Santuario di Lourdes: coprono mosaici del prete
sloveno abusatore seriale Marko Rupnik. Verso la rimozione definitiva. Intanto
sul processo canonico del Vaticano segreto tombale.
- Mons. Micas e card. Grech: due
vescovi con visioni e condotte molto diverse.
- L’irricevibile “argomento” che
difende le opere di Rupnik appellandosi a Caravaggio assassino di un rivale o a
Cellini assassino di un nemico.
Nel frattempo, sull’andamento del
processo canonico contro il potente sacerdote artista, da sempre protetto
dall’alta gerarchia cattolica, non si è saputo nulla. Il 23 gennaio scorso, il
Prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, card. Victor Manuel
Fernández, riconobbe che dopo 15 mesi dall’annuncio della decisione del Papa
(27 ottobre 2023) ancora si stavano cercando i giudici per formare il tribunale
canonico.
Comunicato del vescovo di Tarbes-Lourdes, 31 marzo 2025
Ecco di seguito una traduzione del
comunicato del vescovo Jean-Marc Micas diffuso il 31 marzo scorso: «Conoscete la mia opinione sulla presenza di
questi mosaici sulle porte della basilica. [NdR- Testo del primo Comunicato del vescovo del 2 luglio 2024]. Mi è
sembrato, insieme ai miei collaboratori, che fosse necessario compiere un nuovo
passo simbolico affinché l’ingresso nella basilica fosse facilitato per tutte
le persone che oggi non possono varcarne la soglia. Per questo motivo, tutte le
porte della basilica del Rosario sono state modificate. È l’anno giubilare. A
Roma sono state aperte le Porte Sante nelle quattro basiliche maggiori. Ho
emesso un decreto per dichiarare che il santuario di Lourdes sia uno dei due
luoghi della diocesi (insieme alla cattedrale di Tarbes) in cui vivere l’anno
giubilare e ricevere l’indulgenza plenaria. Il passaggio attraverso le porte
d’ingresso della basilica doveva essere all’altezza simbolica di questo
momento. Questo terzo venerdì di Quaresima, il 28 marzo, è stato per tutta la
Chiesa di Francia la Giornata commemorativa di preghiera per le vittime di
abusi sessuali commessi nella Chiesa. Le due porte laterali sono state
ricoperte questo lunedì e le due grandi porte centrali lo saranno nei prossimi
giorni, prima dell’inizio della stagione dei pellegrinaggi a Lourdes. Non è il
primo, ma il secondo passo! Il primo è stato quello di non illuminarli più di
notte, durante le processioni, già dallo scorso luglio». Per quanto riguarda il
futuro, spiega mons. Micas, «un gruppo di lavoro sta portando avanti la
riflessione e mi accompagna nelle decisioni. Preferiamo procedere con calma
piuttosto che sotto la pressione di vari fattori. Stiamo lavorando per il lungo
termine, per le vittime, per la Chiesa, per Lourdes e per il suo messaggio per
tutti».
L’opera, il suo autore e il contesto
La coraggiosa decisione della diocesi
francese ripropone una questione delicatissima, diversa ma non scollegata dagli
abusi di coscienza e di potere, nonché quelli sessuali raccapriccianti, del
tuttora presbitero mosaicista sloveno, vale a dire le opere di Rupnik,
conosciute per decenni come “arte sacra”, sponsorizzate e allestite in oltre
200 luoghi religiosi. Rupnik, autore per anni di aggressioni sessuali
rivoltanti, perpetrate con arroganza e altezzosità, con la sua strategia per la
diffusione artistica del sacro (tra l’altro costosa per i committenti) e
accompagnata con la fama artificiosa di bravo teologo e prestigioso padre
spirituale, si è rivelato un predatore sessuale scaltro, impunito e crudele.
I cantieri degli allestimenti dei
mosaici e i luoghi dei ritiri spirituali, per il mosaicista guida spirituale,
erano occasioni per mettere in atto le sue perversioni sessuali e delitti.
Mons. Micas e Mons. Teuma:
due vescovi con visioni e condotte molto diverse
Certo, il prete Rupnik, nella
Chiesa, non è l’unico né il primo e tantomeno l’ultimo e, quindi, questa
vicenda lacerante per i cattolici dovrebbe far riflettere la gerarchia e, in
particolare, quella del Vaticano perché la lunga impunità di Rupnik non è separabile
dalla protezione concessa all’artista espulso dai Gesuiti solo nel giugno 2023.
Fra le molte protezioni di cui ha goduto Rupnik, che tra l’altro lo hanno reso
potentissimo e onnipresente, anche ricco e indiscusso, vanno incluse i tanti
capi religiosi che lo chiamarono perché lasciasse la sua impronta artistica in
luoghi in cui loro comandavano. La mistificazione, costruita soprattutto dallo
stesso presbitero e dalla Compagnia di Gesù, portava a far passare una sorta di
marchio commerciale-spirituale: quello del cosiddetto “artista del Papa”. Gli
esempi documentabili che illustrano le richieste di capi religiosi sparsi per
il mondo che chiedevano opere del mosaicista sloveno sono moltissimi. In un
contesto di questo tipo, per esempio, mons. Mario Grech (vescovo di Gozo tra il
2005 e il 2019) che già dalla sua isola contemplava Roma, chiamò Rupnik non
solo per compiacere se stesso ma anche per compiacere “l’artista di regime”. Da
qui si arrivò poi ai mosaici che Rupnik ideò e realizzò tra il 2015 e il 2017
nel Santuario di Ta’ Pinu (Gozo – Malta). Qualche anno dopo, quando
scoppiò lo scandalo Rupnik, mons. Anton Teuma, nuovo vescovo di Gozo,
successore di Grech dal 17 giugno 2020, sulla questione del cosa fare con le
opere del mosaicista, prese una posizione precisa e pubblica: difendere
l’assioma del “distinguere tra l’artista e l’opera d’arte” (Gazzetta di Malta), usando il solito e debole mantra, ribadito dal
portavoce della diocesi, nel luglio di 2023 al ''Times of
Malta'': “nessuno penserebbe mai di
rimuovere i dipinti di Caravaggio a causa dei gravi errori morali che ha
commesso. Anche se qui stiamo parlando di arte sacra vale lo stesso discorso”.
In difesa delle opere di Rupnik, sono molti quelli ad avere usato la stessa
argomentazione, ripetendo che se non fossero salvaguardate, allora andrebbero
distrutte anche le opere di Caravaggio, assassino del suo concorrente Ranuccio
Tommasoni, di Benvenuto Cellini, assassino del suo rivale Pompeo de Capitanei,
del pittore Pieter Mulier, mandante dell'uccisione della sua ex moglie Anna
Eleonora Beltrami, ecc. C'è chi nell'elenco aggiunge addirittura il nome di
Michelangelo perché ritenuto colpevole di un crimine: essere omosessuale.
I mosaici di Marko Ivan Rupnik
realizzati per il Santuario della Madonna di Ta’ Pinu a Gozo, voluti da Mario
Grech, oggi cardinale e Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, allestiti
su enorme pareti di cemento che deturpano l’ingresso e la facciata del
santuario, narrano i venti “misteri” della vita di Gesù e della Vergine. Il
progetto è costato più di 1 milione di euro di cui soltanto 300 mila
provenienti da donazioni, secondo quanto riportato dal Times of Malta.
All'inaugurazione assistettero diversi ministri maltesi e l'arcivescovo
metropolita di Malta e attuale segretario aggiunto del Dicastero per la Dottrina
della fede, Mons. Charles Jude Scicluna. In quell'occasione fu diffuso un
videomessaggio di Papa Francesco. (Video - Messaggio del Papa (19 giugno 2017).
La diocesi di Gozo, il suo attuale
vescovo, mons. Teuma, presero la decisione di conservare i mosaici dopo
numerose consultazioni con il cardinale Grech e con altre istanze vaticane così
come con persone della chiesa maltese.
Riflessioni necessarie
La reazione di alcune delle
vittime di Rupnik. Certe opere furono create in momenti in cui Rupnik aggrediva
sessualmente diverse collaboratrici.
«Accogliamo, con la gioia nel cuore,
le parole illuminate di Jean Marc Micas, vescovo di Tarbes e Lourdes, da sempre
vicino alle vittime di abusi, cui va il nostro sentito ringraziamento. Sappiamo
bene che la sua decisione di coprire le porte della Basilica di Lourdes, dove
sono presenti i mosaici di Marko Ivan Rupnik, è stata lungamente ragionata,
attentamente ricercata e fortemente osteggiata». Lo dicono le ex suore vittime
del sacerdote sloveno, in un comunicato diffuso dal loro avvocato, Laura Sgrò.
«La questione – spiegano – non è,
infatti, quella di scindere l’artista dall'opera, come finora si è voluto
erroneamente fare intendere, ma quella se è possibile scindere l’arte, cioè i
mosaici, dall’abuso stesso e questo non è in alcun modo possibile, perché
proprio durante la realizzazione delle opere e con riferimento alle stesse,
opere esposte nei luoghi di culto più importanti al mondo, Rupnik ha abusato di
alcune delle vittime». «Ogni fedele, e non solo ogni vittima di abuso – si
sottolinea nel comunicato – deve avere il cuore libero nel momento in cui si
accosta alla preghiera e ciò non può avvenire se deve inginocchiarsi davanti a
un’opera che probabilmente è stata il luogo dove si è consumato un abuso».
«Le vittime di Marko Ivan Rupnik che
rappresento – conclude la nota di Sgrò – pertanto chiedono che anche gli altri
vescovi, nelle cui diocesi sono presenti opere del famoso mosaicista, compiano
lo stesso gesto forte e inequivocabile di sostegno a tutte le vittime di
abusi».
Il sacro falso e la religiosità strumentale
L'ex gesuita sloveno Marko Rupnik, la
cui corposa quantità di opere decorative a carattere religioso, dopo il
terribile scandalo che lo coinvolge come autore per decenni di anni di
gravissime aggressioni sessuali su oltre una ventina di donne consacrate, non
può in nessun modo essere associato a precedenti casi di grandi artisti
colpevoli di reati pesanti. In molti ambienti, soprattutto della gerarchia
cattolica vaticana e diocesana, ai tanti che sostengono che i mosaici di
Rupnik, più di 200 che oggi decorano fabbricati religiosi, chiese, cappelle e
altro, non vanno smontati, ecco alcune ragioni che non possono essere usate per
paragonare la vicenda di Rupnik a quelle del passato.
(1) Il mosaicista non è un artista del
calibro e della qualità di Caravaggio, Cellini e altri chiamati in causa.
Attorno al mosaicista, per anni, e proprio perché gesuita, è stata montata
artificialmente una sorta di leggenda che aveva un subdolo scopo commerciale,
sovente mascherato di "arte sacra" e di spiritualità, addirittura
ignaziana, associata all'iconografia dei mosaici e alla presunta teologia
originale dell'artista.
(2) È stato lo scandalo stesso e svelare e
dimostrare che dietro all’opera e alla fame dei “mosaici di padre Rupnik”
c’erano altre cose, altre intenzioni e altri scopi e quindi la proclamata
religiosità - per l’artista sloveno - era un’ottima e redditizia copertura. Il
solo fatto di concepire un mosaico, e poi realizzarlo materialmente,
all’interno di un ipotetico misticismo erotico, dovrebbe portare, ora che si
sa, ad una sola conclusione: si tratta di un sacro falso dove la religiosità e
spiritualità sono strumenti usati al servizio di una perversione.
(3) Infine, la considerazione principale di
questa vicenda, quella non negoziabile, neanche con il pseudo argomento che
incita a “salvare l’immagine della Chiesa”, riguarda le vittime, le persone
concrete - alcune delle quali abbiamo visto e ascoltato in queste settimane – e
verso le quali la Chiesa tutta ha un debito gigantesco. La gerarchia cattolica,
dal Papa all’ultimo diacono, dovrebbe farsi veramente carico di questa
sofferenza, di questa responsabilità, chiedendo perdono per quanto hanno fatto e
lo dovrebbero fare anche raccontando la verità. Punto e basta.
(4) Solo questo, e niente altro, potrà
mettere fine a questo dolore di tutti, e solo questo darà alla Chiesa, e
principalmente alla sua gerarchia, una vera occasione per riscattarsi. Le altre
cose fatte, poche, e le molte da fare ancora (processi, condanne, scomuniche e
poi deroghe, risarcimenti, modelli e testimonianze di pentimento …) saranno
sempre buone e utili. L’unica risoluzione della questione è ottenere il perdono
delle vittime.
(5) Il solo fatto che al termine del primo
processo contro Rupnik (maggio 2020), accusato di aver assolto in confessione
una sua complice, dimostra che il suo sia un caso unico per la sua natura
religiosa. Dunque l'argomento che chiama in causa altri artisti (Caravaggio,
Cellini, ecc.) è del tutto inconsistente e ipocrita, e poi non serve per
difendere i mosaici collocati in oltre 200 luoghi. È noto anche un altro fatto:
il prete sloveno venne scomunicato, a dimostrazione che era colpevole di un
reato squisitamente religioso. Poi, va detto, l'ex gesuita Marko Ivan Rupnik
non è associabile minimamente a Michelangelo Merisi o a Benvenuto Cellini. E su
questo paragone è meglio non insistere da parte di coloro che separano
"l'arte dall'artista". Questi due artisti citati spesso, e anche
altri autori di capolavori e pregiudicati, furono responsabili di crimini
diversi da quelli di Rupnik per il solo fatto che quest'ultimo li ha ideati,
programmati, allestiti ed eseguiti con premeditazione in un ambiente religioso;
anzi, la componente religiosa, sacra, è stata per il prete mosaicista una
copertura - surrettizia e crudele - per sfogare le sue perversioni sessuali
approfittando della vulnerabilità di persone, donne, vittime per primo di
soprusi di potere e coscienza. Rupnik cercava e sceglieva le sue vittime nella
sua doppia vita: mosaicista di decorazioni religiose e sacerdoti confessore e
guida spirituali. Infine, la questione coinvolge il Vaticano per la posizione
del sacerdote sloveno e per i processi delle autorità ecclesiastiche cattoliche
tra cui il Papa stesso.
(6) Se le opere decorative di Rupnik si
trovassero in musei non confessionali, in mostre d'arte laiche o in eventi non
religiosi, non ci sarebbe nulla da contestare tranne che la qualità artistica
(belle, brutte, inquietanti, rasserenanti, ecc.). Ma queste opere, di questo
autore e dopo tutto ciò che sappiamo di lui, per di più già condannato con la
scomunica, seppure rimossa dal Papa, non possono essere visibili, e tantomeno
ostentate in luoghi religiosi dove c'è il culto del sacro, spazi dedicati alla
meditazione e alla preghiera. Dire tutto questo non è incitamento alla
distruzione di questi mosaici, frutto di una storia personale, quella di
Rupnik, a dir poco singolare e fonte di sofferenze per le vittime del
presbitero sloveno e per i fedeli in generale. Sono opere che andrebbero
semplicemente spostate in altri luoghi. Per dirla con quanto si attende il
Vaticano farà con Rupnik: dimesse dallo stato clericale, religioso e
spirituale.