Alcuni nostri lettori, talvolta, ci rimproverano - anche aspramente - di citare il sito di gossip e politica Dagospia, creatura di Roberto d'Agostino: abbiamo sempre risposto che spesso ha notizie esatte, e le notizie vere si pubblicano, da qualunque parte vengano.
Per il 25° anno del sito il suo fondatore ha concesso una intervista al Corriere della Sera dove rivela un aspetto inconsueto: la sua fede.
Egli ha voluto festeggiare la ricorrenza...con una S. Messa.
Certe volte Gesù entra negli ambienti più bizzarri. Ciò non vuol dire omettere le cose pessime (soprattutto de sexto) del sito, ma notiamo, soprattutto negli ultimi tempi, un interesse per le vicende di fede e di religione, completamente assenti alla sua fondazione (a fianco la foto del Presepe in Redazione di Dagospia).
Speriamo e preghiamo perchè la fede entri sempre di più e il Suo lavoro sia coerente con "Dago".
Ad multos annos!
Luigi C.
24 mag 2025, Dagospia
ROBERTO D’AGOSTINO: «FESTEGGIO I 25 ANNI DI DAGOSPIA CON UNA MESSA DI RINGRAZIAMENTO DA ARBORE RACCONTAI L’ITALIA CHE PASSAVA DALLE BR AI PIERRE. IL GOSSIP? È UNA BUGIA CHE IN FONDO DICE LA VERITÀ. DI ALCUNE MIE CIALTRONATE MI SONO PENTITO»
Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
Dagospia compie 25 anni. E Roberto D’Agostino resta col suo binocolo, scrutando vizi e peccati dall’alto del suo drone.
Come festeggerà?
«Nessuna autocelebrazione o feste trullallà, ma con una messa di ringraziamento, oggi, al mausoleo di Santa Costanza».
D’Agostino diabolico che festeggia in Chiesa?
«Non esistono giornalisti diabolici, esistono giornalisti informati e non smentiti. Il mio lavoro è di cronista, avere chiara la situazione davanti agli occhi».
Lei è credente?
«Ho fatto il mio primo tatuaggio a 60 anni, ed è il disegno di un ex voto sopra una cicatrice sulla schiena di 53 punti, come grazia ricevuta. Quando hai una moglie, un figlio e non sai più cosa succederà domani...».
Una messa di gratitudine...
«Sì, come riconoscimento per ciò che si è ricevuto, e il desiderio di poterlo contraccambiare, il mio gesto è quel rendere grazie che la messa esprime in modo sublime. Oltretutto è l’unico modo per contraccambiare il bene e l’amicizia di persone che non sono più in questo mondo. E siccome sono credente, è il modo migliore per celebrare la vita, quella con la “V ” maiuscola».
Quindi ha fede.
«Allora... Ho letto di tutto. La fede non si può spiegare, tantomeno si può comprare al supermercato, perché, se Dio vuole, non contempla l’uso della dea ragione. Ce l’hai o non ce l’hai. Punto».
Quali aspettative aveva il primo giorno del sito?
«All’inizio, siamo nel 2000, pensavo solo a come reinventarmi. A 50 anni suonati, avevo già fatto il pieno di delusioni professionali e di ambizioni sbagliate. Mi venne in mente una frase di George Bernard Shaw: “La vita non consiste nel trovare te stesso, ma nel creare te stesso” . Il computer era già di fatto un oggetto di massa. Stewart Brand, che inventò il termine personal computer, capì una cosa essenziale: se non puoi cambiare la testa delle persone, cambia i loro strumenti e il mondo sarà un’altra cosa. Ma creare Dagospia è stata prima di tutto una ribellione mentale».
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Chi la ama, chi la odia, chi le ha chiesto scusa?
«Per gli ipocriti Dagospia fa gossip e per i realisti informazione. Politici e banchieri si dividono in due categorie: chi ammette di leggere Dagospia e chi mente. Oggi potere e conoscenza coincidono e il gossip è la risorsa strategica dell’Italia post politica. Dopodiché, massimo cinismo e minimo riserbo. Dimmi tutto, sarò una tromba!».
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La Chiesa, il Conclave, il nuovo Papa.
«Secondo tanti pensatori, il mondo stava sprofondando verso il nullismo digitale e il nichilismo esistenziale, compreso il declino della Chiesa, tra scandali sessuali, vocazioni perdute e chiese vuote. Per i più la fede era relegata quasi solo nell’intimità delle sofferenze e della paura della morte.
Poi succede che da un comignolo del Vaticano salga una fumata bianca e un’ora dopo piazza San Pietro viene presa d’assalto da 150 mila persone in preda a un’eccitazione selvaggia. Viva il Papa! A sorpresa, sbuca Robert Prevost. Dalla sua omelia di inizio pontificato è chiaro che è il Papa giusto al momento giusto, perché racchiude due mondi contrastanti: la consapevolezza dell’odissea delle migrazioni e della povertà da una parte; dall’altra conosce bene la giungla della curia romana.
Grazie al suo pragmatismo americano unito alla dottrina agostiniana della riconciliazione, Leone XIV potrebbe ergersi come l’anti Trump, al pari di Wojtyla quando sabotò l’Unione Sovietica attraverso il sindacato polacco Solidarnosc».
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