L'importanza della preghiera, anche "arida".
Luigi C.
Il Cammino dei Tre Sentieri, 21 FEBBRAIO 2024
Rubrica a cura di Corrado Gnerre, da "Intimità divina" di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena
Nei nostri rapporti con Dio, la pietà filiale sfocia nella devozione, che è appunto « la volontà di fare con prestezza tutto ciò che appartiene al servizio di Dio » (IIa IIae, q. 82, a. 1, co.).
Tanto la pietà come la devozione possono essere vive nell’anima, anche se questa si sente arida e fredda nella parte sensibile, al punto di compiere tutti i suoi esercizi di preghiera e di virtù senza provarne la minima dolcezza o conforto, ma sperimentando piuttosto forti ripugnanze.
Ciò non deve sgomentarci; San Tommaso insegna che la devozione è un atto della volontà, il quale atto può ben sussistere malgrado le aridità, le freddezze, le ripugnanze ed anche le ribellioni della parte inferiore. San Paolo stesso, pur essendo stato elevato al terzo cielo, non era ancora del tutto libero da queste miserie e confessava: « mi diletto della legge di Dio secondo l’uomo interiore, e vedo un’altra legge nelle mie membra che fa guerra alla legge della mia mente » (Ram. 7, 22 e 23). E come Paolo, nonostante queste resistenze della parte sensibile, non era privo di vera pietà e di vera devozione, così non ne è priva l’anima che, nonostante tutto, si mantiene ferma nella decisione della volontà di darsi con prontezza al servizio di Dio. Devozione – che deriva dal latino devoveo – significa appunto consacrazione alla divinità; e l’anima si dà totalmente a Dio non mediante gli slanci e gli entusiasmi del sentimento, ma mediante l’atto della volontà. Anzi, quando la devozione è priva di gusto per le cose divine « vale il doppio, perché l’anima compie ugualmente le opere che deve fare, e di più, con la forza della volontà doma l’appetito sensibile » (Ven. Giovanni di G. M.).