibilità che intreccia e fa dialogare dimensione pastorale, riflessione teologica e competenze scientifiche e professionali, a servizio di un discernimento comune e delle decisioni ecclesiali per un rinnovato slancio missionario.

7. Abbiamo colto il valore della corresponsabilità anche attraverso il lavoro delle équipe sinodali, composte da vescovi, presbiteri, consacrati e consacrate, laici e laiche. Con la varietà di competenze e carismi in esse coinvolti, si sono rivelate veri e propri laboratori di sinodalità. Camminando insieme e accompagnando percorsi di formazione e condivisione, hanno mostrato che è possibile vivere dinamiche di corresponsabilità in tutto il Popolo di Dio, che la corresponsabilità è essenziale alla vita della Chiesa e contribuisce a costruirla. Allo stesso tempo, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza degli organismi di partecipazione, non come semplici spazi consultivi, ma come strumenti concreti per il discernimento delle priorità pastorali e per il rinnovamento di strutture e processi decisionali, in una corresponsabilità differenziata, luoghi in cui lo Spirito guida la Chiesa a scelte condivise e più fedeli al Vangelo.

8. Particolarmente significativo è stato quanto sperimentato durante la Seconda Assemblea del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia (Roma, 31 marzo - 3 aprile 2025), che ha mostrato con chiarezza la serietà del processo. La scelta del Consiglio Episcopale Permanente di ritirare il testo delle Proposizioni e di presentare una mozione che recepiva le richieste dell’Assemblea non è stata un gesto solo procedurale, ma un segno di credibilità: ha reso evidente che non si era vissuto un esercizio formale, bensì un autentico confronto. Spazzando via il diffuso pregiudizio di una presunta inutilità del Cammino Sinodale (“tanto non cambia nulla”), è stato possibile vedere una Chiesa capace di vivere realmente la comunione: vescovi che hanno saputo ascoltare e un laicato maturo; un dibattito libero che ha dato voce a un dissenso costruttivo, teso a custodire e a non disperdere la ricchezza di un ascolto pluriennale. Sono emerse così, in maniera chiara, l’importanza della trasparenza, necessaria nell’esercizio della corresponsabilità, e la richiesta di uno slancio profetico che renda la Chiesa compagna di strada di tutti.

9. Queste esperienze, così come tutto il Cammino Sinodale, hanno fatto toccare con mano che lo Spirito agisce anche attraverso tensioni e imprevisti: il dibattito, franco e generativo, ha rafforzato il legame tra sinodalità e collegialità episcopale, rivelando che la sinodalità non è un’utopia ma una pratica possibile, in cui le differenze diventano forza generativa per annunciare con credibilità il Vangelo. Ecco perché questo documento, che dà conto delle convergenze emerse, segnala anche le questioni che rimangono aperte e su cui sarà necessario continuare il confronto e l’ascolto dello Spirito.

10. La Chiesa poi ha imparato a riconoscere nella sinodalità vissuta anche una profezia sociale. Lo stile del cammino condiviso, vissuto con umiltà, non parla solo alla vita ecclesiale ma diventa segno credibile per un mondo segnato da disuguaglianze, conflitti e individualismo crescente. La sinodalità, infatti, mostra che è possibile vivere relazioni fondate sull’ascolto, sul riconoscimento reciproco e sulla corresponsabilità: un antidoto al disincanto verso la politica e la democrazia, ma anche alla manipolazione che annulla le persone. La Chiesa diventa così una voce critica e solidale, capace di custodire i legami, prendersi cura dei più fragili e trasformare le tensioni in occasioni di crescita e di testimonianza evangelica (cfr DFS 47 e 153).

 

Una visione di Chiesa condivisa

11. A motivo di quanto ricordato, il documento di sintesi del Cammino Sinodale ha bisogno di essere letto in un clima di preghiera personale e comunitaria, quello stesso che ha sostenuto l’intero Cammino, rendendosi disponibili all’ascolto dello Spirito sorgente di dialogo e di comunione. Per aiutare la lettura e il discernimento, i prossimi paragrafi mettono in luce alcuni nuclei di senso che danno unità al documento e che costituiscono altrettanti criteri di discernimento e di verifica delle scelte che le nostre comunità saranno chiamate a compiere. I passi concreti che verranno intrapresi per attuare le proposizioni devono poter germogliare in un terreno solido e condiviso all’interno di una visione di Chiesa che costituisce il terreno solido e condiviso su cui costruire.

12. Il Cammino Sinodale ha trovato le sue radici nell’approfondimento del mistero della Chiesa consegnatoci dal Concilio Vaticano II. In Cristo, la Chiesa è come un sacramento di comunione, «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). Il popolo di Dio in cammino con tutta l’umanità – ancora pellegrinante nel tempo e già in comunione con la Chiesa del cielo, guidato dall’azione dello Spirito – è il soggetto comunitario e storico della missione (cfr. DFS 17). È testimone dell’evento decisivo della storia, la risurrezione di Gesù, e al tempo stesso segno profetico della comunione quale fine ultimo della storia, del sogno di Dio per l’umanità: l’unità di tutto il genere umano in Cristo (cfr LG 1). La Chiesa è chiamata ad essere perciò il «germe più forte di unità, di speranza e di salvezza» (LG 9) per tutta l’umanità. La sua identità si realizza nella missione che le è affidata e coincide totalmente con tale missione. Questa prospettiva conciliare ci chiama a una continua conversione missionaria e sinodale per essere segno credibile del Vangelo che annuncia e che cerca di vivere.

13. Passo dopo passo abbiamo riconosciuto che questa conversione coinvolge tre dimensioni profondamente connesse tra loro: comunitaria, personale e strutturale. Queste tre dimensioni, nel loro intreccio, concorrono a configurare il volto di una Chiesa capace di rispondere alle sfide del nostro tempo. Solo se sapremo camminare insieme in queste tre dimensioni della conversione, potremo raccogliere fino in fondo la sfida che papa Francesco ha presentato alla Chiesa all’inizio del suo pontificato: entrare in uno stato permanente di conversione pastorale e missionaria. Si tratta di un percorso interiore di un rinnovamento condiviso delle categorie di pensiero, da cui nascono precisi stili di vita, scelte comuni, concrete pratiche coraggiose e strutture rinnovate. Una conversione che «non può lasciare le cose come stanno» (EG 25) né può accontentarsi di una “semplice amministrazione”, che ha piuttosto il coraggio di trasformare consuetudini e strutture alla luce della missione evangelizzatrice (cfr. EG, 27).

14. L’intreccio di queste tre dimensioni guida la struttura del documento in tre parti distinte: Il rinnovamento sinodale e missionario della mentalità e delle prassi ecclesiali, II. La formazione sinodale e missionaria dei battezzati, III. La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità. Ritroviamo tale intreccio in ciascuna delle questioni affrontate. L’intento è quello di tradurre in scelte concrete e in pratiche condivise la conversione necessaria. Le pagine introduttive offrono un orizzonte d’insieme alle proposte contenute nelle tre parti. Vi si trovano criteri di discernimento per orientare e valutare le scelte da compiere: a) la priorità della missione e dell’annuncio del Regno; b) il valore delle relazioni e la pluralità dei soggetti della corresponsabilità; c) il radicamento nei luoghi e nelle storie particolari; d) la capacità di un dialogo a tutto campo in un mutuo scambio di doni a tutti i livelli. Queste istanze sono emerse con chiarezza dal Cammino Sinodale italiano, e trovano ampio riscontro nel DFS e nelle Tracce. Le vediamo una per una, pur ricordando che fanno parte di una visione d’insieme.

15. La priorità della missione. Ogni scelta e cambiamento devono potersi misurare alla luce dell’annuncio del Regno di Dio, che costituisce la vocazione fondamentale di tutti i battezzati, nella diversità e specificità dei carismi, delle vocazioni e dei ministeri: l’orizzonte della missione resta il criterio fondamentale di ogni discernimento. L’assunzione decisa e consapevole di uno stile sinodale e missionario consente alla Chiesa di non ripiegarsi su se stessa e sulle proprie strutture o sulla salvaguardia dell’esistente, ma di essere capace di abitare il mondo con coraggio e audacia evangelica, affinché «abbia la vita e l’abbia in abbondanza» (Gv 10,10).

16. La centralità delle relazioni. La Chiesa è chiamata a essere segno e strumento del Regno di Dio. Ciò implica relazioni autentiche, capaci di generare comunione, nell’accoglienza reciproca, in una condivisione che valorizza le differenze come dono e arricchimento, e attraverso confronti che non temono il conflitto ma sanno viverlo nella libertà e nel rispetto. «Sono le relazioni a sostenere la vitalità della Chiesa, animando le sue strutture» (DFS 49): la comunione non è appiattimento, ma armonia nella pluralità tra le generazioni, fra uomini e donne, tra le diverse competenze e sensibilità, e nelle fragilità di ciascuna esistenza. Ciascuno ha una responsabilità legata alla propria vocazione, da vivere in relazione agli altri in una prospettiva di corresponsabilità differenziata; e nessuno deve sentirsi escluso o ai margini nella famiglia dei figli di Dio: siamo chiamati tutti ad annunciare il Regno, a testimoniarne e servirne la silenziosa venuta nella storia. In particolare, al vescovo è affidato il dono e il compito «di riconoscere, discernere e comporre in unità i doni che lo Spirito effonde sui singoli e sulle comunità» (DFS 69).

17. Il dinamismo della Chiesa locale. La Chiesa locale, nel suo insieme, si riscopre come lo spazio privilegiato in cui i battezzati cercano e vivono la comunione in Cristo e la missione. Ma nessuna Chiesa locale è isolata dalle altre: l’appartenenza a un luogo e a una storia particolare è in tensione feconda con l’appartenenza alla Chiesa universale: siamo al contempo “radicati e pellegrini”: radicati, cioè, inseriti in un luogo specifico in cui il Vangelo viene accolto, compreso, annunciato, e pellegrini porzione del popolo di Dio in cammino (CD 11), viandanti aperti all’oltre, a ciò che eccede ogni chiusura autoreferenziale, (cfr. DFS 110-119). Nella prospettiva conciliare della “Chiesa di Chiese” in comunione, ciascuna Chiesa locale presieduta dal proprio Vescovo è in relazione con le altre Chiese. Non si tratta di una somma di realtà autonome da coordinare, ma di una comunione più profonda e complessa da promuovere in maniera concreta: le Chiese locali si riconoscono generate dalla grazia di Cristo, sorelle e imprescindibilmente connesse tra di loro, al tempo stesso in unità con il Vescovo di Roma, principio e fondamento di unità della Chiesa tutta.

18. Lo scambio di doni tra le Chiese. Si comprende così la fruttuosa intuizione del mutuo scambio di doni, di cui ha parlato il Sinodo universale (cfr. DFS 119) e che, per molti aspetti, il Cammino Sinodale ha già permesso di sperimentare. Ogni Chiesa locale, infatti, ha qualcosa da offrire e da ricevere. In una società segnata dalla frammentazione localistica, da individualismi e particolarismi, e mentre il mondo globalizzato tende a omologare storie, culture, identità e religioni, questa visione assume una straordinaria forza profetica. Si tratta quindi di trovare anche nuove vie per valorizzare quei «luoghi “intermedi” tra Chiesa locale e Chiesa universale» (DFS 119) – quali le Regioni italiane, il continente europeo, le Chiese del Mediterraneo – per tradurre in decisioni condivise il desiderio di procedere insieme.

19. Facendo leva sulle risorse emerse durante il Cammino Sinodale svolto sinora, accogliendo senza paura le fragilità e soprattutto fidandoci dell’azione dello Spirito, guardiamo al tratto di strada che ci attende con rinnovata fiducia, come ci ha invitato a fare papa Leone XIV: «Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici» (DC).

 


Parte I

Il rinnovamento sinodale e missionario

della mentalità e delle prassi ecclesiali

  Profezia e cultura

 

20.       Oggi è necessaria una profonda conversione missionaria. Il Concilio Vaticano II ha ribadito la natura missionaria della Chiesa, che «esiste per testimoniare al mondo l’evento decisivo della storia: la risurrezione di Gesù» (Documento finale del Sinodo 2024, 14). L’invito a «porre Gesù Cristo al centro», espresso da papa Leone XIV, motiva «uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede», per «aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui» e «scoprire la gioia del Vangelo» (Discorso alla CEI). Quando la Chiesa annuncia in modo credibile diventa spazio di profezia, casa di salvezza e luogo di conversione, mentre realizza se stessa in dialogo con la società (cfr. Gaudium et spes). Infatti, «non siamo obbligati a scegliere tra dialogo e annuncio, ma siamo metodologicamente coinvolti su entrambi i fronti, se vogliamo obbedire al comando missionario di Gesù» (Lineamenti, 19). La Chiesa entra allora in dialogo con la cultura e «col mondo in cui si trova a vivere» (cfr. Paolo VI, Ecclesiam suam, 67), cogliendo le trasformazioni dell’umano nel nostro tempo – i desideri più nascosti, le paure che attraversano le generazioni, le fragilità che segnano ogni esistenza – per restituire alla persona la sua dignità fondamentale: il suo essere relazionale e aperto al trascendente. In questa prospettiva la comunicazione non può ridursi a strumento tecnico o strategia pastorale, ma è lo spazio sacro in cui il Vangelo prende corpo come esperienza condivisa, vissuta e testimoniata nella quotidianità. Così la profezia si fa cultura perché abita il mondo senza conformarsi ad esso, mentre la cultura si fa profezia quando si lascia interrogare dalla forza liberante del Vangelo, in un intreccio fecondo. Questa esperienza di comunione, tuttavia, non può restare chiusa in se stessa: chi ha gustato la presenza del Regno è chiamato a riconoscere e denunciare tutto ciò che lo contraddice, dispiegando la forza evangelica della profezia soprattutto verso tutte le strutture di peccato che agiscono iniquamente causando ingiustizia, violenza e sofferenza (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 47-48).

 

21.       La necessità della conversione missionaria nasce da qui. Cristo luce delle genti (cfr. Lumen gentium, 1) risplende sul volto della Chiesa, pur segnata dalla fragilità della condizione umana e dal peccato. Nondimeno la Chiesa riceve dal Signore il dono e la responsabilità di essere il lievito efficace dei legami, delle relazioni e della fraternità della famiglia umana (cfr. Ad gentes, 2-4), testimoniando nel mondo il senso e la meta del suo cammino (cfr. Gaudium et spes, 3 e 42; Documento finale del Sinodo 2024, 20). La sua vocazione e il suo servizio profetico (cfr. Lumen gentium, 12) consistono nel raccontare il progetto di Dio di unire a sé tutta l’umanità nella libertà e nella comunione: l’unità con Dio e tra di noi. Ecco il senso del cammino umano e del Creato intero. «E lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione» (Leone XIV, Discorso alla CEI). È necessario, perciò, un rinnovamento della mentalità e dell’azione ecclesiale, ispirato allo stile di Gesù, che «sulle strade e nei villaggi […] ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i tipi [...] e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità» (Cantieri di Betania, 6). In questo cammino comune la Chiesa non solo dà al mondo, ma anche riceve dal mondo, in un rapporto dialogico di scambio e aiuto reciproco (cfr. Gaudium et spes, 42-44): non siamo solo chiamati a portare la presenza di Dio nel mondo, ma anche a riconoscerla, svelarla e valorizzarla (cfr. Evangelii gaudium, 71).


22.       La pluralità delle religioni e delle culture, la multiformità delle tradizioni spirituali e teologiche, la varietà dei doni dello Spirito e dei compiti nella comunità, così come le diversità di età, sesso e appartenenze sociali, sono un invito a riconoscere e assumere la propria parzialità, rinunciando alla pretesa di mettersi al centro e aprendosi all’accoglienza di altre prospettive (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 37-42). Ciascuno è portatore di un contributo peculiare e indispensabile nella Chiesa. In quest’ottica, papa Leone XIV ha esortato i Pastori ad aver «cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nella società» (Discorso della CEI). Se lo stile missionario diventa dialogo e cammino condiviso con tutti e tutte, il rinnovamento sinodale permette la valorizzazione di alcuni luoghi in cui si realizza l’universale chiamata di Dio a far parte del suo popolo, preparando il Regno. In questo modo, culture diverse vengono aperte alla prospettiva dello scambio di doni, cogliendo l’unità che sottende la loro pluralità. La valorizzazione dei contesti, delle culture e delle diversità è una chiave per crescere come Chiesa sinodale missionaria. Le proposte pastorali in chiave missionaria devono mettere al centro la vita e le persone nella loro singolarità a cominciare da partendo da quelle più fragili e marginalizzate (cfr. Francesco, Amoris Laetitia cap. 8; Ddf, Dich. Fiducia Supplicans). Rientra nel compito missionario della Chiesa anche facilitare l’incontro di ogni persona con il Signore Gesù nella liturgia (cfr. Francesco, Desiderio desideravi, 10-13). Così come è fondamentale che emerga la voce dei giovani, perché con loro tutta la Chiesa possa leggere profeticamente e in chiave evangelica la nostra epoca (cfr. Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, 27 ottobre 2018, 64).

 

23.       Il discernimento dei segni dei tempi e la loro interpretazione alla luce del Vangelo sono alla base della conversione, affinché l’annuncio sia fedele a Cristo e all’uomo, l’incontro sia aperto, franco e umile con tutti, la collaborazione rechi frutti che esaltino la dignità umana, custodiscano il Creato e favoriscano la giustizia e la pace. «La Chiesa abita la storia con una fiducia e un coraggio radicati nella Parola nella consapevolezza che il Regno è ben più grande e dimora nell’intera famiglia umana» (Lineamenti, 20). Lo fa non da osservatore esterno, bensì incarnandosi nel tempo e nello spazio in cui è chiamata a servire. La Parola di Dio sebbene non si identifichi unicamente con una cultura, tuttavia, perché possa raggiungere tutti, non può fare a meno dei linguaggi, dei simboli, dell'immaginario propri delle persone e delle comunità in cui essa risuona. La sinodalità introduce un modo nuovo di assumere la sfida del rapporto fra Vangelo e culture: solo insieme sapremo tradurlo nella lingua materna di ciascuno. Il popolo di Dio avanza nella comprensione della verità confrontandosi con le culture del proprio tempo, senza pretese di rivalsa o ansia di contrapposizione, ma riconoscendone al proprio interno una vitalità generativa.

 

 

Abitare la società e il suo cambiamento

 Pace e nonviolenza.

24.       «Quanto più la Chiesa è fedele al Vangelo del Signore Gesù, tanto più fa proprie le “crisi” del mondo» (Lineamenti, 7). Pertanto, seguendo Gesù nostra pace (cfr. Ef 2,14), di fronte al moltiplicarsi di guerre e tensioni sullo scenario internazionale, le Chiese in Italia sentono forte l’urgenza di promuovere a ogni livello scelte e percorsi di pace, che siano ben radicati nel pensiero cristiano, avendo cura di coinvolgere quanti sono impegnati in questo servizio. L’Assemblea Sinodale accoglie l’invito che papa Leone XIV ha rivolto ai Vescovi italiani affinché «ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa» (Discorso alla CEI).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che la CEI promuova un tavolo di riflessione e approfondimento con le varie realtà della società civile e gli esperti del settore sui temi del disarmo e dell’educazione alla pace per immaginare insieme alternative concrete alla politica del riarmo;

b.      che la CEI e gli aderenti al tavolo valutino l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla pace e la nonviolenza;

c.       che la CEI promuova nelle sedi opportune una riflessione sulla natura e l’orientamento del servizio di assistenza spirituale alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate;

d.      che le Chiese locali promuovano percorsi di educazione alla cura per la vita, alla pace, alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro;

e.       che le Chiese locali sostengano iniziative per l’obiezione di coscienza, per il disinvestimento dagli istituti di credito coinvolti nella produzione e nel commercio di armi e per il bando al possesso e all’utilizzo di arsenali nucleari;

f.       che le Chiese locali promuovano cammini di riconciliazione, pratiche di giustizia riparativa e azioni di rigenerazione comunitaria come antidoto ad ogni forma di violenza e di intolleranza.

 

Fame e sete di giustizia per gli esseri umani e il Creato

25. Consapevole dei modelli sociali che rendono i più fragili degli “scarti” e contribuiscono al contempo a un drammatico degrado del creato, la Chiesa si impegna a livello locale e universale «in un’azione incisiva contro l’iniquità nelle sue varie forme» (Lineamenti, 20). Per questo intende operare attivamente per la promozione di uno sviluppo diverso e per la cura della casa comune, anche sperimentando nuove alleanze e progetti con le istituzioni del territorio e con la società civile, a cominciare dalla scuola.

   Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali si impegnino in percorsi formativi sulla Dottrina sociale della Chiesa, valorizzando quanto emerso nelle Settimane sociali, come attenzione alla giustizia, in particolare in relazione al mondo del lavoro;

b.      che le Chiese locali, in collaborazione con altri soggetti della società, promuovano lo sviluppo umano integrale attraverso stili di vita sostenibili, scelte personali e iniziative comunitarie, valorizzando e incrementando le buone pratiche di economia civile, sociale, solidale e circolare, con particolare attenzione alle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS) e alle esperienze di commercio equo e solidale;

c.       che le Chiese locali sostengano e incentivino forme etiche di risparmio, investimento e inclusione finanziaria, promuovendo una gestione responsabile delle risorse che metta al centro la dignità della persona e il bene comune;

d.      che le Chiese locali ascoltino il grido dei giovani, della comunità scientifica, delle tante vittime per la casa comune in rovina e camminino al loro fianco nell’impegno per ripararla, adottando stili di vita sostenibili e sistemi di valutazione dell’impatto ambientale e sociale delle scelte pastorali e della gestione dei beni ecclesiastici (come i bilanci di missione);

e.       che le Chiese locali, sostenute anche da iniziative nazionali, non cessino di denunciare la corruzione, l’illegalità e le mafie, favoriscano la presa di coscienza civile della loro incompatibilità con la realizzazione del bene comune e partecipino agli sforzi della società civile per combatterle;

f.       che le Chiese locali dimostrino attenzione ai fenomeni globali, alle esigenze delle altre Chiese nel bisogno e promuovano lo sviluppo dei popoli, attraverso gesti concreti di solidarietà internazionale.

 

Una politica che contribuisca all’amicizia sociale

26.       «L’annuncio del Vangelo di Cristo morto e risorto, che si innesta nella storia umana, deve animare la riflessione su nuovi modelli di presenza e di azione della comunità cristiana e dei battezzati nella società italiana» (Lineamenti, 4). La politica – nel suo significato di cura della polis – è fondamentale per la costruzione della fraternità e dell’amicizia sociale. Cittadini sempre più attivi e consapevoli fanno sì che la democrazia non si trasformi in una serie di procedure senza orizzonte o in un mercato in cui tutto ha un prezzo.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali e le associazioni cattoliche, anche con il supporto di iniziative nazionali, creino spazi di confronto e formazione su democrazia e cittadinanza in dialogo costruttivo con il resto della società, per incentivare la partecipazione alla vita democratica del Paese.

 Farsi prossimi

 Alla scuola dei poveri

27.       Le Chiese in Italia riaffermano l’opzione preferenziale per i poveri, scegliendo di restare accanto a chi vive situazioni di esclusione e vulnerabilità, riconoscendo la specificità di ogni condizione e promuovendo percorsi differenziati di ascolto e di accompagnamento comunitario. In essi, volto di Cristo e pietra viva della Chiesa (cfr. Mt 25), risuona l’annuncio stesso del Vangelo. Essi non sono solo destinatari di aiuto e carità, ma fratelli e sorelle in cui Dio si rivela e parla. Alla scuola delle persone in difficoltà economica, abitativa e lavorativa, dei migranti, dei detenuti, dei disabili, dei malati, il popolo di Dio cresce nella comprensione del Vangelo e si lascia trasformare, facendo della carità un tratto costitutivo della propria missione comunitaria. Il risveglio delle coscienze passa anche dalla esperienza di «tanti uomini e donne di diverse appartenenze, che con generosità operano per condividere una ricerca di pace e di giustizia» (Lineamenti, 7). Inoltre, nel movimento di uscita verso le periferie sociali e le solitudini umane locali e globali, i cristiani attingono all’esperienza e alle prassi innovative della “missio ad gentes” come incontro, non solo fisico, ma esistenziale e solidale con quanti abitano la società. Spetta ad ogni fedele la missione di individuare i bisogni evidenti e nascosti dei fratelli e delle sorelle non delegando la carità solo ad apposite istituzioni e organizzazioni.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali e le organizzazioni ecclesiali siano esse stesse testimoni di povertà evangelica nella gestione dei beni e nelle relazioni, dal momento che la forma della Chiesa è già un annuncio: lo stile di povertà e di sobrietà sono luogo di evangelizzazione (cfr. Lumen gentium, 8). Promuovano una cultura globalizzata della carità e della fraternità e si impegnino a sostenere con gesti concreti le aspirazioni dei movimenti e delle organizzazioni popolari impegnati nel dar vita ad alternative concrete alla logica dello scarto, che si esprime ad esempio in politiche discriminatorie nei confronti di migranti e carcerati;

b.      che le Chiese locali, con il supporto della CEI e degli Organismi a essa collegati, promuovano occasioni di incontro per sensibilizzare sul lavoro dignitoso (sul piano delle tutele, economico, relazionale, di compatibilità con la vita familiare), con particolare attenzione ai giovani, alle “aree interne” del Paese, alle forme di lavoro precario, alla sicurezza, alle politiche aziendali di formazione permanente;

c.       che le Caritas rafforzino la loro funzione pedagogica, promuovendo una cultura della carità che coinvolga attivamente le comunità locali e formi le nuove generazioni. Inoltre, favoriscano nei territori la nascita e lo sviluppo di reti e sinergie con altri soggetti sociali;

d.      che le Chiese locali generino contesti favorevoli in cui le persone più fragili possano far ascoltare la propria voce, portare la propria esperienza e lettura della realtà, autodeterminarsi, partecipare a pieno titolo alla vita della comunità;

e.       che a livello locale e nazionale, venga messo in luce il nesso tra esclusione sociale e dinamiche strutturali che la producono, attraverso azioni di advocacy e di lobbying in alleanza con altri soggetti sociali e istituzioni.

 

Sorelle e fratelli tutti

28.       I flussi migratori degli ultimi decenni hanno reso più ampia e variegata rispetto al passato la presenza sul nostro territorio di fedeli appartenenti ad altre Chiese cristiane. Il cammino ecumenico avviato dal Concilio Vaticano II ha portato frutti significativi a livello di accordi teologici: oggi è però quanto mai necessario quell’ecumenismo radicato nella vita quotidiana del popolo di Dio che è determinante per l’avanzamento verso la sospirata unità visibile dei cristiani.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.      che la CEI verifichi nelle sedi opportune e in dialogo con le altre realtà ecclesiali la possibilità di istituire un Consiglio nazionale delle Chiese cristiane;

b.      che la CEI favorisca la diffusione e la recezione degli accordi teologici maturati nei dialoghi ufficiali tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese cristiane, promuovendone lo studio nei Seminari, l’approfondimento nella predicazione e l’integrazione nei percorsi di catechesi;

c.       che le Chiese locali e le istituzioni teologiche promuovano una formazione ecumenica solida e articolata, attraverso corsi specifici e un’attenzione trasversale nelle diverse discipline teologiche, includendo la conoscenza delle tradizioni delle altre Chiese e dei principali documenti del dialogo interconfessionale;

d.      che le Chiese locali istituiscano e sostengano, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, un Consiglio locale delle Chiese cristiane, volto alla conoscenza reciproca tra le varie comunità e alla collaborazione negli ambiti di comune interesse;

e.       che le Chiese locali coinvolgano le comunità cristiane non cattoliche e le comunità religiose non cristiane nelle azioni volte alla protezione del Creato, alla costruzione di un’economia più giusta, al contrasto dell’oppressione e dell’esclusione.

 

29.       Nel contesto attuale la Chiesa italiana è chiamata a confrontarsi anche con le altre religioni presenti sul territorio. «Uno stile di Chiesa rinnovato chiama a una forte pratica di dialogo per una positiva convivenza con le altre realtà religiose […], per una vera conoscenza oltre stereotipi e pregiudizi, per coltivare insieme germi di pace e prendersi cura della casa comune» (Lineamenti, 11).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.      che le Chiese locali istituiscano tavoli di incontro fra i rappresentanti (o i membri) delle religioni presenti nel territorio;

b.      che le Chiese locali pratichino il dialogo interreligioso soprattutto negli ambiti di impegno comune nella protezione del Creato, nella costruzione di un’economia più giusta, nel contrasto all’oppressione e all’esclusione.

 

 

La cura delle relazioni

 “Tutti, tutti, tutti”

30.          Essere segno del regno di Dio implica relazioni autentiche e comunionali, che mostrino le differenze come ricchezza. La comunità ecclesiale vuole essere uno spazio nel quale ognuno può sentirsi compreso, accolto, accompagnato e incoraggiato, con una particolare attenzione a coloro che rimangono ai margini. Siamo coscienti che, per «passare dalla logica escludente del dentro/fuori ad una di implicazione e riconoscimento» (Lineamenti, 11), in alcuni casi e su alcuni temi occorre ancora un ulteriore approfondimento, confronto e discernimento comuni, per arrivare, con gradualità, a scelte condivise. Ma, al tempo stesso, non vogliamo rinunciare a tenere ben presente che «lo sguardo di fede rifugge le rigide categorie e domanda di accogliere le sfumature, comprese quelle che a occhio nudo non si vedono» (Lineamenti, 6), poiché i «discepoli sono in cammino verso una realtà che ha posto per tutti e tutte» (Lineamenti, 20).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali e le Conferenze episcopali regionali promuovano percorsi di accompagnamento, discernimento e integrazione nella pastorale ordinaria di quanti desiderano fare cammini di maggiore integrazione ecclesiale, ma sono ai margini della vita ecclesiale e sacramentale a causa di situazioni affettive e familiari stabili diverse dal sacramento del matrimonio (seconde unioni, convivenze di fatto, matrimoni e unioni civili, etc.);

b.      che le Chiese locali promuovano percorsi e approcci pastorali di accompagnamento e integrazione nella vita ecclesiale delle coppie conviventi, che hanno in animo una futura unione nel sacramento del matrimonio, tenendo conto di questo loro desiderio;

c.       che le Chiese locali, superando ogni atteggiamento discriminatorio, continuino a promuovere il riconoscimento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana;

d.      che la CEI, come hanno già fatto molte Chiese locali, aderisca con la preghiera e la sensibilizzazione a “giornate” promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, l’omofobia e transfobia, etc.);

e.       che le Chiese locali e le Conferenze episcopali regionali formino opportunamente gli operatori pastorali e si avvalgano di esperienze formative e prassi già in atto.

 L’attenzione per la dimensione affettiva

31.       La questione affettiva e relazionale costituisce un ambito in cui vivere con pienezza il Vangelo. In questo senso la Chiesa riconosce «la vita quotidiana e le relazioni affettive come luoghi di scoperta e di esperienza del Vangelo» (Strumento di lavoro, scheda 10e).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali avviino, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, équipe per formare gli operatori pastorali e coordinare i percorsi pastorali sul tema dell’affettività;

b.      che le Chiese locali, sostenute da una indicazione nazionale, con il contributo della Pastorale giovanile e familiare, dei movimenti, associazioni, gruppi e realtà civili, avviino, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, équipe che valorizzino le buone prassi pastorali già in atto e che coordinino nuovi percorsi di formazione alle relazioni e alla corporeità-affettività-sessualità – anche tenendo conto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere – soprattutto di preadolescenti, adolescenti e giovani e dei loro educatori;

c.       che le Chiese locali vigilino e operino affinché nei vari contesti formativi (gruppi, associazioni, movimenti, nuove comunità, Seminari e percorsi di formazione religiosa) non avvengano forme di abuso psicologico, spirituale e di coscienza, anche nell’ambito dell’orientamento sessuale;

d.      che le Chiese locali, sostenute da una proposta nazionale, con il contributo della pastorale giovanile e familiare, dei movimenti, associazioni, gruppi e realtà civili, offrano percorsi di sostegno alla genitorialità e di accompagnamento pastorale degli sposi e delle famiglie nei primi anni di vita insieme.

 

A fianco di quanti hanno subito abusi in ambito ecclesiale

32.       Molestie, abusi di potere, di coscienza e sessuali in ambito ecclesiale rappresentano una grave offesa alle persone, fatte a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), e quindi al Creatore e al suo sogno sull’umanità. La Chiesa, senza nascondere criticità, resistenze e dinamiche sedimentate che talvolta hanno contrastato la corretta attenzione e salvaguardia verso i minori e le persone vulnerabili (cfr. Vos estis lux mundi, art. 4 § 2-3), persegue la costruzione di una cultura di contrasto all’abuso a partire dalla formazione di tutti gli operatori ecclesiali. «Per questo motivo la formazione degli accompagnatori spirituali – presbiteri o meno – è molto delicata e, insieme, urgente» (Lineamenti, 35). La cura e l’affiancamento dei battezzati deve avere come meta il lasciar andare, il far crescere, il liberare.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, anche attraverso i Servizi diocesani per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, accolgano e si prendano cura di quanti hanno subito violenze e realizzino iniziative con e per loro, promuovendo misure di giustizia riparativa;

b.      che le Chiese locali si impegnino a ridurre il rischio di abusi, continuando a favorire e a implementare l’attività di prevenzione e l’applicazione delle Linee guida nazionali;

c.       che le Chiese locali collaborino con istituzioni e società civile per il sostegno delle vittime e dei familiari e per assicurare il corretto svolgimento di ogni fase dell’accertamento della verità dei fatti.

 Le terre nuove

 Linguaggi rinnovati e ambiente digitale

33.       La Chiesa si cimenta in nuovi linguaggi «non per un semplice lavoro strumentale di adattamento e condiscendenza ma per un esercizio spirituale di riconoscimento del vissuto umano come luogo teologico, in virtù del principio dell’Incarnazione» (Lineamenti, 21). La comunicazione, del resto, è strutturale nella comunità cristiana: l’annuncio avviene sempre in una relazionalità comunicativa, ridefinendo lo spazio e il tempo dell’atto comunicativo. Con sobrietà e competenza, dunque, i cristiani sono chiamati ad abitare tutti gli ambienti di vita in cui si svolge l’esistenza delle persone, compreso quello digitale che richiede una formazione adeguata.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali costituiscano, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, équipe per la pastorale digitale, che si avvalgono di esperti e professionisti per elaborare un piano integrato di comunicazione;

b.      che gli organismi della CEI promuovano percorsi educativi per una presenza consapevole della Chiesa nei social media in modo da aiutare a raccontare la bellezza del Vangelo, anche contrastando fake news e post-verità.

 

Il coraggio di immaginare

34.       Consapevole che la sete di interiorità non è meno ardente «rispetto ai decenni passati, anche se spesso non si incanala in forme istituzionali» (Lineamenti, 34), la Chiesa, nel suo servizio al sogno di Dio in atto nella storia, dialoga con il mondo delle arti, dalla pittura alla musica, dalla letteratura al cinema, dalla poesia alla street art al teatro – non per “addomesticarlo”, ma per coltivare una sana inquietudine, farsi provocare dalle sue intuizioni, tenere vivo il desiderio di terre e cieli nuovi, custodire la speranza.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali creino spazi di incontro e di confronto, laboratori creativi, percorsi di formazione e di “educazione alla bellezza”, valorizzando le realtà esistenti e favorendone di nuove, anche mediante la concessione di ambienti e finanziamenti;

b.      che le Chiese locali attingano ai multiformi linguaggi artistici per sperimentare forme innovative di catechesi e annuncio;

c.       che le Chiese locali valorizzino il proprio patrimonio artistico, integrandolo nella pastorale, mediante iniziative stabili rivolte alle nuove generazioni, alle famiglie, agli immigrati, ai turisti e formando operatori competenti.

 

 

La comunità che celebra

 35.       La distanza percepita tra le celebrazioni liturgiche e la vita concreta delle persone rende necessario ripensare gesti, linguaggi e stili, come pure un’iniziazione ai gesti e ai linguaggi della liturgia e una cura particolare dell’ars celebrandi. Si tratta di «riscoprire come la liturgia – che dà forma all’assemblea e al tempo stesso prende forma da essa – vada adattata, senza essere snaturata, coniugando il libro liturgico con la vita dell’uomo e trovando un equilibrio tra quanto prevede il rito e quanto è da costruire» (Lineamenti, 22).

 Celebrazioni liturgiche e comunità

36.          Le celebrazioni liturgiche devono tornare ad essere esperienze significative, attrattive e accessibili (cfr. Lineamenti, 22), in modo da iniziare gradualmente i fedeli al Mistero. Nel celebrare si abbia particolare cura ad accogliere e a includere quanti vivono «difficoltà dovute a disabilità fisiche o psicologiche, cultura differente, età, situazioni di vita» (Lineamenti, 25).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali promuovano la creazione di gruppi liturgici competenti che, grazie al contributo di vocazioni, carismi e ministeri diversi, e con il supporto di strumenti di analisi sociale, curino la preparazione e la qualità delle celebrazioni liturgiche (sacramenti, sacramentali, Liturgia delle Ore) e degli altri momenti di preghiera, la domenica come giorno della comunità, il decoro e l’accessibilità degli spazi liturgici;

b.      che le Chiese locali, in una logica iniziatica al rito, procedano alla creazione di veri e propri laboratori liturgico-spirituali in cui educare al senso profondo della liturgia e sperimentare forme celebrative più accessibili e comprensibili (liturgie della Parola, veglie, celebrazioni penitenziali, etc), anche valorizzando le possibilità di scelta e di adattamento già previste nei libri liturgici;

c.       che la CEI, nel lavoro di revisione della traduzione della Liturgia delle Ore e di altri libri liturgici (in prospettiva anche del Messale romano), presti particolare attenzione al linguaggio affinché, nella sobrietà e nella bellezza che deve caratterizzarlo, sia comprensibile alla luce dell’uso e della cultura attuali;

d.      che la CEI studi strumenti per l’alfabetizzazione liturgica e spirituale delle nuove generazioni, valutando anche l’opportunità di una nuova edizione del Lezionario e del Messale per la Messa dei fanciulli, quale possibile strumento di iniziazione all’agire rituale;

e.       che la CEI aggiorni le “Norme per la trasmissione televisiva della Santa Messa”, tenendo conto anche delle nuove tecnologie.

 La parola profetica delle nuove generazioni

 37.       I giovani sono soggetti di evangelizzazione e non soltanto destinatari dell’azione pastorale, attori creativi e responsabili con un ruolo decisivo nella vita della Chiesa (cfr. Christus vivit, 202-203). Nel Cammino sinodale è emersa l’urgenza che tale protagonismo sia riconosciuto, compreso e valorizzato, in un contesto di alleanza intergenerazionale in cui l’intera comunità recuperi pienamente la propria responsabilità educativa verso le nuove generazioni. Tale responsabilità deve essere ripensata alla luce di nuove esigenze, alle quali non è più possibile rispondere replicando gli schemi del passato.

 Giovani protagonisti

38.       La vita dei giovani è un’antenna sul presente e sul futuro delle nostre comunità da riconoscere, ascoltare e discernere. La consapevolezza che «anche i giovani hanno un contributo da dare alla riforma sinodale della Chiesa» e che «essi sono particolarmente sensibili ai valori della fraternità e della condivisione, mentre respingono atteggiamenti paternalistici o autoritari» (Documento finale del Sinodo 2024, 62), spinge la Chiesa a promuovere occasioni sistematiche di incontro e dialogo tra le generazioni, in vista di un rinnovamento in chiave missionaria.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.      che le Chiese locali ripensino spazi giovani e ne creino di nuovi, nei quali i giovani possano essere responsabili in prima persona, crescendo nella capacità di discernere e servire, in dialogo con le figure educative della comunità. Si incentivino inoltre le esperienze di vita comune degli adolescenti e dei giovani, come opportunità di vita evangelica e di maturazione personale;

b.      che le Chiese locali sviluppino percorsi formativi ed esperienze che abilitino i giovani alla cittadinanza attiva e li rendano protagonisti della vita della Chiesa e della società;

c.       che la CEI istituisca un fondo specifico ordinario e stabile per progetti di Pastorale giovanile che mettano al centro le scelte maturate nel Cammino sinodale e coordini gli Uffici pastorali nazionali, le associazioni e i movimenti interessati per elaborare proposte formative nazionali condivise e altamente qualificate, anche realizzando una piattaforma online open-source dove rendere disponibili linee guida e buone pratiche.

 

Accompagnare il cammino dei giovani

39.       «La comunità svolge un ruolo molto importante nell’accompagnamento dei giovani, ed è la comunità intera che deve sentirsi responsabile di accoglierli, accompagnarli, motivarli, incoraggiarli e stimolarli» (Christus vivit, 243) nel loro cammino di crescita umana, di fede e vocazionale, anche valorizzando le esperienze di volontariato come preziosa opportunità di maturazione e discernimento. Un tale compito chiede che ci siano adulti preparati, sia mediante itinerari formativi multidisciplinari, sia attraverso la costruzione di reti e alleanze che consentano di affrontare in modo integrato la complessità delle sfide educative di oggi, accentuata e sollecitata dai nuovi sistemi di intelligenza artificiale.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali investano nella costruzione di percorsi di formazione per educatori di adolescenti e giovani, avvalendosi della sinergia tra la Pastorale giovanile, scolastica, vocazionale e familiare, insieme con le associazioni e i movimenti;

b.      che le Chiese locali, tramite gli organismi competenti, rilancino la pastorale d’ambiente e promuovano sul territorio diocesano o parrocchiale, la costruzione di patti culturali ed educativi, coinvolgendo le scuole, gli enti del terzo settore e le istituzioni locali;

c.       che le Chiese locali promuovano l’offerta formativa delle scuole e delle università cattoliche, sostenendone la presenza, curando la loro integrazione nella pastorale diocesana e incoraggiando il dialogo con le altre istituzioni educative;

d.      che le Chiese locali organizzino regolarmente occasioni di confronto e di ascolto degli insegnanti (in particolare di religione cattolica), degli educatori, animatori e allenatori sportivi, per meglio comprendere bisogni e linguaggi dei giovani;

e.       che la CEI, con il supporto di aggregazioni laicali e istituti religiosi, crei una piattaforma nazionale online dove far conoscere le buone pratiche, con le indicazioni per renderle replicabili.


Parte II

La formazione sinodale e missionaria dei battezzati

  

Il Noi dei credenti: co-educarci alla fede e alla vita cristiana

 40.       Il Cammino sinodale, insieme con l’ultimo Sinodo dei Vescovi, ci ha fatto riscoprire la visione ecclesiologica del Concilio Vaticano II. In particolare è stata risvegliata la coscienza di essere “popolo di Dio” (cfr. Lumen gentium, cap. II) con le sue implicazioni teologiche e pastorali: il fondamento battesimale della corresponsabilità di tutti; la medesima dignità in Cristo di tutti i christifideles, ministri ordinati e laici, uomini e donne; la pluralità di doni, carismi e ministeri che arricchiscono il corpo ecclesiale e rendono possibile l’unica missione messianica a servizio del regno di Dio; l’apertura universale a tutte le persone e a tutte le culture; il cammino permanente nella storia verso il compimento e il carattere storico delle sue istituzioni. La comunione ecclesiale nasce e vive dell’annuncio del Vangelo, donato e accolto nella libertà (cfr. Lumen gentium, 17), e della sua comprensione sempre più approfondita, grazie all’apporto di carismi, esperienze, competenze, riflessioni di tutti e tutte segnati dall’unzione dello Spirito (cfr. Lumen gentium, 12) e dalla predicazione di coloro che dallo stesso «Spirito hanno ricevuto carisma certo di verità» (Dei verbum, 8). Tutti e tutte nella Chiesa sono quindi soggetti attivi di questa dinamica sinodale e missionaria: tutti ascoltatori della Parola di Dio, che genera e plasma sempre più profondamente l’identità dei credenti in Cristo; tutti discepoli alla sequela di Gesù e testimoni di una salvezza che si dà nelle relazioni di amore (cfr. Lumen gentium, 9); tutti missionari nella vita quotidiana. Tutti sono portatori di una parola unica e quindi soggetto co-costituenti il “Noi dei credenti”: nessuno è solo destinatario della azione pastorale o annunciatore solitario della fede cristiana. La testimonianza comunitaria, data in e da relazioni significative di amore e servizio reciproco, è imprescindibile medium nella missione ecclesiale nel mondo (Gv 13,34-35). Ogni battezzato e la comunità nel suo insieme hanno bisogno di acquisire e approfondire il senso della fede e di maturare le parole per proclamarla in modo più adeguato e significativo, nelle diverse fasi della vita e nell’attuale contesto socio-cultuale.

 41.       Superando letture riduttive e parziali dell’evento sacramentale, possiamo ritornare a cogliere l’Iniziazione Cristiana come dinamica (formativa e sacramentale) generatrice di una identità cristiana ed ecclesiale, che si sviluppa e matura progressivamente, sempre aperta a nuovi apporti e stimoli e in cammino verso la piena maturità del discepolo-missionario, attivo e responsabile protagonista nella vita e nella missione personale ed ecclesiale, così come nella testimonianza nella società. La formazione avviene nella comunità e come comunità, nei diversi livelli e luoghi in cui la Chiesa vive (dalla casa alla parrocchia, dalla diocesi alle comunità religiose, dalle associazioni e movimenti agli ambiti di impegno sociale); si educa nelle relazioni e ci si educa insieme alla fede e alla vita cristiana, tutti, in ogni fase della vita e qualsiasi sia il ministero a noi affidato dalla Chiesa.

 42.       Come già ricordavano i documenti della CEI Comunicare il vangelo in un mondo che cambia (2000), Educare alla vita buona del Vangelo (2010) e Incontriamo Gesù (2014), la formazione deve essere integrale, capace di toccare tutte le dimensioni della vita (affettiva, intellettuale, spirituale, etica, etc), e capace di sviluppare la capacità di integrazione di dimensioni e saperi diversi e di confronto con esperienze e ambiti molteplici (includendo l’ambiente digitale); deve quindi privilegiare un approccio interdisciplinare e prevedere il ricorso a linguaggi diversificati (preverbali, verbali, analogici e simbolici); deve garantire la riflessione sull’esperienza e l’apprendimento attivo, favorendo l’ottica mistagogica più che puntare tutto sulla formazione previa. La proposta formativa e catechistica deve riconoscere e accogliere la ricerca di spiritualità e di fede, che si dispiega oggi in luoghi e forme differenti rispetto anche al recente passato.

 43.       Il Documento finale del Sinodo 2024, nella sua quinta parte (140-151), prospetta gli ambiti e i soggetti, le dinamiche e le modalità per un’autentica formazione dei battezzati alla sinodalità e alla missionarietà. In questo orizzonte, richiamando i principi e le traiettorie indicate nei Lineamenti (26-43) e i criteri e le proposte suggerite nello Strumento di lavoro (schede 7-10), le Chiese locali in Italia sono chiamate ad accompagnare i battezzati nelle diverse fasi della vita, prospettando itinerari formativi differenziati, a partire da una rinnovata attenzione a giovani e adulti, valorizzando in particolare i passaggi di vita; a rinnovare le proposte per l’Iniziazione Cristiana di bambini e ragazzi, superando quanto oggi appare segnato da linguaggi e modalità obsolete e riaffermando ciò che è essenziale per una educazione alla vita cristiana personale e comunitaria, alla preghiera, al servizio; a promuovere una formazione integrale, continua, condivisa, in particolare per coloro che hanno responsabilità educative nei confronti di altri fedeli (genitori, operatori pastorali laici e ministri ordinati, insegnanti, religiosi/e). Il coraggioso rilancio formativo a cui le proposte di questa seconda parte del documento rimandano è essenziale per avviare processi trasformativi in una Chiesa sinodale. Al tempo stesso, l’insieme delle stesse va considerato nella prospettiva di una opportuna attuazione progressiva e sistematica, accompagnata nelle sue diverse fasi in seno alle singole Chiese locali.

 Una Chiesa di discepoli missionari: adulti nella fede

 Formare alla maturità della fede

44.       Per attuare la conversione sinodale e missionaria sarà indispensabile investire nella formazione degli adulti, affinché ogni battezzato, secondo la sua vocazione, possa contribuire in maniera matura e responsabile alla missione della Chiesa. Nella comunità tutti sono discepoli missionari, «nessuno è puramente destinatario della formazione: tutti sono chiamati ad essere soggetti attivi e hanno qualcosa da donare agli altri» (Documento finale del Sinodo 2024, 144). Un particolare contributo può venire anche dalla valorizzazione del laicato associato nelle sue diverse espressioni, in quanto esso può offrire un significativo sostegno al protagonismo missionario di tutti i laici e le laiche nel dialogo e nella collaborazione con le diverse istanze della società contemporanea (educazione, formazione, lavoro, professioni, cultura, comunicazione, economia, politica..., etc).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali investano in risorse per riqualificare la formazione ecclesiale per adulti e giovani adulti, in modo da rispondere maggiormente al bisogno di accompagnare tutti i battezzati alla maturazione della propria vocazione e testimonianza cristiana, in ogni situazione, età, stato e passaggi di vita; valorizzino la vita e l’esperienza comunitaria come primo luogo in cui formarsi a partecipare attivamente alla missione della Chiesa nella società, secondo i propri carismi;

b.      che le Chiese locali rafforzino e incentivino la sinergia tra le associazioni, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità promuovendo percorsi, anche intergenerazionali, centrati sulla partecipazione condivisa ai momenti essenziali della vita comunitaria.

 Mettendo al centro la Parola di Dio

45.       La Parola di Dio è il primo strumento della formazione alla fede, principio fondativo della missionarietà dei credenti. Alla sua lettura e meditazione ha fortemente invitato il Concilio Vaticano II, ribadendo che ignorare le Scritture significa ignorare Cristo (cfr. Dei verbum, 25). Nel ripensare le proposte formative per la maturazione della fede dei battezzati e per mettere nelle mani dei credenti il primo strumento per nutrire il loro rapporto con il Signore, dalle diocesi emerge fortemente il desiderio di un’esperienza cristiana meno formale, capace di costruire relazioni fraterne fondate sull’ascolto condiviso della Scrittura, per imparare ad integrare la fede nei diversi ambienti di vita (cfr. Lineamenti, 32). Alla luce del Cammino sinodale sarà quanto mai opportuno che nell'approfondimento della Scrittura si faccia ricorso anche al metodo della conversazione nello Spirito, affinché la Parola pregata ed interiorizzata diventi esperienza di fede vissuta nel quotidiano.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali incoraggino e coordinino iniziative per l’ascolto e l’approfondimento comunitario della Parola di Dio, anche in contesti domestici, consapevoli che la qualità evangelica delle relazioni interpersonali è decisiva per la testimonianza che il popolo di Dio è chiamato a dare nella storia;

b.      che le Chiese locali, in collaborazione con i diversi Uffici diocesani e le realtà ecclesiali, predispongano e sostengano percorsi e sussidi per approfondire la Parola di Dio, anche in contesti accademici, con un’attenzione particolare all’utilizzo dei nuovi linguaggi digitali.

 La liturgia come alimento per la vita cristiana

46.       La vita sacramentale, e in particolare la liturgia eucaristica, è un importante alimento della fede. Spezzando insieme il pane si diventa sempre più corpo di Cristo che si riceve nell’eucaristia. Il popolo di Dio avverte con sempre maggiore urgenza il bisogno che le celebrazioni dei sacramenti siano occasioni di maggiore consapevolezza in questo senso, affinché la liturgia, nei suoi simboli e nelle sue parole, manifesti quel valore mistagogico che la Chiesa antica le ha sempre riconosciuto. Il divario percepito tra liturgia e vita mostra l’urgenza di intraprendere seri cammini di formazione liturgica e di incentivare forme di coinvolgimento rituale che favoriscano la partecipazione attiva e affinino l’arte del celebrare (cfr. Lineamenti, 22).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali – anche in collaborazione con le istituzioni accademiche – offrano percorsi di formazione qualificati aperti a tutti e specialmente a chi esercita un servizio all’interno della comunità;

b.      che sia rivolta una cura particolare all’arte del presiedere, perché si eviti il vuoto formalismo e si faccia attenzione a non scadere nella banalità.

 Revisione nazionale dei testi liturgici e del repertorio dei canti

47.       È necessario fare il quadro della situazione dell’adattamento delle edizioni tipiche dei libri liturgici da parte delle Chiese che sono in Italia, interrogandosi in particolare sull’efficacia comunicativa dei testi eucologici. Vista limportanza della musica nella liturgia, consapevoli che rappresenta uno degli strumenti principali di partecipazione attiva e di coinvolgimento dell’assemblea, si dia attenzione e cura alla formazione degli operatori liturgico-musicali e al repertorio dei canti.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che la CEI avvii una riflessione sui libri liturgici in uso, in vista di un possibile adattamento delle edizioni tipiche;

b.      che si dia particolare cura alla formazione degli operatori liturgico-musicali e si avvii una revisione e un aggiornamento continuo del repertorio dei canti liturgici a livello nazionale e diocesano.

 Celebrazione dei passaggi dell’Iniziazione Cristiana

48.       A partire dal riconoscimento del «vissuto umano come luogo teologico, in virtù del principio dell’Incarnazione» (Lineamenti, 21), il Cammino sinodale ha evidenziato che la delicatezza e la significatività di alcuni momenti della vita meritano una particolare attenzione celebrativa nei sacramenti e nei sacramentali.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali abbiano cura dei passaggi di vita, valorizzando quanto previsto nei percorsi di Iniziazione Cristiana e riscoprendo le proposte rituali del Benedizionale per le varie situazioni di vita;

b.      che si avii una riflessione sulla celebrazione del sacramento della Riconciliazione al termine dell’itinerario di Iniziazione Cristiana (cfr. CDC, can. 914).

 Importanza dell’omelia

49.       L’omelia è una occasione privilegiata di formazione sulla parola di Dio. I testi biblici costituiscano il cuore della predicazione, in modo che il lezionario liturgico appaia, secondo la sua ratio, come un cammino di approfondimento delle Scritture, utili a illuminare la vita. Si avverte, infatti, il bisogno di omelie capaci di nutrire il proprio cammino di fede. Si ponga dunque speciale attenzione alla loro qualità contenutistica e comunicativa (Evangelii gaudium, 135-144).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali vigilino sulla qualità della predicazione e forniscano strumenti per uno svolgimento sempre migliore di tale ministero, offrendo percorsi di formazione qualificata per chi esercita l’arte del presiedere e, in special modo, per chi tiene l’omelia durante le celebrazioni.

b.      la CEI definisca con chiarezza in quali situazioni e con quali modalità è possibile affidare ai laici la presidenza di celebrazioni non eucaristiche e la predicazione, in conformità con quanto previsto dal Codice di Diritto canonico (cfr. CDC, can. 766) e in vista di un rafforzamento della loro partecipazione attiva nella liturgia.

 Vita interiore e accompagnamento personale

50.       Prendersi cura della formazione e della crescita nella santità dei battezzati vuol dire anche dedicare un maggiore tempo all’ascolto e all’accompagnamento personale. Il primato delle relazioni sull’organizzazione «trova nell’accompagnamento spirituale un altro strumento concreto, […] il contesto più opportuno per la formazione della coscienza» (Lineamenti, 34- 35). Sono soprattutto le nuove generazioni a esprimere con il loro linguaggio la necessità di essere ascoltate e accompagnate nella scoperta del loro mondo interiore, là dove è possibile ospitare un’autentica vita di fede. Così come è maggiormente presente la richiesta di un accompagnamento per chi si riaccosta alla fede, è in fase di ricerca o si scontra con fallimenti e dolori. Insegnare a pregare (cfr. Lc 11,1) e accompagnare nei percorsi di fede è un carisma non esclusivo dei ministri ordinati, ma è un dono battesimale e va riconosciuto e favorito anche nei laici e nelle laiche (cfr. Discorso, 28 gennaio 2017).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che nelle Chiese locali siano promosse occasioni di formazione alla preghiera, alla lectio divina e alla meditazione cristiana; si sperimentino momenti di preghiera al di là della celebrazione eucaristica che in molti casi è l’unica forma di preghiera comunitaria praticata nelle parrocchie; si pensi a valorizzare la Liturgia delle Ore, soprattutto nelle chiese dei centri urbani;

b.      che nelle Chiese locali siano promosse forme di accompagnamento personale e si investa in percorsi di formazione specifica per chi si occupa di questo ministero (ministri ordinati, consacrate e consacrati, laiche e laici).

 Valorizzazione della pietà popolare

51.       La pietà popolare appartiene anch’essa alle “preghiere” del popolo di Dio e può essere una risorsa nei contesti nei quali rappresenta un’eredità viva, nella misura in cui conserva la sua forza comunicativa e la sua capacità di far crescere nella fede (cfr. Evangelii gaudium, 122-126). Si vigili dunque su possibili derive o deviazioni superstiziose o individualistiche.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, si impegnino a riconoscere e valorizzare tradizioni e riti della pietà popolare come risorse per l’evangelizzazione, vagliandone attentamente la qualità evangelica.

 Sviluppare sinergie e percorsi formativi unitari

52.       L’efficacia della formazione necessita anche di un rinnovamento dei modelli formativi. Mettere in rete a livello diocesano, interdiocesano e regionale, le competenze e le esperienze degli Uffici diocesani, delle associazioni, dei movimenti e delle nuove comunità, insieme alle istituzioni preposte alla formazione teologica, ad esperti e alle altre realtà educative presenti sul territorio, può consentire di definire proposte e progetti qualificati e condivisi.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, elaborino linee condivise per il rinnovamento della formazione teologico-pastorale in stretta sinergia con le Facoltà, gli Istituti teologici e gli Istituti Superiori di Scienze Religiose, facendo in modo che queste realtà accademiche diventino anche poli per la formazione unitaria di presbiteri, diaconi, catechisti, insegnanti di religione cattolica, responsabili e operatori pastorali dei diversi ambiti;

b.      che le Chiese locali abbiano cura di inserire nella formazione i grandi temi dell’attualità, strutturando dei veri e propri laboratori di dialogo per accompagnare la ricerca di senso degli uomini e delle donne di oggi, in collaborazione con le realtà presenti sul territorio e per orientare o proporre iniziative progettuali, nello spirito e attraverso lo studio del Magistero e della Dottrina Sociale della Chiesa.

 Formatori e accompagnatori competenti

53.       Nel rinnovamento dei percorsi formativi per adulti e giovani adulti la comunità ecclesiale ha la responsabilità di «iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa arte dell’accompagnamento» (Evangelii gaudium, 169). Per arricchire le competenze dei formatori è importante valorizzare anche le varie discipline che in ambito umanistico, psicologico, sociologico e pedagogico possono aiutare a qualificare e aggiornare le competenze dei formatori.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, promuovano lo studio e la proposta di percorsi qualificati per la formazione di accompagnatori della fede degli adulti e dei giovani adulti, con il coinvolgimento e il coordinamento degli Uffici competenti e la valorizzazione di centri specializzati.

b.      che le Chiese locali investano energie nel suscitare nuove vocazioni educative in tutti i campi, compreso l’insegnamento della religione cattolica nella scuola, presentandolo come una prospettiva professionale e culturale che realizza l’alleanza educativa tra Chiesa, scuola, famiglia e alunni.

 

 

Una Chiesa che genera: l’Iniziazione Cristiana

 Strutturare un progetto pastorale per l’Iniziazione Cristiana

54.       La formazione del popolo messianico comincia con l’Iniziazione Cristiana e in essa si radica per crescere e maturare nell’adesione al Vangelo lungo le stagioni della vita. Nel contesto italiano questo processo ha finora riguardato in maniera preponderante i bambini e i ragazzi, anche se oggi interessa sempre più frequentemente i giovani e gli adulti. L’esigenza emersa più volte di riformare in modo efficace i cammini di Iniziazione Cristiana non può essere ridotta ad aggiustamenti tecnici, ma va «inserita nel più ampio processo di riforma sinodale e missionaria a cui la comunità ecclesiale è chiamata in questo tempo» (Lineamenti, 29), considerando che proprio l’Iniziazione Cristiana offre «l’occasione di vivere concretamente la sinodalità» (Documento finale del Sinodo 2024, 117). L’intera comunità, infatti, è soggetto protagonista e responsabile dei processi iniziatici e madre feconda che «genera i suoi figli e rigenera sé stessa» (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 7; cfr. Incontriamo Gesù, 47-48.54).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regioni ecclesiastiche, elaborino un Progetto di Iniziazione Cristiana, coinvolgendo gli organismi di partecipazione e realizzando un tavolo che coinvolga tutti gli Uffici pastorali interessati, per superare la logica della delega alla sola catechesi e valorizzando i percorsi offerti dalle associazioni ecclesiali impegnate in campo educativo;

b.      che a livello nazionale si studino e si predispongano adeguati strumenti di mediazione utili alla progettazione e alla realizzazione dei cammini di Iniziazione Cristiana;

c.       che le Chiese locali promuovano la presenza e la formazione di figure di coordinamento dei catechisti e degli evangelizzatori – come il ministero istituito del catechista – attorno ai quali costituire le équipe di catechisti e di altri operatori pastorali.

 Orientamenti comuni per rinnovare i percorsi di Iniziazione Cristiana

55.       Molte Chiese locali auspicano un profondo rinnovamento dei percorsi di Iniziazione Cristiana, che valorizzi tutte le dimensioni della vita cristiana (celebrativa, caritativa, orante, cfr. At 2,42), il coinvolgimento della famiglia, la molteplicità dei linguaggi ed esperienze, le potenzialità racchiuse nei diversi periodi dell’anno liturgico, accompagnando bambini e ragazzi, giovani e adulti nella progressiva maturazione dell’atto di fede (cfr. Lineamenti, 27- 29).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che a livello nazionale si provveda a rinnovare gli strumenti per i percorsi iniziatici per le diverse età, specialmente per i bambini e i ragazzi, adottando un modello di formazione integrale che abbia un’attenzione particolare alla dimensione mistagogica ed esperienziale, faccia conoscere e vivere pratiche virtuose di vita cristiana (luoghi di spiritualità, arte, testimoni e santi), favorisca l’incontro con l’altro, la cura delle relazioni, l’educazione alla prossimità, l’ascolto e l’accoglienza dei più vulnerabili, dia centralità alla domenica e permetta di approfondire in modo esperienziale gli aspetti fondamentali dell’esistenza umana e cristiana che si intrecciano con l’anno liturgico (speranza, nascita, corpo e affetti, dolore e morte, vita eterna, spiritualità, comunità);

b.      che siano forniti orientamenti a livello nazionale sulla successione della celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, sulla Riconciliazione e sull’età del conferimento della Confermazione nell’itinerario dei ragazzi, così come sul ministero dei padrini e delle madrine, tenendo conto delle esperienze già in atto (tra cui quella dei padrini e madrine di comunità) e della loro specifica funzione di raccordo tra la famiglia e la comunità cristiana;

c.       che si valorizzi un Osservatorio specifico sull’Iniziazione Cristiana in Italia per sostenere a livello nazionale questo rinnovamento, sulla scia di quanto delineato nel documento Incontriamo Gesù, e per monitorare le “pratiche virtuose” in atto, condividere possibili sperimentazioni sul campo, individuare e far conoscere gli elementi di forza che contribuiscono a questo processo, così da accompagnare il rinnovamento e la strutturazione dei progetti diocesani di Iniziazione Cristiana.

 Allargare l’orizzonte dei percorsi iniziatici

56.       Il modello catecumenale proprio dell’Iniziazione Cristiana «diventa il paradigma per la formazione in generale» (Lineamenti, 30). In questa prospettiva di rinnovamento non è più rimandabile nelle comunità l’avvio di percorsi per e con gli adulti che sappiano intercettare la vita quotidiana e raccordarla con il Vangelo (cfr. Incontriamo Gesù, 24). La conversione missionaria della pastorale aiuterà le comunità a proporre percorsi di primo o di secondo annuncio agli adulti che incrociano la vita della parrocchia, fondati su un approfondimento del kerygma nella propria situazione di vita (cfr. Evangelii gaudium, 165-166). Le comunità cristiane dovranno avere una particolare attenzione a partire da chi chiede l’Iniziazione Cristiana dei figli, favorendo un’accoglienza rispettosa e gratuita di quanti a distanza di anni possono tornare ad interrogarsi sul dono della fede.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali preparino specifiche équipe per l’accompagnamento e il sostegno delle famiglie nei percorsi di Iniziazione Cristiana, valorizzando innanzitutto le proposte di pastorale per le famiglie con bambini da 0 a 6 anni;

b.      che a livello nazionale si formulino proposte, con sussidi adeguati, per l’accompagnamento nella fede per le famiglie;

c.       che le Chiese locali, anche valorizzando le associazioni, i movimenti e le nuove comunità in esse operanti, istituiscano percorsi per annunciare il kerygma in specifici contesti di vita – come le situazioni di cambiamento o di particolare fragilità – rendendole vere e proprie soglie di accesso o di approfondimento della fede.

 Il Servizio diocesano per il Catecumenato

57.       Nella nostra realtà italiana, il Servizio per il Catecumenato appare sempre più necessario dinanzi alle attuali sfide dell’evangelizzazione e alla necessità di attuare proposte sempre più qualificate. Un numero crescente di adulti chiede di accedere ai percorsi di Iniziazione Cristiana o di completare il percorso già iniziato da bambini. Questo servizio di accompagnamento va affidato a fratelli e sorelle adeguatamente formati, che siano espressione della comunità che genera alla e nella fede, anche avvalendosi dell’esperienza di realtà ecclesiali da tempo impegnate su questo fronte.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali, dove non fosse presente, si dotino del Servizio per il Catecumenato, aprendolo non solo agli adulti che desiderano intraprendere il cammino dell’Iniziazione Cristiana, ma anche a quelli che, pur battezzati, riscoprono la fede dopo tempi di abbandono o che sono provenienti da altre confessioni cristiane.

 Il Servizio per le persone con disabilità

58.       Nelle nostre comunità cristiane va «rafforzata e diffusa la cura di percorsi catechistici inclusivi» (Incontriamo Gesù, 56), affinché tutti, in qualsiasi situazione si trovino, possano sentire la gioia e il dono di appartenere alla Chiesa.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, istituiscano e promuovano il Servizio per la pastorale delle persone con disabilità che, essendo trasversale a tutte le età, sostiene i progetti di vita, rafforza l’inclusione nei percorsi di catechesi, nelle celebrazioni liturgiche, nelle iniziative di fraternità e nell’accessibilità ai luoghi di vita della comunità e del territorio, anche attraverso l’elaborazione di strumenti specifici e la promozione di una rete con le realtà territoriali e associative presenti, le famiglie e i caregivers.

 

 Una Chiesa che educa: formazione integrale, continua e condivisa

 Formazione sinodale, integrale e permanente dei formatori

59.       Un punto centrale per il rinnovamento della formazione ecclesiale in senso sinodale e missionario passa attraverso la formazione degli operatori pastorali (ministri ordinati, laiche e laici, consacrate e consacrati) chiamati ad essere formatori, educatori, guide nella comunità cristiana. Tale formazione deve configurarsi sempre di più come «integrale, continua e condivisa. Il suo scopo non è solo l’acquisizione di conoscenze teoriche, ma la promozione di capacità di apertura e incontro, di condivisione e collaborazione, di riflessione e discernimento comune, di lettura teologica delle esperienze concrete. Deve perciò interpellare tutte le dimensioni della persona (intellettuale, affettiva, relazionale e spirituale)» (Documento finale del Sinodo 2024, 143), le fasi di transizione e gli ambiti di vita. Senza trascurare l’importanza dei contenuti della fede e la centralità della Parola di Dio, la formazione dei formatori deve armonizzare le diverse dimensioni della persona, improntandosi sulla narrazione di sé, sulla riflessività a partire dall’esperienza personale e pastorale e sull’utilizzo delle diverse arti espressive, non tralasciando l’importanza dell’aggiornamento teologico, ministeriale, culturale, sociale e politico.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, in sinergia con le istituzioni educative ed accademiche ecclesiali, le associazioni e i movimenti ecclesiali, utilizzando l’apporto di diverse discipline e competenze culturali, costituiscano un Servizio diocesano per la formazione permanente che curi la formazione integrale di tutti gli operatori pastorali (ministri ordinati, laiche e laici, consacrate e consacrati);

b.      che la CEI avvii a livello nazionale una ricerca quantitativa e qualitativa sulle condizioni di vita e sui principali bisogni formativi dei presbiteri, dei diaconi, dei consacrati e di alcune categorie di altri operatori pastorali.

 Formazione permanente alla sinodalità

60.       All’interno delle proposte di formazione permanente per chi opera nella pastorale vanno studiate le opportunità per una formazione condivisa fra tutti i componenti del popolo di Dio, ministri ordinati, consacrati e laici insieme, per crescere in quanto appreso attraverso il metodo della conversazione nello Spirito e la pratica del discernimento ecclesiale (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 79-108; Tracce per la fase attuativa del Sinodo, 7 luglio 2025).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali offrano opportunità per una formazione permanente sistematica, generativa e condivisa, capace di far maturare lo stile sinodale fra le diverse componenti del popolo di Dio, mediante strumenti predisposti a livello nazionale o diocesano, e di far crescere nella pratica del discernimento ecclesiale.

 Formazione iniziale e permanente dei ministri ordinati

61.       Una particolare attenzione va posta alla formazione dei ministri ordinati, data l’importanza del loro servizio per la conversione sinodale e missionaria delle comunità, attuando gli Orientamenti e le norme per i seminari della CEI (8 dicembre 2024). Il Cammino sinodale ha auspicato «una formazione più capace di sostenere stili sinodali di ministero presbiterale, contro il rischio del clericalismo», con particolare attenzione alle esperienze comunitarie per «crescere nella formazione reciproca e nella capacità di vivere la corresponsabilità» (Lineamenti, 39). Perché ciò avvenga «è necessario che [la corresponsabilità] si attui come scambio di doni tra vocazioni diverse (comunione), nell’ottica di un servizio da svolgere (missione) e in uno stile di coinvolgimento e di educazione alla corresponsabilità differenziata (partecipazione)» (Documento finale del Sinodo 2024, 147).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

a.       che le Chiese locali offrano ai presbiteri percorsi di formazione permanente alla corresponsabilità ministeriale, pensati da équipe formative competenti allargate a laici e laiche, per far maturare competenze nel lavoro in gruppo, nell’esercizio dell’autorità e del potere in una logica di servizio, nella gestione dei conflitti, nella cura delle relazioni;

b.      che i Vescovi italiani istituiscano una commissione per verificare e studiare l’efficacia formativa dell’attuale forma e struttura dei Seminari.

 Formare alla cultura della tutela e della trasparenza

62.       Vivere pienamente processi decisionali imperniati sul discernimento ecclesiale chiede di «assumere una cultura della trasparenza» (Documento finale del Sinodo 2024, 80) e «della tutela» (Documento finale del Sinodo, 150) dei minori e di ogni soggetto vulnerabile, soprattutto da parte di coloro che svolgono incarichi di responsabilità o sono al servizio del discernimento ecclesiale.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:

che le Chiese locali prestino particolare attenzione al contributo che i Servizi diocesani per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili e i Consultori diocesani possono dare alla formazione dei presbiteri e di tutti coloro che operano nella pastorale, per verificare la qualità relazionale dei contesti ecclesiali, formando alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili così come alle forme di rendicontazione comunitaria e di prevenzione (safeguarding).


Parte III

La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità

 

 A servizio della comunione: rinnovarsi per crescere insieme

 

63.       In una Chiesa sinodale e missionaria tutti i battezzati, con pari dignità, sono soggetti partecipi e corresponsabili (cfr. Lineamenti, 44-63); tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo della salvezza (cfr. Lumen gentium, 12); tutti sono protagonisti attivi nella liturgia, in particolare nella celebrazione eucaristica (cfr. Sacrosantum concilium, 7; Lumen gentium, 10); tutti sono chiamati a contribuire alla vita ecclesiale con diversi carismi, ad assumere compiti e servizi specifici e a esercitarli con la libertà dello Spirito, nella Chiesa e nel mondo, per la crescita del regno di Dio (cfr. Lumen gentium, 32; Apostolicam actuositatem, 2-3). Il Documento finale del Sinodo 2024, dopo aver presentato la Chiesa come popolo di Dio, ha prospettato con estrema concretezza il contributo dei diversi soggetti ecclesiali nell’orizzonte di un’autentica cooperazione di tutti e tutte per l’unica missione (nn. 57-78), in un quadro di relazioni ecclesiali da rinnovare alla luce del Vangelo (nn. 50-52). L’esperienza ecclesiale e la riflessione sinodale si radicano da un lato nella visione ecclesiologica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa come popolo di Dio, dall’altro nello sviluppo pastorale post-conciliare, che ha visto emergere vari aspetti positivi: la maturazione in corresponsabilità e la formazione dei laici quali veri soggetti ecclesiali, e il correlato sviluppo di associazioni e movimenti laicali, espressione di spiritualità e carismi diversi; la nascita di varie forme di servizio e ministerialità laicale; il rinnovamento della vita consacrata; il contributo qualificante e caratterizzante delle donne (laiche e consacrate); la costituzione e il ruolo degli organismi di partecipazione.

 

64.       Nella Chiesa si sente il bisogno di relazioni più evangeliche ed ecclesiali, quindi più umane e fraterne. Si tratta tra l’altro di trovare modi più autentici per vivere il rapporto fra partecipazione e autorità. Questa ineludibile tensione va resa generativa. La conversione delle relazioni deve essere guidata dallo stile relazionale di Gesù – radicalmente libero, ospitale, fiducioso, giusto e misericordioso – e delle prime comunità cristiane: assiduità nell’ascolto dei maestri, nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere; condivisione dei beni e delle risorse; frequentazione dei luoghi della celebrazione; comunione gioiosa e semplice attorno alla tavola; lode a Dio; rapporto di simpatia con il mondo e con tutto il popolo (cfr. At 2,42-47). Ciò ha dei riflessi importanti sulla configurazione dei ruoli, dei carismi e dei ministeri, che richiede in questo momento storico un esercizio di grande creatività. La relazione tra uomini e donne chiama in causa una conversione relazionale fondamentale nella Chiesa. Quella relazione che si è significativamente modificata nella vita sociale richiede una trasformazione anche in ambito ecclesiale, attraverso scelte e processi concreti. La conversione delle relazioni contribuisce a nutrire la corresponsabilità, a rendere le nostre comunità più capaci di portare nel mondo il dono della pace che viene dal Signore, attraverso l’impegno concreto nei luoghi della vita quotidiana personale, familiare e sociale.

 

65.       La corresponsabilità e la partecipazione ecclesiali richiedono diverse forme di attuazione dei tria munera (profezia, sacerdozio e regalità), che sono radicati nel Battesimo. Dal momento che evangelizzazione e servizio al corpo ecclesiale non sono appannaggio del solo clero, è urgente riconoscere i carismi e le competenze di laici e laiche, consacrati e consacrate, accogliendo il contributo specifico di parola e testimonianza che tutti i battezzati offrono per la missione e l’edificazione della Chiesa. Pertanto, la corresponsabilità di laiche e laici non può essere ridotta alle sole forme di ministerialità, cioè all’assunzione di ruoli e compiti specifici pubblicamente riconosciuti e affidati dalla Chiesa per l’edificazione e la missione. Allo stesso tempo la conversione sinodale e missionaria comporta (cfr. Evangelii gaudium, 24 e 27) sia la valorizzazione di ministeri già esistenti (di fatto e istituiti), in particolare con il coinvolgimento di giovani, sia la promozione di nuovi ministeri, per un annuncio efficace e una reale prossimità di ascolto e di cura nei diversi ambiti di vita, in particolare a livello politico, sociale e culturale. In questo spirito sinodale e missionario, andrà ripensato il servizio di guida delle comunità cristiane, a fronte di forme di esercizio dell’autorità ancora monocratiche e clericali, non adeguate a una fisionomia sinodale e fraterna di Chiesa, favorendo la corresponsabilità di tutti i battezzati, in modo da superare definitivamente la logica ancora perdurante del clericalismo, che peraltro non minaccia solo i ministri ordinati, ma anche i laici. Andranno privilegiate forme di esercizio pastorale in équipe, il coordinamento delle molteplici ministerialità presenti, garantendo la presenza delle donne in ruoli di autorità e di guida (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 60). Diventa oggi essenziale creare spazi e utilizzare strumenti efficaci per la presa di parola e il dialogo tra tutti i battezzati e allo stesso tempo attivare organismi di partecipazione adeguatamente rappresentativi, nei quali si possa realizzare una lettura dei segni dei tempi e un discernimento comunitario per giungere ad elaborare insieme le necessarie decisioni (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 81-108). Per questo vanno migliorate le dinamiche comunicative e deliberative di cui la Chiesa necessita per il cammino comune, come ha affermato papa Leone XIV: «La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire» (Discorso alla CEI).

 

66.       Sia il cambiamento delle nostre comunità sia la trasformazione culturale che segna la società italiana stanno riplasmando la figura di Chiesa – a livello parrocchiale e diocesano – e le sue modalità di presenza nell’attuale contesto. Sono profondamente trasformate le nostre esperienze di vita a casa, a scuola, in chiesa, nel lavoro, nello sport, nei contesti privati e pubblici. Queste trasformazioni vanno sostenute e accompagnate con una lettura attualizzata dei documenti del concilio Vaticano II e del magistero della Chiesa italiana, con un’analisi approfondita del contesto sociale e culturale, con una elaborazione di progetti-pilota di rinnovamento pastorale e con la piena applicazione di tutte le facoltà già previste e regolate dal diritto canonico vigente. Il rinnovamento si dà anche attraverso un migliore coordinamento diocesano tra organismi esistenti, con eventuali riduzioni e accorpamenti, nell’adozione di metodi di lavoro più efficaci, che prevedano momenti di verifica e rendicontazione pastorale, nell’avvalersi del contributo di persone competenti, in un rinnovamento della legislazione canonica ove necessario. Lo sviluppo della sinodalità e della missione ecclesiali richiedono strumenti amministrativi, economici, gestionali che siano flessibili, sostenibili, trasparenti, espressione e mezzo di realizzazione dei valori evangelici di partecipazione, giustizia, solidarietà e che permettano di superare i rischi della burocratizzazione, della opacità amministrativa e della concentrazione del potere.

 

67.       Si rende necessaria quindi una decisa conversione sinodale e missionaria, in un comune cammino come Chiese in Italia anche nella fase di attuazione del Sinodo, rafforzando la sinodalità vissuta nei raggruppamenti di Chiese, sia a livello nazionale che regionale, senza trascurare le differenze esistenti tra le diverse aree geografiche e tra le Chiese locali, i bisogni, le risorse, la grandezza delle Chiese locali, che richiedono diverse modalità di recezione e di tempi di attuazione. Sono innumerevoli i cambiamenti che hanno segnato le strutture ecclesiali e l’esercizio dei ministeri nel corso della storia della Chiesa: oggi la mutata situazione socioculturale e la maturazione avvenuta sul piano ecclesiologico nella recezione del Concilio Vaticano II, a confronto con la sfida sinodale e missionaria, richiedono creatività e coraggio nell’elaborare nuove vie di partecipazione e cooperazione tra i diversi soggetti ecclesiali.

 

 

Parrocchie in conversione sinodale e missionaria

 

68.       Nelle trasformazioni del tessuto sociale ed ecclesiale, le parrocchie possono riconfigurarsi come comunità in grado di favorire la corresponsabilità missionaria, di generare esperienze di vita cristiana e di educare alla partecipazione e al bene comune attraverso l’ascolto e l’annuncio della Parola, la celebrazione eucaristica, la preghiera comune, la fraternità e la solidarietà (cfr. Evangelii gaudium, 28; Lineamenti, 63). In una società dove i luoghi della vita comunitaria si rarefanno sempre di più, e si moltiplicano i non-luoghi (spazi anonimi, inadatti alle relazioni autentiche), le parrocchie sono chiamate a far crescere la dimensione estroversa del loro essere comunità missionarie vincendo la tentazione di una routine autoreferenziale, e diventando un punto di riferimento e un luogo accogliente, aperto a persone delle più diverse matrici spirituali, culturali e sociali, desiderose di incontrarsi, dialogare e impegnarsi per il bene comune, al di là delle polarizzazioni a cui spingono gli algoritmi della comunicazione digitale. Ce lo ha richiamato ancora papa Leone XIV: «Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione» (Discorso alla CEI).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali, in vista di riconfigurazioni territoriali per una pastorale più integrata, tenendo presente gli specifici contesti sociali in cambiamento e in dialogo con le comunità coinvolte, creino forme stabili di collaborazione tra parrocchie presenti nello stesso territorio, mettendo al centro le esigenze delle persone che lì vivono, sia attraverso unità pastorali, sia attraverso una pastorale integrata e una collaborazione più stretta a livello di zone pastorali o foranie o vicariati in alcuni ambiti (ad esempio carità, pastorale giovanile e familiare, formazione degli operatori pastorali, dialogo con il territorio…), sia attraverso iniziative pastorali a livello di città, sia infine, dove appare utile per migliorare il servizio alle persone, attraverso la fusione di più parrocchie in una sola (accorpamento di parrocchie). In questi processi si coinvolgano le associazioni e i movimenti ecclesiali, così come gli istituti di vita consacrata presenti sul territorio;

b.      che la CEI rediga alcune Linee-guida sui modelli di unità pastorali, basandosi sulle esperienze attualmente in corso, per offrire alle Chiese locali criteri di discernimento circa il modello pastorale più adeguato da accogliere in un determinato territorio e per delineare il quadro giuridico canonico ed ecclesiastico di questi enti. Tali linee orientative andranno accolte tenendo conto degli specifici contesti territoriali e sociali, in un processo di discernimento delle comunità locali;

c.       che le Chiese locali, in vista di riconfigurazioni territoriali per una pastorale di prossimità, per garantire l’esperienza della vita ecclesiale nell’incontro con la Parola e nella prossimità ai fratelli, valutino la riarticolazione delle parrocchie o unità pastorali in “comunità di comunità”, piccole comunità vicine alla vita delle persone, tra loro coordinate, che favoriscano esperienze evangeliche di comunione e di servizio;

c.       che le Chiese locali promuovano un’animazione più sinodale delle comunità, costituendo “gruppi o équipe ministeriali” (diaconi, laiche e laici, consacrate e consacrati) o un “animatore di comunità” che, collaborando con il parroco, curi l’animazione pastorale e liturgica delle comunità più piccole e la gestione delle chiese e delle opere annesse, tenendo conto delle possibilità già presenti nel Codice di Diritto canonico (cfr. can. 517 § 2). Abbiano altresì cura che queste figure ricevano una formazione integrale, continua e adeguata al servizio ecclesiale loro affidato, perché maturino le necessarie competenze e i giusti comportamenti di comunione ecclesiale.

 

 

Organismi sinodali per il discernimento ecclesiale

 

69.       Perché sia autentica la comunione ha bisogno di tradursi nella partecipazione. Strumenti di tale partecipazione sono il Consiglio pastorale, il Consiglio per gli affari economici e gli altri organismi di partecipazione, di cui ogni diocesi e ogni parrocchia devono necessariamente essere dotate. Tenendo conto che a tutti i battezzati consta il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio del Vangelo si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo (cfr. CDC, can. 211), per una reale condivisione dei processi decisionali, è essenziale che nel confronto comunitario sia effettivamente rappresentata la varietà delle componenti della realtà parrocchiale e di quella diocesana (cfr. CDC, cann. 499 e 512, §2). In particolare, i laici abbiano la possibilità di esercitare il diritto-dovere loro proprio di apportare nell’azione pastorale della Chiesa la ricchezza delle loro esperienze di vita e della loro sapienza non solo nella pastorale ordinaria ma anche nei “luoghi dove si prendono le decisioni importanti” (Evangeli Gaudium 103, 104; cfr. CDC, can. 212, § 3 e can. 228).

La partecipazione che ci si propone di assicurare attraverso questi organismi è una postura ecclesiale che non si esprime secondo logiche meramente democratiche. Gli organismi sinodali, infatti, non sono “un parlamento” (cfr. Discorso, 4 ottobre 2023), dove una parte tende a prevalere sull’altra a colpi di maggioranza, ma autentiche assemblee ecclesiali che realizzano un discernimento spirituale, cioè animato dallo Spirito Santo. Da tale discernimento scaturisce la deliberazione, che «avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio»; allo stesso modo questa autorità decisionale dei pastori «non è incondizionata: un orientamento che emerga nel processo consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato» (Documento finale del Sinodo 2024, 92).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che i Vescovi costituiscano i Consigli pastorali nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle altre articolazioni territoriali ecclesiali (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 104).

b.      che le Chiese locali accompagnino l’efficace funzionamento di tutti gli organismi di partecipazione ai diversi livelli (anche vicariale o zonale), curando il raccordo con i diversi organismi e servizi diocesani, promuovendo la formazione dei loro membri, prevedendo un’adeguata presenza di giovani, adottando in questi organismi efficaci metodi di discernimento ecclesiale (attraverso la conversazione nello Spirito e altre forme) dall’ascolto alla decisione, fino al rendiconto e alla verifica delle scelte adottate.

c.       che la CEI crei un Servizio o Coordinamento nazionale a sostegno e orientamento del lavoro dei Consigli pastorali, dei Consigli per gli affari economici, attraverso la stesura di statuti e regolamenti tipo, la proposta di iniziative formative per i coordinatori dei Consigli stessi sui metodi partecipativi, decisionali e organizzativi, così come la consulenza per situazioni particolari.

d.      che la CEI valuti le modalità per inserire nelle sue Commissioni, insieme ai Vescovi, anche laici e laiche, presbiteri e diaconi, consacrati e consacrate;

e.       che le Chiese locali, per garantire che la partecipazione ecclesiale espressa dal Consiglio pastorale diocesano non rimanga confinata ad un gruppo ristretto, valorizzino tutti gli strumenti di partecipazione e ascolto del popolo di Dio, come l’Assemblea diocesana e parrocchiale, la Visita pastorale e il Sinodo diocesano quale «organo per la regolare consultazione da parte del Vescovo della porzione del Popolo di Dio che gli è affidata, come luogo di ascolto, di preghiera, di discernimento, in particolare quando si tratta di scelte rilevanti per la vita e la missione di una Chiesa locale. Il Sinodo diocesano può anche costituire un ambito di esercizio di rendiconto e valutazione» (Documento finale del Sinodo 2024, 108).

f.       che le Chiese locali riconoscano e valorizzino i Centri di Ascolto, già diffusi a livello diocesano e parrocchiale, come spazi sinodali permanenti, luoghi pastorali in cui l’ascolto condiviso delle persone e delle situazioni diventa fonte di discernimento comunitario, strumento di animazione e laboratorio di corresponsabilità ecclesiale;

g.      che le Chiese locali organizzino regolarmente un’Assemblea diocesana, curando anche la diffusione delle conclusioni in ambito parrocchiale e territoriale come forma ordinaria di verifica e rendicontazione dell’azione pastorale;

h.      che ogni diocesi convochi almeno una volta all’anno in seduta comune il Consiglio pastorale diocesano e il Consiglio presbiterale, per l’individuazione delle scelte pastorali prioritarie.

 

 

Guidare e animare insieme la comunità cristiana

 

70.       Nel suo imprescindibile ministero di guida e servizio all’unità della comunità ecclesiale, il Vescovo è il primo animatore dell’azione pastorale condivisa e sinodale (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 69-70). Padre e pastore dell’intera comunità (cfr. Christus Dominus, 16), il Vescovo promuove la “corresponsabilità differenziata” di tutti i battezzati all’unica missione della Chiesa (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 26; 77). In particolare, è chiamato ad avere una relazione personale innanzitutto con i suoi più stretti collaboratori, i presbiteri, per i quali deve essere come un padre, un punto di riferimento e una guida per la loro vita personale e pastorale. Gli stessi presbiteri hanno un compito primario nel testimoniare e favorire la conversione sinodale e missionaria. La natura originariamente comunionale del loro ministero presbiterale richiede di non compiere il loro servizio come soggetti solitari, ma quali membri del presbiterio (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 72) e del popolo di Dio, coinvolgendosi attivamente in processi decisionali condivisi, a cominciare da quelli degli organismi di partecipazione. Come indicato nel Documento finale del Sinodo 2024, i diaconi «esercitano il loro ministero nel servizio della carità, dell’annuncio e della liturgia, promuovendo nella chiesa una coscienza e uno stile di servizio verso tutti, specialmente verso i più poveri» (n. 73).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali promuovano il servizio di animazione pastorale della comunità sempre di più come lavoro di squadra tra presbiteri, diaconi, ministri istituiti e di fatto, laici e laiche, consacrati e consacrate, anche attraverso la formazione di “équipe pastorali” o “gruppi ministeriali” a servizio di una o più parrocchie o di una unità pastorale. Tale lavoro collaborativo e di rete richiede non solo un coordinamento funzionale, ma soprattutto una profonda comunione spirituale: i Vescovi incoraggino perciò le forme di vita comune e fraterna tra presbiteri, sperimentandone anche la possibilità con famiglie, diaconi, laici e laiche, consacrati e consacrate, come espressione profetica di una conversione sinodale e missionaria;

b.      che la CEI dia indicazioni per l’attuazione di quanto già previsto dal Codice di Diritto canonico (cfr. can. 517 § 2) per la partecipazione di diaconi, laici e laiche, consacrati e consacrate, a forme di collaborazione per la guida pastorale delle comunità (parrocchie, organismi diocesani, curie, vicariati, etc), facendo conoscere le nuove forme di corresponsabilità già in atto in alcune Chiese locali e promuovendone di nuove;

c.       che le Chiese locali promuovano il ministero del diaconato dove non è presente e lo valorizzino dove è presente, sia nelle parrocchie e unità pastorali sia nella pastorale d’ambiente. Per sostenere l’approfondimento teologico su questa figura e garantire una formazione adeguata, la CEI costituisca un Coordinamento nazionale e favorisca la creazione di Coordinamenti nelle Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica.

 Una Chiesa di donne e uomini insieme

 71.       «In forza del Battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione» (Documento finale del Sinodo 2024, 60). Il Cammino sinodale italiano ha rilevato ostacoli ad una piena corresponsabilità ecclesiale delle donne: tuttavia, riprendendo la visione teologica del Concilio Vaticano II sul rapporto tra cultura e vangelo (cfr. Gaudium et spes, 44), sull’apporto dei laici (cfr. Lumen gentium, 32), sulla denuncia di ogni forma di discriminazione (cfr. Gaudium et spes, 29) e sulla piena, consapevole e attiva partecipazione di tutti alle celebrazioni liturgiche (cfr. Sacrosanctum concilium, 14), è possibile oggi rimuovere gli stereotipi di genere e sviluppare una visione di guida ecclesiale innovativa, capace di dare spazio a dinamiche più comunicative e partecipative (cfr. Lineamenti, 54). Riconoscere alle donne compiti di effettiva e autonoma responsabilità ecclesiale aiuterà a superare anche a livello culturale e sociale l’idea dell’autorità nella Chiesa univocamente “maschile”, se non addirittura “maschilista”.

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali promuovano una effettiva parità di genere nelle possibilità di accesso alla guida di Uffici diocesani e in ruoli di responsabilità pastorale in diocesi, parrocchie e associazioni, nei Tribunali ecclesiastici e nei ministeri istituiti, riconoscendo così l’apporto corresponsabile di parola, servizio, competenza anche delle donne. Favoriscano poi l’apporto di professioniste ed esperte nei percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato e nelle istituzioni deputate alla formazione del clero e dei laici;

b.      che la CEI, promovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga la creazione di un tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale;

c.       che la CEI sostenga e promuova il lavoro delle Facoltà teologiche e delle associazioni teologiche in percorsi di ricerca che contribuiscano all'approfondimento delle questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, n. 60).

 

 

Promuovere la ministerialità di laiche e laici

 

72.       La corresponsabilità dei battezzati non coincide esclusivamente con l’assunzione di ministeri, istituiti o meno, riconosciuti e affidati dalla Chiesa, poiché lo Spirito effonde i suoi carismi anche al di fuori di un riconoscimento istituzionale. Tuttavia, per favorire lo sviluppo di una maggiore corresponsabilità nella missione, il Cammino sinodale italiano chiede di allargare gli spazi della ministerialità dei laici (cfr. Lineamenti, 45-47). Le Chiese locali sono chiamate «a rispondere con creatività e coraggio ai bisogni della missione, discernendo tra i carismi alcuni che è opportuno prendano una forma ministeriale, dotandosi di criteri, strumenti e procedure adeguate» (Documento finale del Sinodo 2024, 66).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali promuovano la diffusione dei ministeri istituiti del lettorato, dell’accolitato e del catechista, secondo i bisogni delle realtà locali e sottolineandone l’identità missionaria, come indicato dalla Nota CEI del 2022 sui ministeri istituiti;

b.      che la CEI richieda alla Santa Sede la creazione per le Chiese in Italia del ministero istituito “della cura, dell’ascolto, dell’accompagnamento” (Documento finale del Sinodo 2024, n. 78), per la pastorale dell’accoglienza, della soglia, della consolazione e della prossimità a chi soffre;

c.       che le Chiese locali promuovano forme ministeriali per l’animazione e il dialogo con il territorio, ad esempio l’animatore della comunicazione e della cultura (cfr. Direttorio “Comunicazione e missione”, cap. VI) o il promotore della partecipazione sociopolitica;

d.      che si valuti l'opportunità di un'equa remunerazione alle persone impegnate regolarmente in un ministero ecclesiale, in ragione della propria competenza;

e.       che venga valorizzato il contributo di parola, competenza e servizio che le persone anziane mettono a disposizione della comunità.

 

 

Le strutture diocesane a servizio della missione

 

73.       Gli organismi e i servizi diocesani (Uffici di curia, Consigli, Consulte, etc) sono di vitale importanza per indirizzare e sostenere un’azione pastorale integrata a servizio della missione e per esprimere la corresponsabilità ecclesiale di tutte le componenti del popolo di Dio. È necessario che nelle curie diocesane siano impegnati non solo presbiteri, ma anche diaconi, laici e laiche, consacrati e consacrate, qualificati, competenti e capaci di relazione con le diverse realtà ecclesiali e sociali. Il servizio che si svolge negli Uffici diocesani ha innanzitutto una dimensione di testimonianza evangelica nello svolgimento del proprio lavoro, prima ancora che burocratica e funzionale. «Il Convegno della Chiesa italiana a Verona (2006) indicava già la necessità di pensare le strutture di servizio della pastorale non tanto a partire da ciò che la Chiesa offre (annuncio, liturgia, carità), ma dagli ambiti vitali in cui la gente è immersa (affetti, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza): sono questi, infatti, i contesti nei quali deve risuonare l’annuncio, deve parlare la liturgia, deve agire la carità» (Lineamenti, 62).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che le Chiese locali rivedano l’organizzazione delle curie diocesane nell’ottica di una pastorale più unitaria e integrata, essenzializzando e razionalizzando i Servizi e gli Uffici pastorali, ripensandoli a partire dagli ambiti di vita delle persone e dall’ascolto delle necessità delle comunità e del territorio, in accordo con il piano pastorale e le scelte prioritarie della Chiesa locale;

b.      che i Servizi e gli Uffici pastorali e amministrativi garantiscano la dimensione spirituale del lavoro comune e maturino un orizzonte condiviso con momenti di conversazione e discernimento nello Spirito, e processi di formazione adeguata, sia in riferimento allo specifico incarico assunto, sia rispetto al contesto ecclesiale, culturale e sociale in cui sono inseriti; operino secondo i principi di sussidiarietà e di solidarietà, cioè garantendo il protagonismo delle comunità locali e sostenendone l’azione quando necessario;

c.       che le curie diocesane investano in una comunicazione capillare e trasparente e in una maggiore accessibilità (orari, sede, contatti on-line, etc).

 

 

Gestione economica sostenibile, trasparente e condivisa

 

74.       La gestione economica dei beni in forma trasparente e partecipata è un segno evidente di una Chiesa che si apre alla corresponsabilità di tutti i fedeli, nella comune ricerca delle forme più evangeliche di utilizzo dei beni a favore della carità e della comunione. È necessario che i Vescovi e i parroci, pur mantenendo la responsabilità ultima nella gestione economica, la esercitino in modo partecipato, anche delegando a persone che in questo settore possono offrire un aiuto qualificato per formazione, professionalità, competenza ed esperienza. Inoltre, la priorità della missione richiede che anche nella gestione economica si scelgano strumenti adeguati, più leggeri e flessibili, nella linea della sostenibilità, della corresponsabilità e della giustizia (cfr. Lineamenti, 57 e 60).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che l’Ordinario diocesano, attraverso il Consiglio per gli affari economici, curi attentamente l’inventario e la gestione del patrimonio e, nel confronto con gli organismi di partecipazione diocesani e parrocchiali, valuti l’uso delle risorse economiche in conformità con la missione ecclesiale e gli obiettivi pastorali. Gli enti preposti elaborino piani strategici di utilizzo, valorizzazione ed eventuale alienazione dei beni, garantendo trasparenza, sostenibilità e giustizia dei bilanci diocesani, anche con una certificazione esterna, comunicando le possibilità di sostegno economico e di ricerca fondi;

b.      che le Chiese locali coinvolgano professionisti in forme di corresponsabilità gestionali. In questa ottica valutino anche la possibilità di dar vita alla figura dell’“assistente all’amministrazione e all’economia” a servizio di più parrocchie e di esercitare una corresponsabilità amministrativa, ad esempio con la pratica della “firma congiunta”;

c.       che la CEI informi le Chiese locali sulla pratica dei procedimenti di “delega” e di “procura” ai laici per sviluppare la corresponsabilità e per sostenere i parroci nella gestione amministrativa, e offra supporto giuridico a quelle realtà che vogliono istituire nuovi enti per la gestione di beni e attività, come le fondazioni (ad esempio, per la gestione di scuole dell’infanzia paritarie, strutture sportive, oratori, case per anziani, etc);

d.      che la CEI offra criteri e sussidi per una rendicontazione efficace e conforme, aggiorni l’Istruzione in materia amministrativa del 2005 e intensifichi la proposta formativa e lo scambio di buone prassi su sostenibilità economica, finanziaria, patrimoniale e anche ambientale.

 Continuare a camminare insieme

 

75.       Il Cammino sinodale, soprattutto grazie al dialogo e al discernimento ecclesiale, ha permesso di far crescere le Chiese locali nella comunione. Sulla scorta dell’esperienza di questi anni, tale cammino ha bisogno di continuare e rafforzarsi, perché cresca la sinodalità e la missionarietà nelle Chiese in Italia e, con il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio, queste possano rispondere in modo più efficace ai bisogni pastorali dei vari contesti (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 125). Alle Conferenze episcopali è chiesto infatti «di dedicare persone e risorse per accompagnare il percorso di crescita come Chiesa sinodale in missione» (Documento finale del Sinodo 2024, 9). In tal modo potrà essere più efficace e condivisa l’attuazione del Sinodo della Chiesa universale nel contesto ecclesiale italiano (Fase attuativa 2025-2028), e sarà possibile concretizzare e verificare nel tempo le scelte maturate durante il Cammino sinodale. Come ha ricordato papa Leone XIV: «Andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale. Il Signore – scrive Sant’Agostino – “per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa per bocca dell’Apostolo: Non può dire l’occhio alla mano: non ho bisogno di te; o similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto occhio, dove l’udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l’odorato?” (Esposizione sul Salmo 130, 6). Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito» (Discorso alla CEI).

Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:

a.       che la CEI crei un organismo di partecipazione ecclesiale a livello nazionale per sostenere e verificare la ricezione del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia. Raccogliendo lo stile e le procedure sperimentate e ispirandosi agli organismi sorti nel Cammino sinodale, tale organismo continui ad accompagnare la riflessione e il discernimento sulla realtà ecclesiale italiana e contribuisca al processo di ricezione delle indicazioni sinodali, incoraggiando e verificando la formazione permanente di tutto il popolo di Dio;

b.      che la CEI preveda la creazione di un’équipe esperta in comunicazione, con il compito di studiare metodi, strumenti e tempi adeguati a promuovere la sinodalità e di elaborare un piano per comunicare in tutte le diocesi italiane, in modo capillare, i contenuti e le scelte del Cammino sinodale. A tal fine potrà essere utile anche lo sviluppo e l’aggiornamento del sito internet del Cammino sinodale, che raccolga il materiale prodotto e sia spazio di condivisione delle buone prassi ed esperienze pastorali delle Chiese locali.


Appendice

Cammino sinodale: come e perché?

 Le premesse

 Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia affonda le sue radici nel terreno dissodato dal Concilio Vaticano II e dalle scelte adottate dalla Conferenza Episcopale Italiana per favorirne la ricezione. In questo senso, il nucleo costitutivo dell’intero percorso sinodale va rintracciato nell’esperienza dei Convegni ecclesiali che, di decennio in decennio, hanno coinvolto migliaia di persone nella celebrazione e nella preparazione. Questi hanno rappresentato, di fatto, una sorta di convocazione allargata della stessa Conferenza Episcopale. La riconosce come buona prassi anche la Commissione Teologica Internazionale nel documento La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa: «Importanti, in vista dell’attivazione di processi sinodali sul livello nazionale, sono anche i Convegni ecclesiali promossi dalle Conferenze Episcopali: come, ad esempio, quello decennale della Chiesa in Italia» (n. 90). Nel riavvolgere, dunque, il nastro di questi anni emerge con grande evidenza – non certo come fatto casuale – che il primo input sia stato dato da papa Francesco nel suo intervento al V Convegno Ecclesiale Nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015): «In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni Regione – queste le parole del Pontefice –, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium» (Discorso, 10 novembre 2015). Questa prima intuizione viene poi rinnovata e dettagliata nel discorso rivolto ai Vescovi italiani riuniti nella 73ª Assemblea Generale (20 maggio 2019). Vale la pena rileggere il passaggio dedicato al tema: «Sulla sinodalità, anche nel contesto di probabile Sinodo per la Chiesa italiana – ho sentito un “rumore” ultimamente su questo, è arrivato fino a Santa Marta! –, vi sono due direzioni: sinodalità dal basso in alto, ossia il dover curare l’esistenza e il buon funzionamento della Diocesi: i consigli, le parrocchie, il coinvolgimento dei laici… (cfr CIC 469-494) – incominciare dalle diocesi: non si può fare un grande sinodo senza andare alla base. Questo è il movimento dal basso in alto – e la valutazione del ruolo dei laici; e poi la sinodalità dall’alto in basso, in conformità al discorso che ho rivolto alla Chiesa italiana nel V Convegno Nazionale a Firenze, il 10 novembre 2015, che rimane ancora vigente e deve accompagnarci in questo cammino. Se qualcuno pensa di fare un sinodo sulla Chiesa italiana, si deve incominciare dal basso verso l’alto, e dall’alto verso il basso con il documento di Firenze. E questo prenderà, ma si camminerà sul sicuro, non sulle idee».

Alla luce della doppia richiesta (2015 e 2019), il Consiglio Episcopale Permanente, nella sessione del 23-25 settembre 2019, approfondisce contenuti e modalità degli Orientamenti pastorali quinquennali (e non più decennali), sottolineando l’accelerazione dei cambiamenti in corso e l’importanza di dare seguito alle indicazioni del Papa. L’inizio della pandemia e il suo sviluppo, nel corso del 2020, consigliano di snellire la bozza, aggiornandola alle istanze nel frattempo emerse, e di orientarsi ad un anno di “ascolto” capillare del popolo di Dio (Consiglio Episcopale Permanente, 26 gennaio 2021). Dopo qualche giorno, il 30 gennaio 2021, ricevendo in udienza l’Ufficio Catechistico nazionale, papa Francesco ritorna sul tema della sinodalità: «Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convengo di Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare» (Discorso, 30 gennaio 2021). La proposta viene poi ribadita, il 30 aprile all’Azione Cattolica Italiana e il 24 maggio alla 74ª Assemblea Generale. «La Chiesa italiana riprenderà, in questa Assemblea [dei Vescovi] di maggio, il Convegno di Firenze, per toglierlo dalla tentazione di archiviarlo, e lo farà alla luce del Cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana, che non sappiamo come finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il Cammino sinodale, che incomincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto. E la luce, dall’alto al basso, sarà il Convegno di Firenze» (Discorso, 30 aprile 2021).

Questi interventi pontifici risentono dei dialoghi intercorsi con la Presidenza della CEI: il 27 febbraio 2021, infatti, viene presentata a papa Francesco una traccia per un Cammino sinodale, basata sul trinomio “Vangelo-fraternità-mondo”, che viene approvata. Su questa base viene successivamente preparata la Carta d’intenti accolta con favore dall’Assemblea Generale il 27 maggio 2021. Nel frattempo, nella sessione del 22-24 marzo 2021, il Consiglio Episcopale Permanente sottolinea che, più che un contenuto, il Cammino sinodale deve configurarsi come uno stile capace di trasformare il volto della Chiesa che è in Italia. L’ultimo snodo, prima dell’avvio deciso dalla 74ª Assemblea Generale (24-27 maggio 2021), riguarda la concomitanza con il Sinodo dei Vescovi sulla “sinodalità”, le cui date vengono annunciate il 21 maggio, con un primo anno (2021-2022) di consultazione capillare del popolo di Dio nelle singole diocesi. Da qui la decisione dei Vescovi italiani di armonizzare i due percorsi e considerare il primo anno del Sinodo dei Vescovi come primo momento del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Decisione, poi, dettagliata durante la sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente del 9 luglio 2021: l’armonizzazione dei due percorsi viene favorita con la valorizzazione del ruolo delle Conferenze Episcopali Regionali, delle Commissioni Episcopali e degli Uffici pastorali. Si decide, dunque, di mettere a disposizione delle Conferenze Episcopali Regionali un indirizzo mail dove far giungere riflessioni, spunti e materiali elaborati a livello locale, che facciano tesoro dell’esperienza maturata con i Sinodi diocesani e provinciali. Al riguardo, viene anche costituita una prima Commissione per riflettere ed elaborare il materiale a sostegno dell’intero processo.

 Perché Cammino sinodale?

 Fin dal principio l’Assemblea Generale ha scelto di non utilizzare un istituto previsto dal Codice di Diritto canonico, ovvero il Concilio particolare (CDC, cann. 439-446), scandito da fasi e regole precise che avrebbero garantito il voto deliberativo solo ai Vescovi, lasciando voce meramente consultiva a presbiteri, religiosi e laici. Si è invece preferito uno strumento nuovo e flessibile capace di ascoltare e far esprimere tutti, pur nel rispetto del ministero di ciascuno. Così il Cammino sinodale non trova alcuna analogia con quanto previsto dal Codice di Diritto canonico e si caratterizza per la sua indole pastorale, prima che giuridica o teologica.

Ciò viene spiegato chiaramente nel documento sulla sinodalità della Commissione Teologica Internazionale lì dove viene chiarita la sua attuazione con soggetti, strutture, processi ed eventi. In particolare, parlando del ruolo delle Conferenze Episcopali e ricordando come queste siano un “istituto recente”, la cui valorizzazione è dovuta al Concilio Vaticano II «nella prospettiva dell’ecclesiologia di comunione», viene sottolineato che «la rilevanza delle Conferenze Episcopali in ordine alla promozione del Cammino sinodale del Popolo di Dio risiede nel fatto che «i singoli Vescovi rappresentano la propria Chiesa» (Lumen gentium, 23). Lo sviluppo di una metodologia efficacemente partecipativa, con opportune procedure di consultazione dei fedeli e di ricezione delle diverse esperienze ecclesiali nelle fasi di elaborazione degli orientamenti pastorali emanati dalle Conferenze Episcopali, con la partecipazione di laici come esperti, va nella direzione di una valorizzazione di queste strutture di collegialità episcopale a servizio dell’attuazione della sinodalità» (La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 90).

La prospettiva di tale visione è descritta nella Carta d’intenti in cui vengono chiariti obiettivi e modalità: il percorso sinodale «dovrebbe sviluppare insieme riflessione e pratica pastorale: ascolto, ricerca e proposte dal basso (e dalla periferia) convergeranno in un momento unitario per poi tornare ad arricchire la vita delle diocesi e delle comunità ecclesiali». E ancora: «Si intravede la promessa di un percorso circolare: il processo sinodale propone una conversione pastorale già per il modo con cui viene elaborato e vissuto nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle realtà ecclesiali e sociali. Le Chiese che sono in Italia ne potranno uscire arricchite nella misura in cui i variegati soggetti ecclesiali del Paese si lasceranno coinvolgere».

Il Regolamento del Cammino sinodale, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 25-27 settembre 2023, traduce concretamente desideri e obiettivi dando forma a un articolato coordinamento per sostenere e accompagnare il tragitto a livello nazionale. I testi relativi alle varie fasi sono uno dei frutti più preziosi: la Carta d’intenti (25 maggio 2021); la Lettera della Presidenza CEI sul Cammino sinodale (7 settembre 2021); il Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e agli operatori pastorali (29 settembre 2021); la Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà (29 settembre 2021); i Cantieri di Betania. Prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale (11 luglio 2022); il Vademecum per il secondo anno del Cammino sinodale (10 settembre 2022); il contributo delle Chiese in Italia all’Assemblea sinodale continentale (8 febbraio 2023); le Linee guida per la fase sapienziale (11 luglio 2023); gli Orientamenti metodologici per il discernimento della fase sapienziale nelle diocesi “Si avvicinò e camminava con loro” (11 luglio 2023); i Lineamenti (25 settembre 2024); lo Strumento di lavoro (9 dicembre 2024).

 Delibera e mozioni

 In questo contesto vanno rilette anche la delibera e le tre mozioni approvate dai Vescovi italiani, insieme a quella della Seconda Assemblea sinodale che hanno ritmato, in momenti diversi, l’intero percorso sinodale. Con la delibera «i Vescovi italiani danno avvio, con questa Assemblea, al Cammino sinodale secondo quanto indicato da Papa Francesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Episcopale Permanente il compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea» (74ª Assemblea Generale, 24-27 maggio 2021).

La prima mozione dell’Assemblea Generale della CEI dettaglia il percorso da seguire: «Il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia prosegue con il secondo periodo della fase narrativa. I Vescovi, in ascolto del Popolo di Dio, guardano con convinzione a questo percorso secondo quanto indicato da Papa Francesco con il Sinodo universale e proposto per l’Italia dal Gruppo di coordinamento nazionale. Per questo, affidano alla Presidenza, sentito il Consiglio Episcopale Permanente, la cura dell’elaborazione del testo di sintesi della fase nazionale da inviare alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. Allo stesso tempo, incaricano il Consiglio Episcopale Permanente di approvare testi e strumenti per proseguire il Cammino sinodale tenendo conto del cronoprogramma e delle linee discusse da questa Assemblea. In questo è importante il coinvolgimento dei territori attraverso le Conferenze Episcopali Regionali» (76ª Assemblea Generale, 23-27 maggio 2022)

La seconda mozione fissa gli orientamenti per l’ultima fase del Cammino sinodale: «I Vescovi italiani riconfermano in questa Assemblea la bontà del percorso intrapreso con il Cammino sinodale che, avendo coinvolto molti fedeli, comunità cristiane e realtà sociali, si avvia verso la fase profetica per maturare proposte condivise. Questa fase del Cammino sarà scandita da due Assemblee sinodali propositive, da tenersi orientativamente nel novembre 2024 e nella primavera 2025. A queste parteciperanno i Vescovi italiani, i referenti diocesani del Cammino sinodale, i membri del Comitato Nazionale ed eventuali altri invitati. L’Assemblea CEI del maggio 2025 raccoglierà le proposizioni e darà loro forma definitiva. Questa Assemblea Generale Straordinaria dà mandato al Consiglio Episcopale Permanente di approvare un regolamento che stabilisca il calendario delle Assemblee sinodali, insieme alla loro composizione, alle modalità di lavoro e alle finalità» (78ª Assemblea Generale Straordinaria, 13-16 novembre 2023).

La terza chiarisce e definisce l’iter successivo: «Con questa Assemblea Generale, i Vescovi italiani accolgono i temi emersi nel biennio dell’ascolto e nell’anno del discernimento, vissuti in stretta connessione con la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia si aprirà alla fase profetica con le due Assemblee sinodali in programma dal 15 al 17 novembre 2024 e dal 31 marzo al 4 aprile 2025. L’Assemblea Generale affida al Consiglio Episcopale Permanente il compito di recepire i frutti della riflessione comune per la definizione dei Lineamenta per la I Assemblea sinodale. Allo stesso tempo, chiede alla Presidenza della CEI di condividere i frutti del Cammino sinodale con la Segreteria del Sinodo dei Vescovi come contributo alla II sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-27 ottobre 2024)» (79ª Assemblea Generale, 20-23 maggio 2024).

La mozione votata dalla Seconda Assemblea sinodale (31 marzo - 3 aprile 2025) rilancia – con 854 votanti, di cui 835 favorevoli, 12 contrari e 7 astenuti – l’intero Cammino nel suo snodo finale non ancora maturo: «L’Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31 marzo al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni guidato dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale, valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile. Cogliendo la ricchezza della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle Proposizioni, dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi. Al tempo stesso, l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà seguito la fase di ricezione».

Nella delibera e nelle mozioni sono racchiusi i diversi passaggi con la bellezza e la fatica che comporta il camminare insieme; per questo motivo, vanno lette in profondità e legate alle scelte che ne sono scaturite. Dal primo testo, infatti, emerge la decisione di strutturare il Cammino sinodale in tre fasi: narrativa (2021-2023), sapienziale (2024) e profetica (2025). Nel secondo testo si ha la conferma dell’importanza dell’ascolto dei territori. Dal terzo scaturisce la rotta da seguire per giungere alle due Assemblee sinodali nazionali, con il relativo regolamento che ne definisce il quadro normativo. Il quarto testo indica le date delle Assemblee sinodali, con il mandato al Consiglio Episcopale Permanente di recepire i frutti della riflessione comune per la definizione dei Lineamenti per la Prima Assemblea sinodale. Nel quinto testo, infine, viene delineato l’orizzonte da seguire per arrivare all’approvazione del Documento finale: il rinvio da aprile ad ottobre 2025, al di là delle varie reazioni e letture critiche, è stato uno snodo che ha permesso allo Spirito di parlare ancora. «Nulla era stato prestabilito, confezionato, imposto dall’alto – ha spiegato il card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, introducendo la sessione del Consiglio Episcopale Permanente del 27 maggio 2025 –, ma frutto del discernimento delle Chiese che si sono messe in ascolto e hanno attivato processi inediti e forse, addirittura, inattesi. Del resto, nella vita, quando si percorre una strada, si possono conoscere fatiche, rallentamenti, cambi di percorso. […] Ci è stato affidato un compito di maturare quanto vissuto. Sono quelle accordature necessarie perché l’orchestra possa produrre un’armonia di un “Noi” ecclesiale quanto mai necessario».

 Il “Noi” ecclesiale

 Sin dall’inizio del Cammino sinodale, che – non va dimenticato – era stato avviato quando ancora gli strascichi pandemici erano ben presenti, la fisionomia dell’intero progetto corrispondeva a quella comunitaria, identificata nell’espressione “Noi” ecclesiale. Più che un desiderio, si trattava di una realtà che attraversa i diversi territori. «Le nostre comunità cristiane – ricordava il card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI dal 2017 al 2022, introducendo i lavori della 74ª Assemblea Generale – sono popolate da donne e uomini che interpretano figure plurali di esperienza credente, tutte degne di essere riconosciute nell’appartenenza all’unica tessitura della rete ecclesiale, la cui bellezza è data anche da questa multiformità. Da tale prospettiva il Cammino sinodale può essere davvero garanzia di un Noi ecclesiale allargato, inclusivo, capace di favorire un reciproco riconoscimento tra i credenti, all’altezza di dare forma storica alla figura conciliare di una Chiesa – Popolo di Dio».

Quel “Noi” ha il volto delle tante persone che si sono coinvolte e hanno provato a camminare insieme, ma anche il volto dei cosiddetti “lontani” che si si sono sentiti invitati e riconosciuti. Quello stesso “Noi” è stato tradotto in tante iniziative e percorsi pastorali grazie ai Cantieri di Betania. Ha “preso posto” negli organismi di partecipazione nel discernimento e nella maturazione di decisioni più condivise. Ha anche messo in luce le risorse già esistenti nelle realtà ecclesiali italiane: la generosità pastorale e la vicinanza ai fedeli da parte dei presbiteri e di un numero crescente di diaconi, l’impegno pastorale ed educativo di tanti laici e laiche, delle associazioni e dei movimenti, delle comunità religiose, la capillarità del reticolo parrocchiale e la vicinanza alle realtà più periferiche, l’attenzione e il sostegno delle comunità a tante forme di povertà nel Paese, un patrimonio artistico di inestimabile valore e potenzialità pastorale. Tutte queste risorse e molte altre rappresentano una fonte di fiducia imprescindibile per superare le difficoltà, non ignorandole, ma affrontandole insieme per continuare il cammino di conversione sinodale e missionaria. Così facendo, si è data forma sempre più definita al “Noi” ecclesiale.

 Cronistoria

 · 24 novembre 2013 – Papa Francesco pubblica la Evangelii gaudium, esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale.

· 10 novembre 2015 – Papa Francesco interviene al V Convegno Ecclesiale Nazionale celebrato a Firenze dal 9 al 13 novembre.

· 20 maggio 2019 – Papa Francesco interviene alla 73ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, parlando di un “rumore” su un probabile Sinodo italiano e del doppio movimento della sinodalità (dal basso verso alto e dall’alto verso basso).

· 23-25 settembre 2019 – Il Consiglio Episcopale Permanente approfondisce contenuti e modalità degli Orientamenti pastorali del prossimo quinquennio. La loro articolazione ruota attorno a tre cerchi concentrici dell’incontro tra il Vangelo e gli uomini di oggi: la gioia del Vangelo, la fraternità ecclesiale e il campo del mondo. Alla base c’è l’esperienza di una Chiesa che sul territorio si fa comunità di vicinato e di prossimità, luogo di crescita spirituale, capace di intercettare la domanda di vita e di senso che abita il cuore di ciascuno.

· 2020 – L’insorgere della pandemia e il suo protrarsi inducono il Consiglio Episcopale Permanente a una riflessione sulla bozza degli Orientamenti pastorali, suggerendo di aggiornarla alle istanze nel frattempo emerse, attraverso un anno di “ascolto” capillare del popolo di Dio.

· 30 gennaio 2021 – Papa Francesco riceve in udienza l’Ufficio Catechistico nazionale, prospettando l’avvio di un processo di Sinodo nazionale.

· 27 febbraio 2021 – La Presidenza della CEI presenta a papa Francesco una traccia per un Cammino sinodale, basata sul trinomio “Vangelo-fraternità-mondo”, che viene approvata.

· 22-24 marzo 2021 – Il Consiglio Episcopale Permanente sottolinea che, più che un contenuto, il Cammino sinodale deve configurarsi come uno stile capace di trasformare il volto della Chiesa che è in Italia.

· 30 aprile 2021 – Papa Francesco riceve in udienza l’Azione Cattolica e anticipa che, durante l’Assemblea Generale della CEI del maggio successivo, le indicazioni del Convegno di Firenze verranno riprese alla luce del Cammino sinodale.

· 21 maggio 2021 – A pochi giorni dall’Assemblea Generale della CEI, viene ricevuto il programma del Sinodo dei Vescovi sulla “sinodalità”, che comporta un primo anno (2021-2022), di consultazione capillare del popolo di Dio nelle singole diocesi.

· 24-27 maggio 2021 –74ª Assemblea Generale della CEI: viene presentata ai Vescovi la bozza della Carta d’intenti. Con una mozione approvata a maggioranza, la Conferenza Episcopale Italiana avvia il Cammino sinodale chiedendo di armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea.

· 9 luglio 2021 – Il Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, ribadisce la necessità di armonizzare il Cammino sinodale italiano con quello delineato per la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, valorizzando il ruolo delle Commissioni Episcopali e degli Uffici pastorali, così come quello delle Conferenze Episcopali Regionali. Proprio per favorire la condivisione e una maggiore collaborazione, si decide di mettere a disposizione delle Conferenze Episcopali Regionali un indirizzo email a cui inviare riflessioni, spunti e materiali elaborati a livello locale, che facciano tesoro dell’esperienza maturata nei Sinodi diocesani e provinciali.

· 27-29 settembre 2021 – Il Consiglio Episcopale Permanente conferma la scelta di assumere il primo anno del Sinodo universale, che partirà dalle singole diocesi, come primo anno del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Approva un Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e agli operatori pastorali, che offre una lettura spirituale dell’esperienza sinodale, e una Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà, che invita a sentirsi partecipi del percorso. Traccia un cronoprogramma che si sviluppa per l’intero quinquennio 2021-2025, individuando le tre fasi: narrativa, sapienziale, profetica.

·  Settembre/Ottobre 2021 – Viene costituita una rete di referenti territoriali che si incontra online tra l’ottobre e il dicembre 2021. A novembre vengono inviate le Linee metodologiche e sei schede per animare il primo anno di ascolto.

· 24-26 gennaio 2022 – Il Consiglio Episcopale Permanente definisce il tema principale dell’Assemblea Generale di maggio: In ascolto delle narrazioni del Popolo di Dio con sottotitolo: Il primo discernimento: quali priorità stanno emergendo per il Cammino sinodale? Viene inoltre nominato il Gruppo di coordinamento nazionale del Cammino sinodale, che resterà in carica fino a settembre 2022.

· 18-19 marzo 2022 – Si tiene a Roma il primo incontro residenziale dei referenti diocesani.

· 21-23 marzo 2022 – Il Consiglio Episcopale Permanente delibera il cronoprogramma con le linee operative. Approva la proposta di un secondo incontro con i referenti diocesani (13-15 maggio 2022), al quale partecipi un Vescovo in rappresentanza delle Conferenze Episcopali Regionali. A queste viene dato mandato di nominare due delegati (di cui possibilmente una donna), che porteranno il loro contributo al confronto sul Cammino sinodale durante l’Assemblea Generale di maggio.

· 13-15 maggio 2022 – Si svolge, a Roma, il secondo incontro dei referenti diocesani.

· 23-27 maggio 2022 – 76ª Assemblea Generale della CEI. Con il contributo di 32 referenti diocesani del Cammino sinodale (due per Regione ecclesiastica), vengono individuati alcuni snodi pastorali prioritari sui quali condurre il secondo anno di ascolto, che avrà sempre un taglio narrativo. Viene approvata una mozione che dettaglia il percorso da seguire.

· 5 luglio 2022 – Il Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, esamina la bozza del documento per il prosieguo della “fase narrativa” (2022-2023), che raccoglie i frutti del primo anno di ascolto, integrato con le riflessioni e le proposte emerse nell’incontro nazionale dei referenti diocesani e durante la 76ª Assemblea Generale della CEI (Roma, 23-27 maggio). Si decide di continuare l’ascolto con tre “cantieri sinodali”, da adattare liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio che potrà anche aggiungerne un quarto.

· 11 luglio 2022 – Viene consegnato alle Chiese locali il testo I Cantieri di Betania. Prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale.

· 15 agosto 2022 – La Presidenza della CEI consegna alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 Per una Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione, che dà sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022, dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del popolo di Dio.

· 10 settembre 2022 – Viene consegnato alle Chiese locali il Vademecum per il secondo anno del Cammino sinodale.

· 20-22 settembre 2022 – Il Consiglio Episcopale Permanente designa il Presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale.

· 16 novembre 2022 – Il Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, approva l’organigramma e costituisce un servizio di coordinamento composto dall’Assemblea dei Referenti diocesani, dal Comitato nazionale del Cammino sinodale, dalla Presidenza del Comitato nazionale.

· 23-25 gennaio 2023 – Il Consiglio Episcopale Permanente decide che il tema principale della 77ª Assemblea Generale (Roma, 22-25 maggio 2023) sia In ascolto dello Spirito che parla alla Sua Chiesa. Linee per la fase sapienziale del Cammino sinodale.

· 5-12 febbraio 2023 – Assemblea Sinodale continentale. La delegazione italiana presenta il proprio contributo, frutto dell’incontro online dei referenti diocesani del Cammino sinodale. Il testo sintetizza quanto emerso dalla “fase di ascolto” avviata nelle comunità ecclesiali italiane, che ha visto coinvolte più di 500mila persone in 50 mila gruppi e una rete di 400 referenti diocesani.

· 11-12 marzo 2023 – Si tiene a Roma l’Assemblea nazionale dei referenti diocesani. Viene presentata una prima fotografia dei “Cantieri di Betania”.

· 17 aprile / 3 maggio 2023 – Si tengono online gli incontri dei referenti diocesani, a livello regionale.

· 22-25 maggio 2023 – 77ª Assemblea Generale della CEI. Si dà ufficialmente avvio alla fase sapienziale.

· 25-26 maggio 2023 – I referenti diocesani si ritrovano in assemblea a Roma per confrontarsi in vista dell’elaborazione delle Linee guida per la fase sapienziale.

· 8 luglio 2023 – Il Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, condivide, discute e approva le Linee guida per la fase sapienziale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, insieme al cronoprogramma che indicherà la cadenza delle tappe successive.

· 25-27 settembre 2023 – Il Consiglio Episcopale Permanente approva il Regolamento del Cammino sinodale.

· 30 settembre / 1° ottobre 2023 – Si tiene a Roma l’Assemblea dei referenti diocesani del Cammino sinodale, per un primo confronto sulla fase sapienziale appena avviata.

· 13-16 novembre 2023 – 78ª Assemblea Generale Straordinaria della CEI. I Vescovi chiedono un’attenzione particolare alle indicazioni della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi e approvano una mozione che dettaglia i passi successivi.

· 22-24 gennaio 2024 – Il Consiglio Episcopale Permanente sceglie come tema principale della 79ª Assemblea Generale della CEI La ricezione della fase sapienziale del Cammino sinodale. Inoltre, approva il cronoprogramma con le tappe fino al 2025 e stabilisce che si tengano due Assemblee sinodali: dal 15 al 17 novembre 2024 e dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Il Regolamento delle due Assemblee viene approvato nella successiva riunione di marzo.

· 24-25 febbraio 2024 – Si riunisce a Roma il Comitato Nazionale del Cammino sinodale per delineare i prossimi passi che attendono le Chiese in Italia.

· 20-23 maggio 2024 – 79ª Assemblea Generale della CEI. I Vescovi condividono il percorso fatto sinora, mentre ci si prepara all’ultima fase – la fase profetica – con le due Assemblee sinodali in programma. Con una mozione, approvata a maggioranza, viene chiarito e definito l’iter successivo.

· 7-8 settembre 2024 – Si riunisce a Roma il Comitato Nazionale del Cammino sinodale per condividere alcune riflessioni sulla bozza dei Lineamenti da presentare al Consiglio Episcopale Permanente di settembre per l’approvazione.

· 23-25 settembre 2024 – Il Consiglio Episcopale Permanente approva i Lineamenti, elaborati sulla base dell’ascolto e del discernimento, compiuti nei tre anni di Cammino sinodale sia nelle Chiese locali che all’interno del Comitato del Cammino sinodale, tenendo conto degli apporti offerti dalla 79ª Assemblea Generale della CEI.

· 15-17 novembre 2024 – Prima Assemblea sinodale. Nella Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma si ritrovano oltre mille delegati e Vescovi per confrontarsi sui Lineamenti, il testo che raccoglie i risultati finora raggiunti e propone alcune traiettorie pratiche. Secondo quanto stabilito dal Regolamento, partecipano all’Assemblea i Vescovi, i referenti diocesani (in proporzione al numero di abitanti delle diocesi), i componenti del Comitato del Cammino sinodale, i Direttori degli Uffici e Servizi della Segreteria Generale della CEI, alcuni esperti e invitati.

· 9 dicembre 2024 – Il Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, approva lo Strumento di lavoro, frutto della riflessione della Prima Assemblea sinodale delle Chiese che sono in Italia, e modifica le date della Seconda Assemblea sinodale, prevedendo che si svolga a Roma nei giorni dal 31 marzo al 3 aprile 2025.

· 20-22 gennaio 2025 – Il Consiglio Episcopale Permanente decide che l’80ª Assemblea Generale, che si terrà dal 26 al 29 maggio 2025, si concentri sulla restituzione di quanto emergerà nella Seconda Assemblea sinodale, di cui vengono approvati il programma di massima – con momenti in plenaria e lavoro nei gruppi – e la struttura del documento finale che conterrà “esortazioni e orientamenti” e “determinazioni e delibere”, declinato su tre grandi direttrici: il rinnovamento missionario della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali, la formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita, e la corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità.

· 10-12 marzo 2025 – Il Consiglio Episcopale Permanente affida alla Presidenza della CEI, allargata ai Vescovi che fanno parte della Presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale, l’approvazione della redazione finale del Documento che contiene le proposte da sottoporre all’Assemblea sinodale.

· 31 marzo / 3 aprile 2025 – Seconda Assemblea sinodale. Al termine dei lavori – con 854 votanti, di cui 835 favorevoli, 12 contrari e 7 astenuti – viene votata la seguente mozione: «L’Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31 marzo al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni guidato dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale, valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile. Cogliendo la ricchezza della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle Proposizioni, dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi. Al tempo stesso, l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà seguito la fase di ricezione».

· 11-12 luglio / 6 settembre 2025 – Il Comitato Nazionale del Cammino sinodale, insieme alla Presidenza e ai facilitatori dei lavori assembleari, si riunisce a Roma per confrontarsi sul documento frutto di una revisione corale che ha permesso di integrare e valorizzare contributi, riflessioni, osservazioni ed emendamenti provenienti dalla Seconda Assemblea Sinodale, dalle diocesi, dal Comitato e dal Consiglio Episcopale Permanente.