Vi proponiamo – nell’originale in lingua italiana – la lettera 1197 pubblicata da Paix Liturgique il 2 maggio, in cui si cerca «di stabilire i sette cantieri del futuro Pontificato».
A fronte di un pontificato appena terminato che ha segnato il tentativo di riformare radicalmente la Chiesa, questo movimento – per i suoi ispiratori – «deve assolutamente essere trasformato affinché questi sconvolgimenti diventino davvero decisivi»: ecco che si presentano sette formule sloganistiche che lasciano intravedere la possibilità di un’inversione di rotta.
L.V.
Conoscevamo le dodici fatiche di Ercole e le sette meraviglie del mondo. Il quotidiano La Croix ha cercato di stabilire i sette cantieri del Pontificato [QUI: N.d.T.]. Va detto che l’atmosfera pre-Conclave non è solo propizia a ogni tipo di speculazione: quale sarà il profilo del prossimo Papa? Ci saranno sorprese? Quanti turni di scrutinio saranno necessari per eleggere il prossimo Papa? Ecc. Non illudiamoci, in questo periodo di incertezza, le previsioni e persino le speculazioni sono solo schiuma. L’essenziale è altrove. Questo periodo delle «Congregazioni generali», che vede i Cardinali, sia elettori che ultraottantenni, riunirsi ogni giorno per discutere del futuro della Chiesa, è soprattutto un’occasione per manovre di ogni tipo.
La fine del pontificato di papa Francesco, segnato da un esercizio autoritario – e quasi solitario! – del potere, ha colpito gli osservatori attenti della Curia romana. Al punto da mettere in discussione gli orientamenti rivoluzionari di papa Francesco? È proprio questo che temono coloro che devono la loro posizione e la loro funzione solo alla loro vicinanza ideologica – il termine è scelto – a papa Francesco. Per i più ferventi sostenitori delle aperture e delle audacie dell’ultimo papa, si tratta quindi di pesare con tutto il loro peso affinché queste ultime vadano a buon fine. La loro carta vincente: far credere che il movimento avviato dall’ultimo pontificato sia irreversibile. La lettera enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune? L’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia? La lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditonis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970? Il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che afferma che «il pluralismo e le diversità di religione […] sono una sapiente volontà divina»? Tutti punti di non ritorno.
In questo senso, non sorprende che il quotidiano La Croix sia in buona posizione tra i canali mediatici che diffondono un messaggio determinato: il pontificato di papa Francesco ha segnato un tentativo certamente importante per riformare radicalmente la Chiesa tridentina e applicare fino in fondo l’aggiornamento del Concilio Vaticano II, ma il movimento avviato da papa Francesco deve assolutamente essere trasformato affinché questi sconvolgimenti diventino davvero decisivi. Ciò si traduce concretamente, tra gli ispiratori attivi del pontificato di papa Francesco, in uno stato di maggiore vigilanza, trasmesso da un servizio stampa con una linea di condotta chiara: «Non è certo il momento di fermarsi». Da qui i sette cantieri del futuro Pontificato, dietro le cui formule sloganistiche si intravede il timore di un’inversione di rotta su ciascuna di queste questioni.
Primo cantiere: mantenere la Chiesa unita nella diversità
Questo primo cantiere è presentato dal quotidiano La Croix come un’alternativa chiusa: «Il prossimo Papa cercherà, come papa Francesco, di “armonizzare le differenze” o preferirà serrare un po’ i ranghi?». Serrare i ranghi fa pensare a un ripiegamento su se stessi deleterio. È dimenticare che, in una buona strategia di combattimento, è una risorsa per affrontare la potenza del nemico. Del resto, la formula «una Chiesa unita nella diversità» lascia perplessi. Da un lato, perché tutti sanno che dietro l’apparente bonarietà di papa Francesco, che alla 37ª Giornata mondiale della gioventù (Lisbona, 2023) gridava «Todos, todos, todos», si nascondeva in realtà una politica diversitaria che disprezzava l’unità. D’altra parte, perché se «nella casa del Padre mio vi sono molti posti» (Gv 14, 2), questa diversità può essere vissuta solo nell’unità di una stessa fede in un unico Credo. C’è «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti» (Ef. 4, 5-6).
Secondo cantiere: portare a termine il processo sinodale
Sul tema della nuova governance della Chiesa voluta da papa Francesco e motivata dalla sua famosa «teologia del popolo», i suoi sostenitori temono che le loro speranze siano deluse se la sinodalità avviata non dovesse arrivare a termine. In verità, alcune voci si stanno già facendo sentire. Lo ammette persino il quotidiano La Croix: «Qualunque sia il profilo bergogliano o meno del suo successore, i Cardinali si aspettano una personalità che sappia smussare gli angoli». Sul tema della sinodalità, non sono gli angoli che meritano di essere smussati, ma i punti ciechi di una tale riforma che meritano di essere segnalati. La costituzione gerarchica della Chiesa, «l’Église du Verbe incarné» [la Chiesa del Verbo Incarnato: N.d.T.] analizzata dal card. Charles Journet, non può essere un dato da mettere in un fazzoletto e gettare via a seconda dei desideri del momento di questo o quel Papa…
Terzo cantiere: promuovere la pace contro tutto e tutti
Bisogna constatare che papa Francesco, sebbene adorato dai media mainstream, non si è distinto per la sua abilità diplomatica, per usare un eufemismo. Piuttosto che il cliché buonista della promozione della «pace contro tutto e tutti», il suo successore dovrà piuttosto riportare i servizi diplomatici della Santa Sede all’altezza della loro reputazione e ridare una coerenza di fondo – tra pragmatismo sul campo, abilità politica e fermezza evangelica – al discorso geopolitico del futuro Papa.
Quarto cantiere: non lasciare che si spenga la fiamma dell’ecologia
Non c’è certamente nulla di più pietoso che voler essere al passo con i tempi. La Chiesa «conciliare», pur seguendo questo leitmotiv, non smette di ammettere di essere ormai superata da oltre sessant’anni. È il caso del tema dell’ecologia, che secondo il quotidiano La Croix sarà una «sfida importante» per il prossimo Pontificato, prima di aggiungere con una punta di tristezza: «anche se oggi sembra passare in secondo piano». È vero che in un momento di confusione dottrinale e di strutture di peccato generalizzate, i fedeli che cercano di (soprav)vivere spiritualmente e di trasmettere la fede ai propri figli ritengono senza dubbio che ci siano altre priorità oltre a guidare auto elettriche…
Quinto cantiere: vivere la fraternità e la misericordia
Dietro questo cantiere, il quotidiano La Croix affronta il tema dei migranti. «In un mondo che si chiude, il prossimo Papa affronterà le migrazioni con la stessa forza di papa Francesco?». Questo mondo che si chiude, tuttavia, usa un riflesso di sopravvivenza molto naturale. Di fronte a una minaccia, chi non cercherebbe di proteggersi? C’è un aspetto trascurato nella questione migratoria vista da papa Francesco che il futuro Pontefice dovrà affrontare: ridare nobiltà all’idea del bene comune. La salvaguardia della pace civile e la garanzia di spazi di socialità non possono realizzarsi colpevolizzando chi accoglie in modo sconsiderato tutti solo perché desiderano stabilirsi altrove.
Sesto cantiere: rendere la Chiesa una casa sicura
Quale amante di Cristo e della sua Chiesa non potrebbe avere questo desiderio? Ma anche in questo caso, così come papa Francesco si è presentato come «il papa di tutti» pur esercitando la sua autorità con una caratteristica inflessibilità, allo stesso modo i suoi ripetuti interventi – talvolta in spregio elementare del diritto – in questioni sessuali (il card. Theodore Edgar McCarrick o il mosaicista padre Marko Ivan Rupnik S.I.) o finanziarie (il card. Giovanni Angelo Becciu) lasciano sbalorditi. Rendere la Chiesa una casa sicura dovrà iniziare con un chiarimento di questi affari oscuri e in particolare del ruolo che papa Francesco stesso avrà eventualmente svolto in essi.
Settimo cantiere: annunciare il Vangelo
Lo spirito del Concilio Vaticano II e le sue applicazioni concrete, lungi dall’aver realizzato la famosa «primavera della Chiesa» che i suoi promotori avevano annunciato, hanno lasciato il posto a un vero e proprio campo, se non di rovine, di avanzato degrado della Chiesa. A metà degli anni Settanta, il card. Giuseppe Siri, Arcivescovo metropolita di Genova ed esponente della minoranza conservatrice durante il Concilio Vaticano II, già in conversazioni private faceva questa implacabile constatazione sui famosi «frutti» del Concilio Vaticano II: «Il disastro è totale e le conseguenze universali». Annunciare il Vangelo, sì, certo, ovviamente! Ma ciò potrà avvenire solo quando l’istituzione ecclesiale sarà uscita dalla crisi esistenziale che la sta attraversando. Vale a dire predicare la Buona Novella a tempo e contro tempo, basandosi sull’insegnamento costante della Chiesa. Secondo san François de Sales, «le più grandi disgrazie della Chiesa sono venute dal fatto che l’arca della scienza si è trovata in mani diverse da quelle dei Leviti». Riappropriarsi della scienza della fede attraverso un catechismo solido è senza dubbio la vera condizione per una nuova evangelizzazione efficace.
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