Dagli amici di Campari & de Maistre.
Un libro da leggere tutto.
"l'aborto - si sottolinea nel testo - non è uno dei tanti drammi della nostra epoca come la guerra, la povertà, la droga o la nevrosi dilagante. La pratica abortiva è senza dubbio la madre di tutti i problemi da cui scaturisce per germinazione una sorta di orribile corteo funebre".
Luigi C.
16-11-23, Marco Sambruna
Enrico Pagano già autore di libri sul tema dell’aborto e aspetti correlati in quest’ultimo meritevole testo dimostra soprattutto una cosa: ha le idee estremamente chiare riguardo la percezione di un problema. In altri termini è un autore lucido che con spirito analitico simile a quello di un entomologo seziona la questione della tutela della vita nascente senza sconti. Egli mette in pratica il precetto evangelico in cui Cristo invita ad usare un linguaggio netto: "sia il vostro parlare si, si no, no. Il di più viene dal demonio".
Nei libri di Enrico Pagano e in particolare in quest'ultimo non c'è spazio per la neolingua del politicamente corretto, né per i sofismi e ancor meno per le acrobazie verbali. Il bambino abortito è appunto una vita soppressa non un "grumolo cellulare" o un "prodotto abortivo" o peggio un "rifiuto speciale" come in modo ipocrita risulta scritto sulle etichette applicate agli involucri che contengono i corpicini abortiti.
Questo riguardo il linguaggio adottato.
Circa la metodologia Il libro a mio avviso presenta tre elementi di notevole originalità.
In primo luogo l'organizzazione del testo è stato suddiviso per lettere alfabetiche come fosse un dizionario. Ogni singolo elemento è focalizzato in un breve capitolo all' interno del quale viene illuminato in un focus di grande precisione e accurata disamina. Trovo che sia un modo efficacissimo di rappresentare il problema in tutta la sua gravità. Inoltre ne risultano proposizioni estremamente incise, direi epigrammatiche tali da imprimersi in modo lapidario nelle mente del lettore.
Quanti saggi abbiamo letto al cui termine non ricordiamo un concetto? Non è il caso di questo libro, qui ogni singolo lemma è scolpito in modo indelebile.
Secondo pregio del libro: l'Autore da spazio a una pluralità di voci di varia provenienza.
Questo significa che il libro si rivolge a tutti senza distinzioni confessionali o ideologiche. Nel vasto florilegio di opinioni a favore della vita nascente troverete in maniera sorprendente voci sia di credenti come lo stesso Enrico Pagano come di atei o agnostici. Questo è un aspetto importante perché testimonia di come il dramma abortivo sia percepito appunto come tale non perché lo prescrive una determinata religione o in osservanza a un dogma, ma perché ripugna profondamente alla natura umana. Esiste dunque una sorta di "metafisica della percezione" inscritta nel cuore degli uomini indipendente dalle appartenenze culturali. Siamo di fronte dunque a una legge universale che nessun diritto positivo potrà cancellare: la vita è sacra.
Terzo pregio del libro: l'aborto - si sottolinea nel testo - non è uno dei tanti drammi della nostra epoca come la guerra, la povertà, la droga o la nevrosi dilagante. La pratica abortiva è senza dubbio la madre di tutti i problemi da cui scaturisce per germinazione una sorta di orribile corteo funebre.
È chiaro infatti che nel momento in cui si propaganda e si sdogana la possibilità di sopprimere i più deboli e indifesi - giacché nulla è più indifesi di un nascituro - automaticamente si spiana la strada ad altre aberrazioni.
In altri termini l'aborto ha fatto da battistrada a tutta una serie di pratiche susseguenti: minate le fondamenta tutto l'edificio vacilla e anzi minaccia di crollare. Non per caso dopo la legislazione sull'aborto abbiamo assistito sgomenti allo sdoganamento dell'eutanasia, del suicidio assistito per categorie sempre più ampie fino a includere nei possibili fruitori perfino chi soffre di depressione o gli homeless come pare stia accadendo in Canada. Di più: a colmare questo abisso tenebroso si comincia già a parlare di "omicidio legale" ossia la possibilità di farsi uccidere da qualcuno disposto ad assumere il ruolo di omicida.
L’Autore dunque ci pone di fronte a un interrogativo inquietante dal quale non possiamo ne' dobbiamo evadere e cioè: fino a che punto vogliamo spingerci ?
In questa domanda dobbiamo sostare perché il libro ci apre allo sguardo uno scenario che è necessario osservare al fine di constatarne l’aridità e ascoltarne il lugubre silenzio che pare sussurrare una domanda: una volta abortiti i nascituri, eutanasizzati i malati, collaborato coi suicidi, legalizzato l'assassinio su richiesta cosa rimane ?
Una volta eliminati neonati, malati e disagiati a chi toccherà iscriversi nella lista funebre gentilmente messa a disposizione dall' occidente moderno con le sue "conquiste di civiltà" ?
Forse gli anziani o i disoccupati o i detenuti ? E se in un futuro ormai prossimo non solo ci si offrisse l'opportunità di auto eliminarci con l'assistenza dello stato, ma si fosse addirittura incoraggiati o perfino obbligati a farlo ?
E qui sovviene "La fuga di Logan" un romanzo di fantascienza degli anni Settanta in cui si immagina una società futura che condanna a morte chi ha raggiunta una determinata età.
Stiamo esagerando ? Può darsi, ma dobbiamo vigilare perché come avverte Nietzsche chi troppo a lungo si sporge sull'orlo dell'abisso, nell'abisso rischia di precipitare.
ENRICO PAGANO
In difesa dell'umano.
Abecedario minimo.
Ed. Il Cerchio.