Riceviamo e pubblichiamo.
"Attendendo la fine almeno godendosi l’intervallo (Schopenhauer)? Morte come poter-essere più proprio, che responsabilizza l’uomo in modo definitivo quale essere-nel mondo (Heidegger), ma solo per questo mondo? Morte come aggirarsi di simulacri esangui nell’ade (Omero) o come liberazione per poter far vivere l’anima per mezzo della quale conosciamo l’essenza delle cose, la Verità (Socrate)? La morte generalmente è sempre troppo prematura perché l’uomo ha voglia di vivere (M. Recalcati) e per questo il suo sopravvenire funesto incute paura. La visione cristiana, invece, è radicalmente nuova: la morte è entrata nel mondo a causa del peccato; è il tributo che paghiamo per la condanna inflitta ad Adamo (Sant’Agostino). Mistero certo, ma non più un’attesa sfibrante. Essa è un passaggio costante, cristiano, una conversione di cui l’uomo ha bisogno. La morte, nelle parole di Sant’Agostino, è «il passaggio dall'infedeltà alla fede, dall'iniquità alla giustizia, dalla superbia all'umiltà, dall'odio alla carità» (Omelia 22). Così passiamo dalla morte alla vita non andando incontro al giudizio (cf. Gv 5,24). Il cristiano non aspetta la morte ma la vive ogni giorno nello sforzo di passare costantemente alla vita, di vivere da risorto, qui ed ora, nella Verità e nell’Amore di Dio".
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