Francesco dà la sua versione sugli anni di "vicinato" con Ratzinger in un libro spagnolo e attacca l'ex segretario mons. Gänswein.
"Più di un anno dopo i funerali di Benedetto XVI passati alla storia per la brevissima omelia, senza citazione, di Francesco, nonché per l'assenza del Papa in Basilica San Pietro nei giorni (ridotti) dell'esposizione delle spoglie, la scelta di pubblicare un libro di memorie sulla strana "convivenza" lunga quasi un decennio ed anche sugli anni precedenti".
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Luigi C.
Nico Spuntoni, Il Giornale, 11 Febbraio 2024 -
El sucesor. Mis recuerdos de Benedicto XVI. Francesco ha scelto di dare la sua versione sul rapporto con il suo predecessore tedesco morto l'ultimo giorno del 2022. Lo fa in un'opera che verrà pubblicata ad aprile dalla casa editrice spagnola Planeta e che sia nella scelta del titolo che in quella della copertina, però, mette al centro sempre lui: Jorge Mario Bergoglio. Curiosa, infatti, la scelta di puntare su una fotografia sorridente del Pontefice argentino, da solo, sebbene esistano diversi ritratti degli ultimi due papi scattati in quasi dieci anni di "vicinato" in Vaticano.
La versione di Gänswein
Il primo a rompere il muro di silenzio sul rapporto tra Francesco e Benedetto XVI era stato il segretario di quest'ultimo, monsignor Georg Gänswein che poco dopo i funerali aveva pubblicato per Piemme Nient'altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI, scritto col giornalista Saverio Gaeta e nel quale veniva smentita definitivamente la narrazione sull'esistenza di una totale sintonia nel governo della Chiesa tra Bergoglio e Ratzinger. Gänswein aveva raccontato, ad esempio, di quanto poco Benedetto XVI avesse apprezzato Traditionis Custodes che abrogava di fatto la liberalizzazione della cosiddetta messa in latino da lui concessa nel 2007 con Summorum Pontificum. Inoltre, l'arcivescovo tedesco aveva spiegato che Ratzinger provò a convincere il suo successore a riammettere Gänswein nelle sue funzioni effettive di prefetto della Casa Pontificia dopo che, a seguito dello scandalo scaturito dal libro scritto sul sacerdozio dall'allora papa emerito con il cardinale Robert Sarah, era stato invitato a rimanere a casa e non tornare più in ufficio. La richiesta di Benedetto XVI, presentata in una lettera del 13 febbraio 2020, venne ignorata da Francesco. I contenuti del libro dell'ex prefetto della Casa Pontificia non devono aver fatto piacere al Papa che poco dopo la morte di Benedetto XVI lo ha congedato dal Vaticano, invitandolo a tornare nella sua diocesi originaria di Friburgo senza alcun incarico.
La tesi della continuità smentita
Francesco, evidentemente, non ci sta a far passare il messaggio che i suoi rapporti con il predecessore non fossero così idilliaci come spesso la comunicazione ufficiale della Santa Sede ha cercato di sostenere. Un caso ecclatante avvenne nel 2018 con l'alterazione della lettera che l'allora Papa emerito scrisse a monsignor Dario Edoardo Viganò, all'epoca prefetto della Segreteria per la comunicazione vaticana, rispondendo ad una sua richiesta di redigere un contributo teologico da pubblicare nella collana La Teologia di Papa Francesco edita dalla Libreria Editrice Vaticana. Alla presentazione della collana venne resa pubblica solo una parte della lettera di Benedetto XVI, quella più gradita. Nei giorni successivi, però, il vaticanista Sandro Magister pubblicò la lettera integrale e si scoprì che non solo Ratzinger aveva declinato la richiesta di Viganò facendo sapere che non avrebbe letto i volumi della collana - definiti, non senza ironia, "volumetti" - e manifestando il suo fastidio per la presenza tra gli autori di Peter Hünermann che, scrisse il teologo tedesco, "durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali". Una clamorosa figuraccia per la comunicazione della Santa Sede evidentemente smaniosa di presentare all'opinione pubblica la tesi della continuità teologica tra gli ultimi due papi e che costò il posto a monsignor Viganò, comunque lasciato in quel dicastero nel ruolo ad hoc di assessore.
Parla il Papa
Più di un anno dopo i funerali di Benedetto XVI passati alla storia per la brevissima omelia, senza citazione, di Francesco, nonché per l'assenza del Papa in Basilica San Pietro nei giorni (ridotti) dell'esposizione delle spoglie, la scelta di pubblicare un libro di memorie sulla strana "convivenza" lunga quasi un decennio ed anche sugli anni precedenti. Bergoglio ne ha parlato con il vaticanista spagnolo Javier Martinez Brocal e nelle anticipazioni filtrate del libro è difficile non scorgere una frecciata a monsignor Gänswein, l'uomo che prima di lui aveva parlato - e non bene - di questo rapporto. "Benedetto ed io avevamo un rapporto molto profondo, voglio che si sappia e voglio che sia conosciuto senza intermediari", ha detto Francesco. Gänswein è l'intermediario per antonomasia tra loro due e proprio per volere di Benedetto XVI: fu lui, infatti, a nominarlo prefetto della Casa Pontificia una volta presa la decisione di dimettersi proprio con la speranza, come si legge in Nient'altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI, che in quel ruolo e mantenendo quello di segretario particolare dell'emerito avrebbe potuto essere "un anello di collegamento fra lui e il successore". Una speranza vana perché Gänswein ha rivelato che "già dopo qualche mese ho l'impressione che tra me e il nuovo Pontefice non si riuscisse a creare un opportuno clima di affidamento".
Il "suo" Benedetto
Dalle prime anticipazioni diffuse del libro di memorie di Francesco si conferma l'idea dell'esempio positivo di Benedetto XVI legato fondamentalmente alla decisione di rinunciare. Anche in passato, a parte alcuni riferimenti sulla lotta agli abusi e sullo sforzo di trasparenza in materia di finanze, non ci sono stati elogi su aspetti specifici del pontificato ratzingeriano da parte del successore. Il giudizio positivo, invece, si concentra essenzialmente sulla rinuncia. Anche in questo ultimo libro, Francesco afferma: "È stato un uomo che ha avuto il coraggio di dimettersi e, da quel momento, ha continuato ad accompagnare la Chiesa e il suo successore”. Un'affermazione vera perché Benedetto XVI, anche nel ritiro del monastero Mater Ecclesiae, mai è venuto meno alla promessa di incodizionata reverenza ed obbedienza al successore fatta nel saluto di congedo al collegio cardinalizio il 28 febbraio 2013. Bergoglio ha confidato a Martinez Brocal: "Parlavamo di tutto, molto liberamente. Quando io gli presentavo una difficoltà, lui rispondeva: 'Beh, si dovrebbe tener presente anche questo e quest’altro elemento’. Lui ampliava sempre la prospettiva". Parlando sempre di Benedetto XVI, il Papa argentino ha aggiunto: "non diceva mai: ‘Non sono d'accordo’. Ricordo che invece diceva: ‘Questo va bene. Ma dovremmo prendere in considerazione anche quest'altro elemento...’. Allargava la prospettiva, allargava sempre”. Eppure di occasioni di disaccordo non sono mancate, come testimoniato da Gänswein ma anche dallo storico biografo di Ratzinger, il giornalista Peter Seewald che in un'intervista alla Nuova Bussola Quotidiana ha accusato Francesco di aver "voluto cancellare l’eredità di Benedetto XVI".