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martedì 11 febbraio 2025

Cristina Campo, la resistenza al NOM e il mondo della Tradizione

Grazie a Roberto de Mattei per questa analisi sull'opposizione alla riforma liturgica e sulla complessa figura di Cristina Campo.
Luigi C.


La profonda crisi che affligge la Chiesa viene fatta risalire da molti al regno di papa Francesco, interpretato come una radicale frattura con i pontificati che lo hanno preceduto. In realtà proprio la gravità della crisi che oggi pervade ogni ambito ecclesiastico, dai vertici alle più minute realtà locali, dovrebbe farci comprendere che questo processo di autodemolizione ha origini remote. Una reazione ad esso si manifestò tuttavia fin dagli anni Sessanta del Novecento e conoscerne i protagonisti è indispensabile, per dovere di giustizia verso chi, prima di noi, ha combattuto la buona battaglia.
Un importante contributo in questo senso ci viene dal libro, curato da Joseph Shaw, The Latin Mass and the Intellectuals: The Petitions to Save the Ancient Mass from 1966 to 2007 (Arouca Press, 2023). Joseph Shaw, filosofo inglese, attuale presidente della FIUV (Federazione Internazionale Una Voce), ha raccolto in questo volume una serie di saggi dedicati alle petizioni che si sono susseguite dal 1966 al 2007, per chiedere alla Santa Sede di conservare l’uso dell’antico Messale Romano, della liturgia romana tradizionale, del canto gregoriano. Il volume, che ha una bella prefazione di Martin Mosebach, si concentra soprattutto sulle due principali petizioni presentate nel 1966 e nel 1971, la prima in difesa della lingua latina, la seconda per la conservazione della Messa antica.

Il primo appello, reso pubblico il 5 febbraio 1966, recava le firme di trentasette artisti e intellettuali di ogni paese, tra i quali Wynstan Hugh Auden, Jorge Luís Borges, Giorgio De Chirico, Augusto Del Noce, Julien Green, Gabriel Marcel, Jacques Maritain, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh. Paolo VI si preoccupò di questo movimento e il 15 agosto, nella lettera Sacrificium Laudis, scrisse che la lingua latina, «lungi dall’essere tenuta in poco conto, è certamente degna di essere vivamente difesa». Ciò che avvenne nei fatti fu esattamente il contrario. Così, il 7 gennaio 1967, i rappresentanti di quattordici paesi costituirono a Parigi la Foederatio Internationalis Una Voce (FIUV) per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana, sotto la presidenza di Eric Vermeheren de Saventhem, primo predecessore di Joseph Shaw.

Il 3 aprile 1969 la costituzione apostolica Missale Romanum, introdusse il Novus Ordo Missae, al quale si oppose, nell’ottobre dello stesso anno, il Breve esame critico del Novus Ordo Missae, dei cardinali Antonio Bacci e Alfredo Ottaviani. Il 16 luglio 1971, in una seconda petizione internazionale, oltre cento eminenti personalità chiedevano alla Santa Sede «di voler considerare con la massima gravità a quale tremenda responsabilità essa andrebbe incontro di fronte alla storia dello spirito umano se non consentisse a lasciar vivere perpetuamente la Messa tradizionale». Molti dei firmatari erano gli stessi del precedente appello. I nuovi erano altrettanto illustri, come Romano Amerio, Agatha Christie, Henri de Montherlant, Robert Graves, Graham Green, Alfred Marnau, Yehudi Menuhin, Malcolm Mudderidge, Guido Piovene, Bernard Wall. La petizione del 1971 riuscì a ottenere una ristretta libertà per la sopravvivenza della Messa antica nel Regno Unito, ma ebbe soprattutto un forte valore simbolico.

Il libro di Joseph Shaw mette in luce, grazie soprattutto a due saggi di padre Gabriel Díaz Patri, un aspetto che non a tutti è noto. L’anima del Breve Esame critico e delle due petizioni del 1966 e del 1971 fu una scrittrice italiana dall’aspetto esile, ma dall’anima incandescente, Vittoria Guerrini, nota con lo pseudonimo di Cristina Campo. Il mainstream culturale ne riscopre oggi l’opera poetica, ma minimizza le forti motivazioni religiose della sua vita.

Vittoria Guerrini nacque a Bologna il 28 aprile 1923, figlia del musicista Guido Guerrini e nipote dell’ancor più celebre compositore Ottorino Respighi. Non ebbe una seria formazione religiosa, ma si immerse nella letteratura, mossa dall’amore per la bellezza e dal culto della perfezione. La conoscenza della vita e dell’opera di Simone Weil la segnò profondamente, ma mentre la filosofa ebrea francese si fermò alle porte della conversione, Vittoria Guerini le varcò. Ciò avvenne attorno al 1965, l’anno in cui in Italia venivano celebrate le prime Messe in volgare e cominciava ad essere chiara la portata devastante della riforma liturgica di Paolo VI, culminata con il Novus Ordo Missae. Vittoria Guerrini ne fu sconvolta e sviluppò un amore crescente per la Messa della tradizione. «La scintilla della conversione può scoccare da un solo perfetto gesto liturgico» scriverà nel 1966.

Dopo la sua conversione, la relazione sentimentale che dal 1959 la legava all’intellettuale anglo-torinese Elémire Zolla, già sposato, iniziò a divenire tormentata. Zolla era un esoterista, suadente e affabulatore; Cristina Campo, come ormai era conosciuta, era una irruente ricercatrice della verità. Lui voleva decattolicizzarla, lei voleva convertirlo. Però nulla è più difficile della conversione di uno gnostico, che rifiuta la fede non perché trascinato dal vizio, ma per pura superbia intellettuale.

Ho avuto modo di conoscere entrambi tra il 1969 e il 1970, nei miei vent’anni. Cristina Campo ed Elémire Zolla vivevano nella piccola oasi di piazza Sant’Anselmo, a Roma, sul colle Aventino. Lei al piano rialzato di un villino al numero 3, lui nel seminterrato di una pensione al numero 2 della stessa piazza. Ricordo che Cristina Campo era affascinata da mons. Marcel Lefebvre, in cui rivedeva, anche nel volto, la figura di san Pio X. Tuttavia la sua vita non era priva di contraddizioni. Il pomeriggio, nell’appartamento di Cristina Campo si riuniva il cenacolo esoterico di Zolla, frequentato da occultisti come l’egittologo Boris de Rachewiltz, il medico di Julius Evola Placido Procesi, il professore di sanscrito e antroposofo Pio Filippani Ronconi. Frequentando talvolta questi personaggi, di intelligenza brillante ma luciferina, mi resi presto conto di come, dietro un apparente rispetto per la Chiesa cattolica, essi in realtà la detestassero profondamente e me ne allontanai.

L’inquieta convivenza tra Cristina Campo ed Elémire Zolla si incrinò con il passare degli anni, ma non si sciolse. Il medesimo salotto, che nel pomeriggio ospitava gli esoteristi, senza la presenza di Cristina Campo, la sera diveniva invece il quartier generale dei difensori della Messa tradizionale, senza la presenza di Elémire Zolla. Fu nel villino di piazza Sant’Anselmo, che si riunì spesso il gruppo di teologi e di liturgisti di diverse nazionalità, che elaborò il Breve esame critico.

Per comprendere la complessità della figura di Cristina Campo e la storia della sua conversione è utile conoscere il documentato libro Cristina Campo, o l’ambiguità della Tradizione (Centro Librario Sodalitium, 2005), di don Francesco Ricossa, un sacerdote torinese di cui non condivido le posizioni sedevacantiste, ma apprezzo le qualità di storico. Come giustamente sottolinea don Ricossa, interrogandosi sull’itinerario spirituale della scrittrice, per lei era come se su un piatto della bilancia pesasse la sua battaglia per la Messa romana, dall’altro vi fosse una tendenza allo gnosticismo, alimentata dal suo sodalizio con Zolla. Però, conclude Ricossa, «Cristina Campo contribuì a salvare la Messa: speriamo che questa generosa battaglia possa aver contribuito alla salvezza della sua anima».

Vittoria Guerrini che aveva sempre avuto una salute fragile, morì a Roma il 10 gennaio 1977 all’età di 54 anni, per uno scompenso cardiaco. L’arcivescovo benedettino Agostino Mayer, futuro cardinale, gli amministrò gli ultimi sacramenti. E’ sepolta nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, all’ombra della Madonna di San Luca, a cui era stata affidata bambina e che ci auguriamo l’abbia accolta nelle sue braccia.