Un grande filosofo da riscoprire.
Luigi C.
Schola Palatina, Roberto de Mattei, 3 Luglio 2024
Il dossier di questo mese di Radici Cristiane è dedicato a uno dei maggiori filosofi del Novecento, il sacerdote stimmatino Cornelio Fabro, nato a Udine nel 1911 e morto a Roma nel 1995. La crisi contemporanea prima di essere politica e sociale è culturale e solo il ritorno ai princìpi dell’ordine naturale e cristiano potrà risolverla. Questi princìpi sono fondati sulla filosofia aristotelico-tomistica dell’Essere e sono negati da una caterva di errori intellettuali, che hanno la loro radice metafisica nell’allontanamento dalla Philosophia perennis. Nel disorientamento intellettuale, che ha caratterizzato soprattutto l’ultimo mezzo secolo, l’opera di padre Fabro ha rappresentato e rappresenta un prezioso punto di riferimento soprattutto per la sua penetrante critica degli errori filosofici e teologici del nostro tempo, alla luce di quello che egli definiva il “tomismo essenziale”.
Fin dal primo importante libro, che ne rivelò l’originalità, su La nozione metafisica di partecipazione secondo san Tommaso (S.E.I., Torino 1939), egli prese le distanze dal formalismo dominante della neoscolastica del XX secolo, per proporre un ripensamento del tomismo non “storico”, ma teoretico e speculativo. Cardine di questo ripensamento è il rilievo da lui dato del primato, nel pensiero del Dottore Angelico, dell’essere come “atto”, come fondamento concreto del reale, che non può essere ridotto ad “esistenza”, né identificato con un mero concetto o “idea” di essere. Questa tesi di fondo fu poi sviluppata in opere specialistiche, ma capitali, come Partecipazione e causalità (1960) e Tomismo e pensiero moderno (1969) e costituisce ormai un’acquisizione del tomismo contemporaneo.
Al realismo tomista, secondo Fabro, si oppone, soprattutto dopo Cartesio, il moderno principio di immanenza. Il punto di partenza di Cartesio è espresso dalla celebre formula cogito ergo sum, secondo cui il pensiero viene prima dell’essere e ne costituisce il fondamento. Realismo, come osserva padre Cornelio Fabro, significa dipendenza della coscienza dall’essere, cioè dalla realtà. I filosofi moderni affermano invece la dipendenza dell’essere dalla coscienza ossia la dissoluzione dell’essere, destinato a dissolversi nel nulla. Il cogito cartesiano sostituisce infatti, alla filosofia delle certezze, una filosofia del dubbio, che presuppone, come punto di partenza, un pensiero puro, senza contenuto, ma come nota padre Fabro, «quel dubbio assoluto con cui il pensiero moderno – da Cartesio a Kant, a Hegel, a Marx, fino a Sartre – vuol fare l’inizio, non è dubbio affatto, ma è niente, perché dubbio può essere solo uno stadio intermedio fra una certezza iniziale e un’oscurità che si presenta. Quando si toglie ogni contenuto dall’atto non c’è più dubbio alcuno, non si dubita più perché non c’è più niente».
Le origini di molte aberrazioni contemporanee, come la “teoria del gender”, stanno in questa emancipazione dell’intelligenza dalla realtà. Se l’intelligenza non si conforma alle leggi della realtà, ma pretende di ricrearla, nulla esisterà mai di stabile e di definito, neppure la natura umana, oggettiva e immodificabile.
Nello stesso periodo in cui Augusto Del Noce dedica un importante volume a ll Problema dell’ateismo (1964), Fabro pubblica una Introduzione all’ateismo moderno (1969), che tocca la stessa problematica affrontata dal filosofo torinese. Ma, mentre Del Noce ritiene che l’ambiguità di Cartesio consenta un recupero della sua filosofia, Fabro fa risalire proprio al cogito cartesiano le origini dell’itinerario nichilistico del pensiero moderno, da Spinoza a Kant, da Hegel a Heidegger.
Le conseguenze devastanti del principio di immanenza sono visibili per Fabro in diversi campi del pensiero, compresa la teologia. Nei libri La svolta antropologica di Karl Rahner e L’avventura della teologia progressista, pubblicati da Rusconi nel 1974, il filosofo stimmatino analizza il progressismo cattolico postconciliare, definendolo una teologia «che per salvare il mondo si abbevera al veleno che intossica il mondo». Fabro indica il principale artefice dell’attuale sconquasso teologico nel gesuita tedesco Karl Rahner, araldo di quella «svolta antropologica», in nome del dialogo con la moderna società secolarizzata, che costituisce la massima negazione della trascendenza divina e del soprannaturale. L’operazione che Rahner dichiara di portare avanti è quella di piegare la teologia all’antropologia trascendentale del suo “maestro” Martin Heidegger, per conciliarlo con san Tommaso, travisando sistematicamente e capovolgendo il senso dei testi tomistici. Proprio in quest’opera, come ricorda don Cecotti, Fabro parlò di «pornoteologia» per indicare la nuova morale post-conciliare della situazione, negatrice, facente dell’amore l’unico principio direttivo dell’orientamento morale. «Leggere oggi queste pagine di Fabro sulla pornoteologia – osserva giustamente don Samuele Cecotti – impressiona per l’attualità dell’analisi, sembra quasi che Fabro le avesse stese conoscendo il dibattito aperto dai due Sinodi sulla famiglia e da Amoris laetitia».
Come Del Noce, Fabro fu uno dei pochi intellettuali cattolici, che criticarono apertamente lo slittamento verso sinistra della società italiana del dopoguerra (soprattutto in La trappola del compromesso storico, 1979). Padre Fabro, sottolinea giustamente Giovanni Turco, indica la necessità di pensare metafisicamente anche il diritto e la politica: «Il primato dell’essere comporta il primato del bene e questo non corrisponde ad una convenzione o ad una preferenza, bensì ad una realtà e ad una finalità obiettiva».
Merita encomio il Progetto culturale Fabro promosso dall’Istituto del Verbo Incarnato allo scopo di conservare e diffondere il pensiero e le opere di Cornelio Fabro: nelle Opere Complete, in corso di pubblicazione, ci sono testi spirituali di cui Cristina Siccardi ha ben messo in rilievo l’importanza, come i Profili dei Santi e una suggestiva biografia dedicata a Gemma Galgani, testimone del soprannaturale.
Non bisogna dimenticare che Cornelio Fabro, prima di essere un filosofo, fu un esemplare sacerdote. Lo spirito di fede illuminò la sua speculazione filosofica, in tempi di infedeltà e di sviamento dottrinale. L’opera di Cornelio Fabro ci offre l’esempio di quell’autentico progresso nel campo del pensiero, che consiste nell’avanzare alimentandosi alla fonte della tradizione e della philosophia perennis. Per contro, come scriveva lo stesso Fabro, «chi pretende di avanzare tagliando i ponti con il passato non avanza, ma precipita nel vuoto, non incontra l’uomo storico in cammino verso il futuro della salvezza, ma viene risucchiato dai gorghi del tempo senza speranza».
FONTE: Radici Cristiane n. 125