Grazie a Franca Giansoldati per questa vergognosa nuova notizia sulle protezioni vaticane all'inquisito per abusi sessuali Marko Rupnik.
Catholic World Report – Christopher Altieri: "Tendono ad aggravarsi le conseguenze dell’errore del Prefetto delle comunicazioni a causa del suo disastroso venerdì: “…Il responsabile della comunicazione vaticana, il dottor Paolo Ruffini, si trova ad affrontare critiche crescenti da parte di voci di tutto lo spettro d'opinione della Chiesa dopo aver difeso -venerdì, in occasione del più importante evento mediatico cattolico dell'anno negli Stati Uniti - l'uso di riproduzioni digitali e di altro tipo di opere d'arte dell'accusato stupratore seriale, p. Marko Ivan Rupnik. (...) Quando gli è stato chiesto di spiegare la politica del suo dicastero, Ruffini ha detto: "Non stiamo parlando di abusi su minori". "Stiamo parlando di una storia che non conosciamo", ha aggiunto Ruffini. "Chi sono io per giudicare le storie di Rupnik?". Ha detto Ruffini".
QUI i moltissimi post di MiL sull'ex gesuita Marko. Rupnik.
Luigi
Franca Giansoldati, Il Messaggero, 24-6-24
Con buona pace per le donne reiteratamente abusate da padre Marko Rupnik, a giudicare dall'aria di clemenza che sta tirando ai piani alti della curia, il Vaticano non sembra affatto orientato a smantellare i mosaici firmati dall'ex gesuita sloveno (ma ancora prete) accusato da decine di vittime. Rimuovere quelle gigantesche e costosissime opere che raffigurano Cristo e scene del Vangelo dalle maggiori cappelle e santuari (ce ne sono anche nel palazzo apostolico e pure in Vicariato) «non è una risposta cristiana».
E ancora. «Rimuovere, cancellare, distruggere l'arte non è mai stata una buona scelta». «Non si tratta di casi di abusi su minori». Ce n'è abbastanza per far sollevare un putiferio. A far capire quale sia la linea prevalente nonostante le richieste delle vittime e di intere comunità di fedeli che in tutto il mondo chiedono di far sparire i mosaici del predatore seriale, è il numero uno della comunicazione del Papa, Paolo Ruffini il quale, incalzato da una giornalista alla conferenza dei media cattolici ad Atlanta, ha ammesso che le opere dovrebbero restare tutte dove si trovano. Poi menzionando il caso di Caravaggio che nel corso della sua vita uccise un uomo ma non per questo vennero distrutti i suoi quadri, Ruffini sottolinea che la rimozione dei lavori di Rupnik «non è una risposta cristiana». E pazienza se le vittime quando si trovano davanti ai lavori dell'artista predatore si sentono male.
In questi mesi le opere di Rupnik continuano ad essere utilizzate e riprodotte anche per pubblicazioni ufficiali della Santa Sede. Paolo Ruffini sottolinea che «come cristiani, a noi ci viene chiesto di non giudicare» aggiungendo che esiste un'indagine su padre Rupnik ancora in corso e che «un'anticipazione di una decisione è qualcosa che, a nostro avviso, non è buona». Sulle vittime e sul loro dolore, invece, ha sorvolato come è emerso anche dalle risposte fornite a Paulina Guzik, la giornalista che l'ha incalzato per ottenere risposte su uno dei casi più brutti che riguardano le violenze di genere in Vaticano.
«Pensi che se metto via una foto d'arte (di Rupnik nrd) dal sito web (del Dicastero nrd), sarò più vicino alle vittime?» Ruffini ha chiesto a Guzik. Ne è seguito un botta e risposta incalzante sulle vittime di abusi e insabbiamenti. «Pensi così?» Ruffini ha chiesto. «Penso che tu abbia torto, Penso che ti sbagli, penso davvero tu abbia torto» ha aggiunto Ruffini facendo notare che la Compagnia di Gesù non ha affatto rimosso l'arte di Rupnik dalla cappella nel loro edificio in curia, e ha definito la loro decisione «fonte di ispirazione».
Nel dicembre 2022 I gesuiti hanno cacciato dalla Compagnia di Gesù l'artista raccogliendo le testimonianze du una trentina di vittime, tutte donne, ex allieve di Rupnik. Papa Francesco a causa delle pressioni dell'opinione pubblica è stato costretto a riaprire un processo al Dicastero della Fede che è tuttora in corso. Rupnik, infatti, era già stato scomunicato dall'ex Sant'Uffizio nel 2020 ma poi misteriosamente (e inspiegabilmente) dopo pochi mesi riabilitato. Qualcuno (c'è chi dice il Papa stesso) è intervenuto d'autorità per cancellare la scomunica al dicastero della Fede anche se nel frattempo uscivano altre prove, testimonianze, rivelazioni sulle violenze sessuali commesse. Un caso abnorme.
Nato in Slovenia, Rupnik è diventato famoso per i suoi mosaici che sono esposti in oltre 200 centri cattolici in tutto il mondo, tra cui la Cappella Redentoris Mater del Vaticano e il santuario nazionale di Giovanni Paolo II a Washington.
Dopo le accuse gli appelli per la rimozione delle opere d'arte del sacerdote sono stati costanti. In Francia i vescovi hanno costituito una sorta di commissione per valutare se smantellare a Lourdes i mosaici. Le vittime ripetono che la sua arte spirituale, caratterizzata da temi sacri e collocata in contesti sacri, non può essere separata dalle accuse di abuso. Gloria Branciani, una delle vittime ed ex suora ha raccontato che «in Rupnik, la dimensione sessuale non può essere separata dall'esperienza creativa: la sua ispirazione artistica deriva proprio dal suo approccio alla sessualità».