Vogliamo preti santi, non impiegati del catasto in bermuda estivi.
Luigi C.
QUANDO I SANTI CAMMINAVANO TRA NOI
Informazione Cattolica, Davide Romano, 25-8-24
C’era una volta, tanto tempo fa, una Chiesa che sapeva farsi rispettare. Una Chiesa che, nel bene e nel male, aveva i piedi ben piantati a terra e le mani sollevate al cielo. Una Chiesa che non aveva paura di niente e di nessuno, nemmeno del diavolo in persona, che lo mandava a quel paese con un buon segno della croce e un Ave Maria recitato con il cuore.
Quella Chiesa, cari miei, era fatta di preti che sapevano parlare al popolo, di campane che suonavano forti e chiare, e di confessionali che, se potessero parlare, vi racconterebbero di segreti custoditi con cura.
Non si pensava alla Chiesa come a un’entità lontana, come una vecchia zia in un paese straniero. No, la Chiesa era il centro della comunità, il focolare attorno al quale tutti si raccoglievano, soprattutto nei momenti difficili. C’era un parroco per ogni paese, e quel parroco non era solo un uomo di Dio, ma anche un uomo del popolo. Sapeva che la sua missione era quella di guidare le anime, ma anche di spezzare il pane con chi non ne aveva. Erano tempi in cui la carità non era una parola vuota, ma un atto concreto.
Ah, Don Camillo, lo vedo ancora con la sua tonaca nera, sempre in guerra con Peppone, ma sempre pronto a tendere la mano al suo avversario nel momento del bisogno. Perché quella era la Chiesa di una volta, una Chiesa che sapeva riconoscere il peccato, ma anche la bontà nascosta nei cuori più duri. Non c’erano sermoni altisonanti, non c’erano teologie complicate: c’era solo la parola di Cristo, semplice e diretta, che sapeva parlare a chiunque, dal contadino all’intellettuale.
E poi c’erano i Santi, quelli veri, che camminavano tra noi. Gente comune, con i piedi sporchi di polvere e i calli sulle mani, ma con il cuore rivolto a Dio. Non avevano bisogno di miracoli per essere santi; il loro miracolo era la vita stessa, vissuta con umiltà e sacrificio. San Francesco, San Giuseppe, Santa Teresa: non li trovavi sui palcoscenici, ma nelle strade, nei campi, nelle case. La loro santità era fatta di piccoli gesti, di parole sussurrate, di preghiere recitate nel silenzio.
La Chiesa di una volta aveva anche i suoi difetti, per carità, come tutte le cose umane. Ma quei difetti non la rendevano meno autentica, anzi, forse la rendevano più vicina alla gente. Non c’erano pretese di infallibilità, ma una grande umanità. Era una Chiesa che sapeva ammettere i suoi errori, ma anche rialzarsi con dignità. Come quel buon prete che, dopo una sbronza colossale, tornava in chiesa il giorno dopo con il capo chino, chiedendo scusa a Dio e ai suoi parrocchiani. E Dio, che di queste cose se ne intende, lo perdonava con un sorriso.
Oggi, purtroppo, quella Chiesa sembra lontana, quasi irriconoscibile. Non che sia sparita, per carità: ci sono ancora preti che sanno fare il loro mestiere, santi che camminano tra noi, campane che suonano nelle campagne. Ma c’è anche un distacco, una sorta di fredda burocrazia che sembra aver preso il posto della vecchia e calda pastorale. Troppi paroloni, troppi discorsi vuoti, troppo fumo e poco arrosto, come si diceva una volta.
Forse è il mondo che è cambiato, e la Chiesa ha dovuto adattarsi, come fanno tutti. Ma una cosa è adattarsi, un’altra è perdere il proprio spirito. Quella vecchia Chiesa, fatta di umiltà e di coraggio, di santità e di peccato, è quella che ci manca. Quella che non aveva paura di sporcarsi le mani, di mischiarsi con il popolo, di parlare il linguaggio dei semplici. Quella Chiesa che sapeva che il Regno dei Cieli appartiene ai poveri di spirito, e non ai potenti di questo mondo.
E così, mentre il tempo passa e le campane suonano sempre più deboli, non ci resta che guardare indietro con un po’ di malinconia, ricordando quella Chiesa che, pur con tutti i suoi difetti, sapeva farsi amare. Come diceva il buon Guareschi, “Dio ci ha dato il libero arbitrio, ma ci ha anche dato una Chiesa che ci ricorda che non siamo soli.” Forse, nel silenzio delle nostre case, possiamo ancora sentire quell’eco, quella voce che ci chiama a ritrovare il cammino. E chissà, magari anche Don Camillo e Peppone, lassù, stanno ancora litigando, ma sempre pronti a fare pace nel nome di Dio.