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sabato 7 dicembre 2024

Una proposta per la ristrutturazione della Cathédrale Notre-Dame di Parigi che prevede una cappella per il rito tradizionale

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1135 pubblicata da Paix Liturgique il 6 dicembre, in cui si riprende, fondatamente e senza toni provocatori, la proposta di riservate una cappella della ristrutturata Cathédrale Notre-Dame di Parigi alla liturgia tradizionale.

L.V.


Un’ottima notizia è stata appena rivelata dal quotidiano La Croix: nella Cathédrale Notre-Dame di Parigi, che sta risorgendo dalle sue ceneri, sarà costruita una cappella dedicata ai Cristiani d’Oriente. La cappella sarà inaugurata il 25 maggio 2025, Giornata mondiale dei cristiani d’Oriente (QUI).

Cogliamo l’occasione per ripubblicare l’essenza di una lettera di Paix Liturgique di due anni fa, la Lettre 900, datata 15 novembre 2022, in cui facevamo una proposta simile per il Rito Romano Tradizionale (QUI) [QUI su MiL: N.d.T.].

La nostra proposta – riservare al rito tradizionale una cappella nella Cathédrale Notre-Dame di Parigi – può sembrare una divertente provocazione. Ci sbaglieremmo: così come, in un contesto completamente diverso, la cattedrale primigenia della Spagna, la Catedral Primada de Santa María di Toledo, comprende una cappella in cui si celebra l’antico rito mozarabico, sarebbe normale che la venerabile liturgia che vi si usa da tempo immemorabile e che attualmente si celebra in oltre 450 luoghi di culto del nostro Paese sia presente nel centro morale del Cattolicesimo francese.

L’esempio storico del rito mozarabico: la Cathédrale Notre-Dame di Parigi e la Catedral Primada de Santa María di Toledo

Da qui la nostra idea, in linea di principio per il momento, di chiedere una sorta di riparazione: l’installazione nella Cathédrale Notre-Dame di Parigi, che l’incendio ha mostrato essere simbolicamente il cuore del Cattolicesimo francese, di una testimonianza visibile e vivente di quello che è stato il culto in questo edificio per secoli.

La nostra proposta si riferisce a ciò che è accaduto, in circostanze completamente diverse, all’antichissimo rito latino visigoto, noto come rito mozarabico, nella Catedral Primada de Santa María di Toledo. Questo rito latino non romano si era conservato nelle terre occupate dai musulmani, dove i Cristiani vivevano in isolamento a causa delle scarse comunicazioni con il resto della Cristianità latina. Nel frattempo, la Cristianità latina aveva notevolmente romanizzato la propria liturgia, a partire dal periodo carolingio e fino alla riforma gregoriana portata avanti dal monachesimo cluniacense. Anche in Spagna, con l’avanzare della Reconquista, le province tornate cristiane adottarono la liturgia romana. Tuttavia, la forte resistenza popolare a favore della tradizione liturgica mozarabica fece sì che questa venisse mantenuta accanto al rito romano a Toledo, riconquistata nel 1085.

Senza entrare nei dettagli di questo periodo un po’ turbolento della storia della liturgia spagnola, diciamo solo che si concluse nel 1495, quando il grande studioso e umanista card. Francisco Jiménez de Cisneros O.F.M.Obs., Arcivescovo metropolita di Toledo e Primate di Spagna, si fece carico del mantenimento di questo venerabile rito. Come se volesse mettere questa venerabile liturgia su un candelabro, fondò nella sua cattedrale la Capilla del Corpus Christi o Capilla Mozárabe, servita da tredici canonici che cantavano perennemente la Santa Messa e l’Ufficio Mozarabico quotidiano (si veda la Schola Sainte-Cécile sull’abbozzo di storia del rito mozarabico).

Mons. Laurent Bernard Marie Ulrich come il card. Francisco Jiménez de Cisneros O.F.M.Obs.?

Naturalmente, la persistenza del rito mozarabico di fronte al rito romano non ha lo stesso significato di quella del rito romano tradizionale di fronte al rito di San Paolo VI. Nel primo caso non c’era opposizione teologica tra i due riti, mentre nel secondo, come giustamente sottolineano la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970 e la lettera papale che l’accompagna, negando al rito tradizionale lo status di lex orandi, si crea uno iato tra le espressioni dottrinali rappresentate dai due riti. La liturgia di San Paolo VI e la liturgia tradizionale, che ci piaccia o no, sono e restano in discussione.

Trattandosi del culto che celebriamo, questo dibattito teologico è necessariamente pratico. Chi può temere questo dibattito? In questa vetrina del Cattolicesimo francese, in questa antica cattedrale dove i Cattolici di tutto il mondo torneranno ad affluire tra i flussi turistici, la presenza viva del rito romano secolare sarebbe molto gradita. Mons. Laurent Bernard Marie Ulrich, Arcivescovo metropolita di Parigi, come il vecchio card. Cisneros, farebbe la cosa giusta se accettasse la nostra proposta.

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