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lunedì 7 aprile 2025

Luis Badilla. Lourdes: coprono mosaici del prete abusatore seriale Rupnik. Intanto sul processo canonico del Vaticano segreto tombale

Grazie a Luis Badilla per questo riassunto delle ultime vicende sull'ex gesuita Marko rupnik.
"Se le opere decorative di Rupnik si trovassero in musei non confessionali, in mostre d'arte laiche o in eventi non religiosi, non ci sarebbe nulla da contestare tranne che la qualità artistica (belle, brutte, inquietanti, rasserenanti, ecc.). Ma queste opere, di questo autore e dopo tutto ciò che sappiamo di lui, per di più già condannato con la scomunica, seppure rimossa dal Papa, non possono essere visibili, e tantomeno ostentate in luoghi religiosi dove c'è il culto del sacro, spazi dedicati alla meditazione e alla preghiera. Dire tutto questo non è incitamento alla distruzione di questi mosaici, frutto di una storia personale, quella di Rupnik, a dir poco singolare e fonte di sofferenze per le vittime del presbitero sloveno e per i fedeli in generale. Sono opere che andrebbero semplicemente spostate in altri luoghi. Per dirla con quanto si attende il Vaticano farà con Rupnik: dimesse dallo stato clericale, religioso e spirituale".
QUI i post di MiL sul nefando religioso.
Luigi C.

Santuario di Lourdes: coprono mosaici del prete sloveno abusatore seriale Marko Rupnik. Verso la rimozione definitiva. Intanto sul processo canonico del Vaticano segreto tombale.

- Mons. Micas e card. Grech: due vescovi con visioni e condotte molto diverse.

- L’irricevibile “argomento” che difende le opere di Rupnik appellandosi a Caravaggio assassino di un rivale o a Cellini assassino di un nemico.

   La notizia, giustamente, ha avuto – lunedì 31 marzo scorso - da subito un grande rilievo, a dimostrazione che lo “scandalo Rupnik”, che coinvolge la persona di Papa Francesco (a causa delle modalità con quali ha trattato la vicenda intervenendo personalmente), è una delle ferite più dolorose e delicate che la Chiesa di Cristo ha patito negli ultimi decenni. Parliamo dell’annuncio del vescovo di Lourdes, mons.  Jean-Marc Micas, che ha deciso di far coprire alcuni mosaici (due porte laterali del Santuario mariano) come parte di un processo iniziato mesi fa, che dovrebbe condurre alla rimozione definitiva di queste opere di arte decorativa. Questo è il “secondo passo” dopo il primo del 2 luglio 2024 che permise di non più illuminare  i mosaici allestiti sulle pareti esterne del Santuario Basilica di Nostra Signora del Rosario durante le processioni serali dei pellegrini.

Nel frattempo, sull’andamento del processo canonico contro il potente sacerdote artista, da sempre protetto dall’alta gerarchia cattolica, non si è saputo nulla. Il 23 gennaio scorso, il Prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernández, riconobbe che dopo 15 mesi dall’annuncio della decisione del Papa (27 ottobre 2023) ancora si stavano cercando i giudici per formare il tribunale canonico.

Comunicato del vescovo di Tarbes-Lourdes, 31 marzo 2025

Ecco di seguito una traduzione del comunicato del vescovo Jean-Marc Micas diffuso il 31 marzo scorso: «Conoscete la mia opinione sulla presenza di questi mosaici sulle porte della basilica. [NdR- Testo del primo Comunicato del vescovo del 2 luglio 2024]. Mi è sembrato, insieme ai miei collaboratori, che fosse necessario compiere un nuovo passo simbolico affinché l’ingresso nella basilica fosse facilitato per tutte le persone che oggi non possono varcarne la soglia. Per questo motivo, tutte le porte della basilica del Rosario sono state modificate. È l’anno giubilare. A Roma sono state aperte le Porte Sante nelle quattro basiliche maggiori. Ho emesso un decreto per dichiarare che il santuario di Lourdes sia uno dei due luoghi della diocesi (insieme alla cattedrale di Tarbes) in cui vivere l’anno giubilare e ricevere l’indulgenza plenaria. Il passaggio attraverso le porte d’ingresso della basilica doveva essere all’altezza simbolica di questo momento. Questo terzo venerdì di Quaresima, il 28 marzo, è stato per tutta la Chiesa di Francia la Giornata commemorativa di preghiera per le vittime di abusi sessuali commessi nella Chiesa. Le due porte laterali sono state ricoperte questo lunedì e le due grandi porte centrali lo saranno nei prossimi giorni, prima dell’inizio della stagione dei pellegrinaggi a Lourdes. Non è il primo, ma il secondo passo! Il primo è stato quello di non illuminarli più di notte, durante le processioni, già dallo scorso luglio». Per quanto riguarda il futuro, spiega mons. Micas, «un gruppo di lavoro sta portando avanti la riflessione e mi accompagna nelle decisioni. Preferiamo procedere con calma piuttosto che sotto la pressione di vari fattori. Stiamo lavorando per il lungo termine, per le vittime, per la Chiesa, per Lourdes e per il suo messaggio per tutti».

L’opera, il suo autore e il contesto

          La coraggiosa decisione della diocesi francese ripropone una questione delicatissima, diversa ma non scollegata dagli abusi di coscienza e di potere, nonché quelli sessuali raccapriccianti, del tuttora presbitero mosaicista sloveno, vale a dire le opere di Rupnik, conosciute per decenni come “arte sacra”, sponsorizzate e allestite in oltre 200 luoghi religiosi. Rupnik, autore per anni di aggressioni sessuali rivoltanti, perpetrate con arroganza e altezzosità, con la sua strategia per la diffusione artistica del sacro (tra l’altro costosa per i committenti) e accompagnata con la fama artificiosa di bravo teologo e prestigioso padre spirituale, si è rivelato un predatore sessuale scaltro, impunito e crudele.

          I cantieri degli allestimenti dei mosaici e i luoghi dei ritiri spirituali, per il mosaicista guida spirituale, erano occasioni per mettere in atto le sue perversioni sessuali e delitti.

Mons. Micas e Mons. Teuma:

due vescovi con visioni e condotte molto diverse

Certo, il prete Rupnik, nella Chiesa, non è l’unico né il primo e tantomeno l’ultimo e, quindi, questa vicenda lacerante per i cattolici dovrebbe far riflettere la gerarchia e, in particolare, quella del Vaticano perché la lunga impunità di Rupnik non è separabile dalla protezione concessa all’artista espulso dai Gesuiti solo nel giugno 2023. Fra le molte protezioni di cui ha goduto Rupnik, che tra l’altro lo hanno reso potentissimo e onnipresente, anche ricco e indiscusso, vanno incluse i tanti capi religiosi che lo chiamarono perché lasciasse la sua impronta artistica in luoghi in cui loro comandavano. La mistificazione, costruita soprattutto dallo stesso presbitero e dalla Compagnia di Gesù, portava a far passare una sorta di marchio commerciale-spirituale: quello del cosiddetto “artista del Papa”. Gli esempi documentabili che illustrano le richieste di capi religiosi sparsi per il mondo che chiedevano opere del mosaicista sloveno sono moltissimi. In un contesto di questo tipo, per esempio, mons. Mario Grech (vescovo di Gozo tra il 2005 e il 2019) che già dalla sua isola contemplava Roma, chiamò Rupnik non solo per compiacere se stesso ma anche per compiacere “l’artista di regime”. Da qui si arrivò poi ai mosaici che Rupnik ideò e realizzò tra il 2015 e il 2017 nel Santuario di Ta’ Pinu (Gozo – Malta). Qualche anno dopo, quando scoppiò lo scandalo Rupnik, mons. Anton Teuma, nuovo vescovo di Gozo, successore di Grech dal 17 giugno 2020, sulla questione del cosa fare con le opere del mosaicista, prese una posizione precisa e pubblica: difendere l’assioma del “distinguere tra l’artista e l’opera d’arte” (Gazzetta di Malta), usando il solito e debole mantra, ribadito dal portavoce della diocesi, nel luglio di 2023 al ''Times of Malta'': “nessuno penserebbe mai di rimuovere i dipinti di Caravaggio a causa dei gravi errori morali che ha commesso. Anche se qui stiamo parlando di arte sacra vale lo stesso discorso”. In difesa delle opere di Rupnik, sono molti quelli ad avere usato la stessa argomentazione, ripetendo che se non fossero salvaguardate, allora andrebbero distrutte anche le opere di Caravaggio, assassino del suo concorrente Ranuccio Tommasoni, di Benvenuto Cellini, assassino del suo rivale Pompeo de Capitanei, del pittore Pieter Mulier, mandante dell'uccisione della sua ex moglie Anna Eleonora Beltrami, ecc. C'è chi nell'elenco aggiunge addirittura il nome di Michelangelo perché ritenuto colpevole di un crimine: essere omosessuale.

I mosaici di Marko Ivan Rupnik realizzati per il Santuario della Madonna di Ta’ Pinu a Gozo, voluti da Mario Grech, oggi cardinale e Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, allestiti su enorme pareti di cemento che deturpano l’ingresso e la facciata del santuario, narrano i venti “misteri” della vita di Gesù e della Vergine. Il progetto è costato più di 1 milione di euro di cui soltanto 300 mila provenienti da donazioni, secondo quanto riportato dal Times of Malta. All'inaugurazione assistettero diversi ministri maltesi e l'arcivescovo metropolita di Malta e attuale segretario aggiunto del Dicastero per la Dottrina della fede, Mons. Charles Jude Scicluna. In quell'occasione fu diffuso un videomessaggio di Papa Francesco. (Video - Messaggio del Papa (19 giugno 2017).

La diocesi di Gozo, il suo attuale vescovo, mons. Teuma, presero la decisione di conservare i mosaici dopo numerose consultazioni con il cardinale Grech e con altre istanze vaticane così come con persone della chiesa maltese.

 

Riflessioni necessarie

La reazione di alcune delle vittime di Rupnik. Certe opere furono create in momenti in cui Rupnik aggrediva sessualmente diverse collaboratrici.

          «Accogliamo, con la gioia nel cuore, le parole illuminate di Jean Marc Micas, vescovo di Tarbes e Lourdes, da sempre vicino alle vittime di abusi, cui va il nostro sentito ringraziamento. Sappiamo bene che la sua decisione di coprire le porte della Basilica di Lourdes, dove sono presenti i mosaici di Marko Ivan Rupnik, è stata lungamente ragionata, attentamente ricercata e fortemente osteggiata». Lo dicono le ex suore vittime del sacerdote sloveno, in un comunicato diffuso dal loro avvocato, Laura Sgrò.

          «La questione – spiegano – non è, infatti, quella di scindere l’artista dall'opera, come finora si è voluto erroneamente fare intendere, ma quella se è possibile scindere l’arte, cioè i mosaici, dall’abuso stesso e questo non è in alcun modo possibile, perché proprio durante la realizzazione delle opere e con riferimento alle stesse, opere esposte nei luoghi di culto più importanti al mondo, Rupnik ha abusato di alcune delle vittime». «Ogni fedele, e non solo ogni vittima di abuso – si sottolinea nel comunicato – deve avere il cuore libero nel momento in cui si accosta alla preghiera e ciò non può avvenire se deve inginocchiarsi davanti a un’opera che probabilmente è stata il luogo dove si è consumato un abuso».

          «Le vittime di Marko Ivan Rupnik che rappresento – conclude la nota di Sgrò – pertanto chiedono che anche gli altri vescovi, nelle cui diocesi sono presenti opere del famoso mosaicista, compiano lo stesso gesto forte e inequivocabile di sostegno a tutte le vittime di abusi».

Il sacro falso e la religiosità strumentale

          L'ex gesuita sloveno Marko Rupnik, la cui corposa quantità di opere decorative a carattere religioso, dopo il terribile scandalo che lo coinvolge come autore per decenni di anni di gravissime aggressioni sessuali su oltre una ventina di donne consacrate, non può in nessun modo essere associato a precedenti casi di grandi artisti colpevoli di reati pesanti. In molti ambienti, soprattutto della gerarchia cattolica vaticana e diocesana, ai tanti che sostengono che i mosaici di Rupnik, più di 200 che oggi decorano fabbricati religiosi, chiese, cappelle e altro, non vanno smontati, ecco alcune ragioni che non possono essere usate per paragonare la vicenda di Rupnik a quelle del passato.

(1)        Il mosaicista non è un artista del calibro e della qualità di Caravaggio, Cellini e altri chiamati in causa. Attorno al mosaicista, per anni, e proprio perché gesuita, è stata montata artificialmente una sorta di leggenda che aveva un subdolo scopo commerciale, sovente mascherato di "arte sacra" e di spiritualità, addirittura ignaziana, associata all'iconografia dei mosaici e alla presunta teologia originale dell'artista.

(2)       È stato lo scandalo stesso e svelare e dimostrare che dietro all’opera e alla fame dei “mosaici di padre Rupnik” c’erano altre cose, altre intenzioni e altri scopi e quindi la proclamata religiosità - per l’artista sloveno - era un’ottima e redditizia copertura. Il solo fatto di concepire un mosaico, e poi realizzarlo materialmente, all’interno di un ipotetico misticismo erotico, dovrebbe portare, ora che si sa, ad una sola conclusione: si tratta di un sacro falso dove la religiosità e spiritualità sono strumenti usati al servizio di una perversione.

(3)       Infine, la considerazione principale di questa vicenda, quella non negoziabile, neanche con il pseudo argomento che incita a “salvare l’immagine della Chiesa”, riguarda le vittime, le persone concrete - alcune delle quali abbiamo visto e ascoltato in queste settimane – e verso le quali la Chiesa tutta ha un debito gigantesco. La gerarchia cattolica, dal Papa all’ultimo diacono, dovrebbe farsi veramente carico di questa sofferenza, di questa responsabilità, chiedendo perdono per quanto hanno fatto e lo dovrebbero fare anche raccontando la verità. Punto e basta.

(4)       Solo questo, e niente altro, potrà mettere fine a questo dolore di tutti, e solo questo darà alla Chiesa, e principalmente alla sua gerarchia, una vera occasione per riscattarsi. Le altre cose fatte, poche, e le molte da fare ancora (processi, condanne, scomuniche e poi deroghe, risarcimenti, modelli e testimonianze di pentimento …) saranno sempre buone e utili. L’unica risoluzione della questione è ottenere il perdono delle vittime.

(5)       Il solo fatto che al termine del primo processo contro Rupnik (maggio 2020), accusato di aver assolto in confessione una sua complice, dimostra che il suo sia un caso unico per la sua natura religiosa. Dunque l'argomento che chiama in causa altri artisti (Caravaggio, Cellini, ecc.) è del tutto inconsistente e ipocrita, e poi non serve per difendere i mosaici collocati in oltre 200 luoghi. È noto anche un altro fatto: il prete sloveno venne scomunicato, a dimostrazione che era colpevole di un reato squisitamente religioso. Poi, va detto, l'ex gesuita Marko Ivan Rupnik non è associabile minimamente a Michelangelo Merisi o a Benvenuto Cellini. E su questo paragone è meglio non insistere da parte di coloro che separano "l'arte dall'artista". Questi due artisti citati spesso, e anche altri autori di capolavori e pregiudicati, furono responsabili di crimini diversi da quelli di Rupnik per il solo fatto che quest'ultimo li ha ideati, programmati, allestiti ed eseguiti con premeditazione in un ambiente religioso; anzi, la componente religiosa, sacra, è stata per il prete mosaicista una copertura - surrettizia e crudele - per sfogare le sue perversioni sessuali approfittando della vulnerabilità di persone, donne, vittime per primo di soprusi di potere e coscienza. Rupnik cercava e sceglieva le sue vittime nella sua doppia vita: mosaicista di decorazioni religiose e sacerdoti confessore e guida spirituali. Infine, la questione coinvolge il Vaticano per la posizione del sacerdote sloveno e per i processi delle autorità ecclesiastiche cattoliche tra cui il Papa stesso.

(6)    Se le opere decorative di Rupnik si trovassero in musei non confessionali, in mostre d'arte laiche o in eventi non religiosi, non ci sarebbe nulla da contestare tranne che la qualità artistica (belle, brutte, inquietanti, rasserenanti, ecc.). Ma queste opere, di questo autore e dopo tutto ciò che sappiamo di lui, per di più già condannato con la scomunica, seppure rimossa dal Papa, non possono essere visibili, e tantomeno ostentate in luoghi religiosi dove c'è il culto del sacro, spazi dedicati alla meditazione e alla preghiera. Dire tutto questo non è incitamento alla distruzione di questi mosaici, frutto di una storia personale, quella di Rupnik, a dir poco singolare e fonte di sofferenze per le vittime del presbitero sloveno e per i fedeli in generale. Sono opere che andrebbero semplicemente spostate in altri luoghi. Per dirla con quanto si attende il Vaticano farà con Rupnik: dimesse dallo stato clericale, religioso e spirituale.