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martedì 20 febbraio 2024

Secondo il Card. Muller "Fiducia supplicans" è "favens haeresim" #fiduciasupplicans

Riprendiamo da La nuova bussola quotidiana questo interessante resoconto di una recente intervista del Card. Gerhard Müller.
Ricordiamo che ad oggi molti vescovi hanno già dichiarato che non applicheranno Fiducia supplicans, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni  indicate nel provvedimento: ved. QUI e QUI.
Müller: «Fiducia supplicans favorisce l'eresia»
di Luisella Scrosati

In un puntuale e duro articolo il cardinale tedesco demolisce la Dichiarazione che consente la benedizione delle coppie gay e rivendica il dovere di rifiutare tali benedizioni per amore della fede cattolica.

Fiducia supplicans? Favens haeresim. La Dichiarazione uscita dal Dicastero per la Dottrina della Fede lo scorso 18 dicembre, e che porta la firma di papa Francesco e del cardinale Fernández, contraddice una verità intimamente legata ai dogmi contenuti nella Rivelazione e necessaria per custodire il deposito della fede; e dunque favorisce l'eresia. È questa la sostanza di un articolato intervento del predecessore di Tucho alla Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Müller, per la rivista americana First Things:«Benedire queste persone come coppie dello stesso sesso significa approvare le loro unioni, anche se non sono equiparate al matrimonio. Si tratta quindi di una dottrina contraria all'insegnamento della Chiesa cattolica, poiché la sua accettazione, anche se non direttamente eretica, conduce logicamente all'eresia». 

L'articolo dell'ex-prefetto della CDF confuta, punto per punto, la difesa che Fernández aveva tentato il 4 gennaio, pubblicando un comunicato stampa, e smaschera alla radice i tentativi di mostrare che FS non sarebbe in rottura con l'insegnamento della Chiesa.

Il cardinale Müller affonda prima di tutto il dito nella grande piaga di questo pontificato, ossia la pretesa che la disciplina possa essere mutata in qualsivoglia modo, creando una netta separazione tra dottrina e prassi. Nel caso di FS, si tratta dell'assunto per cui, autorizzando le benedizioni alle coppie che vivono more uxorio o dello stesso sesso, la dottrina sul matrimonio e sulla sessualità non muterebbe. Alla luce del solido principio lex orandi, lex credendi, spiega Müller, l'insegnamento cattolico può però finire per essere contraddetto «nella pratica, anche se non nelle parole». Principio chiaro a chiunque conosca anche solo per sommi capi la storia della Chiesa: tra le dispute più accese dei primi secoli, troviamo infatti quella relativa alla prassi di ribattezzare o non ribattezzare quanti avevano ricevuto il primo sacramento dalle mani di eretici e scismatici; oppure la necessità di battezzare i bambini. Queste “pratiche” si rivelano chiaramente in stretta connessione con la dottrina.

«Ci sono, infatti, discipline cattoliche che non possono essere alterate senza rigettare la dottrina cattolica», prosegue il cardinale, richiamando il principio presente nella teologia di san Tommaso d'Aquino, per cui è purtroppo possibile che si introduca la falsità nei segni sacramentali, anche se teoricamente se ne accetta la dottrina.

Müller affronta poi le travi portanti della Dichiarazione, ossia la reclamata distinzione tra benedizioni liturgiche e benedizioni pastorali, quella tra benedizione dell'unione e benedizione della coppia, e infine l'affermazione che la benedizione si indirizzerebbe verso il bene che c'è nella relazione, e non invece sul disordine sessuale.

Ad primum, il Cardinale ricorda che la natura liturgica delle benedizioni non è data dal fatto che vi sia o meno un rituale, quanto piuttosto dal fatto che ad impartirla è un sacerdote: «il fatto che sia un sacerdote, che rappresenta Cristo, a impartire questa “benedizione pastorale”, la rende un atto liturgico in cui è in gioco l'autorità di Cristo e della Chiesa». Dunque, le “benedizioni pastorali” sono benedizioni liturgiche a tutti gli effetti ed è perciò necessario che ciò che viene benedetto sia secondo l'ordine della creazione. «Di conseguenza, data l'impossibilità di distinguere tra benedizioni liturgiche e pastorali, si deve concludere che Fiducia Supplicans è dottrinalmente problematica, per quanto affermi a parole la dottrina cattolica. Non si può quindi dire che la questione sia solo pratica e che dipenda dalla sensibilità delle diverse regioni. Siamo di fronte a una questione che tocca sia il diritto naturale sia l'affermazione evangelica della santità del corpo, che non sono diverse in Malawi rispetto alla Germania».

Sulla seconda distinzione (benedizione dell'unione vs benedizione della coppia),difesa a più riprese anche dal Papa, Müller mostra come si tratti di fumosa sottigliezza sofistica: «se si benedice la coppia in quanto coppia, cioè in quanto unita da un rapporto sessuale diverso dal matrimonio, allora si approva quell'unione, poiché è l'unione che li costituisce come tale». “Coppia” in FS non è affatto sinonimo di “paio”, tant'è vero che il documento intende trattare precisamente della benedizione di coppie irregolari o dello stesso sesso, entrambe caratterizzate non certo dal fatto di recarsi insieme al supermercato, ma dal tipo di relazione sessuale che vivono, al di fuori del matrimonio.

Per questo cade anche la terza giustificazione: che in queste coppie ci siano anche degli aspetti positivi «non cambia il fatto che la coppia è benedetta come coppia unita da rapporti sessuali al di fuori del matrimonio. Infatti, ciò che continua a costituire la coppia come tale è la relazione sessuale che li unisce. Gli altri aspetti della loro vita di coppia non sono ciò che li costituisce come coppia, né tutti questi aspetti riescono a compensare lo stile di vita sessuale che li rende una coppia, come già affermato dal Responsum 2021 della Congregazione per la Dottrina della Fede».

Un più recente estremo tentativo di mantenere in piedi la Dichiarazione, è il «nuovo cambiamento semantico nelle spiegazioni ufficiali di Fiducia Supplicans. Non si parla più di dare la benedizione a “coppie”, ma a “persone”, aggiungendo che si tratta di persone che stanno “insieme”. Ora, benedire due persone che stanno insieme proprio per la relazione omosessuale che li unisce non è diverso dal benedire l'unione. Per quanto si possa ripetere che non si sta benedicendo l'unione, è esattamente quello che si sta facendo per l'oggettività stessa del rito che si sta celebrando».

Alla luce di questa disamina, il Cardinale conclude che FS «viola almeno il secondo paragrafo della Professione di fede, perché, come abbiamo visto, benedire queste persone come coppie dello stesso sesso significa approvare le loro unioni, anche se non sono equiparate al matrimonio». Müller fa riferimento al secondo dei tre gradi di adesione a quanto insegnato dal Magistero, indicati nel Motu Proprio Ad Tuendam Fidem (1998), che spiegava la Professione di Fede del 1989, ossia tutte quelle verità che riguardano la fede e la morale, le quali, anche se non sono da credere come divinamente rivelate, sono tuttavia proposte dalla Chiesa in modo definitivo, in quanto necessarie per custodire e trasmettere fedelmente il depositum fidei.

I contenuti problematici di FS si collocano dunque pericolosamente tra quegli insegnamenti che compromettono la trasmissione fedele della verità cattolica, e che dunque, se anche non formalmente eretici, tuttavia favoriscono l'eresia: «Fiducia Supplicans deve essere considerata dottrinalmente problematica, poiché contiene una negazione della dottrina cattolica. Per questo motivo, è problematica anche dal punto di vista pastorale».

È dunque non solo una possibilità, ma un preciso dovere rifiutare queste “benedizioni pastorali” «soprattutto da parte di coloro che, assumendo un ufficio ecclesiastico, hanno fatto la Professione di Fede e il Giuramento di Fedeltà, che chiede innanzitutto di preservare il deposito della fede nella sua interezza». Per amore della fede cattolica e dello stesso successore di Pietro occorre resistere su questo punto al papa; ricorda, infatti, il Cardinale, che «Paolo si oppose apertamente e senza esitazione all'esercizio ambiguo del primato da parte di Pietro, suo fratello nell'apostolato, perché quest'ultimo, con la sua condotta errata, metteva in pericolo la vera fede e la salvezza dei fedeli, precisamente non per quanto riguarda la professione dogmatica della fede cristiana, ma per quanto riguarda la pratica della vita cristiana».