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mercoledì 5 giugno 2024

Dai frutti li riconoscerete. Il gesuita Martin: “La Chiesa sarebbe incommensurabilmente più povera senza preti gay”

Che schifo.
Grazie ad Aldo Maria Valli per questa utile traduzione.
Luigi C.

31-5-24, Thomas D. Williams

In risposta ai commenti di papa Francesco, secondo cui nei seminari c’è troppa “frociaggine”, il gesuita pro-LGBTQ+ James Martin ha detto di aver conosciuto “centinaia” di preti gay nella sua vita da religioso.
“Nei miei venticinque anni come sacerdote e quasi quaranta come gesuita, ho conosciuto centinaia di preti gay santi, fedeli e celibi”, ha scritto padre Martin su X. “Sono stati i miei superiori, i miei insegnanti, i miei confessori, i miei mentori, i miei direttori spirituali e i miei amici”.
L’ordine dei gesuiti è noto per avere una percentuale notevolmente elevata di membri omosessuali, il che rende non sorprendente che padre Martin abbia avuto preti gay come superiori, confessori, mentori, insegnanti e direttori spirituali.

Secondo le stime di uno dei fratelli gesuiti di Martin, circa il cinquanta per cento dei membri dell’ordine dei gesuiti è omosessuale.

“Circa la metà dei membri della Compagnia sotto i cinquant’anni si muove sul confine tra omosessualità dichiarata e non dichiarata”, ha scritto il padre gesuita Paul Shaughnessy in un saggio del 2002 sul Weekly Standard, intitolato I gesuiti sono cattolici?

Nel suo articolo, padre Shaughnessy ha aggiunto che “la maggioranza dei formatori gesuiti, ovvero i gesuiti incaricati della formazione dei religiosi, sono anch’essi omosessuali”.

Per i cattolici, ha continuato padre Martin, i preti gay hanno “celebrato messe per voi, battezzato i vostri figli, ascoltato le vostre confessioni, vi hanno fatto visita negli ospedali, hanno presieduto ai vostri matrimoni e hanno seppellito i vostri genitori. La Chiesa sarebbe incommensurabilmente più povera senza di loro”.

Padre Martin ha reagito così alla recente notizia proveniente dall’Italia secondo cui papa Francesco ha ribadito l’insegnamento della Chiesa in base al quale agli uomini con tendenze omosessuali occorre vietare l’ingresso in seminario e l’ordinazione al sacerdozio.

La notizia ha attirato l’attenzione generale per la scelta del pontefice di usare un linguaggio alquanto scurrile in una seduta a porte chiuse con i vescovi italiani. Nell’incontro del 20 maggio il papa 87enne ha infatti detto che nella Chiesa c’è già troppa frociaggine, un insulto volgare in italiano. Per il papa, inoltre, i vescovi dovrebbero “far uscire dal seminario tutte le checche, anche quelle solo semi-orientate”.

Quando si è diffusa la notizia, il Vaticano si è affrettato a presentare le scuse, insistendo sul fatto che il papa “non ha mai avuto intenzione di offendere o esprimersi in termini omofobi”, ma la sala stampa non ha negato che quelle espressioni siano state usate.

Commentando la notizia, il presidente della Catholic League Bill Donohue, sociologo autore del libro The Truth about Clergy Sexual Abuse: Clarifying the Facts and the Causes, ha osservato che i preti omosessuali sono stati responsabili della maggior parte (81%) di abusi sessuali su minori.

Il Vaticano “ha cercato di correggere questo problema nel 2005, quando ha vietato l’ingresso nei seminari a coloro che avevano “tendenze omosessuali profondamente radicate””, ha ricordato Donohue, e successivamente “il numero di casi di abusi è sceso quasi a zero”.