Come e dove
trovare le riforme progressiste di Papa Francesco? (Prima Parte: parole e
fatti).
Dopo la morte di Papa
Francesco, nei primi bilanci sommari e cronistici, la parola
"riforma" è ricorrente, a volte in modo molto enfatico, ma
sostanzialmente transennata da silenzi, da vuoto. Queste “riforme” non vengono
spiegate o puntualizzate e neanche si identificano le materie o i settori dove
sarebbero state fatte. Le analisi restano sempre sul piano generico.
La riforma
della Curia (nuovo organigramma)
La più citata come radicale è quella della Curia
Romana con la costituzione "Praedicate Evangelium", ma non si
aggiunge però che tre anni dopo la sua promulgazione è quasi unanime il
giudizio che la considera un nuovo organigramma da rivedere presto perché
costoso e farraginoso. Il suo verticalismo ha rallentato le procedure curiali,
aumentato l’inefficacia, anche i costi, e ha gonfiato alcuni snodi
amministrativi. Peccato che alcuni media su questo nuovo organigramma curiale
continuano a sbagliare, e c’è chi addirittura si avventura a definirlo:
“riforma della Chiesa”.
La riforma economico-finanziaria
Nel caso di un’altra riforma molto enfatizzata,
quella del settore economico-finanziario (che includeva la cosiddetta banca
vaticana: lo IOR, Istituto per le Opere di Religione), non è che le cose siano
del tutto cristalline. Molto di quanto si sarebbe fatto non si conosce oppure
trapelano informazioni parziali. Per ora la vera riforma sembra la creazione
della Segreteria per l’Economia, a capo della quale fu nominato Prefetto il
cardinale australiano George Pell (1941 – 2023). Il nuovo dicastero fu strutturato
in tre Sezioni: finanziaria, amministrativa e risorse umane. L’idea amplificata
allora era quella della creazione di una sorta di Ministero per l’Economia, ma
in realtà non è andata così perché questo organismo che esiste dal febbraio
2014 ha diversi vincoli che lo neutralizzano: deve consultarsi con il Consiglio
di cardinali per l’economia al quale deve sottoporre “le proposte e gli
indirizzi concernenti regolamenti su materie di maggiore rilevanza o attinenti
a principi generali”.
In più, "in fase di elaborazione delle
proposte o degli indirizzi, la Segreteria per l'Economia svolge le opportune
consultazioni, tenuto conto dell'autonomia e delle competenze degli Enti e
delle Amministrazioni. Per le questioni attinenti ai rapporti con gli Stati e
con altri soggetti di diritto internazionale, la Segreteria per l'Economia
agisce in collaborazione con la Segreteria di Stato, che ne ha competenza
esclusiva". Nel dicembre 2020, Francesco affidò a questo dicastero la
qualità di Segreteria papale per le materie economiche e finanziarie. La
sistemazione giuridica odierna dell'organismo arrivò con la "Praedicate
Evangelium" (marzo 2022).
La crisi del Fondo pensioni. Il 21 novembre 2024,
Papa Francesco fece pubblicare la sua Lettera ai cardinali in cui lanciava
l’allarme sulla sostenibilità del Fondo pensionistico vaticano e per affrontare
la crisi nominò il cardinale Kevin Joseph Farrell Amministratore Unico per il
Fondo Pensioni (un commissario per l’emergenza).
Questo particolare non trascurabile pone un
interrogativo sulle riforme economiche avviate oltre 10 anni fa. Come mai dieci
anni dopo si teme per il crollo del Fondo Pensioni? A cosa sono servite le riforme
che avevano scopi precisi oltre ad eliminare sacche di corruzione e privilegi,
non poche, ma anche dare sostenibilità e garanzia di stabilità alle finanze
vaticane? Durante la Sede vacante questa questione è stata centrale nelle
discussioni. Le domande sono state decine e decine e a volte le risposte sono
state opache e confuse.
La riforma
dei media vaticani.
La
riforma dei media vaticana, a seguito di diverse indagini di ogni tipo, alcune
costose, ebbe inizio nel 2015 con lo scopo – suggerito dagli studi precedenti –
di mettere fine alla dispersione di enti vari e alle spese troppo alte rispetto
ai rendimenti. Si cercava l’accentramento per dare un indirizzo centralizzato
ai contenuto, alla qualità e ai budget. Si puntava soprattutto a coordinare
sotto la guida di un “ministero”, creato come Segreteria per la comunicazione e
dopo rinominato dicastero, soprattutto la Radio Vaticana, L’Osservatore romano
e il Centro Televisivo Vaticano. Sembrerebbe che la riforma abbia raggiunto
alcuni dei suoi propositi, singoli, ma complessivamente non ha rappresentato
nessun cambiamento globale con grandi frutto dopo dieci anni di applicazione.
Anzi, la riforma seminò non pochi disastri, il principale dei quali è stata la
devastazione e scomparsa reale della storica Radio Vaticana.
Su
questa riforma si possono sottolineare numerosi punti fallimentari eppure altri
più positivi ma ciò che conta, trattandosi di una materia delicata e complessa,
è il frutto complessivo finale. Il bilancio al riguardo è negativo. La
comunicazione vaticane in sostanza non esiste a meno di voler chiamare così
numerosi uffici stampa settoriali, spese ingiustificabili, prodotti finali
irrilevanti e senza incisività nell’opinione pubblica. Inoltre, una comunicazione
sempre più italo-centrica, addirittura vaticano-centrica (come disse una volta
Francesco). Insomma, alla fine la riforma ha portato a tirare su una struttura
mastodontica che qualitativamente non vale la metà di quanto valevano le
comunicazioni del Vaticano ai tempi della Radio Vaticana e dell’autorevole
Osservatore Romano che ora non ricevono più neanche le Nunziature apostoliche.
Non cambi
mai, non cambi mai, non cambi mai (Canzone "Parole")
Parlando su queste "riforme" si evocano
frasi ormai famose, la prima di tutte, e in assoluto la più associata nel bene
e nel male all'iconografia di Francesco, è: "chi sono io per giudicare una
persona gay?" (28 luglio 2013). Quest'espressione, insolita nella bocca di
un papa ma comunque avvincente, non ha comportato nessuna, ma neanche una
minima modifica alla dottrina cattolica, in particolare nei tre articoli del
testo del Catechismo della Chiesa sull’omosessualità. Per anni si è cercato di
far passare una fandonia: con Papa Francesco la Chiesa ha aperto alle persone
omosessuali.
Al riguardo, al momento del decesso di Francesco
tutti i testi erano gli stessi esistenti al momento della rinuncia di Benedetto
XVI.
Come, quando, con quale documento, in quale
momento, quali erano le ragioni e le fondamenta del cambio? Nulla! Nessuno ha mai fatto queste domande
perché si sapeva quali erano le risposte.
La
medesima descrizione si può usare o applicare nel caso di tante altre
proclamate "riforme" ugualmente rilevanti ma, in realtà, inesistenti.
Papa Bergoglio, con numerose frasi e alcune riflessioni più articolate, ha
posto sul tappeto diverse domande, anche sfide, che attendono una risposta
aggiornata da parte della Chiesa cattolica e più di una volta ha pure
riflettuto su una materia dirimente: si può o no, e come, modificare la
dottrina?
Gran parte degli interrogativi sollevati da
Francesco toccano il cuore della dottrina in modo determinante, in questo caso
in particolare nell'ambito della morale sessuale. Questa contraddizione tra
quello che Papa Francesco annunciava e poi non faceva, ora, dopo il suo
decesso, in qualche modo deve avere una risposta onesta per dare al pontefice
argentino un meritato e giusto luogo nella storia della Chiesa.
Francesco è morto circondato da un affetto e da una venerazione
impressionanti, più che prevedibili, ed è così tuttora e sarà così per molto
tempo. Oltre alla sua simpatia personale e al suo linguaggio, il ricordo nelle
persone semplici è associato a questioni da lui richiamate costantemente: la
cultura dello scarto, la tragedia dell'immigrazione, la pace e il dialogo al
posto della guerra e delle spese militari, la legittimità della diversità, la
fratellanza universale e tanto altro. Al tempo stesso però è difficile
associare il suo pontificato a grandi riforme strutturali, correttive e di
ammodernamento. Allo stato attuale delle cose, tutto fa pensare che il
“riformismo bergogliano” entrerà a far parte di un disegno centrato nelle
aspettative.
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