Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1243 pubblicata da Paix Liturgique il 30 luglio, in cui si esamina e si commenta con approfondimento il rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa, dedicato a «Le violenze sessuali nella Chiesa cattolica (Francia 1950 - 2020)».
In particolare l’articolo mette in evidenza come il Concilio Vaticano II abbia rappresentato lo spartiacque nella modalità di approccio al problema da parte dei Vescovi e delle congregazioni.
L.V.
Si parla molto e con grande compiacenza degli abusi sessuali del clero. Si tratta ovviamente di una cosa molto grave. Costituiscono un vero e proprio abominio che la giustizia ecclesiastica deve sradicare condannando i colpevoli e sottoponendoli a una giusta pena e a una vera penitenza. Tuttavia, è anche un ambito in cui i Vescovi di oggi, ieri incapaci di intervenire con severità, oggi presi dal panico e cedendo a un complesso di allineamento, segnalano (cioè denunciano) immediatamente alle istituzioni della Repubblica, senza esercitare in alcun modo i loro doveri e i loro poteri di istruire e giudicare i sacerdoti che vengono sospettati. Troppo spesso, del resto, quando viene dimostrata l’innocenza di un sacerdote ingiustamente accusato, i media che lo avevano messo alla gogna non ritrattano. Infine, non bisogna dimenticare che la misericordia è al centro del messaggio cristiano: bisognerebbe esaminare seriamente le condizioni per una prudente riabilitazione, come si era cominciato a fare prima del Concilio Vaticano II, dei sacerdoti che sono stati sanzionati dall’autorità ecclesiastica e hanno fatto una seria penitenza.
Il Concilio Vaticano II, anche in questo campo, una cesura
È vero che le settimane passano e le rivelazioni si susseguono, ancora di recente nella Diocesi di Nancy, nell’Arcidiocesi di Rennes, nella Diocesi di Coutances, per non parlare del caso di don Henri Antoine Grouès (abbé Pierre), che sta assumendo proporzioni sempre più vaste.
Tutti questi casi di abuso hanno spesso un punto in comune: sono avvenuti tra gli anni Sessanta e Novanta, subito dopo la «primavera del Concilio» e testimoniano un’eclissi nel controllo dei sacerdoti, se non addirittura nell’applicazione del diritto canonico durante tutto questo periodo – è anche il periodo in cui fioriscono senza alcun controllo le nuove comunità del Rinnovamento carismatico francese, e con esse centinaia di casi di abusi e di influenza.
Tuttavia, prima del Concilio Vaticano II, la Chiesa sapeva reagire alle situazioni di abuso, come testimoniano gli archivi. Ad esempio, il rapporto sulle Missions étrangères de Paris commissionato allo studio indipendente di GCPS Consulting indica [QUI N.d.T.]
il caso di un sacerdote negli anni Cinquanta accusato di pedocriminalità da nove bambini nel suo paese di missione. Egli ha ammesso di aver commesso violenze sessuali su tre di loro. Dopo un’indagine interna, è stato espulso dalle Missions étrangères de Paris […] in tre mesi e mezzo.
Per don Henri Antoine Grouès (abbé Pierre), la Chiesa lo aveva messo da parte a metà degli anni Cinquanta e con una lettera del 27 giugno 1958, il card. Maurice Feltin, Arcivescovo metropolita di Parigi, chiese a Edmond Michelet, Ministro della funzione pubblica, di non decorarlo, definendolo
gravemente malato, curato in Svizzera in una clinica psichiatrica […] a causa di circostanze molto dolorose, è meglio non parlare di questo sacerdote. Ha avuto iniziative felici, ma sembra preferibile, al momento, tacere su di lui.
Tuttavia, il grande vento di riforma del Concilio Vaticano II porta allo smantellamento degli organi di controllo, che non vengono sostituiti, e mentre migliaia di sacerdoti abbandonano la tonaca in Francia, altri, come don Henri Antoine Grouès (abbé Pierre), si ritrovano in libertà, abbandonati a se stessi.
Ma pochi anni dopo, i sacerdoti vengono sistematicamente coperti e le segnalazioni scoraggiate, «trattate in modo informale» e gli abusi «qualificati come imprudenza o negligenza nei resoconti del consiglio». Siamo già dopo il Concilio Vaticano II. Questo atteggiamento è continuato fino ad oggi, culminando con il caso di don Aymeric de Salvert M.E.P., la cui mediatizzazione ha portato alla rimozione di due Vescovi provenienti dalle Missions étrangères de Paris, mons. Gilles Reithinger M.E.P., Vescovo ausiliare di Strasburgo, e mons. Georges Colomb M.E.P., Vescovo di La Rochelle.
La stessa cesura si può riscontrare per gli autori di abusi, laici o religiosi, nelle istituzioni scolastiche. Così, a Nantes nel 1960, il direttore di un istituto privato sorpreso a letto con uno studente fu licenziato in giornata.
Ma due decenni dopo, dopo il Concilio Vaticano II, le derive di un dirigente scolastico all’interno del suo istituto dotato di un convitto non furono mai fermate e rimangono impunite ancora oggi, senza nemmeno impedire il suo impegno politico negli anni ’80-’90. E con lui sono rimasti impuniti diversi insegnanti dello stesso istituto, autori di molestie sessuali su studenti: i nomi di molti di loro compaiono su scritte nei pressi del Grand Séminaire Saint-Jean di Nantes, poco dopo la pubblicazione del rapporto della Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église, a testimonianza di un ricordo doloroso sepolto nella memoria della città.
Nel suo rapporto, la stessa Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église ha rilevato le strutture messe in atto dalla Chiesa in Francia negli anni Cinquanta per isolare i sacerdoti autori di abusi, curarli quando possibile e reinserirli. Tuttavia, questo aspetto interessante del lavoro di questo organismo, peraltro molto discutibile, è stato accolto con un silenzio agghiacciante, poiché metteva in discussione le responsabilità del periodo postconciliare e i decenni perduti per le vittime.
Un altro elemento testimonia questo periodo di ignoranza, se non addirittura di tolleranza degli abusi: l’aumento dell'età degli aggressori [QUI: N.d.T.]:
l’età media degli aggressori è infatti cambiata in modo significativo: da 38 anni negli anni Cinquanta, è passata a 46 anni negli anni Settanta, a 48 anni negli anni Novanta e a 58 anni all’inizio del decennio 2020. Ciò non significa che gli abusi vengano commessi in età più avanzata, grazie a una migliore formazione in materia, ma piuttosto che gli abusi commessi molti anni prima vengono ora denunciati.
La Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église parla di «recupero»: le vittime, nascoste negli anni tra il 1960 e il 1990, riprendono la parola e testimoniano di aggressioni spesso commesse anni prima, quando sia la Chiesa che la giustizia civile guardavano altrove.
Nel 1950 viene proposto un aumento del controllo sui sacerdoti devianti
Il postconcilio farà esattamente il contrario.
La questione degli abusi sui minori viene affrontata dall’istituzione ecclesiastica fin dall’inizio degli anni Cinquanta e fa parte delle questioni disciplinari:
Già prima della nascita del Secours sacerdotal, ciò che la Chiesa cattolica definisce «tendenze pederaste», con minori o maggiorenni, era chiaramente identificato dai responsabili della formazione ecclesiastica e dai medici come un rischio. Sono state affrontate durante le giornate di studio del Centre Laennec, nel febbraio 1950, da don Augustin Pineau P.S.S., Superiore della Solitudine di Issy-les-Moulineaux, abbastanza rappresentativo dei chierici cinquantenni e settantenni che avrebbero guidato il Secours sacerdotal, essendo don Louis Lerée stesso, come già detto, sulpiziano.In una relazione dedicata alle «difficoltà attuali del celibato ecclesiastico», don Augustin Pineau traccia un panorama di coloro che commettono «falli contro la castità». […] La soluzione è, secondo don Augustin Pineau, spirituale e comportamentale, in linea con la formazione ecclesiastica: il perpetuarsi delle abitudini ecclesiastiche acquisite in seminario deve consentire di superare le prove della vita pastorale e dell’età. Si tratta di accompagnare il sacerdozio.
Smantellando la giustizia canonica e il controllo dell’istituzione sui sacerdoti e sulle comunità, il periodo postconciliare farà esattamente il contrario…
Le misure della Chiesa francese per isolare e curare gli autori di abusi del clero prima del Concilio Vaticano II
Se gli scandali commessi da alcuni ecclesiastici sono denunciati crudamente fin dalla fine del XIX secolo dalle pubblicazioni repubblicane e laiciste – in particolare quello dei bambini abusati e maltrattati nella colonia di Cîteaux nel 1888, che risale alla Camera dei Deputati nel luglio dello stesso anno, dove lo scandalo dà luogo a importanti dibattiti ripresi dalla stampa nazionale, che portarono la Chiesa a chiudersi in una posizione difensiva o a denunciare gli scandali dell’altra parte, la questione era comunque oggetto di riflessione e di trattamento da parte dell’istituzione. Queste ultime, sia per paura dello scandalo che in linea con i valori morali difesi dalla Chiesa, mettono da parte i sacerdoti problematici ed evitano anche di nominarli a cariche diocesane di primo piano, anche se le vittime non possono sperare in un «riconoscimento» e in un «risarcimento» nel senso contemporaneo del termine:
I comportamenti considerati più gravi sono quelli che portano o rischiano di portare all’abbandono dello stato sacerdotale, come l’eterodossia, la paternità, le avventure femminili. Se la «degenerazione» morale del sacerdote autore dei fatti consiste nella sua uscita dalla Chiesa, la posta in gioco è, in senso letterale, quella di ripristinare il «degenerato», cioè di consentirgli di svolgere nuovamente il suo ufficio: il ministero ecclesiastico.Si tratta anche di evitare lo scandalo suscitato dalla commissione, dalla pubblicizzazione e dalla judicializzazione delle violenze sessuali: lo scandalo, nel senso teologico del termine.
Come constata la Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église, le autorità giudiziarie e persino la stampa locale non sono affatto disposte a fare rumore sui casi di abusi nella Chiesa. Nel 1961 la redazione del quotidiano Est Républicain risponde così alle richieste di mons. Paul Joseph Schmitt, Vescovo di Metz, a seguito di un caso che coinvolgeva uno dei suoi sacerdoti:
«Il caso sarà trattato dalla nostra redazione di Metz, come altri di natura simile, in poche righe, nell’edizione di Metz, senza dettagli né menzione dell’appartenenza dell'imputato allo stato ecclesiastico. […]»
Ciononostante, i colpevoli venivano regolarmente trasferiti e limitati nei loro ministeri:
Si ricorre invece in larga misura a una ridefinizione delle funzioni del chierico o del religioso interessato, attraverso cambiamenti di incarico, restrizioni dell’ambito di attività o trasferimenti. Questa risposta rappresenta il 77 per cento delle misure adottate negli anni Cinquanta.
Un decimo abbandona lo stato sacerdotale, una sanzione che tuttavia non è affatto sistematica all’epoca, secondo i rapporti del can. Fernando Boulard:
Nel 1962, il rapporto del can. Fernando Boulard aveva indicato che la percentuale di abbandoni del sacerdozio legati a «colpe omosessuali o pedofili» era pari all’11-12 per cento.
La rivista domenicana Supplément de la vie spirituelle affronta apertamente dal 1947 le questioni relative alle difficoltà psicologiche del clero.
Come sottolinea il rapporto della Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église alle pagine 251 e seguenti, la questione degli abusi, che riemerge nel dopoguerra con diversi scandali molto mediatizzati (il caso Chauvet a Crugny nella Marna nel 1948, in cui cinque ragazze affermano di essere state adescate durante la confessione, il caso del Parroco di Uruffe nella Mosella nel 1956…) sfocia abbastanza rapidamente, negli anni Cinquanta, in misure concrete:
va anche notata la presa in carico da parte di strutture di assistenza ai sacerdoti e in cliniche specializzate nel contesto di un riordino voluto dalla Chiesa francese, che ha voluto dotarsi di uno strumento amministrativo dotato di personale e competenze mediche, nonché di luoghi di accoglienza, anche se con mezzi finanziari modesti, destinato a partecipare alla normalizzazione comportamentale del clero francese. A tal fine, all’inizio degli anni Cinquanta viene istituito il Secours sacerdotal, una struttura destinata ad aiutare i sacerdoti in difficoltà per correggerli e mantenerli nel sacerdozio.
Parallelamente, la giustizia pronuncia «un centinaio» di condanne per pedofilia contro membri del clero tra il 1952 e il 1963, mantenendo alta la pressione sull’istituzione. Altre strutture meno note svolgono le stesse funzioni, in particolare, come rileva ancora la Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église,
dall’Entraide sacerdotale, oltre ad altre strutture quali l’Association médico-psychologique d’aide aux religieux, l’Association médico-psychologique d’aide au clergé, la Fraternité sacerdotale e le unioni sacerdotali. Il Secours sacerdotal, sovvenzionato quasi esclusivamente dal Secours catholique, nasce dalla volontà del clero di prendersi cura di sé stesso ed è quindi espressione rinnovata del suo spirito di corpo.La sua missione, definita il 17 novembre 1952 e precisata nel gennaio 1953, è descritta come segue: «Sotto il nome di “Secours sacerdotal”, dipendente dalla Gerarchia, un’opera fornisce aiuto materiale e morale ai sacerdoti o religiosi che hanno rotto i legami con il loro ordinario, ai sacerdoti, seminaristi o religiosi affetti o minacciati nella loro salute mentale o nel loro equilibrio nervoso».
Il Secours sacerdotal è stato inizialmente creato per trattare i casi di sacerdoti che hanno commesso abusi sessuali, anche se questa percentuale è diminuita dopo il 1958:
le relazioni annuali redatte da don Louis Lerée, che però sono precise solo per gli anni 1952 e dal 1955 al 1959, […] consentono di osservare che, dopo un picco nel 1957 e nel 1958, in cui i «peccati contro natura» riguardanti un adulto o un bambino rappresentavano la maggior parte dei casi trattati dal Secours sacerdotal, questa percentuale è diminuita nel 1959 e nel 1961, diventando inferiore alla percentuale dei casi relativi a peccati commessi con donne.
Lanciato su iniziativa di don Louis Lerée P.S.S., canonico parigino, specialista della salute del clero, che dispone di corrispondenti nelle Diocesi – principalmente vicari generali e direttori di seminario – si avvale di altri ecclesiastici medici o psichiatri,
come padre Louis Beirnaert S.I., don Marc Oraison, lo psichiatra Pierre Galimard o il neuropsichiatra specializzato in infanzia e adolescenza Paul Le Moal.
Il numero di corrispondenti del Secours sacerdotal crebbe negli anni Cinquanta fino a coprire quasi tutta la Francia – erano 36 nel 1953, ma già 79 all’inizio del 1959 – le Diocesi della piccola corona dell’Ile de France, di Évry e Pontoise non esistevano ancora, né quelle di Le Havre, Saint-Étienne o Belfort.
I Vescovi all'epoca delle dimissioni dei padri
La mancanza di follow-up nei decenni successivi, poi l’ignoranza sistematica delle segnalazioni dei parrocchiani quando ce ne sono, livella questi sforzi e favorisce la recidiva.
Padre Louis Léré, a partire dal 1959, si preoccupa dell’atteggiamento dei sacerdoti autori di abusi e del rischio di recidiva, nonché dell’insufficienza dei semplici trasferimenti:
«Il caso più doloroso, più difficile, più dannoso per la Chiesa, non il più frequente ma troppo frequente, molto frequente e, a quanto pare, sempre più frequente… è quello del sacerdote che commette abusi sui minori… Questo male causa ai fedeli il più grande danno morale. Purtroppo, nelle Diocesi o nelle Congregazioni, è stato oggetto di semplici trasferimenti di incarichi. I medici, come coloro che sono incaricati del Secours sacerdotal, ripetono instancabilmente che la soluzione è ben lontana. Invariabilmente, ci si trova di fronte agli stessi modi di fare: “Lo cambieremo”. […]»
Nel 1967 chiede alle Diocesi il numero di sacerdoti alcolisti, depressi o che hanno commesso abusi «cum pueri et juvenibus» (con bambini e giovani). Cinquantadue rispondono, indicando che ci sono 138 sacerdoti alcolisti a loro conoscenza, 170 depressi arrestati per periodi da tre a più di sei mesi e 37 casi di abusatori di bambini e adolescenti, «di cui 14 tra i 30 e i 40 anni».
Di questi, un terzo era stato trasferito, a volte in un’altra Diocesi (13 casi), cinque erano stati mandati da un medico, altri avevano lasciato il sacerdozio, erano stati mandati in psichiatria o alla Trappa. Padre Louis Léré solleva una questione importante: i sacerdoti autori di abusi su minori o omosessuali non vogliono lasciare lo stato sacerdotale di propria iniziativa e si interroga sulle soluzioni: «Questo tipo di persone, inconsapevoli [di aver commesso un] errore morale, tengono molto a rimanere nello stato ecclesiastico. Non bisognerebbe cercare nuove strade? Un lavoro (manuale, d’ufficio, civile o ecclesiastico) che garantisca il sostentamento, una psicoterapia di accompagnamento, la Messa in privato, poi forse, dopo un periodo di accompagnamento, il ministero nel fine settimana con gli adulti? Ma senza lasciarli soli, abbandonati a se stessi».
I sacerdoti così isolati e assistiti sono ospitati in case dipendenti da comunità religiose, otto in totale nella Francia metropolitana: Notre-Dame des Ondes vicino a Lione, legata all’Ordine ospedalero di San Giovanni di Dio, o la Maison de Gargen ville, legata alla Fraternité sacerdotale. Il settimanale Famille chrétienne ricorda il 17 marzo 2021 che il castello della Gautrèche, a La Jubaudière, acquistato nel 1966 dal Secours catholique, è stato una casa di cura con il nome di Divin Paraclet, poi di riposo per «sacerdoti in difficoltà» fino all'inizio degli anni Ottanta [QUI: N.d.T.]. Un’altra casa è menzionata dalla Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église a Thiais, senza ulteriori precisazioni.
Dopo lo scoppio del caso Bétharram, la stampa locale, interessata ai numerosi casi di abusi nel Béarn e nei Paesi Baschi (Ustarritz, Saint-Pé de Bigorre, Garaison, Etchecopar…), il 15 marzo 2025 emerge dagli archivi l’esistenza di un’altra di queste case, a Cambo-les-Bains, una città termale situata vicino alla linea ferroviaria da Bayonne a Saint-Jean Pied de Port, nel relativo isolamento della campagna basca. Si tratta del centro Artzaindeia, attivo dal 1956 al 1962 prima del suo trasferimento a Bruges, vicino a Bordeaux. Ne rimane la cappella detta «degli iconi», costruita in parte dai sacerdoti curati a Cambo, ma inaugurata dopo la loro partenza (1964) e decorata con affreschi ancora dieci anni dopo.
Come sottolinea il quotidiano Sud Ouest citando Thomas Boullu, uno dei collaboratori della Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église [QUI: N.d.T.],
La particolarità di Cambo è che il suo regolamento esclude gli alcolisti e gli psicotici. Se si escludono questi ultimi, si trovano molti più sacerdoti autori di abusi sessuali che altrove.A Cambo vengono curati uomini di età inferiore ai 45 anni, con soggiorni medi di tre mesi. C’è la volontà di mantenerli nell’istituzione. Due terzi dei sacerdoti passati da Artzaindeia sono tornati in servizio.
Quando la pedofilia era difesa dagli intellettuali del quotidiano Le Monde
I timidi sforzi della Chiesa francese sono stati seppelliti appena terminato il Concilio Vaticano II, constata la Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église:
La scarsa sensibilità nei confronti delle violenze sessuali è certamente proseguita negli anni ’70-’90 rispetto al periodo precedente (1950-1970). Essa riguarda anche i magistrati incaricati di reprimere tali reati. È rimasta una realtà persistente all’interno della Chiesa, in un momento in cui la sua attenzione era distolta dal tema dell’attrazione pedofila dei sacerdoti verso quello della crisi sacerdotale.
D'altra parte, tra gli anni Sessanta e Ottanta la giustizia non ha quasi più pronunciato condanne per pedofilia, tanto che ottanta intellettuali francesi di primo piano lo hanno persino difeso sulle colonne del quotidiano Le Monde il 26 gennaio 1977.¹
Pertanto, la perdita di sensibilità sul tema degli abusi sessuali da parte del clero, in particolare nei confronti dei minori, è generale e si accompagna alla chiusura delle istituzioni incaricate di trattarli,
Mentre la Chiesa cattolica manteneva il silenzio sulle violenze sessuali, le strutture interne di assistenza e cura che aveva istituito negli anni Cinquanta per i sacerdoti devianti, in particolare gli autori di abusi sessuali, hanno chiuso i battenti a partire dalla fine degli anni Sessanta.
Così, il Secours sacerdotal, diventato nel 1964 Entraide sacerdotale, non accoglie più sacerdoti autori di abusi su minori a partire dal 1970 e scompare nel 1994.
L’assistenza sarebbe stata raggruppata nel castello di Montjay (comune di Bombon, nella Seine-et-Marne) nel 1970 – questa «clinica psichiatrica per il clero» è segnalata nel 1981 dal quotidiano Le Monde – in un'epoca in cui l’istituzione aveva già perso gran parte del controllo sui sacerdoti e sui laici autori di abusi, poi più nulla – sarebbe stata chiusa nel 1990. Oggi è una casa di riposo.
Claude Langlois, nel suo libro sulla gestione degli abusi sessuali da parte della Chiesa francese, On savait, mais quoi? [Lo sapevamo, ma cosa?], sottolinea:
fin dall'inizio degli anni Settanta, la diagnosi è chiara. Rousseau (responsabile dell’Entraide sacerdotale) sottolinea la volontà dell’Episcopato di non vedere la realtà della pedofilia clericale. Eck (neuropsichiatra cattolico) identifica i danni psicologici causati alle vittime. Ciò che l’Episcopato scoprirà venticinque anni dopo, nel 1988, come un’evidenza.
Allo stesso tempo, la questione della pedofilia non è stata più affrontata dalle associazioni sacerdotali, che hanno concentrato i loro messaggi e le loro azioni sulle relazioni con le donne e sulle pratiche omosessuali, poi sull’alcolismo negli anni Ottanta. Hanno anche dedicato le loro risorse finanziarie all’accompagnamento dei sacerdoti che lasciavano lo stato clericale. Questo cambiamento di politica ha portato a mantenere una relativa cecità delle autorità centrali della Chiesa francese sul tema delle violenze sessuali.
Come sottolinea Témoignage chrétien il 30 giugno 2023, tornando sui tentativi della Chiesa di gestire i casi di abuso prima del Concilio Vaticano II [QUI: N.d.T.],
i sacerdoti che volevano sposarsi ottennero da san Paolo VI nel 1964 la riduzione allo stato laicale con la concessione del matrimonio religioso. Da allora, i sacerdoti eterosessuali hanno lasciato in gran numero, mentre gli omosessuali e i pedofili sono rimasti nel clero.
La constatazione fatta da don Louis Léré alcuni anni dopo è ancora una realtà, ma sarà occultata per decenni, per proteggere l’istituzione dalle vittime e dai fedeli.
Al contrario, fiorirono strategie di pressione sulle vittime, cercando di farle sentire in colpa o di farle passare per colpevoli:
Dall’esame degli archivi ecclesiastici emerge infatti che, nell’ottica di proteggere l’istituzione, le autorità religiose cattoliche hanno sviluppato molteplici strategie per mettere a tacere le vittime e costringerle al silenzio. Fino agli anni Settanta, si faceva appello al sentimento religioso delle persone interessate affinché giurassero sulle Sacre Scritture di non calunniare.[…] Una persona violentata […] che aveva denunciato un prete, illustra le condizioni in cui venivano accolte le vittime: «L’istituzione cattolica non mi ha ascoltata. Sono stata accolta molto male e hanno ribaltato la situazione: mi hanno accusata di calunnia, di infangare la memoria di un morto, di un “uomo santo”.»
In altri casi, le vittime vengono addirittura comprate, rileva la Commission indépendante sur les abus sexuels dans l’Église:
Diversi archivi riportano accordi amichevoli relativi ad abusi sessuali commessi su persone vulnerabili. […].Il più delle volte, l’autore, la sua congregazione o la sua Diocesi si impegnano a versare una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno causato. Si tratta di un meccanismo molto apprezzato dalla Chiesa cattolica in questo periodo.
Queste tecniche sono ancora in uso in alcune Diocesi francesi, così come all’estero in molti paesi le cui autorità ecclesiastiche non hanno avviato alcun lavoro sugli abusi sessuali del clero, in particolare in Spagna, Italia e Polonia: le vittime più attive vengono risarcite, le altre rimangono sepolte sotto il manto del silenzio.
Che i Vescovi siano anche in questo campo veri padri e veri capi! In definitiva, si può dire che la perversione del legame filiale tra Vescovi e sacerdoti, certamente riaffermato con forza dal Concilio Vaticano II, ma inteso nel quadro della paternità dimissionaria rivista e corretta negli anni Sessanta, ha contribuito in modo determinante a soffocare gli scandali: un padre non può giudicare né condannare i propri figli, in altre parole è incapace di farli pentire
Ce ne sono stati diversi, è stata una delle grandi battaglie del quotidiano Libération negli anni Settanta.

Peccato non si parli mai dei sacerdoti di istituti tradizionalisti coinvolti in scandali di abusi. Un paio sono già stati condannati.
RispondiEliminaIl CV2 è stato per la Chiesa quello che fu l' 8 settembre per l'esercito italiano :un rompete le righe generalizzato ed irresponsabile. Adesso quella generazione di giovani preti,confusa e smarrita ,per motivi anagrafici è diventata irrilevante.Dopo il pontificato di Francesco ,che è stato un tentativo perseguito con estrema tenacia e scarsi risultati di riportare le lancette indietro al Concilio,si apre una nuova fase della storia della Chiesa.Vedremo la Provvidenza di chi si servirà per rimettere ordine nella vigna del Signore.Non sappiamo come succederà né quando ma succederà di sicuro.
RispondiEliminaSono argomenti difficili da affrontare per chiunque abbia cuore e sensibilità.Ma quando si assume un incarico si hanno onori ed oneri e quindi in quei casi bisogna intervenire senza indugio. La cosa migliore è rivolgersi ai carabinieri, evitando così le rimostranze dei colpevoli e le richieste spesso immotivate delle vittime o presunte tali.Fermo restando il concetto che le colpe sono sempre di chi commette il reato.In caso di coperture mafiose però anche di chi è complice.Se si agisce con trasparenza non si ha nulla da temere.
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