Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

mercoledì 6 dicembre 2023

"Conclave in vista e un bacio avvelenato di Tucho"

Riprendiamo da Duc in Altum, il blog di Aldo Maria Valli, la traduzione di questo interessantissimo pezzo del sempre ottimo The Wanderer (qui l'originale). Buona lettura!

Verso il conclave / Scende Tucho, sale Parolin. Ma non è una buona notizia 
di The Wanderer

Il conclave, con il passare dei giorni, si avvicina. Il pontefice felicemente regnante sta invecchiando, e le malattie invernali, insieme a quelle già accumulate, da un momento all’altro si abbatteranno su di lui come su qualsiasi altro figlio di Eva. A Roma e nel mondo tutti sanno che questo momento è ad portas. Proprio per questo, come in un gioco di strategia, le mosse per posizionare il successore di Francesco cominciano già a emergere alla luce del sole. La scorsa settimana abbiamo assistito a una di queste mosse: gli istituzionalisti hanno iniziato a muovere le loro pedine.

Nelle scorse settimane abbiamo scritto in questo blog che uno dei candidati più forti al pontificato è il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana. Potremmo ipotizzare che sia proprio lui il delfino di Bergoglio, anche se il pontefice ha altri delfini di riserva che nuotano negli stagni vaticani.

Abbiamo detto che Zuppi implicherebbe una civilizzazione del bergoglianesimo, nel senso che Zuppi sarebbe un Bergoglio civilizzato e ben educato, con “una chiesa in cui c’è posto per tutti, tutti, tutti”, ma questa volta sul serio, perché ci sarebbe posto anche per i tradizionalisti, ma pure gli adulteri o i conviventi dello stesso sesso. Tuttavia, il settore più istituzionale del Sacro Collegio, composto principalmente da cardinali curiali come Pietro Parolin, Marc Ouellet, Claudio Gugerotti, Arthur Roche o Kevin Farrell, non vede di buon occhio un outsider come l’egidiano Zuppi, che vende lucciole per lanterne. C’è molto risentimento nei confronti del segretario di Stato per la figuraccia che ha fatto fare alla Chiesa con i vani tentativi, affidati a Zuppi, di mediazione nel conflitto tra Russia e Ucraina. Non è stato in grado di restituire ai genitori nemmeno uno delle migliaia di bambini rapiti dalla Russia. Come dice giustamente la professoressa Lucetta Scaraffia, “Zuppi può aver portato la pace in Mozambico, anche se molti ne dubitano, ma una pace in Africa, in un conflitto interno, è completamente diversa da una pace tra due Paesi europei a tale livello”. In altre parole, Zuppi ha fatto una brutta figura, e ora che è inciampato, secondo gli istituzionalisti, è l’occasione per ridurlo in poltiglia in modo che arrivi inservibile al conclave. Ed è così che due importantissimi media italiani hanno accusato il cardinale Zuppi, in un lungo reportage, di aver finanziato con due milioni di euro, attraverso la Conferenza episcopale italiana, una ONG dedita all’immigrazione clandestina (traffico di immigrati?). Curiosamente, si tratta dell’organizzazione presieduta da Luca Casarini, il militante di sinistra – una sorta di Juan Grabois italiano – invitato da papa Francesco a partecipare con voce e voto al sinodo sulla sinodalità. La scure ha colpito il cardinale Zuppi e lo stesso Bergoglio, visto che il porporato non avrebbe mai fatto un passo del genere senza il consenso del pontefice.

Ora, non è un caso che questa notizia sia emersa nella stessa settimana in cui la stella del primo contendente di Zuppi alla tiara, il cardinale Pietro Parolin, ha iniziato rapidamente a brillare. Nel giro di pochi giorni, il segretario di Stato ha inviato una lettera molto dura ai vescovi tedeschi in cui evidenzia le questioni assolutamente non negoziabili per la Chiesa: l’ordinazione sacerdotale delle donne e la legalizzazione dell’omosessualità. Un atteggiamento insolito, visto che tali direttive hanno poco o nulla a che fare con il suo ruolo e sono di stretta competenza del Dicastero per la dottrina della fede, dove risiede il cardinale Tucho Fernández.

Nella stessa settimana è emerso anche che sarà il cardinale Parolin a sostituire papa Francesco al vertice di Dubai sui cambiamenti climatici, per lui una vetrina internazionale per mostrarsi come papabile agli occhi di tutti.

È vero che, in linea di principio, Parolin non avrebbe molte possibilità. Tuttavia, ha almeno quattro punti a suo favore. In primo luogo, dopo dieci anni di estenuante pontificato di Bergoglio, che non ha mancato di sconquassare la Chiesa secondo i suoi capricci in ogni settore, da quello dottrinale a quello disciplinare, tutti, anche i progressisti, sono consapevoli della necessità di un ritorno all’istituzionalità. La Chiesa non può sopportare a lungo i deliri di un tiranno squilibrato come il papa argentino. In secondo luogo, con la sua inaspettata lettera all’episcopato tedesco, Parolin ha dato segni di ortodossia, che gli sono valsi la simpatia dei gruppi conservatori allarmati dalla deriva dottrinale in cui si muove la Chiesa. Proprio per questo motivo, Parolin, senza essere un conservatore, potrebbe essere un candidato di compromesso che questo gruppo voterebbe nel caso in cui non avesse i numeri sufficienti per prevalere e per evitare che vinca un bergogliano. Infine, Parolin è italiano, e questo ha sempre un valore aggiunto tra i cardinali elettori, soprattutto dopo l’esperienza sudamericana.

L’elezione del cardinale Pietro Parolin non sarebbe una buona notizia. Come ho detto a suo tempo, chi di noi crede che senza il restauro della liturgia non ci potrà mai essere un restauro della fede avrà in lui un nemico più letale dello stesso Bergoglio. Non dimentichiamo che sono stati Parolin e Ouellet i cardinali di Curia che hanno maggiormente contribuito alla promulgazione di Traditiones custodes.

Vedremo chi muoverà ora gli scacchi, i conservatori o i progressisti. E vedremo se papa Francesco si rivolgerà agli stagni pontifici per pescare un nuovo delfino.

Passiamo ora al bacio di Tucho, ovvero le due ultime misure draconiane di papa Francesco: il licenziamento del vescovo Strickland e la rimozione del cardinale Burke, suo “nemico personale”. Tali eventi hanno suscitato stupore e persino meraviglia nei corridoi del Palazzo apostolico. Si tratta di due errori monumentali e incomprensibili per un politico scaltro come Bergoglio ha dimostrato di essere. Strickland è ora più attivo che mai e può agire con la libertà che prima non aveva, e Burke è già stato elevato al rango di martire e confessore della fede e rafforzato in una leadership che prima gli mancava. Cosa è successo al papa? Le sue facoltà mentali sono già minate? La certezza, e l’allarme in Vaticano, non solo tra i conservatori, è che il naturale indebolimento della capacità di giudizio che viene con l’età sia stato aggravato dalla vicinanza quotidiana del cardinale Victor Fernández (a lui, tra l’altro, si riferiva il vescovo Strickland quando parlava delle “forze” che circondano il papa), che sta imbottendo la testa del pontefice e lo spinge a fare gaffe. Quello di Tucho, l’esperto dell’arte di baciare, sarebbe dunque in questo caso un bacio avvelenato.

È risaputo che Tucho non è esattamente un genio, anzi è l’opposto, anche se lui è convinto di esserlo. Le voci sugli effetti nefasti che l’influenza di Fernández potrebbe avere sulla strategia del bergoglianesimo sono tali che perfino il New York Time lo ha rilevato in un articolo (poi ripreso sabato da La Nación). La situazione ha allarmato il cardinale prefetto che si è subito rivolto all’amica Elisabetta Piqué per cercare di tamponare la falla e così l’ineffabile giornalista ha pubblicato su La Nación un articolo incredibile in cui cerca di ripulire la figura di Tucho. Come direbbe il governatore di Buenos Aires, “è molto chiaro” che l’articolo non è altro che un’operazione: l’alto prelato a cui si fa riferimento per denigrare il cardinale Burke non è altro che Tucho stesso, che usa i soliti poveri argomenti e i soliti esempi inconsistenti di sempre. Basta una rapida ricerca su internet per rendersene conto. Aggiungendo goffaggine a goffaggine, Piqué dedica alcuni paragrafi a dire che il cardinale Fernández non ha nulla a che fare con la vicenda (excusatio non petita, accusatio manifesta).

Insomma, papa Francesco ha appena commesso due gravi errori che favoriranno senza dubbio il settore più conservatore nel prossimo conclave. I curiali, da parte loro, stanno preparando coltello e forchetta per presentare il conto a Tucho quando arriverà l’ora di cena. Sono pronti a riscuotere dal buffone di corte ciò che la tirannia del sovrano ha fatto loro subire per anni.


Titolo originale: El cónclave a la vista y un beso envenenado de Tucho

Traduzione di Valentina Lazzari