Il documento "Lievito di pace e di speranza" si
apre con una premessa che ne espone le intenzioni programmatiche e ideali.
Sebbene l'evocazione del "lievito" come immagine di una Chiesa umile
e dialogante sia affascinante e profondamente radicata nel Vangelo, un'analisi
critica del testo rivela una tensione irrisolta tra la sua aspirazione
teologica e una sua effettiva impostazione più vicina alla sociologia e al
pensiero secolare.
La Chiesa come "visione condivisa"
Il testo sembra definire la Chiesa non come una realtà
soprannaturale, fondata sulla rivelazione di Cristo, ma come il risultato di un
processo umano e di una "visione condivisa". Questa prospettiva
rischia di minare le fondamenta stesse della fede cattolica. La Chiesa non è
una democrazia né un club che può essere rimodellato in base al consenso o a
un'ideologia. La sua identità, come "sacramento" di comunione, è un
dono divino, una realtà che accogliamo, non un progetto che costruiamo da zero
attraverso il dibattito. L'eccessiva enfasi sulle "relazioni" e sulle
dinamiche di gruppo, se non saldamente ancorata a una dimensione verticale,
rischia di trasformare la Chiesa in una semplice comunità orizzontale,
ignorando la sua natura di Corpo Mistico di Cristo.
La pace: un obiettivo secolare o un dono di Cristo?
Il documento presenta la pace come la "missione più
urgente" della Chiesa, ma il linguaggio utilizzato la descrive in termini
generici. Non si parla della pace che è frutto della giustizia e della
riconciliazione con Dio, ma di una pace che sembra essere un obiettivo
umanitario e laico. Se la Chiesa riduce la sua missione a un progetto di pace
senza radicarla nella persona di Cristo Risorto, l'unico che può offrire una
pace autentica e duratura, si declassa al livello di un'agenzia sociale. Questa
secolarizzazione della missione spoglia l'annuncio evangelico della sua
specificità e della sua forza salvifica.
Un'ecclesiologia confusa e divisiva
L'uso del termine "Chiesa di Chiese" per descrivere il rapporto tra le Chiese locali e la Chiesa universale è un'ambiguità che alimenta la confusione ecclesiologica. La teologia cattolica insegna che la Chiesa universale non è la somma delle Chiese particolari, ma che il mistero della Chiesa intera è presente in ogni Chiesa locale.
L'espressione usata nel documento, pur se ispirata da un'idea di comunione, rischia di suggerire una visione federalista o addirittura protestante, che mina l'unità del Popolo di Dio. Inoltre, l'inclusione di espressioni come "nostalgie clericali" nel testo, pur volendo denunciare un problema reale, non contribuisce al dialogo (e ci ricorda, purtroppo, certe brutte esternazioni del Papa Francesco). Il linguaggio accusatorio e divisivo contrasta con l'ideale di "sinodalità" e fraternità che il documento si propone di promuovere.In sintesi, la prima parte del testo, pur contenendo
lodevoli aspirazioni, non riesce a superare una sottile ma profonda tensione.
Le proposte sembrano volte a far sì che la Chiesa si adatti ai paradigmi del
mondo, invece di essere un segno di contraddizione, perdendo il suo ruolo
profetico e la sua unicità.
Un'analisi critica del "rinnovamento" sinodale: dalla teologia alla sociologia
La seconda parte del documento, pur presentandosi come
un'ambiziosa guida per il futuro della Chiesa italiana, solleva una serie di
criticità che mettono in discussione le sue stesse premesse. Se l'intento
dichiarato è quello di un rinnovamento missionario, le proposte concrete
sembrano in molti punti tradire questa vocazione, privilegiando un'ottica
sociologica e ideologica a scapito della sua profonda natura teologica.
La conversione: un atto umano o un dono divino?
Il testo afferma che il discernimento dei "segni dei
tempi" è alla base della conversione. Questa affermazione è teologicamente
problematica. La conversione, nel suo senso più profondo, non nasce
dall'analisi del mondo o dai suoi "segni", ma dall'incontro con
l'amore di Dio e dall'accettazione della grazia di Gesù Cristo, operante per
mezzo dello Spirito Santo. Ridurre il fondamento della conversione a
un'attività di studio e interpretazione culturale rischia di trasformare un evento
di grazia in un processo di auto-realizzazione, spostando l'attenzione
dall'azione salvifica di Dio all'iniziativa umana.
Un manifesto politico con rischi ideologici
Il documento propone una serie di iniziative concrete che,
sebbene - forse - ben intenzionate, assomigliano più a un manifesto di un movimento
politico o sociale che a un piano pastorale. La proposta di istituire
osservatori, promuovere iniziative di disarmo o sostenere forme etiche di
risparmio, pur essendo argomenti di grande rilevanza, sembrano confondere il
ruolo della Conferenza Episcopale con quello di un'organizzazione non
governativa. Ancora più preoccupante è l'invito ad aderire a
"giornate" promosse dalla società civile, una scelta che può
facilmente condurre all'approvazione di agende ideologiche che spesso sono in
netto contrasto con la dottrina della Chiesa. Se la Chiesa vuole essere una
voce profetica nel mondo, deve agire con una sua identità e una sua agenda, non
allineandosi acriticamente alle istanze secolari del momento.
Una liturgia "antropocentrica"
Il testo sulla liturgia è forse il più problematico.
Suggerisce che la celebrazione debba "tornare ad essere un'esperienza
significativa, attrattiva e accessibile", e che essa "prende
forma" anche dall'assemblea. Questa visione mina la natura stessa della
liturgia cattolica, che non è un'esperienza umana da adattare alle sensibilità
del momento, ma l'Opus Dei, l'opera stessa di Dio e la continuazione
dell'ufficio sacerdotale di Cristo. La liturgia è un dono divino, non un
prodotto che deve essere reso "comprensibile" attraverso
"strumenti di analisi sociale" o "laboratori". Un tale
approccio rischia di snaturare la sua essenza, trasformandola da una realtà del
Cielo in un'attività puramente terrena, minacciando così la "lex orandi,
lex credendi" e l'unità della Chiesa stessa.
Il paragrafo 30 esalta l'accoglienza di "tutti,
tutti, tutti" come un'istanza evangelica. Tuttavia, le proposte concrete
che ne derivano sembrano superare la distinzione tra l'accoglienza della
persona e l'approvazione del suo stato di vita.
- Matrimonio
e Convivenza: Il documento suggerisce percorsi di "integrazione"
per chi vive in unioni diverse dal sacramento del matrimonio, come le
seconde unioni o le convivenze. Questa proposta si pone in aperta
contraddizione con l'insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica
che, richiamando la Rivelazione, ribadisce l'indissolubilità del
matrimonio (cfr. CCC 1640). Il Catechismo afferma categoricamente che
"se i divorziati si risposano civilmente, essi si trovano in una
situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio" e
"non possono accedere alla Comunione eucaristica" (CCC 1650). Il
testo sinodale, non facendo alcun riferimento a questa cruciale e
irrinunciabile verità, rischia di banalizzare il sacramento e di ingannare
i fedeli, suggerendo che si possa essere pienamente "integrati"
nella vita ecclesiale senza una piena adesione alla verità della fede.
- Identità
e Sessualità: Ancora più grave è la proposta di "promuovere il
riconoscimento delle persone omoaffettive e transgender" e di aderire
a "giornate" promosse dalla società civile. La Chiesa è chiamata
a trattare le persone con omosessualità "con rispetto, compassione e
sensibilità" (CCC 2358), condannando ogni forma di discriminazione
ingiusta. Tuttavia, la stessa carità pastorale non può in alcun modo
confondere l'accoglienza della persona con l'approvazione delle sue
tendenze o dei suoi atti. Il Catechismo è chiaro: "gli atti di
omosessualità sono intrinsecamente disordinati" e "in nessun
caso possono essere approvati" (CCC 2357). La promozione di
"giornate" che veicolano l'ideologia del gender, che nega la
natura intrinseca dell'essere umano come maschio e femmina (cfr. CCC
369-373), è un atto di complicità con un'ideologia che la Chiesa ha
fermamente condannato.
Il paragrafo 31, dedicato alla "dimensione
affettiva", spoglia la sessualità della sua natura teologica e morale per
ridurla a un mero campo di analisi psicologica e sociologica. La proposta di
affidare la formazione e l'accompagnamento su questi temi a "realtà
civili" e a "équipe" non meglio definite è un pericoloso passo
indietro.
- Sessualità
e Moralità: Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che la sessualità
umana non è un impulso disordinato ma un "bene" orientato verso
l'amore coniugale e la procreazione (CCC 2360-2361). La castità è una
virtù che è "compito di ogni battezzato" (CCC 2348-2350), un
cammino di santità che riguarda ogni persona, indipendentemente dal suo
stato di vita. Le proposte del documento, invece, sembrano voler trattare
la sessualità e l'identità come questioni che necessitano di "esperti"
esterni al Magistero, disconnettendole dalla vocazione alla santità e alla
vita di grazia. Questo approccio secolarizzato tradisce la profondità
della visione cristiana, che integra la sessualità nella persona in quanto
creata a immagine e somiglianza di Dio.
In conclusione, i punti 30 e 31 non sono semplici
raccomandazioni pastorali, ma un esempio di come un'iniziativa di dialogo possa
trasformarsi in un'agenda di compromesso. Nel tentativo di essere
"prossimo" al mondo, il documento rischia di compromettere la sua
missione profetica e di allontanare i fedeli dalla verità della fede, offrendo
risposte umanamente rassicuranti ma spiritualmente vuote, in un atto di
pericoloso disorientamento dottrinale.
Il documento, in definitiva, offre uno spaccato delle
tensioni interne alla Chiesa italiana. Sembra che, in molti passaggi, il
desiderio di essere "lievito" per la società si sia trasformato nel
rischio di essere "farina" che si lascia modellare, perdendo il suo
sapore e la sua vocazione profetica. Le proposte, se implementate, potrebbero
portare a una Chiesa che, nel tentativo di farsi più vicina al mondo, finisce
per assomigliargli, a discapito della sua unicità, della sua dottrina e, in
ultima analisi, della sua stessa identità.
Luigi Casalini
Lievito di pace e di
speranza
Presentazione
Nell’omelia per l’inizio del suo ministero petrino (18 maggio 2025), papa Leone XIV ha ripetutamente evocato l’immagine evangelica del lievito come icona della Chiesa missionaria. «Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato. In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme.
In queste parole c’è anche la
storia e il senso del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. In questi quattro
anni, ci siamo ispirati al magistero di papa Francesco che, fin dall’inizio del
percorso sinodale universale, ci esortò – richiamando Yves Congar – a fare non un’altra
Chiesa, ma una Chiesa diversa, «aperta alla novità che Dio le vuole suggerire», invocando «con più forza e frequenza lo Spirito» e camminando «insieme, come Lui, creatore della comunione
e della missione, desidera, cioè con docilità e coraggio» (Discorso ai partecipanti al “Momento
di riflessione per l’inizio del Percorso Sinodale”, 9 ottobre 2021).
Una Chiesa in cammino, in ascolto,
senza pretese di superiorità, con la sola preoccupazione di accogliere il Vangelo
e annunciarlo al mondo. Una Chiesa missionaria lievito di pace e di speranza. Non è altro che l’eco della brevissima
e folgorante parabola di Gesù: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una
donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata» (Mt
13,33; cfr. Lc 13,20-21). Gesù, quando vuole dare un’idea del regno di Dio, non
evoca mai immagini di potenza umana e divina, ma propone quadretti di vita lavorativa
e domestica. Qui il Signore sembra paragonarsi a una massaia, che mescola il lievito
alla pasta, seguendo il giusto dosaggio, e sa attendere il risultato. Il lievito,
di per sé, è il Regno, che la donna mescola alla farina. I discepoli non sono però
semplici spettatori dell’impasto di Dio, ma vi collaborano, assumendo lo stile del
Regno, le beatitudini (cfr. Mt 5,1-12). Una Chiesa che si lascia plasmare dal Vangelo,
in questa stessa opera di conversione diventa con ciò stesso “germe e inizio” del
Regno (cfr. Lumen gentium, 5), fermento e lievito di unità, di concordia,
di speranza e di pace.
Il continuo richiamo di papa Leone XIV
alla pace, fin dalle sue prime parole dal balcone di San Pietro la sera dell’elezione
– «La pace sia con tutti voi!»
– risponde alla missione più urgente della Chiesa di oggi: essere lievito di pace,
insieme a cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, che si fanno operatori
di pace in un mondo percorso da violenze che si speravano archiviate. I numerosi
conflitti armati, oggi specialmente in Ucraina e in Terra Santa, sono entrati nelle
case e nelle coscienze della gente del nostro Paese, creando incredulità, sconcerto,
dolore, senso di impotenza, sdegno. La violenza inaudita, soprattutto verso persone
fragili, deboli e inermi, in aperta violazione del diritto internazionale umanitario,
ha raggiunto livelli impensabili. Ed ha sollevato il coperchio sulle altre decine
di conflitti armati, tra cui quelli “dimenticati” o “ignorati”, e sulle tante violenze,
ingiustizie e sopraffazioni che continuano a segnare la nostra epoca. Le crisi planetarie
non si contano più e si intrecciano tra di loro in modo inestricabile, tanto che
cause ed effetti si rincorrono: povertà, fame, malattie, sfruttamento del creato,
sfollamenti, migrazioni e terrorismo… sono alla base di tanti conflitti e nello
stesso tempo sono crisi aggravate da essi. Il card. Matteo Zuppi, introducendo la
Professione di fede dei Giovani italiani radunati per il Giubileo in Piazza
San Pietro, ha ricordato le «croci costruite follemente dagli uomini che fabbricano armi per uccidere» e che «distruggono quello che fa vivere,
anche gli ospedali. La Chiesa è sotto la croce con gli occhi pieni di lacrime e
il cuore ferito per tanta enorme sofferenza, insopportabile per una madre come deve
esserlo sempre per l’umanità tutta» (31 luglio 2025).
Il Sinodo universale e il Cammino
sinodale delle Chiese in Italia si sono mossi all’interno di questo scenario mondiale,
non come “bolle” salubri e immuni, ma come fermento e lievito che si mescola alla
pasta. I cristiani non sono “un altro genere” rispetto alle donne e agli uomini
del loro tempo. Ne respirano i problemi e le risorse, ne vivono gli stessi drammi
e le stesse opportunità. Le nostre Chiese sono sempre alla ricerca della pace anche
al loro interno: le divisioni tra i cristiani, rese ancora più brucianti dalla celebrazione
dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, con il suo “Credo” professato da tutte le confessioni
cristiane, depotenziano le qualità del lievito. E, per restare nel contesto dei
cattolici italiani, la divisione tra chi sogna una riedizione pura e semplice della
“cristianità”, ormai definitivamente tramontata, e chi cerca invece una postura
ecclesiale adatta alla società di oggi, crea tensioni e incomprensioni dannose per
la comunione e la missione. Il Cammino sinodale intende porsi, umilmente, come strumento
per recuperare nella Chiesa la concordia nelle cose essenziali, la libertà nelle
cose dubbie che richiedono ulteriori riflessioni e la carità in tutte. Solo così
possiamo essere lievito di fraternità, lasciandoci davvero “inquietare” – come dice
papa Leone XIV, figlio di Sant’Agostino – dalla storia, dai volti, dalle vicende,
dalle gioie e dai dolori che vediamo e viviamo oggi.
Nel discorso per la Benedizione urbi et orbi, la vigilia della sua morte,
papa Francesco aveva detto: «Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile!»
(20 aprile 2025). Ha così collegato il “Giubileo della speranza”, da lui voluto,
con il grido di pace che si leva dal mondo intero. La Chiesa italiana impegnata
nel Cammino sinodale ha poi ricevuto da papa Leone XIV il mandato di lavorare
affinché «ogni comunità
diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso
il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non
è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia
pazienza e coraggio, ascolto e azione» (17 giugno 2025).
Il documento che segue è intriso
di esperienze di pace e di speranza. Pur tra tante fatiche, documenta la realtà
di oltre duecento Chiese locali, con tutte le loro articolazioni, impegnate a vivere
e trasmettere speranza e pace: spesso senza farsi notare, senza “fare notizia”,
ma sempre con tenacia e cura evangelica. Le nostre comunità cristiane non sono allo
sbando: benché provate da tante situazioni faticose e tentate a volte dallo scoraggiamento,
vivono come “piccolo lievito” di fraternità, attente soprattutto alle persone rimaste
o lasciate ai margini. La pace e la speranza per noi non sono sogni lontani, ma
hanno la carne e il volto del Signore Gesù morto e risorto: «Egli è la nostra Pace»
(Ef 2,14) e «la nostra Speranza» (1 Tim 1,1).
S.Ec. Mons Erio Castellucci
Presidente del Comitato CS…
Introduzione
1. Il Cammino
Sinodale è stato ispirato da un grande interrogativo: in che modo le Chiese che sono in Italia possono annunciare ed essere testimoni più trasparenti del Vangelo
nel cuore dell’umanità? Questo Cammino ha preso le mosse dall’invito che papa
Francesco ha rivolto alle Chiese di tutto il mondo convocando il Sinodo “Per
una Chiesa sinodale: comunione, missione, partecipazione”; invito che ha
indirizzato direttamente anche alla Chiesa italiana, chiedendole di rinnovarsi,
testimoniando «umiltà, disinteresse, beatitudine» (INC), per crescere come
«Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella
vita quotidiana della gente» (ivi).
2. Questo testo non è destinato solo
a chi ha preso parte direttamente al processo, ma a tutte le Chiese in Italia e
a ciascun battezzato, perché tutti possano sentirsi coinvolti nell’esperienza
di fede e corresponsabilità. Non sono contenute semplici indicazioni, ma
autentiche convergenze maturate attraverso l’ascolto e il discernimento
comunitario, nell’orizzonte di una visione di Chiesa condivisa. Per questo, il
documento viene consegnato all’Assemblea dei Vescovi, chiamata ad assumere la
responsabilità per orientare il percorso futuro delle Chiese in Italia con
decisione e rinnovata speranza.
Un’esperienza che forma
3. Non
riprendiamo qui tutta la storia di questi anni di Cammino Sinodale (cf.
Appendice). Ci limitiamo a
ricordarne alcuni che possono essere considerati come i
frutti più significativi del camminare insieme, sapendo però che nessun
racconto può comunicare la ricchezza dell’esperienza vissuta. Innanzitutto nel
cammino sono emersi tanti segni di speranza e tante risorse delle nostre realtà
ecclesiali italiane: la generosità pastorale e la prossimità tra presbiteri,
diaconi e fedeli; la capillarità del reticolo parrocchiale con la capacità di
essere vicini anche alle realtà più periferiche; l’impegno pastorale, educativo
e sociale di laici e laiche, delle associazioni, dei movimenti e delle comunità
religiose, con l’attenzione e il sostegno alle forme di povertà crescenti nel
nostro Paese; l’inestimabile valore e la preziosa potenzialità pastorale del
patrimonio artistico.
4. L’ascolto
messo in atto durante gli anni di Cammino Sinodale ha fatto emergere anche le
tante situazioni di fatica che, nella complessità dell’attuale momento storico,
interpellano le nostre comunità. Da più parti si registra un calo della
partecipazione con la conseguente diminuzione delle forze per la cura degli
impegni pastorali e la gestione delle strutture; la trasmissione della fede tra
generazioni è diventata più difficile e non sempre le famiglie riescono a
vivere con consapevolezza la responsabilità dell’educazione alla fede dei
figli; molti giovani si allontanano dalla vita della comunità anche perché i
linguaggi ecclesiali e i segni liturgici non sembrano più intercettare la vita
delle persone; permangono nostalgie clericali tra i ministri ordinati e
tra i fedeli con la relativa resistenza ad una conversione sinodale; c’è ancora
ritrosia in ordine all’accesso delle donne a incarichi ecclesiali;
individualismi, particolarismi e campanilismi appesantiscono spesso la vita
delle comunità; più in generale, si avverte la
diminuzione di una rilevanza sociale della voce ecclesiale. Queste
difficoltà, insieme
all’inevitabile fatica che portano con sé, possono generare stanchezze e
disincanto, come spesso accade.
5. Proprio
dentro queste fatiche durante il Cammino sono germogliati segni concreti di
risposta da riconoscere, custodire e far crescere. Fin dalla fase narrativa, la
Chiesa ha imparato a riconoscere nell’ascolto
una dimensione essenziale della sua missione. Non si tratta solo di un
atteggiamento preliminare all’annuncio, ma di un atto che già lo realizza:
ascoltare significa riconoscere l’altro, dirgli che è importante, che ciò che
porta è prezioso e che in lui è già all’opera lo Spirito. In questi anni, dando
spazio al racconto delle persone, delle comunità e dei territori – nelle
scuole, negli ospedali, nelle carceri, nei dialoghi con le istituzioni – si è
resa visibile una Chiesa che accoglie e che invita; sono cresciuti l’attenzione
e il dialogo anche con chi normalmente resta ai margini delle comunità.
L’esperienza della “conversazione nello Spirito”, vissuta nei gruppi sinodali,
ha generato in molte comunità una vitalità nuova: come in piccoli cenacoli, lo
Spirito ha potuto operare più in profondità di quanto ci si aspettasse,
mostrando quanto sia fecondo credere davvero nella sua azione libera e
generosa.
6. Un altro
frutto del Cammino è stata la sperimentazione di nuovi percorsi pastorali, in
particolare attraverso i “Cantieri di Betania”, che hanno fatto comprendere
l’urgenza di aprire spazi di riflessione
e di ricerca pastorale in ambiti molteplici della vita culturale e sociale
– dalla scuola al lavoro, dall’arte allo sport, dall’imprenditoria alle
professioni, dal volontariato all’impegno politico, fino ai luoghi più segnati
dall’emarginazione come le carceri e le situazioni di disabilità. In queste esperienze
si è espressa una reale disponibilità al discernimento, per cercare non solo
nuove idee ma anche le condizioni concrete che rendano praticabili i desideri
emersi. È cresciuta così una sensibilità che intreccia e fa dialogare dimensione pastorale, riflessione
teologica e competenze scientifiche e professionali, a servizio di un
discernimento comune e delle decisioni ecclesiali per un rinnovato slancio
missionario.
7. Abbiamo
colto il valore della corresponsabilità
anche attraverso il lavoro delle équipe sinodali, composte da vescovi,
presbiteri, consacrati e consacrate, laici e laiche. Con la varietà di
competenze e carismi in esse coinvolti, si sono rivelate veri e propri
laboratori di sinodalità. Camminando insieme e accompagnando percorsi di
formazione e condivisione, hanno mostrato che è possibile vivere dinamiche di
corresponsabilità in tutto il Popolo di Dio, che la corresponsabilità è
essenziale alla vita della Chiesa e contribuisce a costruirla. Allo stesso
tempo, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza degli organismi di
partecipazione, non come semplici spazi consultivi, ma come strumenti concreti
per il discernimento delle priorità pastorali e per il rinnovamento di
strutture e processi decisionali, in una corresponsabilità differenziata,
luoghi in cui lo Spirito guida la Chiesa a scelte condivise e più fedeli al
Vangelo.
8. Particolarmente significativo è stato quanto sperimentato durante la Seconda Assemblea del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia (Roma, 31 marzo - 3 aprile 2025), che ha mostrato con chiarezza la serietà del processo. La scelta del Consiglio Episcopale Permanente di ritirare il testo delle Proposizioni e di presentare una mozione che recepiva le richieste dell’Assemblea non è stata un gesto solo procedurale, ma un segno di credibilità: ha reso evidente che non si era vissuto un esercizio formale, bensì un autentico confronto. Spazzando via il diffuso pregiudizio di una presunta inutilità del Cammino Sinodale (“tanto non cambia nulla”), è stato possibile vedere una Chiesa capace di vivere realmente la comunione: vescovi che hanno saputo ascoltare e un laicato maturo; un dibattito libero che ha dato voce a un dissenso costruttivo, teso a custodire e a non disperdere la ricchezza di un ascolto pluriennale. Sono emerse così, in maniera chiara, l’importanza della trasparenza, necessaria nell’esercizio della corresponsabilità, e la richiesta di uno slancio profetico che renda la Chiesa compagna di strada di tutti.
9. Queste esperienze, così
come tutto il Cammino Sinodale, hanno fatto toccare con mano che lo Spirito
agisce anche attraverso tensioni e imprevisti: il dibattito, franco e
generativo, ha rafforzato il legame tra
sinodalità e collegialità episcopale, rivelando che la sinodalità non è
un’utopia ma una pratica possibile, in cui le differenze diventano forza
generativa per annunciare con credibilità il Vangelo. Ecco perché questo
documento, che dà conto delle convergenze emerse, segnala anche le questioni
che rimangono aperte e su cui sarà necessario continuare il confronto e
l’ascolto dello Spirito.
10. La Chiesa poi ha imparato a riconoscere nella sinodalità vissuta anche
una profezia sociale. Lo stile del
cammino condiviso, vissuto con umiltà, non parla solo alla vita ecclesiale ma
diventa segno credibile per un mondo segnato da disuguaglianze, conflitti e
individualismo crescente. La sinodalità, infatti, mostra che è possibile vivere
relazioni fondate sull’ascolto, sul riconoscimento reciproco e sulla
corresponsabilità: un antidoto al disincanto verso la politica e la democrazia,
ma anche alla manipolazione che annulla le persone. La Chiesa diventa così una
voce critica e solidale, capace di custodire i legami, prendersi cura dei più
fragili e trasformare le tensioni in occasioni di crescita e di testimonianza
evangelica (cfr DFS 47 e 153).
Una visione di Chiesa condivisa
11. A motivo
di quanto ricordato, il documento di sintesi del Cammino Sinodale ha bisogno di
essere letto in un clima di preghiera personale e comunitaria, quello stesso
che ha sostenuto l’intero Cammino, rendendosi disponibili all’ascolto dello
Spirito sorgente di dialogo e di comunione. Per aiutare la lettura e il
discernimento, i prossimi paragrafi mettono in luce alcuni nuclei di senso che
danno unità al documento e che costituiscono altrettanti criteri di
discernimento e di verifica delle scelte che le nostre comunità saranno
chiamate a compiere. I passi concreti che verranno intrapresi per attuare le
proposizioni devono poter germogliare in un terreno solido e condiviso
all’interno di una visione di Chiesa che costituisce il terreno solido e
condiviso su cui costruire.
12. Il Cammino
Sinodale ha trovato le sue radici nell’approfondimento del mistero della Chiesa consegnatoci dal Concilio Vaticano
II. In Cristo, la Chiesa è come un sacramento di comunione, «segno e
strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG
1). Il popolo di Dio in cammino con tutta l’umanità – ancora pellegrinante nel
tempo e già in comunione con la Chiesa del cielo, guidato dall’azione dello
Spirito – è il soggetto comunitario e storico della missione (cfr. DFS 17). È
testimone dell’evento decisivo della storia, la risurrezione di Gesù, e al
tempo stesso segno profetico della comunione quale fine ultimo della storia,
del sogno di Dio per l’umanità: l’unità di tutto il genere umano in Cristo (cfr
LG 1). La Chiesa è chiamata ad essere perciò il «germe più forte di unità, di
speranza e di salvezza» (LG 9) per tutta l’umanità. La sua identità si realizza
nella missione che le è affidata e coincide totalmente con tale
missione. Questa prospettiva conciliare ci chiama a una continua conversione
missionaria e sinodale per essere segno credibile del Vangelo che annuncia e
che cerca di vivere.
13. Passo dopo passo abbiamo
riconosciuto che questa conversione coinvolge tre dimensioni profondamente connesse tra loro:
comunitaria, personale e strutturale. Queste tre dimensioni, nel loro
intreccio, concorrono a configurare il volto di una Chiesa
capace di rispondere alle sfide del nostro tempo. Solo se sapremo camminare insieme
in queste tre dimensioni della conversione, potremo raccogliere fino in fondo la sfida
che papa Francesco ha presentato alla Chiesa all’inizio del suo pontificato:
entrare in uno stato permanente di conversione pastorale e missionaria. Si tratta di un percorso interiore di un rinnovamento condiviso delle categorie di pensiero, da cui
nascono precisi stili di vita, scelte comuni, concrete pratiche coraggiose e strutture rinnovate. Una conversione che
«non può lasciare le cose come stanno» (EG 25) né può accontentarsi di una
“semplice amministrazione”, che ha piuttosto il coraggio di trasformare
consuetudini e strutture alla luce della missione evangelizzatrice (cfr. EG,
27).
14.
L’intreccio di queste tre dimensioni guida la struttura del documento in tre
parti distinte: Il rinnovamento sinodale e missionario della
mentalità e delle prassi ecclesiali, II. La formazione sinodale e missionaria dei
battezzati, III. La corresponsabilità
nella missione e nella guida della comunità. Ritroviamo tale intreccio in ciascuna delle questioni
affrontate. L’intento è quello di tradurre in scelte concrete e in pratiche
condivise la conversione necessaria. Le pagine introduttive offrono un orizzonte
d’insieme alle proposte contenute nelle tre parti. Vi si trovano criteri di
discernimento per orientare e valutare le scelte da compiere: a) la priorità
della missione e dell’annuncio del Regno; b) il valore delle relazioni e la
pluralità dei soggetti della corresponsabilità; c) il radicamento nei luoghi e
nelle storie particolari; d) la capacità di un dialogo a tutto campo in un
mutuo scambio di doni a tutti i livelli. Queste istanze sono emerse con
chiarezza dal Cammino Sinodale italiano, e trovano ampio riscontro nel DFS e nelle Tracce. Le vediamo una per una, pur ricordando che fanno parte di
una visione d’insieme.
15. La priorità della missione. Ogni scelta
e cambiamento devono potersi misurare alla luce dell’annuncio del Regno di Dio,
che costituisce la vocazione fondamentale di tutti i battezzati, nella
diversità e specificità dei carismi, delle vocazioni e dei ministeri:
l’orizzonte della missione resta il criterio fondamentale di ogni discernimento. L’assunzione decisa e consapevole di uno stile sinodale e missionario consente alla Chiesa di non
ripiegarsi su se stessa e sulle proprie strutture o sulla salvaguardia
dell’esistente, ma di essere capace di abitare il mondo con coraggio e audacia
evangelica, affinché «abbia la vita e l’abbia in abbondanza» (Gv 10,10).
16. La centralità delle relazioni. La Chiesa
è chiamata a essere segno e strumento del Regno di Dio. Ciò implica relazioni
autentiche, capaci di generare comunione, nell’accoglienza reciproca, in una condivisione che valorizza le differenze
come dono e arricchimento, e
attraverso confronti che non temono il conflitto ma sanno viverlo nella libertà
e nel rispetto. «Sono le relazioni a sostenere la vitalità della Chiesa,
animando le sue strutture» (DFS 49): la comunione non è appiattimento, ma
armonia nella pluralità tra le generazioni, fra uomini e donne, tra le diverse
competenze e sensibilità, e nelle fragilità di ciascuna esistenza. Ciascuno
ha una responsabilità legata alla propria vocazione, da vivere in relazione
agli altri in una prospettiva di corresponsabilità differenziata; e nessuno
deve sentirsi escluso o ai margini nella famiglia dei figli di Dio: siamo
chiamati tutti ad annunciare il Regno, a testimoniarne e servirne la silenziosa
venuta nella storia. In particolare, al vescovo è affidato il dono e il compito
«di riconoscere, discernere e comporre in unità i doni che lo Spirito effonde
sui singoli e sulle comunità» (DFS 69).
17. Il dinamismo della Chiesa locale. La Chiesa locale,
nel suo insieme, si riscopre
come lo spazio privilegiato
in cui i battezzati cercano e vivono la comunione in Cristo e la missione. Ma
nessuna Chiesa locale è isolata dalle altre: l’appartenenza a un luogo e a una storia
particolare è in tensione feconda
con l’appartenenza alla Chiesa universale: siamo al contempo “radicati e pellegrini”: radicati, cioè, inseriti in un luogo specifico in cui il Vangelo viene accolto, compreso, annunciato, e pellegrini porzione del popolo di Dio in cammino (CD 11), viandanti
aperti all’oltre, a ciò che eccede ogni chiusura autoreferenziale, (cfr.
DFS 110-119). Nella prospettiva conciliare della “Chiesa di Chiese” in comunione, ciascuna Chiesa locale
presieduta dal proprio Vescovo è in relazione
con le altre Chiese. Non si tratta
di una somma di realtà
autonome da coordinare, ma di una comunione più
profonda e complessa da promuovere in maniera concreta: le Chiese locali
si riconoscono generate
dalla grazia di Cristo,
sorelle e imprescindibilmente connesse tra di loro, al tempo stesso in unità
con il Vescovo di Roma, principio e fondamento di unità della Chiesa tutta.
18. Lo scambio di doni tra le Chiese. Si
comprende così la fruttuosa intuizione del mutuo scambio di doni, di cui ha
parlato il Sinodo universale (cfr. DFS 119) e che, per molti aspetti, il
Cammino Sinodale ha già permesso
di sperimentare. Ogni Chiesa locale, infatti, ha qualcosa
da offrire e da ricevere. In una società segnata
dalla frammentazione localistica, da individualismi e particolarismi, e mentre il mondo
globalizzato tende a omologare storie,
culture, identità e religioni, questa
visione assume una straordinaria forza profetica. Si tratta quindi
di trovare anche nuove vie per valorizzare quei «luoghi “intermedi” tra Chiesa locale
e Chiesa universale» (DFS 119) – quali le Regioni italiane, il continente europeo,
le Chiese del Mediterraneo – per tradurre in decisioni condivise il desiderio
di procedere insieme.
19. Facendo
leva sulle risorse emerse durante il Cammino Sinodale svolto sinora,
accogliendo senza paura
le fragilità e soprattutto fidandoci dell’azione dello Spirito,
guardiamo al tratto di strada che ci attende con rinnovata fiducia, come
ci ha invitato a fare papa Leone XIV: «Guardate al domani con serenità e non
abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi,
di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo,
ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi
per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici» (DC).
Il rinnovamento sinodale e missionario
della mentalità e delle prassi ecclesiali
20. Oggi è necessaria una profonda
conversione missionaria. Il Concilio Vaticano II ha ribadito la natura
missionaria della Chiesa, che «esiste per testimoniare al mondo l’evento
decisivo della storia: la risurrezione di Gesù» (Documento finale del Sinodo
2024, 14). L’invito a «porre Gesù Cristo al centro», espresso da papa Leone
XIV, motiva «uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della
fede», per «aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui» e
«scoprire la gioia del Vangelo» (Discorso alla CEI). Quando la Chiesa
annuncia in modo credibile diventa spazio di profezia, casa di salvezza e luogo
di conversione, mentre realizza se stessa in dialogo con la società (cfr. Gaudium
et spes). Infatti, «non siamo obbligati a scegliere tra dialogo e annuncio,
ma siamo metodologicamente coinvolti su entrambi i fronti, se vogliamo obbedire
al comando missionario di Gesù» (Lineamenti, 19). La Chiesa entra allora
in dialogo con la cultura e «col mondo in cui si trova a vivere» (cfr. Paolo
VI, Ecclesiam suam, 67), cogliendo le trasformazioni dell’umano nel
nostro tempo – i desideri più nascosti, le paure che attraversano le
generazioni, le fragilità che segnano ogni esistenza – per restituire alla
persona la sua dignità fondamentale: il suo essere relazionale e aperto al
trascendente. In questa prospettiva la comunicazione non può ridursi a
strumento tecnico o strategia pastorale, ma è lo spazio sacro in cui il Vangelo
prende corpo come esperienza condivisa, vissuta e testimoniata nella
quotidianità. Così la profezia si fa cultura perché abita il mondo senza
conformarsi ad esso, mentre la cultura si fa profezia quando si lascia
interrogare dalla forza liberante del Vangelo, in un intreccio fecondo. Questa
esperienza di comunione, tuttavia, non può restare chiusa in se stessa: chi ha
gustato la presenza del Regno è chiamato a riconoscere e denunciare tutto ciò
che lo contraddice, dispiegando la forza evangelica della profezia soprattutto
verso tutte le strutture di peccato che agiscono iniquamente causando
ingiustizia, violenza e sofferenza (cfr. Documento finale del Sinodo 2024,
47-48).
21. La necessità della conversione
missionaria nasce da qui. Cristo luce delle genti (cfr. Lumen gentium,
1) risplende sul volto della Chiesa, pur segnata dalla fragilità della
condizione umana e dal peccato. Nondimeno la Chiesa riceve dal Signore il dono
e la responsabilità di essere il lievito efficace dei legami, delle relazioni e
della fraternità della famiglia umana (cfr. Ad gentes, 2-4),
testimoniando nel mondo il senso e la meta del suo cammino (cfr. Gaudium et
spes, 3 e 42; Documento finale del Sinodo 2024, 20). La sua
vocazione e il suo servizio profetico (cfr. Lumen gentium, 12)
consistono nel raccontare il progetto di Dio di unire a sé tutta l’umanità
nella libertà e nella comunione: l’unità con Dio e tra di noi. Ecco il senso
del cammino umano e del Creato intero. «E lì dove le relazioni umane e sociali
si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve
farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione» (Leone XIV, Discorso
alla CEI). È necessario, perciò, un rinnovamento della mentalità e
dell’azione ecclesiale, ispirato allo stile di Gesù, che «sulle strade e nei
villaggi […] ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i
tipi [...] e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità»
(Cantieri di Betania, 6). In questo cammino comune la Chiesa non solo dà
al mondo, ma anche riceve dal mondo, in un rapporto dialogico di scambio e
aiuto reciproco (cfr. Gaudium et spes, 42-44): non siamo solo chiamati a
portare la presenza di Dio nel mondo, ma anche a riconoscerla, svelarla e
valorizzarla (cfr. Evangelii gaudium, 71).
22. La pluralità delle religioni e
delle culture, la multiformità delle tradizioni spirituali e teologiche, la
varietà dei doni dello Spirito e dei compiti nella comunità, così come le
diversità di età, sesso e appartenenze sociali, sono un invito a riconoscere e
assumere la propria parzialità, rinunciando alla pretesa di mettersi al centro
e aprendosi all’accoglienza di altre prospettive (cfr. Documento finale del
Sinodo 2024, 37-42). Ciascuno è portatore di un contributo peculiare e
indispensabile nella Chiesa. In quest’ottica, papa Leone XIV ha esortato i
Pastori ad aver «cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati
nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione
nella società» (Discorso della CEI). Se lo stile missionario diventa
dialogo e cammino condiviso con tutti e tutte, il rinnovamento sinodale
permette la valorizzazione di alcuni
luoghi in cui si realizza l’universale chiamata di Dio a far parte del suo
popolo, preparando il Regno. In questo modo, culture diverse vengono aperte
alla prospettiva dello scambio di doni, cogliendo l’unità che sottende la loro
pluralità. La valorizzazione dei contesti, delle culture e delle diversità è
una chiave per crescere come Chiesa sinodale missionaria. Le proposte pastorali
in chiave missionaria devono mettere al centro la vita e le persone nella loro
singolarità a cominciare da partendo
da quelle più fragili e marginalizzate (cfr. Francesco, Amoris Laetitia
cap. 8; Ddf, Dich. Fiducia Supplicans). Rientra nel compito missionario
della Chiesa anche facilitare l’incontro di ogni persona con il Signore Gesù
nella liturgia (cfr. Francesco, Desiderio desideravi, 10-13). Così come
è fondamentale che emerga la voce dei giovani, perché con loro tutta la Chiesa
possa leggere profeticamente e in chiave evangelica la nostra epoca (cfr. Documento
finale del Sinodo dei Vescovi sui giovani, la fede e il discernimento
vocazionale, 27 ottobre 2018, 64).
23. Il discernimento dei segni dei
tempi e la loro interpretazione alla luce del Vangelo sono alla base della
conversione, affinché l’annuncio sia fedele a Cristo e all’uomo, l’incontro sia
aperto, franco e umile con tutti, la collaborazione rechi frutti che esaltino
la dignità umana, custodiscano il Creato e favoriscano la giustizia e la pace.
«La Chiesa abita la storia con una fiducia e un coraggio radicati nella Parola
nella consapevolezza che il Regno è ben più grande e dimora nell’intera
famiglia umana» (Lineamenti, 20). Lo fa non da osservatore esterno,
bensì incarnandosi nel tempo e nello spazio in cui è chiamata a servire. La
Parola di Dio sebbene non si
identifichi unicamente con una cultura, tuttavia, perché possa raggiungere
tutti, non può fare a meno dei linguaggi, dei simboli, dell'immaginario propri
delle persone e delle comunità in cui essa risuona. La sinodalità introduce
un modo nuovo di assumere la sfida del rapporto fra Vangelo e culture: solo
insieme sapremo tradurlo nella lingua materna di ciascuno. Il popolo di Dio
avanza nella comprensione della verità confrontandosi con le culture del proprio
tempo, senza pretese di rivalsa o ansia di contrapposizione, ma riconoscendone
al proprio interno una vitalità generativa.
Abitare la società e il suo cambiamento
24. «Quanto più la Chiesa è fedele al Vangelo
del Signore Gesù, tanto più fa proprie le “crisi” del mondo» (Lineamenti,
7). Pertanto, seguendo Gesù nostra pace (cfr. Ef 2,14), di fronte al
moltiplicarsi di guerre e tensioni sullo scenario internazionale, le Chiese in
Italia sentono forte l’urgenza di promuovere a ogni livello scelte e percorsi
di pace, che siano ben radicati nel pensiero cristiano, avendo cura di
coinvolgere quanti sono
impegnati in questo servizio. L’Assemblea Sinodale accoglie l’invito che
papa Leone XIV ha rivolto ai Vescovi italiani affinché «ogni comunità diventi
una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il
dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è
un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia
pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la
nostra presenza vigile e generativa» (Discorso alla CEI).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che la
CEI promuova un tavolo di riflessione e approfondimento con le varie realtà
della società civile e gli esperti del settore sui temi del disarmo e
dell’educazione alla pace per immaginare insieme alternative concrete alla
politica del riarmo;
b. che la
CEI e gli aderenti al tavolo valutino l’istituzione di un Osservatorio
nazionale sulla pace e la nonviolenza;
c. che la CEI
promuova nelle sedi opportune una riflessione sulla natura e l’orientamento del
servizio di assistenza spirituale alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate;
d. che le
Chiese locali promuovano percorsi di educazione alla cura per la vita, alla
pace, alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti
di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro;
e. che le
Chiese locali sostengano iniziative per l’obiezione di coscienza, per il
disinvestimento dagli istituti di credito coinvolti nella produzione e nel
commercio di armi e per il bando al possesso e all’utilizzo di arsenali
nucleari;
f. che le
Chiese locali promuovano cammini di riconciliazione, pratiche di giustizia
riparativa e azioni di rigenerazione comunitaria come antidoto ad ogni forma di
violenza e di intolleranza.
Fame e sete di giustizia per gli esseri umani e il Creato
25. Consapevole dei modelli sociali che rendono i più fragili degli “scarti” e
contribuiscono al contempo a un drammatico degrado del creato, la Chiesa si
impegna a livello locale e universale «in un’azione incisiva contro l’iniquità
nelle sue varie forme» (Lineamenti, 20). Per questo intende operare
attivamente per la promozione di uno sviluppo diverso e per la cura della casa
comune, anche sperimentando nuove alleanze e progetti con le istituzioni del
territorio e con la società civile, a cominciare dalla scuola.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le
Chiese locali si impegnino in percorsi formativi sulla Dottrina sociale della
Chiesa, valorizzando quanto emerso nelle Settimane sociali, come attenzione
alla giustizia, in particolare in relazione al mondo del lavoro;
b. che le
Chiese locali, in collaborazione con altri soggetti della società, promuovano
lo sviluppo umano integrale attraverso stili di vita sostenibili, scelte
personali e iniziative comunitarie, valorizzando e incrementando le buone
pratiche di economia civile, sociale, solidale e circolare, con particolare
attenzione alle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS) e alle
esperienze di commercio equo e solidale;
c. che le
Chiese locali sostengano e incentivino forme etiche di risparmio, investimento
e inclusione finanziaria, promuovendo una gestione responsabile delle risorse
che metta al centro la dignità della persona e il bene comune;
d. che le
Chiese locali ascoltino il grido dei giovani, della comunità scientifica, delle
tante vittime per la casa comune in rovina e camminino al loro fianco
nell’impegno per ripararla, adottando stili di vita sostenibili e sistemi di
valutazione dell’impatto ambientale e sociale delle scelte pastorali e della
gestione dei beni ecclesiastici (come i bilanci di missione);
e. che le
Chiese locali, sostenute anche da iniziative nazionali, non cessino di
denunciare la corruzione, l’illegalità e le mafie, favoriscano la presa di
coscienza civile della loro incompatibilità con la realizzazione del bene
comune e partecipino agli sforzi della società civile per combatterle;
f. che le
Chiese locali dimostrino attenzione ai fenomeni globali, alle esigenze delle
altre Chiese nel bisogno e promuovano lo sviluppo dei popoli, attraverso gesti
concreti di solidarietà internazionale.
Una politica che contribuisca all’amicizia sociale
26. «L’annuncio del Vangelo di Cristo morto e risorto, che si
innesta nella storia umana, deve animare la riflessione su nuovi modelli di
presenza e di azione della comunità cristiana e dei battezzati nella società
italiana» (Lineamenti, 4). La politica – nel suo significato di cura
della polis – è fondamentale per la costruzione della fraternità e
dell’amicizia sociale. Cittadini sempre più attivi e consapevoli fanno sì che
la democrazia non si trasformi in una serie di procedure senza orizzonte o in
un mercato in cui tutto ha un prezzo.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza la seguente proposta:
che le
Chiese locali e le associazioni cattoliche, anche con il supporto di iniziative
nazionali, creino spazi di confronto e formazione su democrazia e cittadinanza
in dialogo costruttivo
con il resto della società, per incentivare la partecipazione alla vita
democratica del Paese.
27. Le Chiese in Italia riaffermano l’opzione preferenziale per i
poveri, scegliendo di restare accanto a chi vive situazioni di esclusione e
vulnerabilità, riconoscendo la specificità di ogni condizione e promuovendo
percorsi differenziati di ascolto e di accompagnamento comunitario. In essi,
volto di Cristo e pietra viva della Chiesa (cfr. Mt 25), risuona l’annuncio
stesso del Vangelo. Essi non sono solo destinatari di aiuto e carità, ma
fratelli e sorelle in cui Dio si rivela e parla. Alla scuola delle persone in
difficoltà economica, abitativa e lavorativa, dei migranti, dei detenuti, dei
disabili, dei malati, il popolo di Dio cresce nella comprensione del Vangelo e
si lascia trasformare, facendo della carità un tratto costitutivo della propria
missione comunitaria. Il risveglio delle coscienze
passa anche dalla esperienza di «tanti uomini e donne di diverse appartenenze,
che con generosità operano per condividere una ricerca di pace e di giustizia» (Lineamenti,
7). Inoltre, nel movimento di uscita verso
le periferie sociali e le solitudini umane locali e globali, i cristiani
attingono all’esperienza e alle prassi innovative della “missio ad gentes” come
incontro, non solo fisico, ma esistenziale e solidale con quanti abitano la
società. Spetta ad ogni fedele la missione di individuare i bisogni evidenti e
nascosti dei fratelli e delle sorelle non delegando la carità solo ad apposite
istituzioni e organizzazioni.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali e le
organizzazioni ecclesiali siano esse stesse testimoni di povertà evangelica
nella gestione dei beni e nelle relazioni, dal momento che la forma della
Chiesa è già un annuncio: lo stile di povertà e di sobrietà sono luogo di evangelizzazione
(cfr. Lumen gentium, 8). Promuovano una cultura globalizzata della carità e
della fraternità e si impegnino a sostenere con gesti concreti le aspirazioni
dei movimenti e delle organizzazioni popolari impegnati nel dar vita ad
alternative concrete alla logica dello scarto, che si esprime ad esempio in
politiche discriminatorie nei confronti di migranti e carcerati;
b. che le Chiese locali, con il supporto
della CEI e degli Organismi a essa collegati, promuovano occasioni di incontro
per sensibilizzare sul lavoro dignitoso (sul piano delle tutele, economico,
relazionale, di compatibilità con la vita familiare), con particolare
attenzione ai giovani, alle “aree interne” del Paese, alle forme di lavoro
precario, alla sicurezza, alle politiche aziendali di formazione permanente;
c. che le Caritas rafforzino la loro
funzione pedagogica, promuovendo una cultura della carità che coinvolga
attivamente le comunità locali e formi le nuove generazioni. Inoltre,
favoriscano nei territori la nascita e lo sviluppo di reti e sinergie con altri
soggetti sociali;
d. che
le Chiese locali generino contesti favorevoli in cui le persone più fragili
possano far ascoltare la propria voce, portare la propria esperienza e lettura
della realtà, autodeterminarsi, partecipare a pieno titolo alla vita della
comunità;
e. che a livello locale e nazionale,
venga messo in luce il nesso tra esclusione sociale e dinamiche strutturali che
la producono, attraverso azioni di advocacy e di lobbying in alleanza con altri soggetti sociali e
istituzioni.
Sorelle e fratelli tutti
28. I flussi migratori degli ultimi
decenni hanno reso più ampia e variegata rispetto al passato la presenza sul
nostro territorio di fedeli appartenenti ad altre Chiese cristiane. Il cammino
ecumenico avviato dal Concilio Vaticano II ha portato frutti significativi a
livello di accordi teologici: oggi è però quanto mai necessario
quell’ecumenismo radicato nella vita quotidiana del popolo di Dio che è
determinante per l’avanzamento verso la sospirata unità visibile dei cristiani.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che
la CEI verifichi nelle sedi opportune e in dialogo con le altre realtà
ecclesiali la possibilità di istituire un Consiglio nazionale delle Chiese
cristiane;
b. che la CEI favorisca la diffusione e la
recezione degli accordi teologici maturati nei dialoghi ufficiali tra la Chiesa
cattolica e le altre Chiese cristiane, promuovendone lo studio nei Seminari,
l’approfondimento nella predicazione e l’integrazione nei percorsi di
catechesi;
c. che le Chiese locali e le istituzioni
teologiche promuovano una formazione ecumenica solida e articolata, attraverso
corsi specifici e un’attenzione trasversale nelle diverse discipline
teologiche, includendo la conoscenza delle tradizioni delle altre Chiese e dei
principali documenti del dialogo interconfessionale;
d. che
le Chiese locali istituiscano e sostengano, almeno a
livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, un Consiglio locale
delle Chiese cristiane, volto alla conoscenza reciproca tra le varie comunità e
alla collaborazione negli ambiti di comune interesse;
e. che
le Chiese locali coinvolgano le comunità cristiane non cattoliche e le comunità
religiose non cristiane nelle azioni volte alla protezione del Creato, alla
costruzione di un’economia più giusta, al contrasto dell’oppressione e
dell’esclusione.
29. Nel
contesto attuale la Chiesa italiana è chiamata a confrontarsi anche con le
altre religioni presenti sul territorio. «Uno stile di Chiesa rinnovato chiama
a una forte pratica di dialogo per una positiva convivenza con le altre realtà
religiose […], per una vera conoscenza oltre stereotipi e pregiudizi, per
coltivare insieme germi di pace e prendersi cura della casa comune» (Lineamenti,
11).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti
proposte:
a. che
le Chiese locali istituiscano tavoli di incontro fra i rappresentanti (o i membri) delle religioni
presenti nel territorio;
b. che
le Chiese locali pratichino il dialogo interreligioso soprattutto negli ambiti
di impegno comune nella protezione del Creato, nella costruzione di un’economia
più giusta, nel contrasto all’oppressione e all’esclusione.
La cura delle relazioni
30. Essere segno del regno di
Dio implica relazioni autentiche e comunionali, che mostrino le differenze come
ricchezza. La comunità ecclesiale vuole essere uno spazio nel quale ognuno può
sentirsi compreso, accolto, accompagnato e incoraggiato, con una particolare
attenzione a coloro che rimangono ai margini. Siamo coscienti che, per «passare
dalla logica escludente del dentro/fuori ad una di implicazione e
riconoscimento» (Lineamenti, 11), in
alcuni casi e su alcuni temi occorre ancora un ulteriore approfondimento,
confronto e discernimento comuni, per arrivare, con gradualità, a scelte
condivise. Ma, al tempo stesso, non vogliamo rinunciare a tenere ben presente
che «lo sguardo di fede rifugge le rigide categorie e domanda di accogliere le
sfumature, comprese quelle che a occhio nudo non si vedono» (Lineamenti, 6), poiché i «discepoli sono
in cammino verso una realtà che ha posto per tutti e tutte» (Lineamenti, 20).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali e le Conferenze episcopali regionali
promuovano percorsi di accompagnamento, discernimento e integrazione nella
pastorale ordinaria di quanti desiderano fare cammini di maggiore integrazione
ecclesiale, ma sono ai margini della vita ecclesiale e sacramentale a causa di
situazioni affettive e familiari stabili diverse dal sacramento del matrimonio (seconde
unioni, convivenze di fatto, matrimoni e unioni civili, etc.);
b. che le Chiese locali promuovano percorsi e
approcci pastorali di accompagnamento e integrazione nella vita ecclesiale
delle coppie conviventi, che hanno in animo una futura unione nel sacramento
del matrimonio, tenendo conto di questo loro desiderio;
c. che le Chiese locali, superando ogni atteggiamento
discriminatorio, continuino a promuovere il riconoscimento delle persone
omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono
alla comunità cristiana;
d. che la CEI, come hanno già fatto molte Chiese locali,
aderisca con la preghiera e la sensibilizzazione a “giornate” promosse dalla
società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità
verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e
discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, l’omofobia e transfobia,
etc.);
e. che
le Chiese locali e le Conferenze episcopali regionali formino opportunamente
gli operatori pastorali e si avvalgano di esperienze formative e prassi già in
atto.
31. La questione affettiva e relazionale costituisce un ambito in
cui vivere con pienezza il Vangelo. In questo senso la Chiesa riconosce «la
vita quotidiana e le relazioni affettive come luoghi di scoperta e di
esperienza del Vangelo» (Strumento di
lavoro, scheda 10e).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le
Chiese locali avviino, almeno a livello
interdiocesano o di regione ecclesiastica, équipe per formare gli
operatori pastorali e coordinare i percorsi pastorali sul tema
dell’affettività;
b. che le Chiese locali,
sostenute da una indicazione nazionale, con il contributo della Pastorale
giovanile e familiare, dei movimenti, associazioni, gruppi e realtà civili,
avviino, almeno a livello interdiocesano o di
regione ecclesiastica, équipe che valorizzino le buone prassi pastorali
già in atto e che coordinino nuovi percorsi di formazione alle relazioni e alla
corporeità-affettività-sessualità – anche tenendo conto dell’orientamento
sessuale e dell’identità di genere – soprattutto di preadolescenti, adolescenti
e giovani e dei loro educatori;
c. che le
Chiese locali vigilino e operino affinché nei vari contesti formativi (gruppi,
associazioni, movimenti, nuove comunità, Seminari e percorsi di formazione
religiosa) non avvengano forme di abuso psicologico, spirituale e di coscienza,
anche nell’ambito dell’orientamento sessuale;
d. che le Chiese locali,
sostenute da una proposta nazionale, con il contributo della pastorale
giovanile e familiare, dei movimenti, associazioni, gruppi e realtà civili,
offrano percorsi di sostegno alla genitorialità e di accompagnamento pastorale
degli sposi e delle famiglie nei primi anni di vita insieme.
A fianco di quanti
hanno subito abusi in ambito ecclesiale
32. Molestie, abusi di potere, di coscienza e
sessuali in ambito ecclesiale rappresentano una grave offesa alle persone,
fatte a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), e quindi al Creatore e
al suo sogno sull’umanità. La Chiesa, senza nascondere criticità, resistenze e
dinamiche sedimentate che talvolta hanno contrastato la corretta attenzione e
salvaguardia verso i minori e le persone vulnerabili (cfr. Vos estis lux
mundi, art. 4 § 2-3), persegue la costruzione di una cultura di contrasto
all’abuso a partire dalla formazione di tutti gli operatori ecclesiali. «Per
questo motivo la formazione degli accompagnatori spirituali – presbiteri o meno
– è molto delicata e, insieme, urgente» (Lineamenti, 35). La cura e
l’affiancamento dei battezzati deve avere come meta il lasciar andare, il far
crescere, il liberare.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti
proposte:
a. che le
Chiese locali, anche attraverso i Servizi diocesani per la tutela dei minori e
degli adulti vulnerabili, accolgano e si prendano cura di quanti hanno subito
violenze e realizzino iniziative con e per loro, promuovendo misure di
giustizia riparativa;
b. che le Chiese locali si
impegnino a ridurre il rischio di abusi, continuando a favorire e a
implementare l’attività di prevenzione e l’applicazione delle Linee guida
nazionali;
c. che le Chiese locali collaborino con istituzioni e
società civile per il sostegno delle vittime e dei familiari e per assicurare
il corretto svolgimento di ogni fase dell’accertamento della verità dei fatti.
33. La Chiesa si cimenta in nuovi linguaggi «non per un semplice
lavoro strumentale di adattamento e condiscendenza ma per un esercizio
spirituale di riconoscimento del vissuto umano come luogo teologico, in virtù
del principio dell’Incarnazione» (Lineamenti, 21). La comunicazione, del
resto, è strutturale nella comunità cristiana: l’annuncio avviene sempre in una
relazionalità comunicativa, ridefinendo lo spazio e il tempo dell’atto
comunicativo. Con sobrietà e competenza, dunque, i cristiani sono chiamati ad abitare
tutti gli ambienti di vita in cui si svolge l’esistenza delle persone, compreso
quello digitale che richiede una formazione adeguata.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali costituiscano,
almeno a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica, équipe per la
pastorale digitale, che si avvalgono di esperti e professionisti per elaborare
un piano integrato di comunicazione;
b. che gli organismi della CEI promuovano
percorsi educativi per una presenza consapevole della Chiesa nei social media
in modo da aiutare a raccontare la bellezza del Vangelo, anche contrastando
fake news e post-verità.
Il coraggio di immaginare
34. Consapevole che la sete di interiorità non è meno ardente
«rispetto ai decenni passati, anche se spesso non si incanala in forme
istituzionali» (Lineamenti, 34), la Chiesa, nel suo servizio al sogno di
Dio in atto nella storia, dialoga con il mondo delle arti, dalla pittura alla
musica, dalla letteratura al cinema, dalla poesia alla street art al teatro –
non per “addomesticarlo”, ma per coltivare una sana inquietudine, farsi
provocare dalle sue intuizioni, tenere vivo il desiderio di terre e cieli
nuovi, custodire la speranza.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali creino
spazi di incontro e di confronto,
laboratori creativi, percorsi di formazione e di
“educazione alla bellezza”, valorizzando le realtà
esistenti e favorendone di nuove, anche mediante la concessione di ambienti e
finanziamenti;
b. che le Chiese locali attingano
ai multiformi linguaggi artistici per
sperimentare forme innovative di catechesi e annuncio;
c. che le Chiese locali valorizzino
il proprio patrimonio artistico, integrandolo
nella pastorale, mediante iniziative stabili rivolte alle nuove
generazioni, alle famiglie, agli immigrati, ai turisti e formando
operatori competenti.
La comunità che celebra
36. Le celebrazioni liturgiche
devono tornare ad essere esperienze significative, attrattive e accessibili
(cfr. Lineamenti, 22), in modo da iniziare gradualmente i fedeli al
Mistero. Nel celebrare si abbia particolare cura ad accogliere e a includere
quanti vivono «difficoltà
dovute a disabilità fisiche o psicologiche, cultura differente, età, situazioni
di vita» (Lineamenti, 25).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali promuovano la
creazione di gruppi liturgici competenti che, grazie al contributo di
vocazioni, carismi e ministeri diversi, e con il supporto di strumenti di
analisi sociale, curino la preparazione e la qualità delle celebrazioni liturgiche
(sacramenti, sacramentali, Liturgia delle Ore) e degli altri momenti di
preghiera, la domenica come giorno della comunità, il decoro e l’accessibilità
degli spazi liturgici;
b. che le Chiese locali, in una logica
iniziatica al rito, procedano alla creazione di veri e propri laboratori
liturgico-spirituali in cui educare al senso profondo della liturgia e
sperimentare forme celebrative più accessibili e comprensibili (liturgie della
Parola, veglie, celebrazioni penitenziali, etc), anche valorizzando le
possibilità di scelta e di adattamento già previste nei libri liturgici;
c. che la CEI, nel lavoro di revisione
della traduzione della Liturgia delle Ore e di altri libri liturgici (in
prospettiva anche del Messale romano), presti particolare attenzione al
linguaggio affinché, nella sobrietà e nella bellezza che deve caratterizzarlo,
sia comprensibile alla luce dell’uso e della cultura attuali;
d. che la CEI studi strumenti per
l’alfabetizzazione liturgica e spirituale delle nuove generazioni, valutando
anche l’opportunità di una nuova edizione del Lezionario e del Messale per la
Messa dei fanciulli, quale possibile strumento di iniziazione all’agire
rituale;
e. che la CEI aggiorni le “Norme per la
trasmissione televisiva della Santa Messa”, tenendo conto anche delle nuove
tecnologie.
38. La vita dei giovani è un’antenna sul
presente e sul futuro delle nostre comunità da riconoscere, ascoltare e
discernere. La consapevolezza che «anche i giovani hanno un contributo da dare
alla riforma sinodale della Chiesa» e che «essi sono particolarmente sensibili
ai valori della fraternità e della condivisione, mentre respingono
atteggiamenti paternalistici o autoritari» (Documento finale del Sinodo 2024,
62), spinge la Chiesa a promuovere occasioni sistematiche di incontro e dialogo
tra le generazioni, in vista di un rinnovamento in chiave missionaria.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali ripensino spazi
giovani e ne creino di nuovi, nei quali i giovani possano essere responsabili
in prima persona, crescendo nella capacità di discernere e servire, in dialogo
con le figure educative della comunità. Si incentivino inoltre le esperienze di
vita comune degli adolescenti e dei giovani, come opportunità di vita
evangelica e di maturazione personale;
b. che le
Chiese locali sviluppino percorsi formativi ed esperienze che abilitino i
giovani alla cittadinanza attiva e li rendano protagonisti della vita della
Chiesa e della società;
c. che la
CEI istituisca un fondo specifico ordinario e stabile per progetti di Pastorale
giovanile che mettano al centro le scelte maturate nel Cammino sinodale e
coordini gli Uffici pastorali nazionali, le associazioni e i movimenti
interessati per elaborare proposte formative nazionali condivise e altamente
qualificate, anche realizzando una piattaforma online open-source dove rendere
disponibili linee guida e buone pratiche.
Accompagnare il cammino dei giovani
39. «La comunità svolge un ruolo molto importante
nell’accompagnamento dei giovani, ed è la comunità intera che deve sentirsi
responsabile di accoglierli, accompagnarli, motivarli, incoraggiarli e
stimolarli» (Christus vivit, 243) nel loro cammino di crescita umana, di
fede e vocazionale, anche valorizzando le esperienze di volontariato come
preziosa opportunità di maturazione e discernimento. Un tale compito chiede che
ci siano adulti preparati, sia mediante itinerari formativi multidisciplinari,
sia attraverso la costruzione di reti e alleanze che consentano di affrontare
in modo integrato la complessità delle sfide educative di oggi, accentuata e
sollecitata dai nuovi sistemi di intelligenza artificiale.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale
avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali investano nella
costruzione di percorsi di formazione per educatori di adolescenti e giovani,
avvalendosi della sinergia tra la Pastorale giovanile, scolastica, vocazionale
e familiare, insieme con le associazioni e i movimenti;
b. che le Chiese locali, tramite gli
organismi competenti, rilancino la pastorale d’ambiente e promuovano sul
territorio diocesano o parrocchiale, la costruzione di patti culturali ed
educativi, coinvolgendo le scuole, gli enti del terzo settore e le istituzioni
locali;
c. che le Chiese locali promuovano
l’offerta formativa delle scuole e delle università cattoliche, sostenendone la
presenza, curando la loro integrazione nella pastorale diocesana e
incoraggiando il dialogo con le altre istituzioni educative;
d. che le Chiese locali organizzino
regolarmente occasioni di confronto e di ascolto degli insegnanti (in
particolare di religione cattolica), degli educatori, animatori e allenatori
sportivi, per meglio comprendere bisogni e linguaggi dei giovani;
e. che la CEI, con il supporto di
aggregazioni laicali e istituti religiosi, crei una piattaforma nazionale
online dove far conoscere le buone pratiche, con le indicazioni per renderle
replicabili.
Parte II
La formazione sinodale e missionaria dei battezzati
Il Noi dei credenti: co-educarci
alla fede e alla vita cristiana
44. Per
attuare la conversione sinodale e missionaria sarà indispensabile investire
nella formazione degli adulti, affinché ogni battezzato, secondo la sua
vocazione, possa contribuire in maniera matura e responsabile alla missione
della Chiesa. Nella comunità tutti sono discepoli missionari, «nessuno è
puramente destinatario della formazione: tutti sono chiamati ad essere soggetti
attivi e hanno qualcosa da donare agli altri» (Documento finale del Sinodo 2024, 144). Un particolare contributo
può venire anche dalla valorizzazione del laicato associato nelle sue diverse
espressioni, in quanto esso può offrire un significativo sostegno al
protagonismo missionario di tutti i laici e le laiche nel dialogo e nella
collaborazione con le diverse istanze della società contemporanea (educazione,
formazione, lavoro, professioni, cultura, comunicazione, economia, politica...,
etc).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali investano in risorse per riqualificare la formazione
ecclesiale per adulti e giovani adulti, in modo da rispondere maggiormente al
bisogno di accompagnare tutti i battezzati alla maturazione della propria
vocazione e testimonianza cristiana, in ogni situazione, età, stato e passaggi
di vita; valorizzino la vita e l’esperienza comunitaria come primo luogo in cui
formarsi a partecipare attivamente alla missione della Chiesa nella società,
secondo i propri carismi;
b. che le Chiese locali
rafforzino e incentivino la sinergia tra le associazioni, i movimenti
ecclesiali e le nuove comunità promuovendo percorsi, anche intergenerazionali,
centrati sulla partecipazione condivisa ai momenti essenziali della vita
comunitaria.
45. La
Parola di Dio è il primo strumento della formazione alla fede, principio
fondativo della missionarietà dei credenti. Alla sua lettura e meditazione ha
fortemente invitato il Concilio Vaticano II, ribadendo che ignorare le
Scritture significa ignorare Cristo (cfr. Dei verbum, 25). Nel ripensare
le proposte formative per la maturazione della fede dei battezzati e per
mettere nelle mani dei credenti il primo strumento per nutrire il loro rapporto
con il Signore, dalle diocesi emerge fortemente il desiderio di un’esperienza
cristiana meno formale, capace di costruire relazioni fraterne fondate
sull’ascolto condiviso della Scrittura, per imparare ad integrare la fede nei
diversi ambienti di vita (cfr. Lineamenti,
32). Alla luce del Cammino sinodale sarà quanto mai opportuno
che nell'approfondimento della Scrittura si faccia ricorso anche al metodo
della conversazione nello Spirito, affinché la Parola
pregata ed interiorizzata diventi esperienza di fede vissuta nel quotidiano.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
incoraggino e coordinino iniziative per l’ascolto e l’approfondimento
comunitario della Parola di Dio, anche in contesti domestici, consapevoli che
la qualità evangelica delle relazioni interpersonali è decisiva per la
testimonianza che il popolo di Dio è chiamato a dare nella storia;
b. che le Chiese locali, in
collaborazione con i diversi Uffici diocesani e le realtà ecclesiali,
predispongano e sostengano percorsi e sussidi per approfondire la Parola di
Dio, anche in contesti accademici, con un’attenzione particolare all’utilizzo
dei nuovi linguaggi digitali.
46. La
vita sacramentale, e in particolare la liturgia eucaristica, è un importante
alimento della fede. Spezzando insieme il pane si diventa sempre più corpo di
Cristo che si riceve nell’eucaristia. Il popolo di Dio avverte con sempre
maggiore urgenza il bisogno che le celebrazioni dei sacramenti siano occasioni
di maggiore consapevolezza in questo senso, affinché la liturgia, nei suoi
simboli e nelle sue parole, manifesti quel valore mistagogico che la Chiesa
antica le ha sempre riconosciuto. Il divario percepito tra liturgia e vita
mostra l’urgenza di intraprendere seri cammini di formazione liturgica e di
incentivare forme di coinvolgimento rituale che favoriscano la partecipazione
attiva e affinino l’arte del celebrare (cfr. Lineamenti, 22).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali –
anche in collaborazione con le istituzioni accademiche – offrano percorsi di
formazione qualificati aperti a tutti e specialmente a chi esercita un servizio
all’interno della comunità;
b. che sia rivolta una cura
particolare all’arte del presiedere, perché si eviti il vuoto formalismo e si
faccia attenzione a non scadere nella banalità.
47. È
necessario fare il quadro della situazione dell’adattamento delle edizioni
tipiche dei libri liturgici da parte delle Chiese che sono in Italia,
interrogandosi in particolare sull’efficacia comunicativa dei testi eucologici.
Vista l’importanza della musica nella
liturgia, consapevoli che rappresenta uno degli strumenti principali di
partecipazione attiva e di coinvolgimento dell’assemblea, si dia attenzione e
cura alla formazione degli operatori liturgico-musicali e al repertorio dei
canti.
Pertanto, l’Assemblea
Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che la CEI avvii una
riflessione sui libri liturgici in uso, in vista di un possibile adattamento
delle edizioni tipiche;
b. che si dia particolare cura
alla formazione degli operatori liturgico-musicali e si avvii una revisione e
un aggiornamento continuo del repertorio dei canti liturgici a livello
nazionale e diocesano.
48. A
partire dal riconoscimento del «vissuto umano come luogo teologico, in virtù
del principio dell’Incarnazione» (Lineamenti, 21), il Cammino sinodale
ha evidenziato che la delicatezza e la significatività di alcuni momenti della
vita meritano una particolare attenzione celebrativa nei sacramenti e nei
sacramentali.
Pertanto, l’Assemblea
Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
abbiano cura dei passaggi di vita, valorizzando quanto previsto nei percorsi di
Iniziazione Cristiana e riscoprendo le proposte rituali del Benedizionale per
le varie situazioni di vita;
b. che si avii una riflessione
sulla celebrazione del sacramento della Riconciliazione al termine
dell’itinerario di Iniziazione Cristiana (cfr. CDC, can. 914).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti
proposte:
a. che le Chiese
locali vigilino sulla qualità della predicazione e forniscano strumenti per uno
svolgimento sempre migliore di tale ministero, offrendo percorsi di formazione
qualificata per chi esercita l’arte del presiedere e, in special modo, per chi
tiene l’omelia durante le celebrazioni.
b. la CEI definisca con
chiarezza in quali situazioni e con quali modalità è possibile affidare ai
laici la presidenza di celebrazioni non eucaristiche e la predicazione, in
conformità con quanto previsto dal Codice di Diritto canonico (cfr. CDC,
can. 766) e in vista di un rafforzamento della loro partecipazione attiva nella
liturgia.
50. Prendersi
cura della formazione e della crescita nella santità dei battezzati vuol dire
anche dedicare un maggiore tempo all’ascolto e all’accompagnamento personale.
Il primato delle relazioni sull’organizzazione «trova nell’accompagnamento
spirituale un altro strumento concreto, […] il contesto più opportuno per la
formazione della coscienza» (Lineamenti,
34- 35). Sono soprattutto le nuove generazioni a esprimere con il loro
linguaggio la necessità di essere ascoltate e accompagnate nella scoperta del
loro mondo interiore, là dove è possibile ospitare un’autentica vita di fede.
Così come è maggiormente presente la richiesta di un accompagnamento per chi si
riaccosta alla fede, è in fase di ricerca o si scontra con fallimenti e dolori.
Insegnare a pregare (cfr. Lc 11,1) e accompagnare nei percorsi di fede è un
carisma non esclusivo dei ministri ordinati, ma è un dono battesimale e va
riconosciuto e favorito anche nei laici e nelle laiche (cfr. Discorso, 28 gennaio 2017).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che nelle Chiese locali
siano promosse occasioni di formazione alla preghiera, alla lectio divina e
alla meditazione cristiana; si sperimentino momenti di preghiera al di là della
celebrazione eucaristica che in molti casi è l’unica forma di preghiera comunitaria
praticata nelle parrocchie; si pensi a valorizzare la Liturgia delle Ore,
soprattutto nelle chiese dei centri urbani;
b. che nelle Chiese locali
siano promosse forme di accompagnamento personale e si investa in percorsi di
formazione specifica per chi si occupa di questo ministero (ministri ordinati,
consacrate e consacrati, laiche e laici).
51. La
pietà popolare appartiene anch’essa alle “preghiere” del popolo di Dio e può
essere una risorsa nei contesti nei quali rappresenta un’eredità viva, nella
misura in cui conserva la sua forza comunicativa e la sua capacità di far
crescere nella fede (cfr. Evangelii gaudium, 122-126). Si vigili dunque
su possibili derive o deviazioni superstiziose o individualistiche.
Pertanto, l’Assemblea
Sinodale avanza la seguente proposta:
che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di
regione ecclesiastica, si impegnino a
riconoscere e valorizzare tradizioni e riti della pietà popolare come risorse
per l’evangelizzazione, vagliandone attentamente la qualità evangelica.
52. L’efficacia
della formazione necessita anche di un rinnovamento dei modelli formativi.
Mettere in rete a livello diocesano, interdiocesano e regionale, le competenze
e le esperienze degli Uffici diocesani, delle associazioni, dei movimenti e
delle nuove comunità, insieme alle istituzioni preposte alla formazione
teologica, ad esperti e alle altre realtà educative presenti sul territorio,
può consentire di definire proposte e progetti qualificati e condivisi.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione
ecclesiastica, elaborino linee condivise per il rinnovamento della
formazione teologico-pastorale in stretta sinergia con le Facoltà, gli Istituti
teologici e gli Istituti Superiori di Scienze Religiose, facendo in modo che
queste realtà accademiche diventino anche poli per la formazione unitaria di
presbiteri, diaconi, catechisti, insegnanti di religione cattolica,
responsabili e operatori pastorali dei diversi ambiti;
b. che le Chiese locali
abbiano cura di inserire nella formazione i grandi temi dell’attualità,
strutturando dei veri e propri laboratori di dialogo per accompagnare la
ricerca di senso degli uomini e delle donne di oggi, in collaborazione con le
realtà presenti sul territorio e per orientare o proporre iniziative
progettuali, nello spirito e attraverso lo studio del Magistero e della
Dottrina Sociale della Chiesa.
53. Nel
rinnovamento dei percorsi formativi per adulti e giovani adulti la comunità
ecclesiale ha la responsabilità di «iniziare i suoi membri – sacerdoti,
religiosi e laici – a questa arte dell’accompagnamento» (Evangelii gaudium, 169). Per arricchire le competenze dei formatori
è importante valorizzare anche le varie discipline che in ambito umanistico, psicologico,
sociologico e pedagogico possono aiutare a qualificare e aggiornare le
competenze dei formatori.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione
ecclesiastica, promuovano lo studio e la proposta di percorsi
qualificati per la formazione di accompagnatori della fede degli adulti e dei
giovani adulti, con il coinvolgimento e il coordinamento degli Uffici
competenti e la valorizzazione di centri specializzati.
b. che le
Chiese locali investano energie nel suscitare nuove vocazioni educative in
tutti i campi, compreso l’insegnamento della religione cattolica nella scuola, presentandolo come una prospettiva professionale e culturale che realizza
l’alleanza educativa tra Chiesa, scuola, famiglia e alunni.
Una Chiesa che genera: l’Iniziazione
Cristiana
54. La
formazione del popolo messianico comincia con l’Iniziazione Cristiana e in essa
si radica per crescere e maturare nell’adesione al Vangelo lungo le stagioni
della vita. Nel contesto italiano questo processo ha finora riguardato in
maniera preponderante i bambini e i ragazzi, anche se oggi interessa sempre più
frequentemente i giovani e gli adulti. L’esigenza emersa più volte di riformare
in modo efficace i cammini di Iniziazione Cristiana non può essere ridotta ad
aggiustamenti tecnici, ma va «inserita nel più ampio processo di riforma
sinodale e missionaria a cui la comunità ecclesiale è chiamata in questo tempo»
(Lineamenti, 29), considerando che
proprio l’Iniziazione Cristiana offre «l’occasione di vivere concretamente la
sinodalità» (Documento finale del Sinodo
2024, 117). L’intera comunità, infatti, è soggetto protagonista e
responsabile dei processi iniziatici e madre feconda che «genera i suoi figli e
rigenera sé stessa» (Il volto missionario
delle parrocchie in un mondo che cambia, 7; cfr. Incontriamo Gesù, 47-48.54).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali,
almeno a livello interdiocesano o di regioni ecclesiastiche, elaborino un
Progetto di Iniziazione Cristiana, coinvolgendo gli organismi di partecipazione
e realizzando un tavolo che coinvolga tutti gli Uffici pastorali interessati, per
superare la logica della delega alla sola catechesi e valorizzando i percorsi
offerti dalle associazioni ecclesiali impegnate in campo educativo;
b. che a livello nazionale
si studino e si predispongano adeguati strumenti di mediazione utili alla
progettazione e alla realizzazione dei cammini di Iniziazione Cristiana;
c. che le Chiese locali
promuovano la presenza e la formazione di figure di coordinamento dei
catechisti e degli evangelizzatori – come il ministero istituito del catechista
– attorno ai quali costituire le équipe di catechisti e di altri operatori
pastorali.
55. Molte
Chiese locali auspicano un profondo rinnovamento dei percorsi di Iniziazione
Cristiana, che valorizzi tutte le dimensioni della vita cristiana (celebrativa,
caritativa, orante, cfr. At 2,42), il coinvolgimento della famiglia, la
molteplicità dei linguaggi ed esperienze, le potenzialità racchiuse nei diversi
periodi dell’anno liturgico, accompagnando bambini e ragazzi, giovani e adulti
nella progressiva maturazione dell’atto di fede (cfr. Lineamenti, 27- 29).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che a livello nazionale
si provveda a rinnovare gli strumenti per i percorsi iniziatici per le diverse
età, specialmente per i bambini e i ragazzi, adottando un modello di formazione
integrale che abbia un’attenzione particolare alla dimensione mistagogica ed
esperienziale, faccia conoscere e vivere pratiche virtuose di vita cristiana
(luoghi di spiritualità, arte, testimoni e santi), favorisca l’incontro con l’altro, la cura delle
relazioni, l’educazione alla prossimità, l’ascolto e l’accoglienza dei più vulnerabili,
dia centralità alla domenica e permetta di approfondire in modo
esperienziale gli aspetti fondamentali dell’esistenza umana e cristiana che si
intrecciano con l’anno liturgico (speranza, nascita, corpo e affetti, dolore e
morte, vita eterna, spiritualità, comunità);
b. che siano forniti
orientamenti a livello nazionale sulla successione della celebrazione dei
sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, sulla Riconciliazione e sull’età del
conferimento della Confermazione nell’itinerario dei ragazzi, così come sul
ministero dei padrini e delle madrine, tenendo conto delle esperienze già in
atto (tra cui quella dei padrini e madrine di comunità) e della loro specifica
funzione di raccordo tra la famiglia e la comunità cristiana;
c. che si valorizzi un
Osservatorio specifico sull’Iniziazione Cristiana in Italia per sostenere a
livello nazionale questo rinnovamento, sulla scia di quanto delineato nel
documento Incontriamo Gesù, e per monitorare le “pratiche virtuose” in atto, condividere
possibili sperimentazioni sul campo, individuare e far conoscere gli elementi
di forza che contribuiscono a questo processo, così da accompagnare il
rinnovamento e la strutturazione dei progetti diocesani di Iniziazione
Cristiana.
56. Il
modello catecumenale proprio dell’Iniziazione Cristiana «diventa il paradigma
per la formazione in generale» (Lineamenti,
30). In questa prospettiva di rinnovamento non è più rimandabile nelle comunità
l’avvio di percorsi per e con gli adulti che sappiano intercettare
la vita quotidiana e raccordarla con il Vangelo (cfr. Incontriamo Gesù, 24). La conversione missionaria della pastorale
aiuterà le comunità a proporre percorsi di primo o di secondo annuncio agli
adulti che incrociano la vita della parrocchia, fondati su un approfondimento
del kerygma nella propria situazione di vita (cfr. Evangelii gaudium,
165-166). Le comunità cristiane dovranno avere una particolare attenzione a
partire da chi chiede l’Iniziazione Cristiana dei figli, favorendo
un’accoglienza rispettosa e gratuita di quanti a distanza di anni possono
tornare ad interrogarsi sul dono della fede.
Pertanto, l’Assemblea
Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
preparino specifiche équipe per l’accompagnamento e il sostegno delle famiglie
nei percorsi di Iniziazione Cristiana, valorizzando innanzitutto le proposte di
pastorale per le famiglie con bambini da 0 a 6 anni;
b. che a
livello nazionale si formulino proposte,
con sussidi adeguati, per l’accompagnamento nella fede per le famiglie;
c. che le Chiese locali,
anche valorizzando le associazioni, i movimenti e le nuove comunità in esse
operanti, istituiscano percorsi per annunciare il kerygma in specifici contesti
di vita – come le situazioni di cambiamento o di particolare fragilità –
rendendole vere e proprie soglie di accesso o di approfondimento della fede.
57. Nella
nostra realtà italiana, il Servizio per il Catecumenato appare sempre più
necessario dinanzi alle attuali sfide dell’evangelizzazione e alla necessità di
attuare proposte sempre più qualificate. Un numero crescente di adulti chiede
di accedere ai percorsi di Iniziazione Cristiana o di completare il percorso
già iniziato da bambini. Questo servizio di accompagnamento va affidato a
fratelli e sorelle adeguatamente formati, che siano espressione della comunità
che genera alla e nella fede, anche avvalendosi dell’esperienza di realtà
ecclesiali da tempo impegnate su questo fronte.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:
che le Chiese locali,
dove non fosse presente, si dotino del Servizio per il Catecumenato, aprendolo
non solo agli adulti che desiderano intraprendere il cammino dell’Iniziazione
Cristiana, ma anche a quelli che, pur battezzati, riscoprono la fede dopo tempi
di abbandono o che sono provenienti da altre confessioni cristiane.
58. Nelle
nostre comunità cristiane va «rafforzata e diffusa la cura di percorsi
catechistici inclusivi» (Incontriamo Gesù,
56), affinché tutti, in qualsiasi situazione si trovino, possano sentire la
gioia e il dono di appartenere alla Chiesa.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:
che le Chiese locali, almeno a livello interdiocesano o di regione
ecclesiastica, istituiscano e promuovano il Servizio per la pastorale
delle persone con disabilità che, essendo trasversale a tutte le età, sostiene
i progetti di vita, rafforza l’inclusione nei percorsi di catechesi, nelle
celebrazioni liturgiche, nelle iniziative di fraternità e nell’accessibilità ai
luoghi di vita della comunità e del territorio, anche attraverso l’elaborazione
di strumenti specifici e la promozione di una rete con le realtà territoriali e
associative presenti, le famiglie e i caregivers.
Una Chiesa che educa: formazione
integrale, continua e condivisa
59. Un
punto centrale per il rinnovamento della formazione ecclesiale in senso
sinodale e missionario passa attraverso la formazione degli operatori pastorali
(ministri ordinati, laiche e laici, consacrate e consacrati) chiamati ad essere
formatori, educatori, guide nella comunità cristiana. Tale formazione deve
configurarsi sempre di più come «integrale, continua e condivisa. Il suo scopo
non è solo l’acquisizione di conoscenze teoriche, ma la promozione di capacità
di apertura e incontro, di condivisione e collaborazione, di riflessione e
discernimento comune, di lettura teologica delle esperienze concrete. Deve
perciò interpellare tutte le dimensioni della persona (intellettuale,
affettiva, relazionale e spirituale)» (Documento
finale del Sinodo 2024, 143), le fasi di transizione e gli ambiti di vita.
Senza trascurare l’importanza dei contenuti della fede e la centralità della Parola
di Dio, la formazione dei formatori deve armonizzare le diverse dimensioni
della persona, improntandosi sulla narrazione di sé, sulla riflessività a
partire dall’esperienza personale e pastorale e sull’utilizzo delle diverse
arti espressive, non tralasciando l’importanza dell’aggiornamento teologico,
ministeriale, culturale, sociale e politico.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali, in
sinergia con le istituzioni educative ed accademiche ecclesiali, le
associazioni e i movimenti ecclesiali, utilizzando l’apporto di diverse
discipline e competenze culturali, costituiscano un Servizio diocesano per la
formazione permanente che curi la formazione integrale di tutti gli operatori
pastorali (ministri ordinati, laiche e laici, consacrate e consacrati);
b. che la CEI avvii a
livello nazionale una ricerca quantitativa e qualitativa sulle condizioni di
vita e sui principali bisogni formativi dei presbiteri, dei diaconi, dei
consacrati e di alcune categorie di altri operatori pastorali.
60. All’interno
delle proposte di formazione permanente per chi opera nella pastorale vanno
studiate le opportunità per una formazione condivisa fra tutti i componenti del
popolo di Dio, ministri ordinati, consacrati e laici insieme, per crescere in
quanto appreso attraverso il metodo della conversazione nello Spirito e la
pratica del discernimento ecclesiale (cfr. Documento
finale del Sinodo 2024, 79-108; Tracce per la fase attuativa del Sinodo,
7 luglio 2025).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:
che le Chiese locali
offrano opportunità per una formazione permanente sistematica, generativa e
condivisa, capace di far maturare lo stile sinodale fra le diverse componenti
del popolo di Dio, mediante strumenti predisposti a livello nazionale o diocesano,
e di far crescere nella pratica del discernimento ecclesiale.
61. Una
particolare attenzione va posta alla formazione dei ministri ordinati, data
l’importanza del loro servizio per la conversione sinodale e missionaria delle
comunità, attuando gli Orientamenti e le
norme per i seminari della CEI (8 dicembre 2024). Il Cammino sinodale ha
auspicato «una formazione più capace di sostenere stili sinodali di ministero
presbiterale, contro il rischio del clericalismo», con particolare attenzione
alle esperienze comunitarie per «crescere nella formazione reciproca e nella
capacità di vivere la corresponsabilità» (Lineamenti,
39). Perché ciò avvenga «è necessario che [la corresponsabilità] si attui come
scambio di doni tra vocazioni diverse (comunione), nell’ottica di un servizio
da svolgere (missione) e in uno stile di coinvolgimento e di educazione alla
corresponsabilità differenziata (partecipazione)» (Documento finale del Sinodo 2024, 147).
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:
a. che le Chiese locali
offrano ai presbiteri percorsi di formazione permanente alla corresponsabilità
ministeriale, pensati da équipe formative competenti allargate a laici e
laiche, per far maturare competenze nel lavoro in gruppo, nell’esercizio
dell’autorità e del potere in una logica di servizio, nella gestione dei
conflitti, nella cura delle relazioni;
b. che i Vescovi italiani
istituiscano una commissione per verificare e studiare l’efficacia formativa
dell’attuale forma e struttura dei Seminari.
62. Vivere
pienamente processi decisionali imperniati sul discernimento ecclesiale chiede
di «assumere una cultura della trasparenza» (Documento finale del Sinodo 2024, 80) e «della tutela» (Documento finale del Sinodo, 150) dei
minori e di ogni soggetto vulnerabile, soprattutto da parte di coloro che
svolgono incarichi di responsabilità o sono al servizio del discernimento
ecclesiale.
Pertanto,
l’Assemblea Sinodale avanza la seguente proposta:
che le Chiese locali
prestino particolare attenzione al contributo che i Servizi diocesani per la
tutela dei minori e degli adulti vulnerabili e i Consultori diocesani possono
dare alla formazione dei presbiteri e di tutti coloro che operano nella pastorale,
per verificare la qualità relazionale dei contesti ecclesiali, formando alla
tutela dei minori e degli adulti vulnerabili così come alle forme di
rendicontazione comunitaria e di prevenzione (safeguarding).
Parte III
La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità
63. In una Chiesa sinodale e
missionaria tutti i battezzati, con pari dignità, sono soggetti partecipi e
corresponsabili (cfr. Lineamenti,
44-63); tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo della salvezza (cfr. Lumen gentium, 12); tutti sono
protagonisti attivi nella liturgia, in particolare nella celebrazione
eucaristica (cfr. Sacrosantum concilium,
7; Lumen gentium, 10); tutti sono
chiamati a contribuire alla vita ecclesiale con diversi carismi, ad assumere
compiti e servizi specifici e a esercitarli con la libertà dello Spirito, nella
Chiesa e nel mondo, per la crescita del regno di Dio (cfr. Lumen gentium, 32; Apostolicam
actuositatem, 2-3). Il Documento
finale del Sinodo 2024, dopo aver presentato la Chiesa come popolo di Dio,
ha prospettato con estrema concretezza il contributo dei diversi soggetti
ecclesiali nell’orizzonte di un’autentica cooperazione di tutti e tutte per
l’unica missione (nn. 57-78), in un quadro di relazioni ecclesiali da rinnovare
alla luce del Vangelo (nn. 50-52). L’esperienza ecclesiale e la riflessione
sinodale si radicano da un lato nella visione ecclesiologica del Concilio
Vaticano II sulla Chiesa come popolo di Dio, dall’altro nello sviluppo
pastorale post-conciliare, che ha visto emergere vari aspetti positivi: la
maturazione in corresponsabilità e la formazione dei laici quali veri soggetti
ecclesiali, e il correlato sviluppo di associazioni e movimenti laicali,
espressione di spiritualità e carismi diversi; la nascita di varie forme di
servizio e ministerialità laicale; il rinnovamento della vita consacrata; il
contributo qualificante e caratterizzante delle donne (laiche e consacrate); la
costituzione e il ruolo degli organismi di partecipazione.
64. Nella Chiesa si sente il
bisogno di relazioni più evangeliche ed ecclesiali, quindi più umane e
fraterne. Si tratta tra l’altro di trovare modi più autentici per vivere il
rapporto fra partecipazione e autorità. Questa ineludibile tensione va resa
generativa. La conversione delle relazioni deve essere guidata dallo stile
relazionale di Gesù – radicalmente libero, ospitale, fiducioso, giusto e
misericordioso – e delle prime comunità cristiane: assiduità nell’ascolto dei
maestri, nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere;
condivisione dei beni e delle risorse; frequentazione dei luoghi della
celebrazione; comunione gioiosa e semplice attorno alla tavola; lode a Dio;
rapporto di simpatia con il mondo e con tutto il popolo (cfr. At 2,42-47). Ciò
ha dei riflessi importanti sulla configurazione dei ruoli, dei carismi e dei
ministeri, che richiede in questo momento storico un esercizio di grande
creatività. La relazione tra uomini e donne chiama in causa una conversione
relazionale fondamentale nella Chiesa. Quella relazione che si è
significativamente modificata nella vita sociale richiede una trasformazione
anche in ambito ecclesiale, attraverso scelte e processi concreti. La
conversione delle relazioni contribuisce a nutrire la corresponsabilità, a
rendere le nostre comunità più capaci di portare nel mondo il dono della pace
che viene dal Signore, attraverso l’impegno concreto nei luoghi della vita
quotidiana personale, familiare e sociale.
65. La corresponsabilità e la
partecipazione ecclesiali richiedono diverse forme di attuazione dei tria munera (profezia, sacerdozio e
regalità), che sono radicati nel Battesimo. Dal momento che evangelizzazione e
servizio al corpo ecclesiale non sono appannaggio del solo clero, è urgente
riconoscere i carismi e le competenze di laici e laiche, consacrati e consacrate,
accogliendo il contributo specifico di parola e testimonianza che tutti i
battezzati offrono per la missione e l’edificazione della Chiesa. Pertanto, la
corresponsabilità di laiche e laici non può essere ridotta alle sole forme di
ministerialità, cioè all’assunzione di ruoli e compiti specifici pubblicamente
riconosciuti e affidati dalla Chiesa per l’edificazione e la missione. Allo
stesso tempo la conversione sinodale e missionaria comporta (cfr. Evangelii
gaudium, 24 e 27) sia la valorizzazione di ministeri già esistenti
(di fatto e istituiti), in particolare con il coinvolgimento di giovani, sia la
promozione di nuovi ministeri, per un annuncio efficace e una reale prossimità
di ascolto e di cura nei diversi ambiti di vita, in particolare a livello
politico, sociale e culturale. In questo spirito sinodale e missionario, andrà
ripensato il servizio di guida delle comunità cristiane, a fronte di forme di
esercizio dell’autorità ancora monocratiche e clericali, non adeguate a una
fisionomia sinodale e fraterna di Chiesa, favorendo la corresponsabilità di
tutti i battezzati, in modo da superare definitivamente la logica ancora
perdurante del clericalismo, che peraltro non minaccia solo i ministri
ordinati, ma anche i laici. Andranno privilegiate forme di esercizio pastorale
in équipe, il coordinamento delle molteplici ministerialità presenti,
garantendo la presenza delle donne in ruoli di autorità e di guida (cfr. Documento
finale del Sinodo 2024, 60). Diventa oggi essenziale creare spazi e
utilizzare strumenti efficaci per la presa di parola e il dialogo tra tutti i
battezzati e allo stesso tempo attivare organismi di partecipazione
adeguatamente rappresentativi, nei quali si possa realizzare una lettura dei
segni dei tempi e un discernimento comunitario per giungere ad elaborare
insieme le necessarie decisioni (cfr. Documento finale del Sinodo 2024,
81-108). Per questo vanno migliorate le dinamiche comunicative e deliberative
di cui la Chiesa necessita per il cammino comune, come ha affermato papa Leone
XIV: «La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e
nei modi di agire» (Discorso alla CEI).
66. Sia il cambiamento delle nostre
comunità sia la trasformazione culturale che segna la società italiana stanno
riplasmando la figura di Chiesa – a livello parrocchiale e diocesano – e le sue
modalità di presenza nell’attuale contesto. Sono profondamente trasformate le
nostre esperienze di vita a casa, a scuola, in chiesa, nel lavoro, nello sport,
nei contesti privati e pubblici. Queste trasformazioni vanno sostenute e
accompagnate con una lettura attualizzata dei documenti del concilio Vaticano
II e del magistero della Chiesa italiana, con un’analisi approfondita del
contesto sociale e culturale, con una elaborazione di progetti-pilota di
rinnovamento pastorale e con la piena applicazione di tutte le facoltà già
previste e regolate dal diritto canonico vigente. Il rinnovamento si dà anche
attraverso un migliore coordinamento diocesano tra organismi esistenti, con
eventuali riduzioni e accorpamenti, nell’adozione di metodi di lavoro più
efficaci, che prevedano momenti di verifica e rendicontazione pastorale, nell’avvalersi
del contributo di persone competenti, in un rinnovamento della legislazione
canonica ove necessario. Lo sviluppo della sinodalità e della missione
ecclesiali richiedono strumenti amministrativi, economici, gestionali che siano
flessibili, sostenibili, trasparenti, espressione e mezzo di realizzazione dei
valori evangelici di partecipazione, giustizia, solidarietà e che permettano di
superare i rischi della burocratizzazione, della opacità amministrativa e della
concentrazione del potere.
67. Si rende necessaria quindi una
decisa conversione sinodale e missionaria, in un comune cammino come Chiese in
Italia anche nella fase di attuazione del Sinodo, rafforzando la sinodalità
vissuta nei raggruppamenti di Chiese, sia a livello nazionale che regionale,
senza trascurare le differenze esistenti tra le diverse aree geografiche e tra
le Chiese locali, i bisogni, le risorse, la grandezza delle Chiese locali, che
richiedono diverse modalità di recezione e di tempi di attuazione. Sono
innumerevoli i cambiamenti che hanno segnato le strutture ecclesiali e
l’esercizio dei ministeri nel corso della storia della Chiesa: oggi la mutata
situazione socioculturale e la maturazione avvenuta sul piano ecclesiologico
nella recezione del Concilio Vaticano II, a confronto con la sfida sinodale e
missionaria, richiedono creatività e coraggio nell’elaborare nuove vie di
partecipazione e cooperazione tra i diversi soggetti ecclesiali.
Parrocchie in conversione sinodale e
missionaria
68. Nelle trasformazioni del
tessuto sociale ed ecclesiale, le parrocchie possono riconfigurarsi come
comunità in grado di favorire la corresponsabilità missionaria, di generare
esperienze di vita cristiana e di educare alla partecipazione e al bene comune
attraverso l’ascolto e l’annuncio della Parola, la celebrazione eucaristica, la
preghiera comune, la fraternità e la solidarietà (cfr. Evangelii gaudium, 28; Lineamenti,
63). In una società dove i luoghi della vita comunitaria si rarefanno sempre di
più, e si moltiplicano i non-luoghi (spazi anonimi, inadatti alle relazioni
autentiche), le parrocchie sono
chiamate a far crescere la dimensione estroversa del loro essere comunità
missionarie vincendo la tentazione di una
routine autoreferenziale, e diventando un punto di riferimento e un luogo
accogliente, aperto a persone delle più diverse matrici spirituali, culturali e
sociali, desiderose di incontrarsi, dialogare e impegnarsi per il bene comune,
al di là delle polarizzazioni a cui spingono gli algoritmi della comunicazione
digitale. Ce lo ha richiamato ancora papa Leone XIV: «Penso alle parrocchie, ai
quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali.
Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende
forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di
riconciliazione» (Discorso alla CEI).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali, in
vista di riconfigurazioni territoriali per una pastorale più integrata, tenendo
presente gli specifici contesti sociali in cambiamento e in dialogo con le
comunità coinvolte, creino forme stabili di collaborazione tra parrocchie presenti
nello stesso territorio, mettendo al centro le esigenze delle persone che lì
vivono, sia attraverso unità pastorali, sia attraverso una pastorale integrata
e una collaborazione più stretta a livello di zone pastorali o foranie o
vicariati in alcuni ambiti (ad esempio carità, pastorale giovanile e familiare,
formazione degli operatori pastorali, dialogo con il territorio…), sia
attraverso iniziative pastorali a livello di città, sia infine, dove appare
utile per migliorare il servizio alle persone, attraverso la fusione di più parrocchie
in una sola (accorpamento di parrocchie). In questi processi si coinvolgano le
associazioni e i movimenti ecclesiali, così come gli istituti di vita
consacrata presenti sul territorio;
b. che la CEI rediga alcune
Linee-guida sui modelli di unità pastorali, basandosi sulle esperienze
attualmente in corso, per offrire alle Chiese locali criteri di discernimento
circa il modello pastorale più adeguato da accogliere in un determinato
territorio e per delineare il quadro giuridico canonico ed ecclesiastico di
questi enti. Tali linee orientative andranno accolte tenendo conto degli
specifici contesti territoriali e sociali, in un processo di discernimento
delle comunità locali;
c. che le Chiese locali, in
vista di riconfigurazioni territoriali per una pastorale di prossimità, per
garantire l’esperienza della vita ecclesiale nell’incontro con la Parola e
nella prossimità ai fratelli, valutino la riarticolazione delle parrocchie o unità
pastorali in “comunità di comunità”, piccole comunità vicine alla vita delle
persone, tra loro coordinate, che favoriscano esperienze evangeliche di
comunione e di servizio;
c. che le Chiese locali
promuovano un’animazione più sinodale delle comunità, costituendo “gruppi o
équipe ministeriali” (diaconi, laiche e laici, consacrate e consacrati) o un
“animatore di comunità” che, collaborando con il parroco, curi l’animazione
pastorale e liturgica delle comunità più piccole e la gestione delle chiese e
delle opere annesse, tenendo conto delle possibilità già presenti nel Codice di
Diritto canonico (cfr. can. 517 § 2). Abbiano altresì cura che queste figure
ricevano una formazione integrale, continua e adeguata al servizio ecclesiale
loro affidato, perché maturino le necessarie competenze e i giusti comportamenti di
comunione ecclesiale.
Organismi sinodali per il
discernimento ecclesiale
69. Perché sia autentica la
comunione ha bisogno di tradursi nella partecipazione. Strumenti di tale
partecipazione sono il Consiglio pastorale, il Consiglio per gli affari
economici e gli altri organismi di partecipazione, di cui ogni diocesi e ogni
parrocchia devono necessariamente essere dotate. Tenendo conto che a tutti i
battezzati consta il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio del
Vangelo si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo
(cfr. CDC, can. 211), per una reale condivisione dei processi
decisionali, è essenziale che nel confronto comunitario sia effettivamente
rappresentata la varietà delle componenti della realtà parrocchiale e di quella
diocesana (cfr. CDC, cann. 499 e 512, §2). In particolare, i laici
abbiano la possibilità di esercitare il diritto-dovere loro proprio di
apportare nell’azione pastorale della Chiesa la ricchezza delle loro esperienze
di vita e della loro sapienza non solo nella pastorale ordinaria ma anche nei “luoghi dove si
prendono le decisioni importanti” (Evangeli Gaudium 103, 104; cfr. CDC, can. 212, § 3 e can. 228).
La partecipazione che ci si propone di assicurare attraverso questi
organismi è una postura ecclesiale che non si esprime secondo logiche meramente
democratiche. Gli organismi sinodali, infatti, non sono “un parlamento” (cfr. Discorso, 4 ottobre 2023), dove una
parte tende a prevalere sull’altra a colpi di maggioranza, ma autentiche
assemblee ecclesiali che realizzano un discernimento spirituale, cioè animato
dallo Spirito Santo. Da tale discernimento scaturisce la deliberazione, che
«avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in
virtù del suo ufficio»; allo stesso modo questa autorità decisionale dei
pastori «non è incondizionata: un orientamento che emerga nel processo
consultivo come esito di un corretto discernimento, soprattutto se compiuto
dagli organismi di partecipazione, non può essere ignorato» (Documento finale del Sinodo 2024, 92).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che i Vescovi
costituiscano i Consigli pastorali nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle altre articolazioni
territoriali ecclesiali (cfr. Documento finale
del Sinodo 2024, 104).
b. che le Chiese locali
accompagnino l’efficace funzionamento di tutti gli organismi di partecipazione
ai diversi livelli (anche vicariale o zonale), curando il raccordo con i
diversi organismi e servizi diocesani, promuovendo la formazione dei loro
membri, prevedendo un’adeguata presenza di giovani, adottando in questi
organismi efficaci metodi di discernimento ecclesiale (attraverso la
conversazione nello Spirito e altre forme) dall’ascolto alla decisione, fino al
rendiconto e alla verifica delle scelte adottate.
c. che la CEI crei un
Servizio o Coordinamento nazionale a sostegno e orientamento del lavoro dei
Consigli pastorali, dei Consigli per
gli affari economici, attraverso la stesura di statuti e regolamenti tipo, la
proposta di iniziative formative per i coordinatori dei Consigli stessi sui
metodi partecipativi, decisionali e organizzativi, così come la consulenza per
situazioni particolari.
d. che la CEI valuti le
modalità per inserire nelle sue Commissioni, insieme ai Vescovi, anche laici e
laiche, presbiteri e diaconi, consacrati e consacrate;
e. che le Chiese locali,
per garantire che la partecipazione ecclesiale espressa dal Consiglio pastorale
diocesano non rimanga confinata ad un gruppo ristretto, valorizzino tutti gli strumenti di partecipazione e
ascolto del popolo di Dio, come l’Assemblea diocesana e parrocchiale, la Visita
pastorale e il Sinodo diocesano quale «organo per la regolare
consultazione da parte del Vescovo della porzione del Popolo di Dio che gli è
affidata, come luogo di ascolto, di preghiera, di discernimento, in particolare
quando si tratta di scelte rilevanti per la vita e la missione di una Chiesa
locale. Il Sinodo diocesano può anche costituire un ambito di esercizio di
rendiconto e valutazione» (Documento finale del
Sinodo 2024, 108).
f. che le Chiese locali riconoscano e valorizzino i Centri di
Ascolto, già diffusi a livello diocesano e parrocchiale, come spazi sinodali
permanenti, luoghi pastorali in cui l’ascolto condiviso delle persone e delle
situazioni diventa fonte di discernimento comunitario, strumento di animazione
e laboratorio di corresponsabilità ecclesiale;
g. che le Chiese locali
organizzino regolarmente un’Assemblea diocesana, curando anche la diffusione
delle conclusioni in ambito parrocchiale e territoriale come forma ordinaria di
verifica e rendicontazione dell’azione pastorale;
h. che ogni diocesi convochi
almeno una volta all’anno in seduta comune il Consiglio pastorale diocesano e
il Consiglio presbiterale, per l’individuazione delle scelte pastorali
prioritarie.
Guidare e animare insieme la
comunità cristiana
70. Nel suo imprescindibile
ministero di guida e servizio all’unità della comunità ecclesiale, il Vescovo è
il primo animatore dell’azione pastorale condivisa e sinodale (cfr. Documento finale del Sinodo 2024,
69-70). Padre e pastore dell’intera comunità (cfr. Christus Dominus, 16), il Vescovo promuove la “corresponsabilità
differenziata” di tutti i battezzati all’unica missione della Chiesa (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 26;
77). In particolare, è chiamato ad avere una relazione personale innanzitutto
con i suoi più stretti collaboratori, i presbiteri, per i quali deve essere
come un padre, un punto di riferimento e una guida per la loro vita personale e
pastorale. Gli stessi presbiteri hanno un compito primario nel testimoniare e
favorire la conversione sinodale e missionaria. La natura
originariamente comunionale del loro ministero presbiterale richiede di non
compiere il loro servizio come soggetti solitari, ma quali membri
del presbiterio (cfr. Documento finale
del Sinodo 2024, 72) e del popolo di Dio, coinvolgendosi attivamente in
processi decisionali condivisi, a cominciare da quelli degli organismi di
partecipazione. Come indicato nel Documento finale del Sinodo 2024, i
diaconi «esercitano il loro ministero nel servizio della carità, dell’annuncio
e della liturgia, promuovendo nella chiesa una coscienza e uno stile di
servizio verso tutti, specialmente verso i più poveri» (n. 73).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
promuovano il servizio di animazione pastorale della comunità sempre di più
come lavoro di squadra tra presbiteri, diaconi, ministri istituiti e di fatto,
laici e laiche, consacrati e consacrate, anche attraverso la formazione di “équipe
pastorali” o “gruppi ministeriali” a servizio di una o più parrocchie o di una
unità pastorale. Tale lavoro collaborativo e di rete richiede non solo un
coordinamento funzionale, ma soprattutto una profonda comunione spirituale: i
Vescovi incoraggino perciò le forme di vita comune e fraterna tra presbiteri,
sperimentandone anche la possibilità con famiglie, diaconi, laici e laiche,
consacrati e consacrate, come espressione profetica di una conversione sinodale
e missionaria;
b. che la CEI dia
indicazioni per l’attuazione di quanto già previsto dal Codice di Diritto canonico
(cfr. can. 517 § 2) per la partecipazione di diaconi, laici e laiche,
consacrati e consacrate, a forme di collaborazione per la guida pastorale delle
comunità (parrocchie, organismi diocesani, curie, vicariati, etc), facendo
conoscere le nuove forme di corresponsabilità già in atto in alcune Chiese
locali e promuovendone di nuove;
c. che le Chiese locali
promuovano il ministero del diaconato dove non è presente e lo valorizzino dove
è presente, sia nelle parrocchie e unità pastorali sia nella pastorale
d’ambiente. Per sostenere l’approfondimento teologico su questa figura e
garantire una formazione adeguata, la CEI costituisca un Coordinamento
nazionale e favorisca la creazione di Coordinamenti nelle Chiese locali, almeno
a livello interdiocesano o di regione ecclesiastica.
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
promuovano una effettiva parità di genere nelle possibilità di accesso alla
guida di Uffici diocesani e in ruoli di responsabilità pastorale in diocesi,
parrocchie e associazioni, nei Tribunali ecclesiastici e nei ministeri
istituiti, riconoscendo così l’apporto corresponsabile di parola, servizio,
competenza anche delle donne. Favoriscano poi l’apporto di professioniste ed
esperte nei percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero
ordinato e nelle istituzioni deputate alla formazione del clero e dei laici;
b. che la CEI, promovendo
una rete di diverse realtà nazionali, sostenga la creazione di un tavolo di
studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine
di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale;
c. che la CEI sostenga e promuova il lavoro delle Facoltà
teologiche e delle associazioni teologiche in percorsi di ricerca che
contribuiscano all'approfondimento delle questioni relative al diaconato delle
donne avviato dalla Santa Sede (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, n. 60).
Promuovere la ministerialità di laiche
e laici
72. La
corresponsabilità dei battezzati non coincide esclusivamente con l’assunzione
di ministeri, istituiti o meno, riconosciuti e affidati dalla Chiesa, poiché lo
Spirito effonde i suoi carismi anche al di fuori di un riconoscimento
istituzionale. Tuttavia, per favorire lo sviluppo di una maggiore
corresponsabilità nella missione, il Cammino sinodale italiano chiede di
allargare gli spazi della ministerialità dei laici (cfr. Lineamenti, 45-47). Le Chiese locali sono chiamate «a rispondere
con creatività e coraggio ai bisogni della missione, discernendo tra i carismi
alcuni che è opportuno prendano una forma ministeriale, dotandosi di criteri,
strumenti e procedure adeguate» (Documento
finale del Sinodo 2024, 66).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
promuovano la diffusione dei ministeri istituiti del lettorato, dell’accolitato
e del catechista, secondo i bisogni delle realtà locali e sottolineandone
l’identità missionaria, come indicato dalla Nota CEI del 2022 sui ministeri istituiti;
b. che la CEI richieda alla
Santa Sede la creazione per le Chiese in Italia del ministero istituito “della
cura, dell’ascolto, dell’accompagnamento” (Documento finale del Sinodo 2024, n. 78), per la pastorale dell’accoglienza, della
soglia, della consolazione e della prossimità a chi soffre;
c. che le Chiese locali
promuovano forme ministeriali per l’animazione e il dialogo con il territorio, ad
esempio l’animatore della comunicazione e della cultura (cfr. Direttorio “Comunicazione e
missione”, cap. VI) o il promotore della partecipazione sociopolitica;
d. che si valuti l'opportunità di un'equa remunerazione alle
persone impegnate regolarmente in un ministero ecclesiale, in ragione della
propria competenza;
e. che venga valorizzato il
contributo di parola, competenza e servizio che le persone anziane mettono a
disposizione della comunità.
Le
strutture diocesane a servizio della missione
73. Gli organismi e i servizi
diocesani (Uffici di curia, Consigli, Consulte, etc) sono di vitale importanza
per indirizzare e sostenere un’azione pastorale integrata a servizio della
missione e per esprimere la corresponsabilità ecclesiale di tutte le componenti
del popolo di Dio. È necessario che nelle curie diocesane siano impegnati non
solo presbiteri, ma anche diaconi, laici e laiche, consacrati e consacrate,
qualificati, competenti e capaci di relazione con le diverse realtà ecclesiali
e sociali. Il servizio che si svolge negli Uffici diocesani ha innanzitutto una
dimensione di testimonianza evangelica nello svolgimento del proprio lavoro,
prima ancora che burocratica e funzionale. «Il Convegno della Chiesa italiana a
Verona (2006) indicava già la necessità di pensare le strutture di servizio
della pastorale non tanto a partire da ciò che la Chiesa offre (annuncio,
liturgia, carità), ma dagli ambiti vitali in cui la gente è immersa (affetti,
lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza): sono questi, infatti, i
contesti nei quali deve risuonare l’annuncio, deve parlare la liturgia, deve
agire la carità» (Lineamenti, 62).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che le Chiese locali
rivedano l’organizzazione delle curie diocesane nell’ottica di una pastorale
più unitaria e integrata, essenzializzando e razionalizzando i Servizi e gli
Uffici pastorali, ripensandoli a partire dagli ambiti di vita delle persone e dall’ascolto
delle necessità delle comunità e del territorio, in accordo con il piano
pastorale e le scelte prioritarie della Chiesa locale;
b. che i Servizi e gli
Uffici pastorali e amministrativi garantiscano la dimensione spirituale del
lavoro comune e maturino un orizzonte
condiviso con momenti di conversazione e discernimento nello Spirito, e
processi di formazione adeguata, sia in riferimento allo specifico incarico
assunto, sia rispetto al contesto ecclesiale, culturale e sociale in cui sono
inseriti; operino secondo i principi di sussidiarietà e di solidarietà, cioè garantendo
il protagonismo delle comunità locali e sostenendone l’azione quando
necessario;
c. che le curie diocesane
investano in una comunicazione capillare e trasparente e in una maggiore
accessibilità (orari, sede, contatti on-line, etc).
Gestione
economica sostenibile, trasparente e condivisa
74. La gestione economica dei beni
in forma trasparente e partecipata è un segno evidente di una Chiesa che si
apre alla corresponsabilità di tutti i fedeli, nella comune ricerca delle forme
più evangeliche di utilizzo dei beni a favore della carità e della comunione. È
necessario che i Vescovi e i parroci, pur mantenendo la responsabilità ultima
nella gestione economica, la esercitino in modo partecipato, anche delegando a
persone che in questo settore possono offrire un aiuto qualificato per
formazione, professionalità, competenza ed esperienza. Inoltre, la priorità
della missione richiede che anche nella gestione economica si scelgano
strumenti adeguati, più leggeri e flessibili, nella linea della sostenibilità,
della corresponsabilità e della giustizia (cfr. Lineamenti, 57 e 60).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che l’Ordinario
diocesano, attraverso il Consiglio per gli affari economici, curi attentamente
l’inventario e la gestione del patrimonio e, nel confronto con gli organismi di
partecipazione diocesani e parrocchiali, valuti l’uso delle risorse economiche in
conformità con la missione ecclesiale e gli obiettivi pastorali. Gli enti
preposti elaborino piani strategici di utilizzo, valorizzazione ed eventuale
alienazione dei beni, garantendo trasparenza, sostenibilità e giustizia dei
bilanci diocesani, anche con una certificazione esterna, comunicando le
possibilità di sostegno economico e di ricerca fondi;
b. che le Chiese locali
coinvolgano professionisti in forme di corresponsabilità gestionali. In questa
ottica valutino anche la possibilità di dar vita alla figura dell’“assistente
all’amministrazione e all’economia” a servizio di più parrocchie e di esercitare
una corresponsabilità amministrativa, ad esempio con la pratica della “firma
congiunta”;
c. che la CEI informi le
Chiese locali sulla pratica dei procedimenti di “delega” e di “procura” ai
laici per sviluppare la corresponsabilità e per sostenere i parroci nella
gestione amministrativa, e offra supporto giuridico a quelle realtà che
vogliono istituire nuovi enti per la gestione di beni e attività, come le
fondazioni (ad esempio, per la gestione di scuole dell’infanzia paritarie,
strutture sportive, oratori, case per anziani, etc);
d. che la CEI offra criteri
e sussidi per una rendicontazione efficace e conforme, aggiorni l’Istruzione in materia amministrativa del 2005 e intensifichi
la proposta formativa e lo scambio di buone prassi su sostenibilità economica,
finanziaria, patrimoniale e anche ambientale.
75. Il Cammino sinodale,
soprattutto grazie al dialogo e al discernimento ecclesiale, ha permesso di far
crescere le Chiese locali nella comunione. Sulla scorta dell’esperienza di
questi anni, tale cammino ha bisogno di continuare e rafforzarsi, perché cresca
la sinodalità e la missionarietà nelle Chiese in Italia e, con il
coinvolgimento dell’intero popolo di Dio, queste possano rispondere in modo più
efficace ai bisogni pastorali dei vari contesti (cfr. Documento finale del Sinodo 2024, 125). Alle Conferenze episcopali
è chiesto infatti «di dedicare persone e risorse per accompagnare il percorso
di crescita come Chiesa sinodale in missione» (Documento finale del Sinodo 2024, 9). In tal modo potrà essere più
efficace e condivisa l’attuazione del Sinodo della Chiesa universale nel
contesto ecclesiale italiano (Fase attuativa 2025-2028), e sarà
possibile concretizzare e verificare nel tempo le scelte maturate durante il
Cammino sinodale. Come ha ricordato papa Leone XIV: «Andate avanti nell’unità,
specialmente pensando al Cammino sinodale. Il Signore – scrive Sant’Agostino –
“per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa
per bocca dell’Apostolo: Non può dire l’occhio alla mano: non ho bisogno di te;
o similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto
occhio, dove l’udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l’odorato?” (Esposizione sul Salmo 130, 6). Restate
uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito» (Discorso alla CEI).
Pertanto, l’Assemblea Sinodale avanza
le seguenti proposte:
a. che la CEI crei un
organismo di partecipazione ecclesiale a livello nazionale per sostenere e
verificare la ricezione del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia.
Raccogliendo lo stile e le procedure sperimentate e ispirandosi agli organismi
sorti nel Cammino sinodale, tale organismo continui ad accompagnare la
riflessione e il discernimento sulla realtà ecclesiale italiana e contribuisca
al processo di ricezione delle indicazioni sinodali, incoraggiando e
verificando la formazione permanente di tutto il popolo di Dio;
b. che la CEI preveda la
creazione di un’équipe esperta in comunicazione, con il compito di studiare
metodi, strumenti e tempi adeguati a promuovere la sinodalità e di elaborare un
piano per comunicare in tutte le diocesi italiane, in modo capillare, i contenuti
e le scelte del Cammino sinodale. A tal fine potrà essere utile anche lo
sviluppo e l’aggiornamento del sito internet del Cammino sinodale, che raccolga
il materiale prodotto e sia spazio di condivisione delle buone prassi ed
esperienze pastorali delle Chiese locali.
Appendice
Cammino sinodale: come e perché?
Alla luce della doppia richiesta (2015 e 2019), il
Consiglio Episcopale Permanente, nella sessione del 23-25 settembre 2019,
approfondisce contenuti e modalità degli Orientamenti pastorali quinquennali (e
non più decennali), sottolineando l’accelerazione dei cambiamenti in corso e
l’importanza di dare seguito alle indicazioni del Papa. L’inizio della pandemia
e il suo sviluppo, nel corso del 2020, consigliano di snellire la bozza,
aggiornandola alle istanze nel frattempo emerse, e di orientarsi ad un anno di
“ascolto” capillare del popolo di Dio (Consiglio Episcopale Permanente, 26
gennaio 2021). Dopo qualche giorno, il 30 gennaio 2021, ricevendo in udienza
l’Ufficio Catechistico nazionale, papa Francesco ritorna sul tema della
sinodalità: «Dopo cinque anni, la Chiesa italiana deve tornare al Convengo di
Firenze, e deve incominciare un processo di Sinodo nazionale, comunità per
comunità, diocesi per diocesi: anche questo processo sarà una catechesi. Nel
Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo
Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare» (Discorso,
30 gennaio 2021). La proposta viene poi ribadita, il 30 aprile all’Azione
Cattolica Italiana e il 24 maggio alla 74ª Assemblea Generale. «La Chiesa
italiana riprenderà, in questa Assemblea [dei Vescovi] di maggio, il Convegno
di Firenze, per toglierlo dalla tentazione di archiviarlo, e lo farà alla luce
del Cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana, che non sappiamo come
finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il Cammino sinodale, che
incomincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino
all’alto. E la luce, dall’alto al basso, sarà il Convegno di Firenze» (Discorso,
30 aprile 2021).
Questi interventi pontifici risentono dei dialoghi
intercorsi con la Presidenza della CEI: il 27 febbraio 2021, infatti, viene
presentata a papa Francesco una traccia per un Cammino sinodale, basata sul
trinomio “Vangelo-fraternità-mondo”, che viene approvata. Su questa base viene
successivamente preparata la Carta d’intenti accolta con favore
dall’Assemblea Generale il 27 maggio 2021. Nel frattempo, nella sessione del
22-24 marzo 2021, il Consiglio Episcopale Permanente sottolinea che, più che un
contenuto, il Cammino sinodale deve configurarsi come uno stile capace di
trasformare il volto della Chiesa che è in Italia. L’ultimo snodo, prima
dell’avvio deciso dalla 74ª Assemblea Generale (24-27 maggio 2021), riguarda la
concomitanza con il Sinodo dei Vescovi sulla “sinodalità”, le cui date vengono
annunciate il 21 maggio, con un primo anno (2021-2022) di consultazione
capillare del popolo di Dio nelle singole diocesi. Da qui la decisione dei
Vescovi italiani di armonizzare i due percorsi e considerare il primo anno del
Sinodo dei Vescovi come primo momento del Cammino sinodale delle Chiese in
Italia. Decisione, poi, dettagliata durante la sessione straordinaria del
Consiglio Episcopale Permanente del 9 luglio 2021: l’armonizzazione dei due
percorsi viene favorita con la valorizzazione del ruolo delle Conferenze
Episcopali Regionali, delle Commissioni Episcopali e degli Uffici pastorali. Si
decide, dunque, di mettere a disposizione delle Conferenze Episcopali Regionali
un indirizzo mail dove far giungere riflessioni, spunti e materiali elaborati a
livello locale, che facciano tesoro dell’esperienza maturata con i Sinodi
diocesani e provinciali. Al riguardo, viene anche costituita una prima
Commissione per riflettere ed elaborare il materiale a sostegno dell’intero
processo.
Ciò viene spiegato chiaramente nel documento sulla
sinodalità della Commissione Teologica Internazionale lì dove viene chiarita la
sua attuazione con soggetti, strutture, processi ed eventi. In particolare,
parlando del ruolo delle Conferenze Episcopali e ricordando come queste siano
un “istituto recente”, la cui valorizzazione è dovuta al Concilio Vaticano II
«nella prospettiva dell’ecclesiologia di comunione», viene sottolineato che «la
rilevanza delle Conferenze Episcopali in ordine alla promozione del Cammino
sinodale del Popolo di Dio risiede nel fatto che «i singoli Vescovi
rappresentano la propria Chiesa» (Lumen gentium, 23). Lo sviluppo di una
metodologia efficacemente partecipativa, con opportune procedure di
consultazione dei fedeli e di ricezione delle diverse esperienze ecclesiali
nelle fasi di elaborazione degli orientamenti pastorali emanati dalle
Conferenze Episcopali, con la partecipazione di laici come esperti, va nella
direzione di una valorizzazione di queste strutture di collegialità episcopale
a servizio dell’attuazione della sinodalità» (La sinodalità nella vita e
nella missione della Chiesa, 90).
La prospettiva di tale visione è descritta nella Carta
d’intenti in cui vengono chiariti obiettivi e modalità: il percorso
sinodale «dovrebbe sviluppare insieme riflessione e pratica pastorale: ascolto,
ricerca e proposte dal basso (e dalla periferia) convergeranno in un momento
unitario per poi tornare ad arricchire la vita delle diocesi e delle comunità
ecclesiali». E ancora: «Si intravede la promessa di un percorso circolare: il
processo sinodale propone una conversione pastorale già per il modo con cui viene
elaborato e vissuto nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle realtà ecclesiali e
sociali. Le Chiese che sono in Italia ne potranno uscire arricchite nella
misura in cui i variegati soggetti ecclesiali del Paese si lasceranno
coinvolgere».
Il Regolamento del Cammino sinodale, approvato dal
Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 25-27 settembre 2023,
traduce concretamente desideri e obiettivi dando forma a un articolato
coordinamento per sostenere e accompagnare il tragitto a livello nazionale. I
testi relativi alle varie fasi sono uno dei frutti più preziosi: la Carta
d’intenti (25 maggio 2021); la Lettera della Presidenza CEI sul Cammino
sinodale (7 settembre 2021); il Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle
consacrate e consacrati e agli operatori pastorali (29 settembre 2021); la
Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà (29 settembre 2021); i
Cantieri di Betania. Prospettive per il secondo anno del Cammino sinodale (11
luglio 2022); il Vademecum per il secondo anno del Cammino sinodale (10
settembre 2022); il contributo delle Chiese in Italia all’Assemblea sinodale
continentale (8 febbraio 2023); le Linee guida per la fase sapienziale (11
luglio 2023); gli Orientamenti metodologici per il discernimento della fase sapienziale
nelle diocesi “Si avvicinò e camminava con loro” (11 luglio 2023); i Lineamenti
(25 settembre 2024); lo Strumento di lavoro (9 dicembre 2024).
La prima mozione dell’Assemblea Generale della CEI
dettaglia il percorso da seguire: «Il Cammino sinodale delle Chiese che sono in
Italia prosegue con il secondo periodo della fase narrativa. I Vescovi, in
ascolto del Popolo di Dio, guardano con convinzione a questo percorso secondo
quanto indicato da Papa Francesco con il Sinodo universale e proposto per
l’Italia dal Gruppo di coordinamento nazionale. Per questo, affidano alla
Presidenza, sentito il Consiglio Episcopale Permanente, la cura dell’elaborazione
del testo di sintesi della fase nazionale da inviare alla Segreteria Generale
del Sinodo dei Vescovi. Allo stesso tempo, incaricano il Consiglio Episcopale
Permanente di approvare testi e strumenti per proseguire il Cammino sinodale
tenendo conto del cronoprogramma e delle linee discusse da questa Assemblea. In
questo è importante il coinvolgimento dei territori attraverso le Conferenze
Episcopali Regionali» (76ª Assemblea Generale, 23-27 maggio 2022)
La seconda mozione fissa gli orientamenti per l’ultima
fase del Cammino sinodale: «I Vescovi italiani riconfermano in questa Assemblea
la bontà del percorso intrapreso con il Cammino sinodale che, avendo coinvolto
molti fedeli, comunità cristiane e realtà sociali, si avvia verso la fase
profetica per maturare proposte condivise. Questa fase del Cammino sarà
scandita da due Assemblee sinodali propositive, da tenersi orientativamente nel
novembre 2024 e nella primavera 2025. A queste parteciperanno i Vescovi italiani,
i referenti diocesani del Cammino sinodale, i membri del Comitato Nazionale ed
eventuali altri invitati. L’Assemblea CEI del maggio 2025 raccoglierà le
proposizioni e darà loro forma definitiva. Questa Assemblea Generale
Straordinaria dà mandato al Consiglio Episcopale Permanente di approvare un
regolamento che stabilisca il calendario delle Assemblee sinodali, insieme alla
loro composizione, alle modalità di lavoro e alle finalità» (78ª Assemblea
Generale Straordinaria, 13-16 novembre 2023).
La terza chiarisce e definisce l’iter successivo: «Con
questa Assemblea Generale, i Vescovi italiani accolgono i temi emersi nel
biennio dell’ascolto e nell’anno del discernimento, vissuti in stretta
connessione con la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Il
Cammino sinodale delle Chiese in Italia si aprirà alla fase profetica con le
due Assemblee sinodali in programma dal 15 al 17 novembre 2024 e dal 31 marzo
al 4 aprile 2025. L’Assemblea Generale affida al Consiglio Episcopale Permanente
il compito di recepire i frutti della riflessione comune per la definizione dei
Lineamenta per la I Assemblea sinodale. Allo stesso tempo, chiede alla
Presidenza della CEI di condividere i frutti del Cammino sinodale con la
Segreteria del Sinodo dei Vescovi come contributo alla II sessione della XVI
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-27 ottobre 2024)» (79ª
Assemblea Generale, 20-23 maggio 2024).
La mozione votata dalla Seconda Assemblea sinodale (31
marzo - 3 aprile 2025) rilancia – con 854 votanti, di cui 835 favorevoli, 12
contrari e 7 astenuti – l’intero Cammino nel suo snodo finale non ancora
maturo: «L’Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31
marzo al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni guidato
dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni
dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e
orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente
sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale,
valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori
del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature,
esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese
in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile. Cogliendo la ricchezza
della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle Proposizioni,
dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla Presidenza del
Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e
dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale
accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi. Al tempo stesso,
l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento
contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo
delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà seguito la fase
di ricezione».
Nella delibera e nelle mozioni sono racchiusi i diversi
passaggi con la bellezza e la fatica che comporta il camminare insieme; per
questo motivo, vanno lette in profondità e legate alle scelte che ne sono
scaturite. Dal primo testo, infatti, emerge la decisione di strutturare il
Cammino sinodale in tre fasi: narrativa (2021-2023), sapienziale (2024) e
profetica (2025). Nel secondo testo si ha la conferma dell’importanza
dell’ascolto dei territori. Dal terzo scaturisce la rotta da seguire per
giungere alle due Assemblee sinodali nazionali, con il relativo regolamento che
ne definisce il quadro normativo. Il quarto testo indica le date delle
Assemblee sinodali, con il mandato al Consiglio Episcopale Permanente di
recepire i frutti della riflessione comune per la definizione dei Lineamenti
per la Prima Assemblea sinodale. Nel quinto testo, infine, viene delineato
l’orizzonte da seguire per arrivare all’approvazione del Documento finale:
il rinvio da aprile ad ottobre 2025, al di là delle varie reazioni e letture
critiche, è stato uno snodo che ha permesso allo Spirito di parlare ancora.
«Nulla era stato prestabilito, confezionato, imposto dall’alto – ha spiegato il
card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, introducendo la sessione del
Consiglio Episcopale Permanente del 27 maggio 2025 –, ma frutto del
discernimento delle Chiese che si sono messe in ascolto e hanno attivato
processi inediti e forse, addirittura, inattesi. Del resto, nella vita, quando
si percorre una strada, si possono conoscere fatiche, rallentamenti, cambi di
percorso. […] Ci è stato affidato un compito di maturare quanto vissuto. Sono
quelle accordature necessarie perché l’orchestra possa produrre un’armonia di
un “Noi” ecclesiale quanto mai necessario».
Quel “Noi” ha il volto delle tante persone che si sono
coinvolte e hanno provato a camminare insieme, ma anche il volto dei cosiddetti
“lontani” che si si sono sentiti invitati e riconosciuti. Quello stesso “Noi” è
stato tradotto in tante iniziative e percorsi pastorali grazie ai Cantieri di
Betania. Ha “preso posto” negli organismi di partecipazione nel discernimento e
nella maturazione di decisioni più condivise. Ha anche messo in luce le risorse
già esistenti nelle realtà ecclesiali italiane: la generosità pastorale e la
vicinanza ai fedeli da parte dei presbiteri e di un numero crescente di
diaconi, l’impegno pastorale ed educativo di tanti laici e laiche, delle
associazioni e dei movimenti, delle comunità religiose, la capillarità del
reticolo parrocchiale e la vicinanza alle realtà più periferiche, l’attenzione
e il sostegno delle comunità a tante forme di povertà nel Paese, un patrimonio
artistico di inestimabile valore e potenzialità pastorale. Tutte queste risorse
e molte altre rappresentano una fonte di fiducia imprescindibile per superare
le difficoltà, non ignorandole, ma affrontandole insieme per continuare il
cammino di conversione sinodale e missionaria. Così facendo, si è data forma
sempre più definita al “Noi” ecclesiale.
· 10 novembre 2015 – Papa
Francesco interviene al V Convegno Ecclesiale Nazionale celebrato a Firenze dal
9 al 13 novembre.
· 20 maggio 2019 – Papa
Francesco interviene alla 73ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale
Italiana, parlando di un “rumore” su un probabile Sinodo italiano e del doppio
movimento della sinodalità (dal basso verso alto e dall’alto verso basso).
· 23-25 settembre 2019 – Il
Consiglio Episcopale Permanente approfondisce contenuti e modalità degli
Orientamenti pastorali del prossimo quinquennio. La loro articolazione ruota
attorno a tre cerchi concentrici dell’incontro tra il Vangelo e gli uomini di
oggi: la gioia del Vangelo, la fraternità ecclesiale e il campo del mondo. Alla
base c’è l’esperienza di una Chiesa che sul territorio si fa comunità di
vicinato e di prossimità, luogo di crescita spirituale, capace di intercettare
la domanda di vita e di senso che abita il cuore di ciascuno.
· 2020 – L’insorgere
della pandemia e il suo protrarsi inducono il Consiglio Episcopale Permanente a
una riflessione sulla bozza degli Orientamenti pastorali, suggerendo di
aggiornarla alle istanze nel frattempo emerse, attraverso un anno di “ascolto”
capillare del popolo di Dio.
· 30 gennaio 2021 – Papa
Francesco riceve in udienza l’Ufficio Catechistico nazionale, prospettando
l’avvio di un processo di Sinodo nazionale.
· 27 febbraio 2021 – La
Presidenza della CEI presenta a papa Francesco una traccia per un Cammino
sinodale, basata sul trinomio “Vangelo-fraternità-mondo”, che viene approvata.
· 22-24 marzo 2021 – Il
Consiglio Episcopale Permanente sottolinea che, più che un contenuto, il
Cammino sinodale deve configurarsi come uno stile capace di trasformare il
volto della Chiesa che è in Italia.
· 30 aprile 2021 – Papa
Francesco riceve in udienza l’Azione Cattolica e anticipa che, durante
l’Assemblea Generale della CEI del maggio successivo, le indicazioni del
Convegno di Firenze verranno riprese alla luce del Cammino sinodale.
· 21 maggio 2021 – A pochi
giorni dall’Assemblea Generale della CEI, viene ricevuto il programma del
Sinodo dei Vescovi sulla “sinodalità”, che comporta un primo anno (2021-2022),
di consultazione capillare del popolo di Dio nelle singole diocesi.
· 24-27 maggio 2021 –74ª
Assemblea Generale della CEI: viene presentata ai Vescovi la bozza della Carta
d’intenti. Con una mozione approvata a maggioranza, la Conferenza
Episcopale Italiana avvia il Cammino sinodale chiedendo di armonizzarne temi,
tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del
Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti
e delle riflessioni di questa Assemblea.
· 9 luglio 2021 – Il
Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, ribadisce
la necessità di armonizzare il Cammino sinodale italiano con quello delineato
per la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, valorizzando il
ruolo delle Commissioni Episcopali e degli Uffici pastorali, così come quello
delle Conferenze Episcopali Regionali. Proprio per favorire la condivisione e
una maggiore collaborazione, si decide di mettere a disposizione delle
Conferenze Episcopali Regionali un indirizzo email a cui inviare riflessioni,
spunti e materiali elaborati a livello locale, che facciano tesoro
dell’esperienza maturata nei Sinodi diocesani e provinciali.
· 27-29 settembre 2021 – Il
Consiglio Episcopale Permanente conferma la scelta di assumere il primo anno
del Sinodo universale, che partirà dalle singole diocesi, come primo anno del
Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Approva un Messaggio ai presbiteri,
ai diaconi, alle consacrate e consacrati e agli operatori pastorali, che
offre una lettura spirituale dell’esperienza sinodale, e una Lettera alle
donne e agli uomini di buona volontà, che invita a sentirsi partecipi del
percorso. Traccia un cronoprogramma che si sviluppa per l’intero quinquennio
2021-2025, individuando le tre fasi: narrativa, sapienziale, profetica.
· Settembre/Ottobre
2021 – Viene costituita una rete di referenti territoriali che si incontra online
tra l’ottobre e il dicembre 2021. A novembre vengono inviate le Linee
metodologiche e sei schede per animare il primo anno di ascolto.
· 24-26 gennaio 2022 – Il
Consiglio Episcopale Permanente definisce il tema principale dell’Assemblea
Generale di maggio: In ascolto delle narrazioni del Popolo di Dio con
sottotitolo: Il primo discernimento: quali priorità stanno emergendo per il
Cammino sinodale? Viene inoltre nominato il Gruppo di coordinamento
nazionale del Cammino sinodale, che resterà in carica fino a settembre 2022.
· 18-19 marzo 2022 – Si tiene
a Roma il primo incontro residenziale dei referenti diocesani.
· 21-23 marzo 2022 – Il
Consiglio Episcopale Permanente delibera il cronoprogramma con le linee
operative. Approva la proposta di un secondo incontro con i referenti diocesani
(13-15 maggio 2022), al quale partecipi un Vescovo in rappresentanza delle
Conferenze Episcopali Regionali. A queste viene dato mandato di nominare due
delegati (di cui possibilmente una donna), che porteranno il loro contributo al
confronto sul Cammino sinodale durante l’Assemblea Generale di maggio.
· 13-15 maggio 2022 – Si
svolge, a Roma, il secondo incontro dei referenti diocesani.
· 23-27 maggio 2022 – 76ª
Assemblea Generale della CEI. Con il contributo di 32 referenti diocesani del
Cammino sinodale (due per Regione ecclesiastica), vengono individuati alcuni
snodi pastorali prioritari sui quali condurre il secondo anno di ascolto, che
avrà sempre un taglio narrativo. Viene approvata una mozione che dettaglia il
percorso da seguire.
· 5 luglio 2022 – Il
Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, esamina la
bozza del documento per il prosieguo della “fase narrativa” (2022-2023), che
raccoglie i frutti del primo anno di ascolto, integrato con le riflessioni e le
proposte emerse nell’incontro nazionale dei referenti diocesani e durante la
76ª Assemblea Generale della CEI (Roma, 23-27 maggio). Si decide di continuare
l’ascolto con tre “cantieri sinodali”, da adattare liberamente a ciascuna
realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio che potrà
anche aggiungerne un quarto.
· 11 luglio 2022 – Viene
consegnato alle Chiese locali il testo I Cantieri di Betania. Prospettive
per il secondo anno del Cammino sinodale.
· 15 agosto 2022 – La
Presidenza della CEI consegna alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi
la Sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo 2021-2023 Per una
Chiesa sinodale: Comunione, partecipazione e missione, che dà
sinteticamente conto del percorso compiuto nell’anno pastorale 2021-2022,
dedicato all’ascolto e alla consultazione capillare del popolo di Dio.
· 10 settembre 2022 – Viene
consegnato alle Chiese locali il Vademecum per il secondo anno del
Cammino sinodale.
· 20-22 settembre 2022 – Il
Consiglio Episcopale Permanente designa il Presidente del Comitato nazionale
del Cammino sinodale.
· 16 novembre 2022 – Il
Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, approva
l’organigramma e costituisce un servizio di coordinamento composto
dall’Assemblea dei Referenti diocesani, dal Comitato nazionale del Cammino
sinodale, dalla Presidenza del Comitato nazionale.
· 23-25 gennaio 2023 – Il
Consiglio Episcopale Permanente decide che il tema principale della 77ª
Assemblea Generale (Roma, 22-25 maggio 2023) sia In ascolto dello Spirito
che parla alla Sua Chiesa. Linee per la fase sapienziale
del Cammino sinodale.
· 5-12 febbraio 2023 –
Assemblea Sinodale continentale. La delegazione italiana presenta il proprio
contributo, frutto dell’incontro online dei referenti diocesani del
Cammino sinodale. Il testo sintetizza quanto emerso dalla “fase di ascolto”
avviata nelle comunità ecclesiali italiane, che ha visto coinvolte più di
500mila persone in 50 mila gruppi e una rete di 400 referenti diocesani.
· 11-12 marzo 2023 – Si tiene
a Roma l’Assemblea nazionale dei referenti diocesani. Viene
presentata una prima fotografia dei “Cantieri di Betania”.
· 17 aprile / 3 maggio 2023 – Si tengono online gli incontri dei referenti
diocesani, a livello regionale.
· 22-25 maggio 2023 – 77ª
Assemblea Generale della CEI. Si dà ufficialmente avvio alla fase sapienziale.
· 25-26 maggio 2023 – I
referenti diocesani si ritrovano in assemblea a Roma per confrontarsi in vista
dell’elaborazione delle Linee guida per la fase sapienziale.
· 8 luglio 2023 – Il
Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, condivide,
discute e approva le Linee guida per la fase sapienziale del Cammino
sinodale delle Chiese in Italia, insieme al cronoprogramma che indicherà la
cadenza delle tappe successive.
· 25-27 settembre 2023 – Il
Consiglio Episcopale Permanente approva il Regolamento del Cammino
sinodale.
· 30 settembre / 1° ottobre 2023 – Si tiene a Roma l’Assemblea dei referenti diocesani
del Cammino sinodale, per un primo confronto sulla fase sapienziale appena
avviata.
· 13-16 novembre 2023 – 78ª
Assemblea Generale Straordinaria della CEI. I Vescovi chiedono un’attenzione
particolare alle indicazioni della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi e
approvano una mozione che dettaglia i passi successivi.
· 22-24 gennaio 2024 – Il
Consiglio Episcopale Permanente sceglie come tema principale della 79ª
Assemblea Generale della CEI La ricezione della fase sapienziale del Cammino
sinodale. Inoltre, approva il cronoprogramma con le tappe fino al 2025 e
stabilisce che si tengano due Assemblee sinodali: dal 15 al 17 novembre 2024 e
dal 31 marzo al 4 aprile 2025. Il Regolamento delle due Assemblee viene
approvato nella successiva riunione di marzo.
· 24-25 febbraio 2024 – Si
riunisce a Roma il Comitato Nazionale del Cammino sinodale per delineare i
prossimi passi che attendono le Chiese in Italia.
· 20-23 maggio 2024 – 79ª
Assemblea Generale della CEI. I Vescovi condividono il percorso fatto sinora,
mentre ci si prepara all’ultima fase – la fase profetica – con le due Assemblee
sinodali in programma. Con una mozione, approvata a maggioranza, viene chiarito
e definito l’iter successivo.
· 7-8 settembre 2024 – Si
riunisce a Roma il Comitato Nazionale del Cammino sinodale per condividere
alcune riflessioni sulla bozza dei Lineamenti da presentare al Consiglio
Episcopale Permanente di settembre per l’approvazione.
· 23-25 settembre 2024 – Il
Consiglio Episcopale Permanente approva i Lineamenti, elaborati sulla base
dell’ascolto e del discernimento, compiuti nei tre anni di Cammino sinodale sia
nelle Chiese locali che all’interno del Comitato del Cammino sinodale, tenendo
conto degli apporti offerti dalla 79ª Assemblea Generale della CEI.
· 15-17 novembre 2024 – Prima
Assemblea sinodale. Nella Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma si
ritrovano oltre mille delegati e Vescovi per confrontarsi sui Lineamenti,
il testo che raccoglie i risultati finora raggiunti e propone alcune
traiettorie pratiche. Secondo quanto stabilito dal Regolamento,
partecipano all’Assemblea i Vescovi, i referenti diocesani (in proporzione al
numero di abitanti delle diocesi), i componenti del Comitato del Cammino
sinodale, i Direttori degli Uffici e Servizi della Segreteria Generale della
CEI, alcuni esperti e invitati.
· 9 dicembre 2024 – Il
Consiglio Episcopale Permanente, riunito in sessione straordinaria, approva lo Strumento
di lavoro, frutto della riflessione della Prima Assemblea sinodale delle
Chiese che sono in Italia, e modifica le date della Seconda Assemblea sinodale,
prevedendo che si svolga a Roma nei giorni dal 31 marzo al 3 aprile 2025.
· 20-22 gennaio 2025 – Il
Consiglio Episcopale Permanente decide che l’80ª Assemblea Generale, che si
terrà dal 26 al 29 maggio 2025, si concentri sulla restituzione di quanto
emergerà nella Seconda Assemblea sinodale, di cui vengono approvati il
programma di massima – con momenti in plenaria e lavoro nei gruppi – e la
struttura del documento finale che conterrà “esortazioni e orientamenti” e
“determinazioni e delibere”, declinato su tre grandi direttrici: il
rinnovamento missionario della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali,
la formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita, e la
corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità.
· 10-12 marzo 2025 – Il
Consiglio Episcopale Permanente affida alla Presidenza della CEI, allargata ai
Vescovi che fanno parte della Presidenza del Comitato nazionale del Cammino
sinodale, l’approvazione della redazione finale del Documento che
contiene le proposte da sottoporre all’Assemblea sinodale.
· 31 marzo / 3 aprile 2025 – Seconda Assemblea sinodale. Al termine dei lavori –
con 854 votanti, di cui 835 favorevoli, 12 contrari e 7 astenuti – viene votata
la seguente mozione: «L’Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a
Roma dal 31 marzo al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni
guidato dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni
dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e
orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria. Ugualmente
sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale,
valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori
del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature,
esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese
in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile. Cogliendo la ricchezza
della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle
Proposizioni, dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla
Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto
del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione
finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi. Al tempo stesso,
l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento
contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo
delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà
seguito la fase di ricezione».
· 11-12 luglio / 6 settembre 2025 – Il Comitato Nazionale del Cammino sinodale, insieme alla Presidenza e ai facilitatori dei lavori assembleari, si riunisce a Roma per confrontarsi sul documento frutto di una revisione corale che ha permesso di integrare e valorizzare contributi, riflessioni, osservazioni ed emendamenti provenienti dalla Seconda Assemblea Sinodale, dalle diocesi, dal Comitato e dal Consiglio Episcopale Permanente.
