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martedì 18 marzo 2025

Santo Padre Francesco: la preghiamo di rivedere alcune sue scelte di governo…

"Non opporsi all’errore significa approvarlo, e non difendere la verità significa sopprimerla".
s. Felice III Papa

Grazie a Le Cronache di Papa Francesco per questa dura, ma utile, analisi sul Pontefice regnante.
Life Site News – Staff: "Vaticanista Antonio Grana dice che è impensabile che Francesco riprenda l’attività normale"
Luigi C.

13-3-25

Oggi si dice che: “al Papa non si danno consigli”… e che l’obbedienza è “cadaverica” tanto da essere dilagata una sorta di idolatria papale che nulla ha a che vedere con l’amore al papato, alla Sede Petrina, al Sommo Pontefice di turno, alla autentica comunione con Pietro. Basta leggere i Santi, i Dottori della Chiesa per cogliere non solo consigli ai Pontifici del proprio tempo, ma anche ammonizioni, rimproveri… a cominciare dal famoso episodio di san Paolo in Galati quando si rivolge a Pietro per tenergli testa… ma se preferite a cominciare dall’episodio in cui Gesù stesso elogia prima Pietro per aver ascoltato il Padre e aver fatto quella professione di Fede sulla quale gli pone la Chiesa, per poi subito dopo allontanarlo malamente «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt.16,21-23), ma senza per questo delegittimarlo.
Certo, noi “santi” non lo siamo ma questo non ci esula da fare il Bene o dal dire le cose come stanno, sempre nella carità, con carità e – in questo caso – con l’affetto filiale che dobbiamo avere nei confronti di un Padre.
La “correzione fraterna” è per tutti! E maggiori sono le cariche interne alla Chiesa, maggiori sono le responsabilità, le fragilità, il pericolo di cadere, nessuno è esente da questi pericoli.
Il professor Roberto de Mattei ha fatto un bellissimo articolo rivolto al santo Padre Francesco in questo tempo difficile della sua malattia, una sorta di richiamo alla coscienza nel mentre, come ognuno di noi, siamo anche chiamati a rispondere a Dio nel giorno della nostra morte, prepararci a questo incontro.

Lo stesso Papa Francesco infatti, proprio nell’Omelia delle Ceneri pronunciata dal cardinale De Donatis, di questo Anno del Giubileo 2025, ha riportato un pensiero sulla morte molto interessante:

“Fatti di cenere e di terra, tocchiamo con mano la fragilità nell’esperienza della malattia, nella povertà, nella sofferenza che a volte piomba improvvisa su di noi e sulle nostre famiglie. E, ancora, ci accorgiamo di essere fragili quando ci scopriamo esposti, nella vita sociale e politica del nostro tempo (..) questa condizione di fragilità ci richiama il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita. Così, nonostante le maschere che indossiamo e gli artifizi spesso creati ad arte per distrarci, le ceneri ci ricordano chi siamo. Questo ci fa bene. Ci ridimensiona, spunta le asprezze dei nostri narcisismi, ci riporta alla realtà, ci rende più umili e disponibili gli uni verso gli altri: nessuno di noi è Dio, siamo tutti in cammino.”

Oggi sono 12 anni di Pontificato, era il 13 marzo 2013…. E il 14 è un mese che il santo Padre Francesco, rischiando davvero grosso, è ricoverato al Policlinico Gemelli per una gravissima forma di infiammazione bronco-polmonare… ora, grazie a Dio, è stata sciolta la prognosi, ma le conseguenze non sono ancora cessate. Tutto il mondo, tutti noi, abbiamo pregato e continuiamo a pregare per il Santo Padre ma non solo per la sua salute corporale…

Per noi cattolici, certe situazioni fisiche, non sono d’intralcio, non dobbiamo “esorcizzarle”, al contrario, dobbiamo approfittarne per farne buon uso. Questo vale per tutti, maggiormente per chi riveste ruoli specifici di guida. Leggendo proprio le parole del Pontefice per il Mercoledì delle Ceneri, ci vengono a mente i Santi… i loro consigli, i loro moniti. Tra tutti s’impone a noi, alle nostre Anime “Apparecchio alla Morte” del grande Dottore della Chiesa sant’Alfonso Maria de Liguori.

Tutti siamo chiamati a ben leggere il “dramma della nostra morte”… dice il Santo:

“Considera che sei terra, ed in terra hai da ritornare. Ha da venire un giorno che hai da morire e da trovarti a marcire in una fossa, dove sarai coverto da’ vermi. “Operimentum tuum erunt vermes” (Is 14,11). A tutti ha da toccare la stessa sorte, a nobili ed a plebei, a principi ed a vassalli. Uscita che sarà l’anima dal corpo con quell’ultima aperta di bocca, l’anima anderà alla sua eternità, e ‘l corpo ha da ridursi in polvere. “Auferes spiritum eorum, et in pulverem revertentur” (Ps 103,29).”

E ci va giù pesante, santa Ildegarda, quando scrive al papa Anastasio IV, che denuncia apertamente:
«O uomo accecato dalla tua stessa scienza, ti sei stancato di por freno alla iattanza dell’orgoglio degli uomini affidati alle tue cure, perché non vieni tu in soccorso ai naufraghi che non possono cavarsela senza il tuo aiuto? Perché non svelli alla radice il male che soffoca le piante buone?… Tu trascuri la giustizia, questa figlia del Re celeste che a te era stata affidata. Tu permetti che venga gettata a terra e calpestata… Il mondo è caduto nella mollezza, presto sarà nella tristezza, poi nel terrore… O uomo, poiché, come sembra, sei stato costituito pastore, alzati e corri più in fretta verso la giustizia, per non essere accusato davanti al Medico supremo di non aver purificato il tuo ovile dalla sua sporcizia!… Uomo, mantieniti sulla retta via e sarai salvo. Che Dio ti riconduca sul sentiero della benedizione riservata ai suoi eletti, perché tu viva in eterno!».

Ma perché la Chiesa, i Santi tutti ci sollecitano a stare attenti alla morte IMPROVVISA? E sì, noi preghiamo:

«Santo Dio, Santo forte, Santo immortale, abbi pietà di noi.
Dalla peste, dalla fame e dalla guerra, liberaci, Signore.
Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore.
Peccatori, ti supplichiamo, ascoltaci, Signore.»

perché, spiega il Liguori in Apparecchio alla Morte:in morte l’uomo si troverà debole di mente, ottenebrato e indurito da ogni tipo di paura, ma anche dalla superbia, dall’orgoglio per i mali abiti fatti in vita, è l’ultimo combattimento, le tentazioni si faranno più forti e chi in vita ha sempre ceduto, difficilmente vincerà in morte se non supplicherà la grazia. L’uomo avrà bisogno di grazie speciali per regolare il cuore alla volontà di Dio ma, sbaglierebbe chi pensasse che Dio possa essere in qualche modo obbligato a darcela!! Chi pensa alla morte, spiega il Santo, non può amare la terra. E perché mai vi sono tanti infelici amanti di questo mondo? perché non pensano alla morte. Oppure al termine della vita pensano che la salvezza gli sia in qualche modo dovuta, di diritto.
Dunque, fratello mio, presto datti a Dio, prima che venga la morte. “Quodcunque potest facere manus tua, instanter operare” (Eccl 9,10). Quel che puoi far oggi, non aspettare a farlo domani, perché quest’oggi passa e non torna più, e domani può venirti la morte, la quale non ti permetterà di fare più niente. Presto distaccati da ciò che ti allontana, o può allontanarti da Dio. Lasciamo presto coll’affetto questi beni di terra, prima che la morte ce ne spogli a forza: “Beati mortui qui in Domino moriuntur” (Apoc 14,13). Beati quelli, che morendo si trovano già morti agli affetti di questo mondo! La morte da costoro non si teme, ma si desidera e si abbraccia con allegrezza: giacch’ella allora, in vece di separarli da’ beni che amano, l’unisce col sommo bene, che solamente è da essi amato, e che li renderà eternamente beati.

Con queste riflessioni, che riguardano ognuno di noi e nessuno, neppure il Papa è escluso, vi lasciamo ora all’articolo del professor de Mattei che tutti noi faremo bene a meditare e continuare così a pregare per la salute spirituale del santo Padre Francesco, insieme alla salute del corpo, supplicando il Buon Dio affinchè, su certe infelici scelte di questo Pontificato, il santo Padre possa rivedere…


Pregare per l’anima di papa Francesco e augurargli di fare un accurato esame di coscienza in un momento così delicato della sua esistenza, non è irrispettoso: è anzi una manifestazione di amore alla persona del Sommo Pontefice e alla suprema carica che egli ricopre.

Il Santo Padre è ricoverato dal 14 febbraio al Policlinico Gemelli per una grave infezione delle vie respiratorie. In questo mese, Francesco ha subito più di una volta le sofferenze di una persona a cui manca il respiro. La malattia è per lui una prova dolorosa, ma è anche una grande grazia, come lo sarebbe per ognuno: quella di evitare la morte improvvisa e avere la possibilità di ripercorrere con un approfondito esame di coscienza tutta la propria vita, ovvero di prepararsi alla morte ricordando la cogente attualità delle parole di sant’Agostino: Incerta omnia, sola mors certa: tutto è incerto, la morte è l’unica certezza (In Psalmos, 38, 19).

Papa Francesco è certamente consapevole di vivere un momento cruciale della sua vita. Nella basilica di Santa Sabina, lo scorso 5 marzo, il cardinale penitenziere Angelo De Donatis, ha letto la sua omelia per la Quaresima, scritta appena prima del ricovero, in cui il Pontefice ha detto che le Ceneri «ci aiutano a fare memoria della fragilità e della pochezza della nostra vita: siamo polvere, dalla polvere siamo stati creati e in polvere ritorneremo». «Questa condizione di fragilità – ha aggiunto – ci richiama il dramma della morte, che nelle nostre società dell’apparenza proviamo a esorcizzare in molti modi e a emarginare perfino dai nostri linguaggi, ma che si impone come una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, segno della precarietà e fugacità della nostra vita».

Tempus fugit, il tempo fugge e la morte si avvicina. Il giorno della morte è quello del giudizio, in cui tutto viene svelato e l’anima si trova sola di fronte a Dio, che è infinita misericordia, ma anche giustizia infinita e ogni nostra parola e gesto, privato e pubblico, viene pesato dalla bilancia divina.

Davanti a Jorge Mario Bergoglio scorrono probabilmente tanti giorni decisivi della sua vita, dalla nascita, il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, in Argentina, da una famiglia di emigranti italiani, alla vocazione religiosa, realizzata con la sua ammissione nella Compagnia di Gesù, l’11 marzo 1958. Poi gli anni del noviziato e degli studi filosofici e teologici, fino all’ordinazione sacerdotale, nel 13 dicembre 1969. Una vita che si è svolta quindi all’interno dell’ordine di sant’Ignazio, ricoprendo cariche importanti, come quella di provinciale dei Gesuiti argentini dal 1973 al 1979. Sono seguiti gli studi per il dottorato, non ottenuto in Germania, nel 1986, il ritorno in Argentina, a Cordoba e, a sorpresa, la designazione a vescovo ausiliare di Buenos Aires nel 1992, la nomina ad arcivescovo della stessa città nel 1998 e quella a cardinale il 21 febbraio 2001. Gli anni successivi sono stati segnati dalla partecipazione ai due conclavi, del 2005 e del 2013, la prima volta in opposizione al cardinale Ratzinger, la seconda volta per succedergli. Il 13 marzo 2013 Jorge Mario Bergoglio è stato eletto al trono pontificio con il nome di Francesco: il primo Papa gesuita, il primo proveniente dalle Americhe e il primo Papa non europeo dopo 1.300 anni. Ciò di cui papa Francesco dovrà più rispondere a Dio sarà proprio l’esercizio del munus pontificio, perché è nello svolgimento del ruolo più importante a cui la Provvidenza ci ha chiamati che saremo giudicati. E il criterio non è l’applauso del mondo, ma il bene delle anime e della Chiesa.

Dodici anni di governo della Chiesa, uno di più di san Pio X (1903-1914), ma quale differenza. con Papa Sarto! Pio X ebbe come motto Instaurare omnia in Christo e si sforzò di ricristianizzare il popolo cristiano; difese il nome e i diritti di Gesù Cristo contro la Francia massonica e le altre potenze laiche e anticlericali; combatté a fondo il modernismo; avviò una profonda riforma morale all’interno della Chiesa. Papa Francesco ha condannato il proselitismo e l’apostolato missionario della Chiesa, si è sbarazzato del termine di “radici cristiane”, ha creato con l’esortazione Amoris laetitia, una situazione di grave disorientamento dottrinale, ha emarginato i difensori della tradizione liturgica e dottrinale, non ha realizzato la riforma della Chiesa che aveva annunciato all’inizio del suo pontificato. Questo è, almeno, il giudizio di molti cattolici, alcuni dei quali avevano accolto con speranza la sua elezione. Può il Papa ignorarlo? Si sente sicuro e soddisfatto del suo operato, nel momento in cui si prepara all’incontro da cui dipenderà la sua eternità?

Papa Innocenzo III, pontefice dal 1198 al 1216, è considerato uno dei più grandi Papi della storia. Nell’anno 1216, il giorno della sua morte, egli apparve ad una monaca fiamminga, santa Lutgarda di Tongres (1182-1246), avvolto dalle fiamme, dicendole che era condannato al purgatorio fino al giorno del Giudizio universale per alcune colpe commesse. Una sola ne rivelò: quella di non avere mai voluto chinare il capo durante la recita del Credo Niceno, equindi di avere peccato di superbia rifiutando di essere umile. San Roberto Bellarmino diceva di rabbrividire ogni volta che pensava a questo fatto: «Se infatti quel pontefice così degno di lode e che agli occhi degli uomini non solo fu ritenuto retto e prudente, ma anche santo e degno di essere imitato, poco mancò che finisse all’inferno e deve essere punito fino al giorno del giudizio nelle atrocissime fiamme del purgatorio, quale prelato non dovrebbe trepidare? Chi non dovrebbe frugare con la massima accuratezza l’intimo della propria coscienza?» (Il gemito della colomba,in Scritti spirituali,vol. II, Morcelliana, Brescia 1997, p. 315).

Proprio per alleviare le pene del purgatorio, un altro grande Papa, Bonifacio VIII (1230-1303), istituì nella Chiesa il Giubileo, che avrebbe dato la possibilità di cancellare, o attenuare, le pene del purgatorio dovute alle colpe di qualsiasi cristiano, dalle più alte autorità ai più semplici fedeli.

I medici hanno sciolto la prognosi riservata, ma la situazione di salute del Papa è complessa e imprevedibile. Quale buon cristiano, sapendo di trovarsi in pericolo di morte, ma nella piena lucidità delle proprie facoltà intellettuali, non considererebbe questa penosa condizione come una straordinaria opportunità offerta dalla Divina Provvidenza per fare un attento esame di coscienza della propria vita, prima di presentarsi al tribunale divino?

Esame di coscienza significa riconoscimento delle proprie mancanze e pentimento per i peccati e gli errori che si sono commessi, prima di abbandonarsi fiduciosamente alla misericordia di Dio. La malattia offre a papa Francesco un grande occasione per approfondire il significato della parola misericordia, a lui così cara. Per quanto gravi possano essere gli errori e i peccati commessi, Dio è sempre pronto al perdono. Ma il perdono esige il pentimento e il pentimento esige quella revisione intellettuale e morale della propria vita che si ottiene solo grazie alla limpida distinzione tra il bene e il male, tra la verità e l’errore, perché, come ha scritto l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Gerhard L. Müller, nel libro-intervista Informe sobre la esperanza, «il più grande scandalo che può dare la Chiesa non è che in essa ci siano dei peccatori, ma smettere di chiamare per nome la differenza tra il bene e il male e relativizzarla; smettere di spiegare che cosa è il peccato o pretendere di giustificarlo per una presunta maggior vicinanza e misericordia verso il peccatore» (“Aleteia”, 10 marzo 2016).

Il giorno della morte tutto sarà chiaro al Santo Padre, a cominciare dalla triste condizione in cui versa la Sposa di Cristo, a causa delle deviazioni morali e dottrinali da cui è afflitta. Per questo bisogna pregare, più che per la salute fisica del Papa, per la sua anima, come, e più, di quanto si pregherebbe per l’anima di qualsiasi cristiano gravemente malato.