Domine, adveniat Regnum tuum. Signore, venga il Vostro Regno: si realizzi esso in noi, per venir poi diffuso intorno a noi.
Luigi C.
di Plinio Corrêa de Oliveira, TFP, 18-12-24
Se in tutte le epoche della storia cristiana la data del Natale apre una parentesi gioiosa e tranquilla nel corso normale e laborioso della vita quotidiana, nella nostra epoca - caratterizzata da una crisi religiosa così grave da abbracciare tutta la vita sociale - questa celebrazione acquista un significato speciale.
La commemorazione dell'evento trascendentale accaduto nella grotta di Betlemme - la nascita del Verbo di Dio, il Messia preannunziato dai profeti - equivale ad un universale sursum corda proclamato a una umanità tumultuosa e sofferente, che si va immergendo sempre più nel caos della completa dissoluzione morale e sociale.
Secondo il messaggio dei Profeti, il popolo eletto sperava la salvezza da un Messia che sarebbe nato dalla stirpe di Davide. Tutti gli altri popoli della terra, pur non avendo ricevuto i messaggi divini trasmessi dai Profeti, conservavano una reminiscenza della promessa di un Salvatore fatta da Dio ad Adamo ed Eva al momento della loro cacciata dal Paradiso. Pertanto conservavano anche la tradizionale speranza, più o meno deformata, che un Salvatore avrebbe dovuto rigenerare l'umanità sofferente e peccatrice.
Questa speranza, poi, era giunta all'apice nell'epoca in cui Nostro Signore veniva al mondo. L'Impero romano si estendeva per tutto il mare Mediterraneo ed anche nel continente europeo. Il commercio si era intensificato per mezzo dell'apertura di strade o dell'intensificarsi della navigazione. Gli uomini avevano ottenuto i beni desiderati, ma, una volta faticosamente conquistati questi strumenti di felicità, non sapevano che farsene.
Tutto ciò che avevano desiderato a lungo, per tanto tempo e con tanti sforzi, lasciava nella loro anima un terribile vuoto; anzi, in molti casi li tormentava. Infatti, in mano di chi non sa trarne il debito vantaggio, potere e ricchezza servono soltanto a causare afflizioni e a procurare sofferenze.
Fu in questo scenario, mentre uomini di Stato e moralisti dell'epoca discutevano gravemente su così tanti e tanto insolubili problemi, che in una stalla di Betlemme, durante una notte tranquilla e benedetta, s'irraggiò sul mondo la salvezza.
La società del futuro, prodotta dalla soluzione dei problemi più importanti e vitali dell'epoca, nasceva allora a Betlemme, ed era dalle mani verginali di Nostra Signora che il mondo riceveva il Messia, destinato a redimere il mondo col Suo Sangue e a riorganizzarlo secondo il Suo Vangelo.
Qual’è la lezione principale che dobbiamo trarne?
In primo luogo, come per l'umanità dell'epoca di Augusto la soluzione dei più intricati problemi sociali e politici non fu trovata se non in Nostro Signore Gesù Cristo, così anche nel nostro tempo è soltanto nei suoi insegnamenti che dobbiamo porre le nostre speranze. «Instaurare omnia in Christo», fu il motto del grande Pontefice san Pio X.
Ma c'è anche un'altra riflessione, ancora più opportuna.
I teologi concordano nell'affermare che, se la salvezza si irraggiò pel mondo in quel tempo, lo dobbiamo alle onnipotenti preghiere della Ss.ma Vergine, che ottenne di anticipare il giorno della nascita del Messia. Nessuno può dire per quanti anni, o quanti secoli, la Redenzione avrebbe tardato, senza le preghiere di Maria.
Questa Redenzione avvenne per opera della preghiera umile e fiduciosa della Vergine Maria, interamente ignorata dai suoi contemporanei, dato che ella conduceva una vita contemplativa e solitaria nel piccolo angolo in cui la Provvidenza l'aveva fatta nascere.
Senza voler per questo sminuire, per poco che sia, la vita attiva, bisogna notare che fu per mezzo della preghiera e della contemplazione che il momento della Redenzione fu anticipato, e che quei benefici che il genio di Augusto e la sapienza di tutti i grandi politici, generali e amministratori del suo tempo non avevano potuto dare al mondo, Dio li dispensò per mezzo di Maria.
Inginocchiati davanti al Presepio, rivolgiamo al Divino Infante, per mezzo della Sua Santissima Madre, le nostre più ardenti preghiere: prima di tutto, per ciò che amiamo di più al mondo, ossia la Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Preghiamo per i santi, perché diventino più santi; per i buoni, perché si santifichino; per i tiepidi, perché diventino fervorosi; per i peccatori, perché diventino buoni; per gli empi, perché si convertino. Preghiamo quindi per noi stessi, per diventare più esigenti nell'ortodossia, più severi nella purezza, più fedeli nell'avversità, più pazienti nelle umiliazioni, più energici nella lotta [“militia est vita hominis super terram”, Giob 7), più compassionevoli verso coloro che, vergognandosi dei loro peccati, lodano pubblicamente la virtù e si sforzano seriamente di conquistarla.
Domine, adveniat Regnum tuum. Signore, venga il Vostro Regno: si realizzi esso in noi, per venir poi diffuso intorno a noi.
Fonte: "Legionario”, 25 dicembre 1938.
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