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lunedì 20 gennaio 2025

Il vescovo italiano Suetta difende la nazione dall'Islam: "Equiparare le religioni è un insulto all'intelligenza". Testo+ Video

Tra i punti più incisivi dell'intervista a Mons. Suetta, Vescovo di Ventimiglia-San Remo, c'è l'affermazione che il cristianesimo e l'islam non sono religioni uguali. Questo è un fatto evidente per chiunque abbia un minimo di conoscenza teologica e storica.
QUI la versione originale in inglese.
QUI l'intervista a Nico Spuntoni su Il Tempo.
QUI e sotto il video.
Luigi C.

(LifeSiteNews), Gaetano Masciullo, 16-1-25 - La settimana scorsa il vescovo di Sanremo-Ventimiglia Antonio Suetta ha dichiarato a un giornale italiano che il cattolicesimo e l'Islam sono due religioni molto diverse.

L'intervista rilasciata da Mons. Suetta a Il Tempo del 6 gennaio 2025, è un raro esempio di chiarezza e coraggio episcopale. In un'epoca in cui la paura di contraddire il pensiero dominante sembra aver messo a tacere gran parte dell'episcopato cattolico, le parole di Mons. Suetta risuonano come un gesto di speranza per molti fedeli, soprattutto in Italia.
Non è esagerato dire che il suo intervento spicca in un contesto ecclesiastico - quello italiano - oggi negativamente influenzato dalla vicinanza con Roma, da tempo occupata da neomodernisti che hanno trasformato i loro posti di responsabilità in centri di diffusione di ambiguità dottrinali e derive pastorali, se non di vere e proprie eresie. La speranza è che Mons. Suetta non subisca una sorte simile a quella di Mons. Rey di Fréjus-Toulon in Francia, recentemente rimosso dal suo incarico per aver difeso apertamente la tradizione liturgica.
Tra i punti più incisivi dell'intervista c'è l'affermazione che il cristianesimo e l'islam non sono religioni uguali. Questo è un fatto evidente per chiunque abbia un minimo di conoscenza teologica e storica. Infatti, va sempre tenuto presente che l'Islam va considerato un'eresia del cristianesimo, e quindi una sua degenerazione. Tuttavia, le differenze tra le due religioni vanno ben oltre la dottrina: si riflettono nelle loro conseguenze politiche e sociali. Basti pensare al caso di Molenbeek, a Bruxelles, un comune ormai prevalentemente islamico in cui viene effettivamente applicata la sharia, rendendo questa zona un'anomalia giuridica rispetto al resto del Belgio. L'ironia è che questo accade proprio nella sede dell'Unione Europea, un'istituzione che ha promosso il relativismo e il multiculturalismo estremo.

Mons. Suetta, senza giri di parole, all'indomani dei caotici festeggiamenti di Capodanno a Milano, durante i quali molti immigrati islamici hanno insultato l'Italia e intonato "Allāhu Akbar", ha lanciato un monito a chi continua a sostenere che tutte le religioni sono uguali. "Equiparare le religioni è un insulto all'intelligenza", ha dichiarato. È una frase che farà storcere il naso a molti, ma esprime una verità innegabile. Che nessuno, soprattutto in Vaticano, si senta offeso.

Mons. Suetta ha avuto il coraggio di denunciare un ecumenismo che scende nel sincretismo. A dire il vero, Papa Francesco è stato uno dei principali promotori di questa tendenza, sostenendo esplicitamente (vedi la Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019) che tutte le religioni portano a Dio allo stesso modo. Questo approccio, che appare più una forma di diplomazia interreligiosa che di autentica carità cristiana, ha creato profondo disagio e imbarazzo tra milioni di fedeli in tutto il mondo.

I musulmani, da parte loro, non esitano a proclamare la superiorità della loro fede e ad affermare che il loro obiettivo finale è l'islamizzazione del mondo. Questo contrasto è tanto evidente quanto scoraggiante. Mentre l'Islam non fa concessioni, il mondo cattolico, con rare eccezioni come il vescovo Suetta, sembra impegnato a smantellare la propria identità.

Un altro aspetto fondamentale dell'intervista riguarda l'enfasi posta da Mons. Suetta sui doveri dei migranti. In un'epoca in cui i diritti sembrano dominare ogni discorso, è confortante sentire un vescovo che ricorda ciò che viene insegnato dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

Le autorità politiche, per il bene comune di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a varie condizioni giuridiche, soprattutto per quanto riguarda i doveri degli immigrati nei confronti del Paese di adozione. Gli immigrati hanno l'obbligo di rispettare con gratitudine il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li accoglie, di obbedire alle sue leggi e di contribuire a sostenere i carichi civici.

L'immigrazione non può essere un processo a senso unico in cui gli immigrati rivendicano semplicemente dei diritti senza alcun impegno per l'integrazione. Questo approccio è perfettamente in linea con quanto la Chiesa ha insegnato in materia di immigrazione fin dai tempi di San Tommaso d'Aquino.

L'Aquinate, nel suo Summa Theologiae (I-II, q. 105, art. 3), presenta una delle analisi più profonde e realistiche mai elaborate su questo tema. Il grande Dottore della Chiesa distingue tra diversi tipi di immigrati, sottolineando che l'ospitalità deve essere ordinata al bene comune. Non tutti gli immigrati sono uguali e le nazioni hanno il diritto di regolare l'immigrazione in base alla sua compatibilità con i valori e le esigenze del Paese.

San Tommaso cita Aristotele, ricordandoci che l'integrazione è un processo lungo che può richiedere due o tre generazioni. L'ammissione indiscriminata di stranieri potrebbe mettere in pericolo il bene comune, soprattutto se questi non sviluppano un forte attaccamento alla nazione ospitante.

Il vescovo Suetta ha toccato un nervo scoperto parlando dell'immigrazione musulmana. La storia europea è segnata da secoli di conflitti con l'Islam, che ha sempre cercato di espandersi nel continente. Eventi come le battaglie di Poitiers (732), Lepanto (1571), Vienna (1683) e altri ancora testimoniano il prezzo pagato per difendere la cristianità. Ignorare questa realtà storica equivale a negare l'evidenza.

L'idea che l'immigrazione musulmana sia semplicemente una questione umanitaria è ingenua e pericolosa. Come ci ha ricordato il vescovo Suetta, l'Europa (e tutto il mondo occidentale, che ha perso le sue origini cristiane) deve essere vigile. Dobbiamo evitare che le città diventino avamposti della sharia.

L'intervista del vescovo Antonio Suetta è un invito a comprendere correttamente il diritto naturale all'immigrazione in un momento di grande confusione su questo e altri temi. La sua franchezza rappresenta una boccata d'aria fresca per molti cattolici, soprattutto italiani, che spesso si sentono abbandonati da un clero troppo attento a non contraddire il politicamente corretto.

Il coraggio del vescovo è un esempio lampante di ciò che significa essere un vero pastore: non temere di proclamare la verità, anche a costo di affrontare la persecuzione - sia dall'esterno che dall'interno della Chiesa.