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giovedì 24 ottobre 2024

Roberto de Mattei: " doverosa una “rispettosa resistenza” di fronte a disposizioni che costituiscono un abuso" #sumpont2024

Un'interessante intervista al prof. Roberto de Mattei su liturgia, dottrina e magistero di Francesco.
"E io credo che su questo punto sia doverosa una “rispettosa resistenza” di fronte a disposizioni che costituiscono un abuso".
Luigi C.

Rosa Benigno, Roma, 22-10-24

NAPOLI. «La Chiesa avrebbe dovuto svolgere un ruolo profetico, opponendo alla secolarizzazione della società la sua perenne parola di Verità e di Vita» anziché rinunciare alla “sua missione di cristianizzare il mondo» rischiando che sia il «mondo a mondanizzare la Chiesa». Rispettoso nei confronti di Papa Francesco, lo storico Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto e direttore dell’agenzia “Corrispondenza Romana”, ha parlato con il Roma, a margine del convegno organizzato dalla Fondazione Il Giglio, per celebrare la figura dello studioso e militante cattolico Agostino Sanfratello.
De Mattei offre spunti di riflessione dei quali i cattolici, spesso disorientati da dichiarazioni fulminanti di Papa Francesco, possono giovarsi, sottraendosi dalle interpretazioni - di frequente tendenziose - che trasmettono i titoloni a effetto dei media. E consiglia ai fedeli tradizionalisti della Messa in latino, “traditi” dalla repressione attuata dai Vescovi progressisti: di praticare «una doverosa e “rispettosa resistenza” di fronte a disposizioni che costituiscono un abuso». Il professor de Mattei ha infine ribadito il giudizio negativo sull’infelice scelta del Governo di inserire Alessandro Giuli nel ruolo chiave di ministro della Cultura, non possedendo quest’ultimo, la formazione adatta a valorizzare la cultura italiana con le sue radici cristiano-cattoliche, che rappresenta l’aspettativa di un’ampia parte dell’elettorato del Governo Meloni.

Professor de Mattei, il disorientamento della Chiesa ha radici nella modernità che il Concilio Vaticano II ha voluto interpretare? Oppure è dovuta a inarrestabili cambiamenti della società, che hanno messo in discussione anche l’istituzione religiosa più importante dell’umanità?

«Non c’è dubbio che, soprattutto negli ultimi 50 anni, ci troviamo di fronte a un processo di secolarizzazione della società che ha coinvolto anche la Chiesa Cattolica e che, a mio parere, è una delle cause di quelle che chiamiamo la “crisi della Chiesa”. Il problema è del rapporto della Chiesa con il Mondo. Qui si trovano due visioni, direi, antitetiche. Secondo la prima: il processo di secolarizzazione della società è irreversibile e quindi la Chiesa non può fare altro che trovare un accomodamento con questo processo, adeguandosi alla sua linea direttrice. Non credo che sia così, ritengo che non esista una irreversibilità della storia e che la Chiesa avrebbe dovuto cercare di opporsi a questo processo di secolarizzazione anche perché questo processo sta mostrando tutti i suoi limiti e la Chiesa avrebbe potuto svolgere in questo cinquantennio un ruolo profetico, opponendo alla secolarizzazione della società la sua perenne Parola di Verità e di Vita. Purtroppo questo non è accaduto. A partire dal Concilio Vaticano II abbiamo assistito oggettivamente, di fatto, a un adeguamento della Chiesa al mondo. Ma se la Chiesa non cristianizza, se rinuncia alla sua missione di cristianizzare il mondo, sarà necessariamente il Mondo a mondanizzare la Chiesa. Ed è quello che, a mio parere, è accaduto».

Ci sono affermazioni di Papa Francesco - per esempio quella durante il recente viaggio in Indonesia sull’uguaglianza delle religioni - che lasciano sconcertati i cattolici. C’è chi definisce Papa Francesco un papa “eretico” e da queste sue affermazioni ricavano maggior forza. Altri mettono in discussione la validità della sua elezione. Cosa fare rispetto a questi insegnamenti contraddittori? Ma, anche, come attrezzarsi nei confronti di chi ne approfitta per colpire la Chiesa in quanto tale?

«La maggior parte delle affermazioni di Papa Francesco che disorientano, sconcertano e qualche volta irritano l’opinione pubblica cattolica, facendo addirittura pensare che Papa Francesco sia caduto in eresia, sono fatte in occasioni estemporanee, molto spesso in interviste o viaggi aerei, a partire da una delle prime che fece e che suscitò scandalo: “Chi sono io per giudicare?” fino a una delle ultime, quella sulla “uguaglianza delle religioni”. Non sono dichiarazioni sconcertanti, perché non sono state proposte all’interno di un discorso articolato, ma sono battute talmente brevi da avere in sé un largo margine di ambiguità e suscettibili di essere interpretate in maniera diversa. I giornali semplificano, naturalmente, nei loro titoli, radicalizzando, e cercando talvolta titoli ad effetto. Ma d’altra parte, a mio parere, c’è un errore di comunicazione - forse voluto, e sarebbe un errore di Papa Francesco - di voler affidare temi così importanti a interviste a giornalisti, a battute brevi ed estemporanee. E lo dico non solo per quanto riguarda espressioni che possono mettere in allarme giustamente il mondo tradizionale. Ma le riferisco anche a espressioni che condivido pienamente, quali ad esempio, nel corso del suo viaggio in Belgio, le affermazioni contro l’aborto e la definizione di “sicari” per i medici che lo praticano. Nel merito, Papa Francesco può avere ragione, ma temi così impegnativi - come quello sull’aborto, che è un omicidio – dovrebbero essere oggetto di un’enciclica, o di una dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Trattare il tema in una battuta può risultare provocatorio e finire con l’essere divisivo. Quindi io credo che questo modo di comunicare produca divisioni sia a destra che a sinistra, sia nel mondo progressista che in quello tradizionalista. Sembra che ci sia un “magistero dei mass media” - a cui il Papa si affida, ma che non controlla - un “magistero dei mass media” che si sta sovrapponendo al Magistero ufficiale della Chiesa, generando confusione tra i fedeli. Di fronte a questo, il rischio è di trovare una via di uscita al di fuori della Chiesa, abbandonandola, o approdando a posizioni a mio parere prive di fondamento come quelle di chi sostiene che Papa Francesco non sia il legittimo Papa ma un usurpatore, un impostore, un Anticristo. Questo fenomeno non è marginale e tende ad allargarsi. Se vogliamo fare dei nomi, possiamo ricordare quello di Monsignor Viganò, quello di Alessandro Minutella e, recentemente, del carmelitano padre Pier Giorgio Maria Faré. Questi personaggi discordano tra di loro, sono spesso in contrasto tra di loro, ma sono uniti nel negare la validità del pontificato di Papa Francesco. Ciò produce ulteriore confusione, perché se Papa Francesco non è il Papa, chi è? E chi guida la Chiesa? Perché la Chiesa ha bisogno di essere guidata dal Papa e da una gerarchia».

A Napoli, l’Arcivescovo Battaglia ha vietato la celebrazione delle Messe in latino, che raccoglievano numerosi fedeli e si svolgevano da 15-20 anni, autorizzando un unico istituto religioso a celebrarle. Come spiega questa ostilità delle gerarchie verso il rito antico ?

«Non conosco il caso specifico di Napoli. So, però, che in tutta Italia esiste da parte di molti Vescovi un atteggiamento che va al di là di quello dello stesso Papa Francesco. Tenga presente che ogni giorno viene celebrata da più di un sacerdote la Messa tradizionale nella Basilica di San Pietro, con l’autorizzazione del Papa. Sabato 26 ottobre ci sarà un pellegrinaggio di cattolici, sacerdoti e laici tradizionali, che sarà ospitato nella Basilica di San Pietro. A me sembra che questi Vescovi che vogliono proibire o limitare la celebrazione del rito antico vadano al di là delle stesse intenzioni del Papa e commettano dei gravi abusi, perché il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI ha riconosciuto e confermato la piena libertà di celebrazione della messa tradizionale e, fino ad oggi, questo Motu Proprio non è stato abrogato né può essere abrogato. La Messa cosiddetta Tridentina è inabrogabile. E io credo che su questo punto sia doverosa una “rispettosa resistenza” di fronte a disposizioni che costituiscono un abuso. La realtà è su scala nazionale: ci sono dei Vescovi più accondiscendenti e più disponibili. Ma altri non lo sono. Anche a Roma. La ragione di tanta ostilità risiede nel fatto che all’interno della Chiesa sono radicate forme di progressismo. Per esempio, ci sono Vescovi e sacerdoti che chiedono il matrimonio dei preti o il sacerdozio femminile ed evidentemente chi sostiene questo tipo di rivendicazioni certo non ama la messa tradizionale e, se ha responsabilità di Vescovo, cercherà di ostacolarla, così come cerca di ottenere di raggiungere il proprio traguardo».

Un’ultima domanda. Una parte consistente del voto cattolico si orienta verso i partiti di centrodestra, che si dichiarano non ostili verso la Chiesa. Poi si assiste a decisioni sconcertanti, come la nomina di un attivista LGBTQ+ come capogabinetto del ministro della Cultura Giuli, una vicenda a cui lei ha dedicato un articolo sulla sua agenzia di stampa. Ritiene che ci sia un’attenzione solo formale verso l’elettorato cattolico o dobbiamo parlare di singoli soggetti con una formazione anticattolica che trovano, però, spazio nel Governo di centrodestra?

«Uno dei problemi della destra italiana è quello che all’esistenza di una destra politica ed economica non ha corrisposto nel corso degli anni una formazione di una cultura di destra, di una destra culturale. Condivido personalmente larga parte dei provvedimenti economici e politici del Governo. Però sono rimasto scandalizzato dalla nomina di ministro di Alessandro Giuli, non solo per il fatto che Alessandro Giuli è il ministro che ha nominato come capo del proprio gabinetto un personaggio della sinistra arcobaleno, questo Spano, ma anche perché - al di là del caso Spano - Giuli è esponente di un filone culturale della destra neopagana e visceralmente anticattolica. Il ministro della Cultura dovrebbe tenere in considerazione che l’Italia è un Paese cattolico e le sue radici cristiane dell’Italia e valorizzarle. Invece, lo sforzo di Giuli è quello di valorizzare la cultura solare, druidica, da seguace dell’“imperialismo pagano” di Julius Evola».

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