Post in evidenza

Omelia del Santo Padre Leone XIV per l’inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma

Alle ore 10:00 di oggi, V Domenica di Pasqua, il Santo Padre Leone XIV ha presieduto, sul sagrato della Basilica Vaticana, la Santa Messa pe...

giovedì 17 aprile 2025

L’estrema unzione svalutata in unzione degli infermi

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1187 bis pubblicata da Paix Liturgique il 16 aprile, in cui si riporta un articolo di don Claude Barthe, liturgista e cappellano del Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum, pubblicato il 31 marzo sul sito Res Novae (QUI).
Nel mattino dell’odierno giorno (giovedì della Settimana Santa), nelle Chiese cattedrali di tutto il mondo i Vescovi celebrano la Santa Messa crismale, durante la quale il Vescovo – nel rito tradizionale, assistito da sette diaconi e da sette suddiaconi e circondato da dodici sacerdoti – benedice gli olii santi: l’olio degli infermi, il Sacro crisma e l’olio dei catecumeni.
In particolare, il primo è la materia del sacramento dell’estrema unzione, del quale l’autore fa una approfondita analisi, evidenziando come la sua svalutazione in «unzione degli infermi» rappresenti un esempio preciso delle radicali modifiche nella pastorale e nella teologia apportate a seguito della riforma conciliare.

L.V.


La profonda trasformazione del significato del sacramento dell’estrema unzione, extrema unctio nel rito tridentino, diventato sacramento dell’unzione degli infermi, unctio infirmorum nell’ordo del 1972, a causa della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, non ha suscitato grandi discussioni e polemiche. Ha invece suscitato un vivo interesse tra gli storici/sociologi, o almeno tra due di loro: François-André Isambert¹, che ha parlato della «morte dell’estrema unzione», e Guillaume Cuchet². Quest’ultimo osservava:

Tra i sette sacramenti cattolici, l’estrema unzione è un «piccolo» sacramento per il suo posto nella teologia sacramentaria e nell’insegnamento dei seminari, dove di solito veniva inserito come appendice al corso sulla Penitenza. […] È senza dubbio quello che ha conosciuto, con il Concilio Vaticano II, la riforma più radicale: ha cambiato nome, «materia», «forma», «soggetto» (per riprendere il vocabolario tecnico della teologia sacramentaria), ma anche il posto nella serie degli «ultimi sacramenti» e, infine, in gran parte, il significato. Si può dire che sia stato propriamente reinventato dalla riforma conciliare senza (vale la pena sottolinearlo) che questa reinvenzione abbia suscitato controversie paragonabili a quelle generate dalla riforma della Messa, della comunione solenne o anche del battesimo e del matrimonio, che erano già meno polemiche³.

L’estrema unzione

I manuali di teologia e i catechismi tradizionali spiegavano che questo sacramento è «l’ultima unzione fatta al malato in pericolo e giunto agli ultimi momenti della sua vita», che «cancella gli ultimi resti del peccato perdonati dalla penitenza»⁴.

Questo sacramento si collega al passo della Lettera di San Giacomo, 5, 14-15:

Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.

Testo che il Concilio di Trento commentò dicendo che l’effetto del sacramento (Denzinger-Schönmetzer, 1696)

è quindi la grazia dello Spirito Santo, la cui unzione cancella le peccati se ce ne sono ancora da espiare e anche i resti del peccato; solleva l’anima del malato e la fortifica, suscitando in lui una grande fiducia nella misericordia divina. Grazie ad essa, il malato alleggerito sopporta più facilmente le sofferenze e i dolori della malattia, resiste più facilmente alle insidiose tentazioni del demonio che cerca di morderlo alla gamba, e talvolta ritrova, se è opportuno per la salvezza dell’anima, la salute anche del corpo.

In linea di principio è un sacramento «dei vivi», nel senso che deve essere ricevuto in stato di grazia e, quando possibile, preceduto dalla confessione. Ha quindi lo scopo di cancellare i dolori dovuti alle peccati già perdonati, o addirittura i peccati mortali stessi quando il moribondo non ha più la forza di confessarli ma è animato da almeno imperfetta contrizione. I predicatori e i catechisti insistevano inoltre sul fatto che le famiglie e le persone vicine ai malati dovevano chiamare il sacerdote abbastanza presto, senza aspettare che, arrivati alla fine, avessero perso conoscenza.

La materia del sacramento tradizionale è una serie di unzioni fatte con olio d’oliva benedetto dal Vescovo (in caso di necessità dal sacerdote), detto olio degli infermi, uno dei tre oli santi benedetti il Giovedì Santo (santo crisma, olio dei catecumeni e olio degli infermi). La forma, nella Chiesa latina, è la preghiera che il sacerdote pronuncia mentre applica le unzioni: «Per istam sanctam Unctiónem, et suam piíssimam misericórdiam, indúlgeat tibi Dóminus quidquid per visum [audítum, odorátum, gustum et locutiónem, tactum, gressum] deliquísti. Amen» [Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti perdoni il Signore tutto il male che hai commesso attraverso la vista (l’udito, l’olfatto, il gusto e la parola, il tatto, il camminare). Amen»: N.d.T.].

Il soggetto del sacramento è ogni adulto battezzato, normalmente in stato di grazia, gravemente malato al punto da sembrare giunto al termine della sua vita, per questo questo sacramento «è anche chiamato sacramento dei morenti, sacramentum exeuntium», dice il Concilio di Trento (Denzinger-Schönmetzer, 1698).

Il Concilio di Trento precisava che il sacramento si applicava præsertim, soprattutto ai moribondi. La dottrina teologica concludeva che la malattia doveva essere in ogni caso molto grave al punto da mettere in pericolo di morte, come sancito dal Codice di diritto canonico del 1917 al canone 940 § 1: «L’estrema unzione può essere amministrata solo ai fedeli che, dopo aver avuto l’uso della ragione, si trovano in pericolo di morte a causa di malattia o vecchiaia». Ciò spiega perché l’estrema unzione non poteva essere ripetuta durante la stessa malattia (§ 2). In caso di dubbio, doveva essere amministrata a determinate condizioni (canone 941).

Il Rituale romano prevedeva che fossero amministrati nell’ordine il sacramento della confessione, quello della comunione con la formula dell’estrema unzione («Accípe, frater (soror). Víaticum Córporis Dómini nostri Iesu Christi, qui te custódiat ab hoste malígno, et perdúcat in vitam ætérnam. Amen» [Ricevi, fratello (sorella), il viatico del Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, che ti custodisca dal nemico maligno e ti conduca alla vita eterna. Amen: N.d.T.] e infine il sacramento dell’estrema unzione. Dopo di che poteva iniziare la magnifica cerimonia della raccomandazione dell’anima: «Profíciscere, ánima christiána, de hoc mundo, in nómine Dei Patris omniponténtis, qui te creávit: in nómine Iesu Christi Fílii Dei vivi, qui pro te passus est: in nómine Spíritus Sancti, qui in te effúsus est: in nómine gloriósæ et sanctæ Dei Genetrícis Vírginis Maríæ: in nómine beáti Ioseph, íncliti eiúsdem Vírginis Sponsi; in nómine Angelórum et Archangelórum; ecc.» [Lascia questo mondo, anima cristiana; nel nome di Dio Padre onnipotente, che ti ha creata; nel nome di Gesù Cristo Figlio del Dio vivente, che ha sofferto per te; nel nome dello Spirito Santo che si è donato a te; nel nome degli Angeli e degli Arcangeli; ecc.: N.d.T.]. E poi: «Comméndo te omnipoténti Deo, caríssime frater (caríssima soror), et ei, cuius es creatúra, commítto: ut, cum humanintátis débitum morte interveniénte persólveris, ad auctórem tuum, qui te de limo terræ formáverat, revertátis. Egrediénti ítaque ánimæ tuæ de córpore spéndidus Angelórum cœtus occúrrat: ecc.» [Ti raccomando a Dio onnipotente, mio caro fratello (mia cara sorella), e ti affido nelle mani di Colui di cui sei la creatura, affinché, quando avrai subito la sentenza di morte pronunciata contro tutti gli uomini, ritorni al tuo Creatore che ti ha formato dalla terra. Quando dunque la tua anima uscirà da questo mondo, che i gloriosi Cori degli Angeli vengano incontro a te: N.d.T.]. E ancora: «Súscipe, Dómine, servum tuum (ancíllam tuam) in locum sperandæ sibi salvatiónis a misericórdia tua. Amen» [Ricevi, Signore, il tuo servo (la tua serva) nel luogo della salvezza che egli spera dalla tua misericordia. Amen: N.d.T.].

La riforma conciliare

Una tesi di don Antoine Chavasse, sostenuta nel 1938, il cui primo volume è stato pubblicato nel 1942 (il secondo contenente le note non è stato pubblicato), Étude sur l’onction des infirmes dans l’Église latine du IIIᵉ au XIᵉ siècle: Du IIIᵉ siècle à la réforme carolingienne⁵, spiegava sapientemente che fu in epoca carolingia che il sacramento, che era principalmente un rito per la guarigione dei malati, come attestano le orazioni conservate nel Rituale tridentino⁶, divenne un sostituto o un complemento della penitenza applicata ai moribondi. Va comunque precisato che a quel tempo qualsiasi malattia grave poteva facilmente diventare mortale.

Uno degli interventi importanti per modificare il significato di questo sacramento in modo da tornare alle origini, basandosi sulla tesi di don Antoine Chavasse, fu quello del belga dom Bernard Botte O.S.B., una delle grandi figure del Movimento liturgico, in un articolo di La Maison-Dieu su «L’onction des malades» [L’unzione degli infermi: N.d.T.]⁷. In esso chiedeva che il nome di «estrema unzione» fosse abbandonato a favore di quello di «unzione degli infermi», che fosse conferita ai malati e non ai moribondi, richiamandosi a tal fine all’esempio delle Chiese d’Oriente. Chiedeva di modificare l’ordine in cui venivano somministrati i sacramenti: confessione, unzione degli infermi e comunione, sotto forma di viatico se si riteneva che fosse l’ultimo. Il viatico era, secondo lui, il vero sacramento del viaggio verso l’eternità.

La costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, promulgata nel 1963, nei nn. 73-75, consacrava l’inflessione richiesta da dom Bernard Botte O.S.B.. Indicava che il termine «unzione degli infermi» era preferibile a quello di «estrema unzione», che «non è il sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita», ma riguardava «il fedele [che], per indebolimento fisico o per vecchiaia, incomincia ad essere in pericolo di morte»; che «l’unzione sia conferita al malato dopo la confessione e prima del viatico».

L’Ordo unctionis infirmorum fu pubblicato nel 1972 e la sua traduzione e adattamento francese, Sacrements pour les malades. Pastorale et célébrations, nel 1977⁸. Per quanto riguarda i soggetti del sacramento, San Paolo VI, nella costituzione apostolica Sacram Unctionem infirmorum di promulgazione, precisò, riferendosi alla costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, che erano quelli «sono ammalati con serio pericolo». Il rituale stesso modificava, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, l’ordine dei sacramenti conferiti, l’estrema unzione, quando viene data, seguendo l’unzione.
Inoltre San Paolo VI decise di modificare la materia e la forma del sacramento:
  • la materia veniva eventualmente modificata dal fatto che si poteva benedire un olio vegetale diverso dall’olio d’oliva (di solito benedetto dal sacerdote prima di essere applicato). Lo stesso valeva per gli altri oli santi, in particolare il crisma, materia della cresima, che poteva non essere olio d’oliva. Il motivo addotto era che l’olio d’oliva a volte, o in alcune regioni, era difficile da trovare. Ciò era contrario a un uso immemorabile e alle ragioni addotte nella Summa Theologiae, IIIa q 72, a 2, ad 3, riguardo al crisma della confermazione: «Le proprietà dell’olio con cui si designa lo Spirito Santo si trovano piuttosto nell’olio d’oliva che in qualsiasi altro; così l’oliva, avendo sempre le foglie verdi, significa meglio la forza e la misericordia dello Spirito Santo. Questo olio riceve propriamente il nome di oleum [d’oliva], e se ne fa uso soprattutto ovunque se ne possa procurare. Ogni altra sostanza liquida riceve il nome di olio solo per analogia; di solito viene usata solo per sostituire l’olio d’oliva nei paesi in cui non è disponibile. Per questo motivo è l’unico olio che viene usato per questo scopo e negli altri sacramenti». Inoltre, si facevano solo unzioni sul capo e sulle mani, il che toglieva il simbolismo del richiamo dei peccati fatti dai sensi e dall’attività del corpo;
  • la forma diventava unica, anche se c’erano due unzioni: «Per questa santa Unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo. Amen. E, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi». Invece di: «Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti perdoni il Signore tutto il male che hai commesso attraverso la vista (l’udito, l’olfatto, il gusto e la parola, il tatto, il camminare). Amen». Il motivo della modifica era quello di aderire meglio alle parole di San Giacomo. La modifica essenziale è che si chiede (si constata piuttosto: avendovi liberato) che il soggetto sia liberato (liberatum) dal peccato invece di essere assolto (indulgeat da indulgere, rimettere i peccati in latino cristiano), senza dubbio per sottolineare meglio la differenza con la penitenza, ma con questo slittamento il peccato offende Dio, il peccato aliena la libertà dell’uomo.

Per quanto riguarda le preghiere della raccomandazione dell’anima, se alcune di esse si ispiravano alle preghiere tradizionali, non contenevano più i riferimenti al demonio e all’inferno che queste ultime contenevano: «Possa tu non conoscere nulla dell’orrore delle tenebre, del crepitio delle fiamme, dell’atrocità delle torture. Che il vile Satana fugga davanti a te con la sua scorta! Quando ti avvicini in compagnia degli angeli, che sia preso dalla paura e scompaia nell’abisso spaventoso della notte eterna. Che Dio si alzi e che i suoi nemici si disperdano; che coloro che lo odiano fuggano davanti al suo volto! Come il fumo si dissipa, così si dissolvano; come il cera si scioglie davanti al fuoco, così scompaiano i peccatori davanti al volto di Dio, e i giusti festeggino e gioiscano alla presenza di Dio! Che il disordine e la vergogna portino via tutte le legioni dell’inferno e che i servi di Satana non abbiano il coraggio di sbarrarti la strada».

Satana, osserva il prof. Guillaume Cuchet, è «il grande reietto della riforma conciliare», scomparso dal battesimo con gli esorcismi, «come se il diavolo, nel momento in cui gli veniva discretamente sottratto il suo regno (l’inferno), fosse stato così vittima di un’operazione di demitizzazione strisciante che non diceva il suo nome»⁹.

Una celebrazione comunitaria per gli anziani

Pastoralmente, l’unzione degli infermi alla vecchia maniera, individuale, è diventata rara, sia perché le famiglie non chiamano più il prete al capezzale del moribondo, sia perché il prete stesso si rifiuta di dare il sacramento ai comatosi.

Ma è soprattutto la moltiplicazione delle cerimonie comunitarie di unzione degli infermi, nei luoghi di pellegrinaggio, a Lourdes in particolare, a volte annualmente nelle Parrocchie, nelle case di riposo, che ha segnato la scomparsa di ciò che rappresentava l’estrema unzione di un tempo. L’unzione degli infermi è diventata una celebrazione per gli anziani. Da rito che accompagnava il moribondo per aiutarlo a essere salvato, il sacramento è diventato ampiamente un mezzo di conforto spirituale.

Come sempre nella riforma liturgica, dove l’aspetto del «ritorno alle origini» dei riti si è combinato con la svalutazione del loro significato. Perché la trasformazione di questo sacramento ha accompagnato una generale sdrammatizzazione della morte, medicalizzata, localizzata in ospedale. «Il nuovo rituale dell’Unzione degli Infermi si inserisce nel movimento che tende a deritualizzare, persino a desacralizzare la morte come mutamento essenziale», scriveva François-André Isambert¹⁰. La morte, diventata un tabù nelle società occidentali. «Si potrebbe dire, per citare un’ultima volta il prof. Guillaume Cuchet, che la sdrammatizzazione della morte cristiana e il silenzio sulle ultime cose sono la versione cattolica di questo nuovo tabù, poiché la Chiesa ha rotto con il suo vecchio discorso sulla morte perché i contemporanei non erano più in grado di sopportarlo, o perché non aveva più senso per loro da un po’ di tempo»¹¹.

Non era forse un’ultima carità quella che veniva fatta al morente nel sentire pronunciare queste parole della raccomandazione della sua anima: «Lascia questo mondo, anima cristiana; nel nome di Dio Padre onnipotente, che ti ha creata; nel nome di Gesù Cristo Figlio del Dio vivente, che ha sofferto per te; nel nome dello Spirito Santo che si è donato a te»?

Note:

¹ François-André Isambert, «Les transformations du rituel catholique des mourants», in Archives de sciences sociales des religions, dossier «La sociologie de la mort», t. 39, 1975, pp. 89-100.
² Guillaume Cuchet, «De l’“extrême-onction” au “sacrement des malades”: fin de vie, réforme liturgique conciliaire et transformations rituelles dans la seconde moitié du XXe siècle», Revue d’histoire de l’Eglise de France, gennaio-giugno 2020, pp. 117-139.
³ «De l’“extrême-onction” au “sacrement des malades”», loc. cit., p. 118.
⁴ Auguste-Alexis Goupil, Les Sacrements, Librairie Goupil, t. 3, 1937, p. 78.
Librairie du Sacré-Cœur, Lione.
⁶ Tradotte nel Rituale parvum ad usum diœcesium gallicæ linguæ (Tours, 1956), avevano e hanno l’enorme vantaggio pastorale di far capire al malato grave che l’estrema unzione è l’esatto contrario di una condanna a morte.
⁷ Ottobre 1948, pp. 91-107.
⁸ Chalet-Tardy.
⁹ «De l’“extrême-onction” au “sacrement des malades”», loc. cit., p. 132.
¹⁰ «Les transformations du rituel catholique des mourants», loc. cit., p. 100.
¹¹ «De l’“extrême-onction” au “sacrement des malades”», loc. cit., p. 138.

3 commenti:

  1. Semplicemente assurdo parlare di "svalutazione" del sacramento solo perché giustamente è stato ricondotto alla sua vera funzione di preghiera per gli infermi. Certo, non per chi ha un raffreddore, ma per chi ha una grave malattia sì! Sono spesso gli anziani? E allora? Che male c'è a pregare non solo per ma anche sugli anziani? Nei sacramenti agisce lo Spirito Santo, non le teorie del teologo, progressista o tradizionalista che sia. Articolo che dimostra solo l'ignoranza di certi sedicenti tradizionalisti e di certo mondo paracattolico francese chiuso nelle sue fissazioni.

    RispondiElimina
  2. quindi abbiamo anche questo problema di verità sull'uomo. Confidiamo nel prossimo Papa, ci sono molte cose da restaurare.

    RispondiElimina