Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi C.
167ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA LORO PREGHIERA PER LA DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI ALL'ARCIDIOCESI DI PARIGI
È nuovo di zecca, appena uscito: è arrivato il rito Maya. Con l'approvazione del Papa, il Dicastero per il Culto Divino ha concesso l'8 novembre il riconoscimento di “alcuni adattamenti liturgici per la celebrazione della Santa Messa” in Messico, in Tseltales, Tsotsiles, Ch'ol, nei gruppi etnici Tojolabal e Zoque della diocesi di San Cristóbal de Las Casas.
Si sapeva che questo rito era in preparazione, come vi avevo già accennato, ma ora ne conosciamo i dettagli. È stato il cardinale messicano Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della dottrina della fede della Conferenza episcopale del Messico, ad annunciare la notizia in un articolo pubblicato da Exaudi (Cardinal Arizmendi : Adaptations liturgiques indigènes – Exaudi) .
Incensazione dell'altare, delle immagini sacre, del libro del Vangelo, dei ministri e dell'assemblea da una, due o tre donne, al posto del sacerdote, e questo con un incenso proprio della cultura in questione; preghiere dette da un laico, uomo o donna, detto “principal” o “principale”, che sta accanto al sacerdote come quasi concelebrante; danze rituali nell'offertorio, nella preghiera dei fedeli o nella azione di grazie dopo la comunione, che sono movimenti dell'intera assemblea, “monotoni, contemplativi”, accompagnati da musiche tradizionali; uso delle conchiglie Maya, che un tempo venivano usate per comunicare con gli antenati; candele Maya accese che permettono il contatto con altre persone vive o defunte e con “nostra sorella Madre Terra”; una sorta di altare maya, detto “offerta maya”, che porta i prodotti della terra e del lavoro dell'uomo, piante, fiori, frutti, semi e perfino candele di diverso colore rivolte verso i quattro punti cardinali, ritenuti più o meno divini tra i Maya.
È importante sottolineare questa presenza al centro della celebrazione di un laico, uomo o donna, detti principal o principale, che sono come capi locali e che, quindi, guidano alcune parti della preghiera comunitaria, all'inizio della messa, per esprimere intenzioni, chiedere perdono, condurre la preghiera dei fedeli.
Il cardinale Arizmendi ritiene molto significativa questa concessione fatta ai Maya, così come lo è stato l'adattamento rituale per le diocesi dello Zaire. Al che aggiunge che se ci sono deviazioni in certi costumi indigeni, questi non vengono ora purificati dal loro paganesimo, come si diceva classicamente dell'effetto del processo di inculturazione, ma raggiungono piuttosto “la loro pienezza in Cristo e nella sua Chiesa”. Il che è perfettamente coerente con la strana teologia del dialogo interreligioso che dà consistenza alle religioni non cristiane, considerate incomplete anziché false.
Tuttavia va detto che storici e antropologi seri sarebbero inclini a mettere in discussione i meriti di questi presunti prestiti dalla cultura e dalla religione Maya dell'era precolombiana. Una religione terrificante, con il suo infernale mondo sotterraneo e la sua incredibile moltitudine di dei che ben corrispondono alle parole del Salmo 95,5 "i loro dei sono demoni", tanto erano assetati del sangue versato durante i sacrifici umani, quelli dei prigionieri, dei schiavi, bambini, soprattutto orfani e figli illegittimi che venivano acquistati appositamente per l'occasione.
Va inoltre notato che il termine “rito Maya” è abusivo. Si tratta infatti di un adattamento introdotto nel rito romano: su questo sia il Dicastero per il Culto Divino che il cardinale Arizmendi sono molto chiari. All'improvviso, la domanda ovvia che viene in mente è ancora più forzosa: se possiamo celebrare il rito romano alla maniera zairese, alla maniera maya, e domani alla maniera amazzonica, perché non potremmo celebrarlo anche alla maniera tradizionale, lì dove essa riflette il volto della cultura nella quale è così profondamente radicato...
Come è facile da immaginare, non sono io il primo a porsi questa ingenua domanda. In Messico, dove la questione sta suscitando molto scalpore, la medesima questione è stata ampiamente sollevata dai tradizionalisti. È stato lì che, all’improvviso, il cardinale Arizmendi si è arrabbiato (Desde la fe, il 26 novembre, Jesucristo celebró la eucaristía inculturada) e ha affermato che queste reazioni dimostravano “ignoranza liturgica”. Secondo lui, non c’è “niente di pagano o contrario alla fede cattolica” in questi “adattamenti” liturgici. E inoltre “i tradizionalisti vogliono che la Messa rimanga immutata e conservi il rito romano com'era prima del Concilio Vaticano II, ma né Gesù né gli Apostoli hanno celebrato con il Messale tridentino”. Ma allora verrebbe da precisare: nemmeno con il rito Maya. E il cardinale aggiunge questa solenne, chiamiamola sciocchezza: «Questo [il messale tridentino] risale solo al XVI secolo.» Con saggi come il cardinale Arizmendi e il cardinale Roche, che ha detto quasi la stessa sciocchezza, è chiaro a tutti che la liturgia romana è in buone mani...
Cari amici sentinelle, noi che non siamo trattati bene né coccolati come gli zairesi, i maya e gli amazzonici, continueremo a lottare per il rito tradizionale romano perseguitato. I nostri rosari parigini davanti all'arcidiocesi, 10 rue du Cloître-Notre-Dame, dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 13:30, a Saint-Georges de La Villette, 114 ave. Simón Bolívar, mercoledì alle 17, davanti a Notre-Dame du Travail, 59 rue Vercingétorix, domenica alle 18,15, sono una petizione instante al cielo e una protesta costante dinanzi ai nostri pastori: “Restituiteci la libertà alla messa tradizionale!”
Echi delle veglie: Un asiatico si avvicina e parliamo con lui in inglese “È bellissimo conoscervi, sono cinese e servo regolarmente la messa del cardinale Zen secondo l'usus antiquior, permettetemi di pregare con voi”
Quando gli abbiamo proposto di fare una foto di gruppo mentre pregavamo, ha risposto: "Preferirei di no, sono a Parigi in missione ufficiale..."