Grazie a Marco Tosatti per queste utili riflessioni del Card. Walter Brandmüller sui rischi sinodali.
Luigi C.
26 Ottobre 2024
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo pubblicato da kath.net, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e diffusione.
Riconoscere la vocazione individuale e distintiva dell’uomo e della donna in modo ancora più chiaro e profondo alla luce della rivelazione.
Di Walter Brandmüller
Roma (kath.net/as/wb) Il movimento femminista, che si è diffuso a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha impiegato molto tempo per avere un impatto nel mondo cattolico. Sebbene le donne abbiano sempre avuto un’influenza e un’importanza nella vita della Chiesa, è stato solo a metà del XX secolo che la richiesta di ordinare le donne come diaconi e sacerdoti è stata discussa e persino sollevata in modo spettacolare qua e là, soprattutto nelle comunità religiose femminili. Ciò avvenne in particolare negli Stati Uniti d’America. Nel mondo di lingua tedesca, ciò è avvenuto – per quanto si possa ricordare – in occasione del Sinodo di Würzburg del 1971-1976, un obiettivo che viene perseguito ancora oggi, a prescindere dalla decisione dottrinale definitiva di Giovanni Paolo II nella Sacerdotalis ordinatio del 1994, per la quale si può fare riferimento anche alle opinioni dei professori di dogmatica. Di conseguenza, imitazioni sacrileghe di tali ordinazioni si sono già verificate diverse volte. La discussione sembra non avere fine.
Recentemente, però, a margine del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, un gruppo internazionale di femministe non ha esitato a organizzare imitazioni blasfeme dell’ordinazione di donne vescovo e sacerdote su un battello sul Tevere. Alla luce di questi episodi spettacolari, è opportuno considerare la questione non dal solito punto di vista umano e sociale, ma alla luce della fede rivelata.
Cominciamo con uno sguardo al mondo tardo-antico dell’ellenismo, nel quale avvenne la rivelazione di Dio in Gesù di Nazareth. C’era un Olimpo avvolto dalle nubi, abitato da Zeus, il padre degli dei, insieme alla sua schiera di divinità, a cui sacerdoti e sacerdotesse dei Greci e dei Romani, più o meno convinti della loro esistenza, dedicavano canti e giochi e offrivano sacrifici. Cose simili accadevano in tutte le regioni dell’impero.
L’eccezione era Israele, che conosceva profetesse, persino “giudici” donne del popolo, ma mai sacerdotesse. “Ascolta, Israele, il tuo Dio è uno solo” – pregava l’ebreo più volte al giorno. Dio mandò suo Figlio, Gesù di Nazareth, proprio in questo Israele. Anche lui, che era devoto a Maria e Marta in amicizia e accettava le donne come sue seguaci, non scelse nessuna di loro, ma solo uomini per essere suoi apostoli e messaggeri.
Solo a loro delegò la sua autorità, in virtù della quale avrebbero dovuto continuare la sua opera di salvezza. In questo modo, però, Gesù Cristo ha stabilito la natura e la forma della sua Chiesa una volta per tutte, ma questo fatto non esprime alcun giudizio o classifica dei sessi, bensì il loro carattere individuale.
Ecco perché uomini e donne sono uguali senza restrizioni, uguali nei diritti, ma non sono affatto uguali. Anche la biologia ci insegna che esiste una differenza genetica fondamentale tra i due sessi, quando ci rendiamo conto che l’organismo femminile ha due cromosomi x, mentre quello maschile ha un cromosoma x e uno y. Ciò significa che ogni singola cellula può essere identificata inequivocabilmente come maschio o femmina. Questo corrisponde anche alla differenza tra la parte maschile e femminile nella trasmissione della vita, la paternità o la maternità.
Allo stesso modo, la missione dell’uomo e della donna nella società e, naturalmente, nella Chiesa è diversa – anche se le femministe lo negano. Tuttavia, l’essenza e la missione del sacerdozio nella Chiesa è che l’ordinato agisce in persona Christi in virtù del carattere sacramentale, cioè rappresenta Gesù Cristo. Il fatto che questo possa essere fatto in modo significativo solo da un uomo ordinato non è mai stato messo in discussione fin dagli inizi della Chiesa.
Oggi si sostiene che queste considerazioni possono anche corrispondere allo stato di conoscenza dell’antichità, ma questo è decisamente superato dallo sviluppo socio-culturale di duemila anni. Anche il dogma e la struttura della Chiesa, come l’uomo e il mondo in generale, sono soggetti alla legge del cambiamento costante, dell’evoluzione. Lo sviluppo, il dispiegamento è infatti un processo a cui tutti gli esseri viventi sono soggetti. La religione e la Chiesa – nella misura in cui sono un modo di vivere umano o una realizzazione della vita – non ne sono affatto esenti. Questo non va contraddetto.
Ma cosa significa “sviluppo”? In primo luogo, non si tratta di un processo meccanico e fisico, ma di un processo organico. Il seme diventa pianta, fiore e frutto, l’uovo si schiude in un pulcino. In ogni caso, si verifica uno sviluppo, ma non un cambiamento. Ciò che cambia nella forma e nel corso della sua vita non diventa nient’altro, rimane “se stesso” nel suo cambiamento.
Ma ora l’“evento Cristo” ha creato fatti di forza normativa una volta per tutte. La volontà del Dio-uomo fondatore della Chiesa – e quindi la sua inviolabile legge fondamentale – è riconoscibile nella sua ininterrotta tradizione bimillenaria. Questa non può essere messa in discussione da aberrazioni culturali e socio-politiche causate dallo Zeitgeist. Sarebbe quindi sbagliato vedere questa affermazione come un’espressione di arroganza clericale. In realtà, non sono in discussione le capacità, il valore e la dignità dell’uomo e della donna, ma piuttosto la loro natura e missione unica voluta dal Creatore. In breve: l’uomo e la donna hanno lo stesso valore, la stessa dignità, ma non sono affatto uguali. Allo stesso modo, ciascuno dei due sessi ha la stessa importanza nella trasmissione della vita, ma non lo stesso ruolo. Perciò la loro posizione nella società e nella Chiesa è ugualmente importante, ma non uguale.
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È alla luce di questo fatto, oltre che in considerazione del mondo e della Chiesa di oggi, che la domanda “Donne all’altare?” dovrebbe essere considerata. In questo modo sarà possibile riconoscere gli errori e le ideologie comuni del mainstream in quanto tale. Ma allora la vocazione individuale e distintiva di uomini e donne sarà riconosciuta in modo ancora più chiaro e profondo alla luce della rivelazione.