IL
RITUS ROMANUS ANTIQUIOR
SPERANZA PER LE ANIME, SPERANZA PER LA CHIESA
RRA: Ritus Romanus Antiquior
MT: Messa Tridentina
Carissimi Amici, Laudetur Iesus Christus!
Sono molto grato agli organizzatori del pellegrinaggio. Impiegano tempo,
energie e risorse per tenere sempre vivo il fuoco ardente della Messa in RRA.
Come il sacro fuoco custodito dalle Vestali nell’antica Roma, esso garantisce
la prosperità spirituale della Chiesa e mai potrà essere spento. Sono pure
molto grato a voi che avete aderito all’iniziativa: siete anime scelte da Dio
non solo per arricchirvi personalmente delle ricchezze di questa forma
liturgica veramente straordinaria, ma anche per rendervi apostoli di un
autentico opus divinum, per esprimerci con il linguaggio benedettino che
ci diventa più familiare in questa millenaria Abbazia, diffondendolo
all’interno della Chiesa. Siamo stati tutti sorpresi dalla maestosa bellezza
del tempio che ci ha accolti: esso – è bene ricordarlo – come tutte le cattedrali
paleocristiane romaniche, gotiche, barocche, neoclassiche che costituiscono
gran parte del patrimonio universale della cultura, è bello in aeternum perché
costruito per celebrare un culto, quello della Santa Messa in RRA, destinato ad
attraversare i secoli e a sfociare in quella liturgia che viene cantata in
aeternum in Cielo. A partire dunque dal titolo della riflessione propongo
alla vostra benevola considerazione alcuni pensieri.
La speranza è una virtù teologale che ci porta indubbiamente a dare un doveroso apprezzamento del RRA. Di questa qualità essenziale della vita teologale il Papa Benedetto XVI ha scritto sublimemente nella sua Enciclica, la seconda, intitolata Spe salvi. In essa traccia una ricostruzione filosofica del processo rivoluzionario che ha smantellato la civiltà cristiana sostituendo alla prospettiva della vita eterna, attesa e desiderata, tradotta in opere e in azioni da tante generazioni di credenti, quella di un secolarismo concluso nei limiti della storia e a essa ridotto. La carica di perfezione della speranza cristiana è stata così conservata nella sua potenzialità ma è stata deprivata della sua destinazione nell’eternità divina. Si è così preteso che la beatitudine potesse essere trasferita sulla terra. Sono nate così le ideologie, quelle di ieri e quelle di oggi che hanno prometeicamente e assurdamente imposto il paradiso in terra. Queste ideologie ci sono note, il liberalismo, il positivismo scientista, il marxismo e il comunismo, l’omosessualismo, l’ecologismo,
il transumanesimo. Il risultato è stato ed è pertanto tragico: ora in nome dei diritti dell’individuo, ora in nome dell’inarrestabile sviluppo della scienza e della prometeica applicazione nella tecnologia, ora in nome della lotta di classe e dell’abolizione della proprietà privata, ora in nome della teoria del gender o del ritorno all’adorazione pagana della terra, definita ambientalismo, si vuole rendere eterno ciò che non lo è perché è temporale, si vuole rendere assoluto ciò che non lo è perché è contingente, si vuole rendere vero ciò che non lo è perché è falso in quanto irreale, si vuole rendere buono ciò che non lo è perché è cattivo in quanto impedisce, come ci hanno insegnato Aristotele e San Tommaso e tutta la filosofia cristiana, la realizzazione delle finalità intrinseche a ogni creatura. L’imposizione è stata condotta prima con i totalitarismi – insegna Benedetto XVI – e poi con la non meno tragica dittatura del relativismo, che è quella che respiriamo asfitticamente nella società e, purtroppo, anche in vaste zone della Chiesa. Che cosa fare? Il suggerimento ci è venuto discretamente proprio dal Papa Benedetto XVI che ha proposto di ricentrare la vita della Chiesa attorno a una liturgia teocentrica. E da questa prospettiva, che è poi quella che effettivamente pensa e spinge all’azione sub specie aeternitatis, attraverso il MP Summorum Pontificum, ha ampiamente valorizzato il RRA, suscitando un movimento liturgico e spirituale di vasta portata e crescente diffusione, inarrestabile come un fiume che travolge e travolgerà ogni ostacolo, del quale abbiamo la grazia di essere parte.Il RRA
è infatti l’antidoto alla secolarizzazione o, per dirlo in termini teologici,
alla de-escatologizzazione, della speranza cristiana. Questo rito infatti
rimette le cose a posto: Dio è Dio, l’uomo è uomo, il Creatore è distinto dalla
creatura e dalle creature, la Chiesa rende culto di adorazione a Dio e non alle
idee del momento, attraverso la maestosa semplicità della celebrazione del
Mistero della Passione e Morte del Signore, l’evento in cui il Cielo ha
rinnovato la terra e le luci dell’eternità sono penetrate nelle tenebre della
storia, i credenti sono elevati dalle res humanae per avvicinarsi e, in
un certo senso anticipare, alle res divinae. È questa l’esperienza che
assaporano tutti quelli che amano il RRA e che, in numero crescente, ne vengono
a contatto. Come dice l’atto di speranza, l’antica preghiera cristiana che
abbiamo imparato o da bambini o quando abbiamo ricominciato a pregare con la
Tradizione cristiana, dichiara che la speranza ha come oggetto la vita eterna.
Questa ci mostra, di questa ci infonde il desiderio, questa ci dona come un
pegno il RRA. A partire da questa speranza soprannaturale noi possiamo così
apprezzare e operare per le speranze più naturali, la salute, il benessere
della famiglia, le realizzazioni professionali, la partecipazione alla societas
hominum e così via, sapendo che esse sono buone ma non sono tutto ciò che
possiamo desiderare e, soprattutto, vogliamo ottenere, inquieti fino a quando
il cuore non riposerà in Dio. La spes teologale che solo la Messa
tridentina sa infondere abbondantemente nelle anime non è evasione dalla
ruvidezza del presente ma è ricollocazione di ciò che passa nella posizione che
gli spetta rispetto alla stabilità beatificante dell’eternità cui siamo stati
chiamati dal primo istante della nostra esistenza. E siccome il presente,
spesso preceduto da un passato penoso, ci riserva consistenti porzioni di
preoccupazioni e amarezze, esso non basta: per questo Dio ci dona acconti
ancora più consistenti di gioia eterna nella Messa antica. Perché permettere di
esserne privati in nome di preconcetti e abusi, fossero pure in forma di MP,
che sostituiscono la legge ecclesiastica, o una sua caricatura, alla legge di
Dio? In francese c’è una bella distinzione lessicale: espoirs sono le
speranze terrene, espèrance è la speranza che ci dona Dio. Allora per
gli espoirs c’è la vita quotidiana con la sua lingua nazionale, per l’espèrance
c’è la Messa di sempre con la sua lingua sacra, il latino che prega così pro
spe salutis et incolumitatis nostrae. Amici, non possiamo vivere senza
speranza, senza espèrance. Senza di essa, la vita diventa o titanismo o
depressione. Alimentiamo le anime nostre alle sorgenti della speranza, e,
dunque, non ai piani bassi di una Messa dove tutto può banalmente cambiare per
l’arbitrio di un sacerdote narcisista o l’ignoranza e l’agitazione di un’animatrice
liturgica, ma a una Messa che con la sua sacralità intrinseca e la sua
immutabilità ci porti ai piani alti della contemplazione della Santissima
Trinità.
E
veniamo alla seconda parte della nostra riflesisone. La Messa RRA speranza non
solo per le singole anime ma per la Chiesa nel suo insieme. Il nostro amato
Catechismo di san Pio X diceva che nella Chiesa cattolica l’appartenenza è data
dalla condivisione della stessa fede, dalla stessa celebrazione dei sacramenti,
dall’obbedienza all’autorità del Sommo Pontefice e dei Vescovi in comunione con
lui. Oggi – e non sveliamo nessun mistero – la Chiesa soffre una penosa crisi
dottrinale perché la fede non è più la stessa. Sotto lo stesso ombrello, si
riparano fedeli e pastori che, pur dichiarandosi sinceramente appartenenti alla
stessa Chiesa cattolica, professsano una fede diversa, quando pure c’è la fede.
Un perito al Sinodo sui vescovi della famiglia, che, alla luce di quanto è
accaduto dopo, soprattutto negli ultimi tre anni, sembra un evento tutto
sommato buono, mi riferì: “Sai, il problema non era dialogare con Vescovi che
hanno posizioni teologiche diverse o sensibilità pastorali differenti. Il
problema è che alcuni Vescovi non credono più a nulla”. Il Superiore generale
di un glorioso ordine religioso parlando ad un suo collega, pochi anni fa,
disse: “C’è un’intera provincia religiosa, dove i miei confratelli, di fatto,
professano una sorta di ateismo pratico”. Nelle Università pontificie, dove si
preparano i futuri professori delle facoltà teologiche e dei seminari, da cui
escono i preti che formano i catechisti che a loro volta istruiscono i fedeli,
si insegna una congerie di errori, nel migliore dei casi, vere e proprie
eresie, in altri casi, senza che sia ammissibile che un’autorità, se pure ha
conservato la fede del Catechismo, intervenga per censurare. Anzi, a partire
dal 2013 direi, se qualcuno coraggiosamente difende la fede del Catechismo della Chiesa cattolica
rischia di essere inquisito e sanzionato, dal momento che subisce
un’incriminazione terribile: custodisce la dottrina, che è sempre cattiva, e
non ama la pastorale di turno, un contenitore di ogni stranezza e di ogni
errore, che è invece è sempre buona, e ignora la panacea di ogni male, la
sinodalità. Non mi attardo su questo punto perché è davvero desolante e non mi
piace – per temperamento – aprire il cahier
de doleances.
Pensiamo ai rimedi. I rimedi
immediati sono due: anzitutto, diffondere e insegnare il Catechismo mostrando
come la fede cristiana, nella sua essenzialità, risponda alle ragioni della
ragione e alle aspirazioni più autentiche del cuore umano. Ed insieme al
Catechismo un antidoto potente all’anarchia dottrinale che rattrista il Cuore
di Cristo Maestro e Pastore, anzi Pastore perché Maestro e Maestro perché
Pastore, è proprio la nostra MT. Lì c’è tutto quello che bisogna sapere per
salvarsi l’anima, conoscere Dio, amarlo, servirlo e goderlo su questa terra e
poi con felicità piena ed eterna nella beatitudine del Cielo. Un fedele che
frequenta regolarmente la MT, sostenuto da una buona catechesi e formato da
omelie degne di questo nome, scamperà alla pioggia di stupidaggini e di errori
che cadono senza tregua come missili contro la fede dei nostri padri da
giornali, anche se patrocinati dai Vescovi, televisione, siti internet,
cattedre di esegesi e cortili dei gentili, teologia, morale e liturgia,
pulpiti, convegni pastorali, aule di de-formazione catechistica e chi più ne ha
più ne metta. Nella sua candida semplicità, la MT, con il suo Messale autentico
breviarium fidei, ci fa fare un
ripasso del Credo e della Storia sacra, ci comunica i Misteri della storia
della salvezza, ci propone una selezione di passi della Scrittura e di
insegnamenti dei Padri, che ispirano una parte considerevole dell’eucologia,
ritroviamo le
categorie portanti della fede pensata lungo i secoli in cui è stato formulato
il dogma: creazione, peccato, redenzione, santificazione, vita eterna, in un’atmosfera orante che unisce spontaneamente la lex credendi alla lex orandi, che illumina e sostiene una buona lex vivendi, accompagnati dalla potente intercessione di Maria
Santissima, Regina del Messale Romano del 1962, in comunione con quella Chiesa
celeste che spesso ricordiamo nella MT, i cui abitanti ci fanno sentire meno
soli e indifesi in questa valle di lacrime.
Sì,
cari amici, più che le persecuzioni esterne e interne, più che l’apostasia dei
popoli un tempo cristiani, più che l’emarginazione del Cristianesimo dalla vita
sociale o la sua trasformazione in salsa buonista, la vera crisi della Chiesa è
dottrinale. E la risposta alla crisi dottrinale è liturgica. Iniezioni salutari
del RRA saranno più efficaci di un bombordamento chemioterapico per estirpare
il tumore del modernismo le cui metastasi hanno aggredito anche la gerarchia. E
il Medico divino, attraverso l’iniziativa coraggiosa e, a volte, il martirio di
fedeli laici e sacerdoti, sta già operando con questa terapia. Per questo la
nostra speranza nella salus
Ecclesiae è, com’è per l’appunto la speranza
cristiana, irrevocabilmente certa. Christus
vincit!
Gratias ago vobis. Dixi