I disastri dell'Ostpolitik vaticana degli anni '70. Ma che superata, nel peggio, da quella di oggi di Francesco.
Luigi C.
Agenzia Abim/Catolicismo
Uno dei tanti ecclesiastici vittime del regime comunista cinese fu monsignor Ignatius Kung Pin-mei, vescovo di Shanghai e futuro cardinale, il cui primo processo da parte del "tribunale del popolo" in un sobborgo della sua città episcopale, nel 1955, ci viene descritto dalla rivista di Macao "Religione e Patria".
Una folla di circa 4.000 cattolici, per lo più studenti, si riunì nella piazza dove si sarebbe svolto il processo.
In abiti civili e con le mani legate dietro la schiena, il Vescovo fu costretto a salire su una piattaforma, dove avrebbe dovuto ascoltare la lettura delle accuse mosse contro di lui dai comunisti. Poi i rossi lo misero davanti a un microfono e gli ordinarono di confessare tutti i suoi "crimini" e di chiedere perdono al popolo.
La folla, entusiasta di tanto coraggio, rispose in coro: "Viva il nostro Vescovo".
Per evitare violenze popolari a favore del prelato, i comunisti lo fecero subito salire su un'auto della polizia, che lo riportò in prigione.... (l'Annuario Pontificio del 1972 riporta anche la gloriosa formula "in carcere per la Fede" dopo il suo nome).
E oggi, nella Cina di Mao (ndr. 1974, cioè, cinquanta anni fa), la Chiesa cattolica romana ha ufficialmente cessato di esistere.
Ma Dio permette queste apparenti sconfitte, perché la Chiesa possa manifestare bellezze ed eroismi mai visti prima. Ieri, oggi, sempre, il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani!
Fonte: CATOLICISMO, N. 285, setembro de 1974