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lunedì 26 maggio 2025

Luis Badilla. "Come e dove trovare le riforme progressiste di Papa Francesco?" #papaleonexiv #francesco

Continuiamo le analisi sul pontificato di Francesco e sul nuovo di Leone XIV.
Grazie a Luis Badilla.
Ci permettiamo un caveat: ci pare un eccesso di ottimismo parlare di mancate "riforme" di Francesco: Fiducia Supplicans (ma anche seppur in maniera ambigua, anche Amoris Laetitia) hanno creato disastri enormi e sono atti "giuridici", non solo chiacchiere in aereo.
Per Mariam – Michael Haynes: Francesco, Leone XIV, Sinodalità, la stessa parola ma un significato diverso? “…Almeno in questa fase, sembra che, sebbene Leo possa usare il termine “sinodalità” di Francesco, in realtà potrebbe non essere la stessa cosa. Ma il tempo, come sempre, sarà ovviamente il vero arbitro nel decidere se la sinodalità di Leo seguirà quella del suo predecessore nello stile e nel significato”.
Crisis Magazine – Austin Ruse: Che l’oblio abbia inizio! “Durante tutto il pontificato di Francesco, chiunque mostrasse anche solo un minimo segno di preoccupazione veniva etichettato come «anti-Francesco», accusato di aver «attaccato» Francesco o addirittura di essere diventato eretico”.
Luigi C.

Come e dove trovare le riforme progressiste di Papa Francesco? (Prima Parte: parole e fatti).

Dopo la morte di Papa Francesco, nei primi bilanci sommari e cronistici, la parola "riforma" è ricorrente, a volte in modo molto enfatico, ma sostanzialmente transennata da silenzi, da vuoto. Queste “riforme” non vengono spiegate o puntualizzate e neanche si identificano le materie o i settori dove sarebbero state fatte. Le analisi restano sempre sul piano generico.

La riforma della Curia (nuovo organigramma)

La più citata come radicale è quella della Curia Romana con la costituzione "Praedicate Evangelium", ma non si aggiunge però che tre anni dopo la sua promulgazione è quasi unanime il giudizio che la considera un nuovo organigramma da rivedere presto perché costoso e farraginoso. Il suo verticalismo ha rallentato le procedure curiali, aumentato l’inefficacia, anche i costi, e ha gonfiato alcuni snodi amministrativi. Peccato che alcuni media su questo nuovo organigramma curiale continuano a sbagliare, e c’è chi addirittura si avventura a definirlo: “riforma della Chiesa”.

La riforma economico-finanziaria

Nel caso di un’altra riforma molto enfatizzata, quella del settore economico-finanziario (che includeva la cosiddetta banca vaticana: lo IOR, Istituto per le Opere di Religione), non è che le cose siano del tutto cristalline. Molto di quanto si sarebbe fatto non si conosce oppure trapelano informazioni parziali. Per ora la vera riforma sembra la creazione della Segreteria per l’Economia, a capo della quale fu nominato Prefetto il cardinale australiano George Pell (1941 – 2023). Il nuovo dicastero fu strutturato in tre Sezioni: finanziaria, amministrativa e risorse umane. L’idea amplificata allora era quella della creazione di una sorta di Ministero per l’Economia, ma in realtà non è andata così perché questo organismo che esiste dal febbraio 2014 ha diversi vincoli che lo neutralizzano: deve consultarsi con il Consiglio di cardinali per l’economia al quale deve sottoporre “le proposte e gli indirizzi concernenti regolamenti su materie di maggiore rilevanza o attinenti a principi generali”.

In più, "in fase di elaborazione delle proposte o degli indirizzi, la Segreteria per l'Economia svolge le opportune consultazioni, tenuto conto dell'autonomia e delle competenze degli Enti e delle Amministrazioni. Per le questioni attinenti ai rapporti con gli Stati e con altri soggetti di diritto internazionale, la Segreteria per l'Economia agisce in collaborazione con la Segreteria di Stato, che ne ha competenza esclusiva". Nel dicembre 2020, Francesco affidò a questo dicastero la qualità di Segreteria papale per le materie economiche e finanziarie. La sistemazione giuridica odierna dell'organismo arrivò con la "Praedicate Evangelium" (marzo 2022).

La crisi del Fondo pensioni. Il 21 novembre 2024, Papa Francesco fece pubblicare la sua Lettera ai cardinali in cui lanciava l’allarme sulla sostenibilità del Fondo pensionistico vaticano e per affrontare la crisi nominò il cardinale Kevin Joseph Farrell Amministratore Unico per il Fondo Pensioni (un commissario per l’emergenza).

Questo particolare non trascurabile pone un interrogativo sulle riforme economiche avviate oltre 10 anni fa. Come mai dieci anni dopo si teme per il crollo del Fondo Pensioni? A cosa sono servite le riforme che avevano scopi precisi oltre ad eliminare sacche di corruzione e privilegi, non poche, ma anche dare sostenibilità e garanzia di stabilità alle finanze vaticane? Durante la Sede vacante questa questione è stata centrale nelle discussioni. Le domande sono state decine e decine e a volte le risposte sono state opache e confuse.

La riforma dei media vaticani.

          La riforma dei media vaticana, a seguito di diverse indagini di ogni tipo, alcune costose, ebbe inizio nel 2015 con lo scopo – suggerito dagli studi precedenti – di mettere fine alla dispersione di enti vari e alle spese troppo alte rispetto ai rendimenti. Si cercava l’accentramento per dare un indirizzo centralizzato ai contenuto, alla qualità e ai budget. Si puntava soprattutto a coordinare sotto la guida di un “ministero”, creato come Segreteria per la comunicazione e dopo rinominato dicastero, soprattutto la Radio Vaticana, L’Osservatore romano e il Centro Televisivo Vaticano. Sembrerebbe che la riforma abbia raggiunto alcuni dei suoi propositi, singoli, ma complessivamente non ha rappresentato nessun cambiamento globale con grandi frutto dopo dieci anni di applicazione. Anzi, la riforma seminò non pochi disastri, il principale dei quali è stata la devastazione e scomparsa reale della storica Radio Vaticana.

          Su questa riforma si possono sottolineare numerosi punti fallimentari eppure altri più positivi ma ciò che conta, trattandosi di una materia delicata e complessa, è il frutto complessivo finale. Il bilancio al riguardo è negativo. La comunicazione vaticane in sostanza non esiste a meno di voler chiamare così numerosi uffici stampa settoriali, spese ingiustificabili, prodotti finali irrilevanti e senza incisività nell’opinione pubblica. Inoltre, una comunicazione sempre più italo-centrica, addirittura vaticano-centrica (come disse una volta Francesco). Insomma, alla fine la riforma ha portato a tirare su una struttura mastodontica che qualitativamente non vale la metà di quanto valevano le comunicazioni del Vaticano ai tempi della Radio Vaticana e dell’autorevole Osservatore Romano che ora non ricevono più neanche le Nunziature apostoliche.

Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai (Canzone "Parole")

Parlando su queste "riforme" si evocano frasi ormai famose, la prima di tutte, e in assoluto la più associata nel bene e nel male all'iconografia di Francesco, è: "chi sono io per giudicare una persona gay?" (28 luglio 2013). Quest'espressione, insolita nella bocca di un papa ma comunque avvincente, non ha comportato nessuna, ma neanche una minima modifica alla dottrina cattolica, in particolare nei tre articoli del testo del Catechismo della Chiesa sull’omosessualità. Per anni si è cercato di far passare una fandonia: con Papa Francesco la Chiesa ha aperto alle persone omosessuali.

Al riguardo, al momento del decesso di Francesco tutti i testi erano gli stessi esistenti al momento della rinuncia di Benedetto XVI.

Come, quando, con quale documento, in quale momento, quali erano le ragioni e le fondamenta del cambio?  Nulla! Nessuno ha mai fatto queste domande perché si sapeva quali erano le risposte.

         La medesima descrizione si può usare o applicare nel caso di tante altre proclamate "riforme" ugualmente rilevanti ma, in realtà, inesistenti. Papa Bergoglio, con numerose frasi e alcune riflessioni più articolate, ha posto sul tappeto diverse domande, anche sfide, che attendono una risposta aggiornata da parte della Chiesa cattolica e più di una volta ha pure riflettuto su una materia dirimente: si può o no, e come, modificare la dottrina?

Gran parte degli interrogativi sollevati da Francesco toccano il cuore della dottrina in modo determinante, in questo caso in particolare nell'ambito della morale sessuale. Questa contraddizione tra quello che Papa Francesco annunciava e poi non faceva, ora, dopo il suo decesso, in qualche modo deve avere una risposta onesta per dare al pontefice argentino un meritato e giusto luogo nella storia della Chiesa.

          Francesco è morto circondato da un affetto e da una venerazione impressionanti, più che prevedibili, ed è così tuttora e sarà così per molto tempo. Oltre alla sua simpatia personale e al suo linguaggio, il ricordo nelle persone semplici è associato a questioni da lui richiamate costantemente: la cultura dello scarto, la tragedia dell'immigrazione, la pace e il dialogo al posto della guerra e delle spese militari, la legittimità della diversità, la fratellanza universale e tanto altro. Al tempo stesso però è difficile associare il suo pontificato a grandi riforme strutturali, correttive e di ammodernamento. Allo stato attuale delle cose, tutto fa pensare che il “riformismo bergogliano” entrerà a far parte di un disegno centrato nelle aspettative.

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