Riceviamo, ringraziando, da Gaetano Masciullo, e pubblichiamo.
Luigi C.
Gaetano Masciullo, The Remnant, 4-11-24
La Dichiarazione Dignitas Infinita "sulla dignità umana", emanata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, firmata dal Cardinale Víctor Manuel Fernández il 2 aprile 2024 e approvata dal Santo Padre ex audientia (quindi, senza firma esplicita), si presenta come un documento che esamina la dignità umana. Tale documento rientrerebbe nel cosiddetto magistero autentico di Papa Francesco, ovvero costituisce un insegnamento che, pur non impegnando l'infallibilità con un atto definitivo, richiede comunque, secondo il Codice di Diritto Canonico, "un religioso ossequio dell'intelletto e della volontà" (CIC 752). Ciò lascia un certo grado di libertà al dibattito e all'analisi teologica.
Esaminiamo, quindi, i punti di questo documento che meritano un'analisi critica rigorosa alla luce della dottrina cattolica, in particolare per quanto riguarda il rischio di ambiguità e di allontanamento dalla Tradizione magisteriale della Chiesa.
Uno dei problemi principali risiede nel fallimento del documento nel definire il termine "dignità" al suo interno. Nonostante il tema centrale sia la dignità umana, il documento propone l'esistenza di quattro tipi specifici di dignità (ontologica, sociale, morale ed esistenziale) senza chiarire a sufficienza (1) cosa significhi "dignità" e (2) in cosa consistano queste quattro forme di dignità. Tra queste, il documento afferma che solo la "dignità ontologica" umana è infinita. Questa affermazione risuona in modo allarmante con l'idea massonica secondo cui l'uomo possiede un valore intrinseco illimitato, una convinzione che aspira a elevare l'uomo al livello di Dio.
Al contrario, San Tommaso d'Aquino fornisce una definizione chiara e coerente con la fede: la dignitas è "la bontà intrinseca di un essere" ( In Sent . III, d. 35, q. 1, a. 4, q. 1, c.). Se la dignità umana fosse infinita, allora logicamente anche i diritti umani sarebbero infiniti. Questa affermazione è pericolosa perché, in sostanza, attribuisce all'uomo un attributo esclusivo del divino: l'infinito ( S.Th. I, q. 7, a. 1). Secondo la dottrina cattolica, tuttavia, l'uomo è una creatura che, sebbene creata a immagine e somiglianza di Dio, rimane finita e, purtroppo, segnata dal peccato originale. Dichiarando l'infinità della dignità umana, il documento sembra negare implicitamente il dogma del peccato originale, suggerendo che l'uomo conserva una bontà perfetta e illimitata, una nozione incompatibile con l'antropologia cristiana.
La Dichiarazione suggerisce che la dignità umana, essendo infinita, serve come base per evitare la violenza verso gli altri. Tale affermazione implica che la dignità umana sia immutabile e non soggetta a degradazione. Tuttavia, questo è falso. La tradizione cattolica insegna che il peccato mortale degrada la dignità di un individuo.
L'uomo può certamente aspirare all'unione con Dio attraverso la grazia, ma la sua dignità non diventa infinita in sé se non in virtù di Gesù Cristo. Pertanto, riferirsi a una dignità "infinita" dell'uomo rappresenta un grave errore teologico e può aprire la porta a tendenze antropocentriche, dove l'uomo è illuso nel pensare di possedere una sorta di autonomia assoluta, contraria al riconoscimento della sua dipendenza da Dio. Come ci ricorda la liturgia, siamo salvati "per mezzo di Cristo, con Cristo e in Cristo". Non ci sono altre vie!
San Tommaso d'Aquino, nel De rationibus fidei , chiarisce ulteriormente: " Nessun uomo ha una dignità infinita , capace di soddisfare adeguatamente un'offesa a Dio". Il peccato originale ha gravemente compromesso la bontà dell'uomo, introducendo una ferita nella sua natura che necessita della Redenzione. Se l'uomo possedesse una dignità infinita, sarebbe in grado di espiare da solo la colpa infinita del peccato. Invece, la dottrina cattolica insegna che solo Dio, assumendo la natura umana in Cristo, è stato in grado di redimere l'umanità.
Pertanto, la pretesa di una dignità infinita mina, nelle sue implicazioni ultime, la necessità logica e teologica dell'Incarnazione e della Redenzione compiute da Cristo. L'intera struttura teologica del peccato e della salvezza è qui messa in discussione. La vera domanda diventa, allora: gli autori di questo documento credono nel peccato originale e nella necessità di un Redentore?
Un'altra conseguenza altamente dannosa per la teologia cattolica è la negazione dell'inferno. Se, infatti, ogni persona possiede una dignità infinita e può rivendicare diritti infiniti, anche di fronte a Dio (sottolineiamo: la dignità è la fonte dei diritti), allora ogni persona può espiare la propria colpa e salvarsi senza la necessità del Mediatore Divino.
Inoltre, la Dichiarazione suggerisce che la dignità umana, essendo infinita, serve come base per evitare la violenza verso gli altri. Tale affermazione implica che la dignità umana sia immutabile e non soggetta a degradazione. Tuttavia, ciò è falso. La tradizione cattolica insegna che il peccato mortale degrada la dignità di un individuo. Una dignità infinita, d'altra parte, renderebbe l'uomo immune da qualsiasi condizionamento o diminuzione. Tale nozione elimina ogni giustificazione teologica e persino filosofica per le sanzioni sociali e civili, inclusa la pena di morte, che, sebbene consentita solo in casi molto precisi ed eccezionali, è sempre stata riconosciuta come legittima nella dottrina tradizionale.
La citazione della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite come "autorevole eco" della dignità umana solleva notevoli preoccupazioni. La Chiesa, in quanto unica portatrice della Verità divina, non può e non deve cercare la convalida da un'organizzazione mondiale che rappresenta una visione secolare e relativistica della dignità e dei diritti.
Sottolineando la "dignità infinita" dell'uomo, il documento sembra anche promuovere una visione della natura umana che rischia di essere neo-pelagiana, riponendo eccessiva fiducia nelle capacità naturali dell'uomo senza il necessario aiuto della grazia divina. Questa visione fu condannata secoli fa dal Concilio di Orange (529 d.C.), che riaffermò la necessità della grazia per la salvezza e per ogni buona azione compiuta dall'uomo. La dottrina cattolica afferma che l'uomo, ferito dal peccato originale, ha bisogno della grazia per essere elevato verso Dio (Catechismo della Chiesa Cattolica, §2001).
Infine, la citazione della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite come "eco autorevole" della dignità umana solleva notevoli preoccupazioni. La Chiesa, in quanto unica portatrice della Verità divina, non può e non deve cercare la convalida da un'organizzazione mondiale che rappresenta una visione laica e relativistica della dignità e dei diritti. L'ONU, infatti, promuove un'idea dei diritti umani che spesso entra in conflitto con i principi cristiani, come dimostrano le sue posizioni sull'aborto e sulla sessualità. Ciò che dovrebbe essere una proclamazione dottrinale della Chiesa finisce paradossalmente per cercare legittimità da una fonte esterna.
La Dichiarazione Dignitas infinita rischia di allontanare la Chiesa dal suo autentico messaggio evangelico e di allinearla a principi estranei alla dottrina cristiana. Invece di affidarsi all'autorità del Magistero e della Scrittura, il documento sembra adottare visioni antropologiche vicine al modernismo e alla Massoneria, che vedono l'uomo come misura di tutte le cose. Secondo la prospettiva cattolica, l'uomo è una creatura nobile ma finita, segnata dal peccato e bisognosa di redenzione. La sua dignità non è infinita, ma dipende interamente dalla sua relazione con il Creatore, e si realizza pienamente solo nella grazia divina.
Invece di diventare un'“eco autorevole” dei principi mondani, la Chiesa deve ricordare al mondo che l'unica dignità infinita appartiene a Dio e che solo attraverso Cristo e la vita sacramentale nella Chiesa cattolica l'uomo può essere elevato, purificato e salvato. Solo in questo modo la Chiesa può continuare a essere un faro di verità e una custode della dignità umana secondo il disegno di Dio.
Gaetano Masciullo è un filosofo e scrittore cattolico, nonché collaboratore di Fede & Cultura, la principale casa editrice cattolica tradizionale in Italia. Contribuisce regolarmente a piattaforme cattoliche in Italia e concentra il suo lavoro sull'analisi di temi teologici e filosofici alla luce della tradizione cattolica.
Nessun commento:
Posta un commento