Ancora Müller contro il Sinodo in un colloquio con Nico Spuntoni.
"Dio ha creato l'uomo e la donna, non 60 generi".
Luigi
Nico Spuntoni, Il Giornale, 6 Novembre 2023
È stato uno dei protagonisti del Sinodo che si è concluso la settimana scorsa, se non altro per il fatto di essere il più famoso tra i prelati critici ad averne fatto parte. Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede nella prima parte del pontificato di Francesco, non ha cambiato il suo giudizio al termine dei 25 giorni di lavori sinodali. In un lungo colloquio con IlGiornale.it, il teologo che ha curato l’opera omnia di Joseph Ratzinger traccia il suo bilancio di questa prima sessione e rimane scettico sulla scelta di fare un Sinodo sulla sinodalità: “Mai avrei consigliato al Papa di scegliere un tema così. Che vuol dire? Già di per sé il Sinodo è un concetto astratto. È un po’ come fare un’assemblea sull’ assembleareità. Per me non ha un grande senso”.
Il risultato di questi 25 giorni di lavori è una relazione di sintesi in cui fanno la loro comparsa, quasi defilati, i temi più controversi: il diaconato femminile, identità di genere, intercomunione, abolizione dell’obbligo del celibato sacerdotale. Su questi punti si è registrato il numero più alto di voti contrari tra i partecipanti, ma tutti i paragrafi del documento sono stati comunque approvati con una maggioranza netta. Nella conferenza stampa di presentazione, il cardinale Jean-Claude Hollerich – che del Sinodo è il relatore – ci ha tenuto a rivendicare questo risultato dicendo che “le resistenze non sono tanto grandi” e che “in uno Stato democratico, se avessimo risultati simili per l’approvazione di una legge in Parlamento, saremmo molto felici”. Un paragone discutibile alla luce delle numerose dichiarazioni del Papa e dello stesso Hollerich volte a puntualizzare che il Sinodo non è un Parlamento. “È una contraddizione”, dice Müller a IlGiornale.it, spiegando che “i voti dei vescovi in un Concilio o in un Sinodo non sono voti che rappresentano la volontà del popolo o di un’oligarchia perché i vescovi parlano come testimoni della verità”. “I vescovi e anche il Papa non sono il Signore, non sono i proprietari della Chiesa, ma sono solo successori degli apostoli”, specifica il porporato tedesco. Dichiarazioni come quella fatta dal relatore del Sinodo sul peso delle votazioni lasciano perplesso ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede che resta perplesso anche sull’allargamento della partecipazione ad un gruppo limitato di laici: “un Sinodo dei vescovi è un Sinodo dei vescovi, istituzione fatta per lasciar partecipare i vescovi al governo della Chiesa universale ma sulla base della loro ordinazione”, osserva il cardinale. “Adesso – continua Müller - si tende quasi a relativizzare l’ufficio dei vescovi, parificandolo ai laici ma così facendo l’unico rimasto col magistero è il Papa”. Questo Sinodo segna un allontanamento dal Concilio Vaticano II? Così la pensa l’uomo a cui Benedetto XVI affidò la custodia dell’ortodossia cattolica prima della rinuncia. “Non dico che lo facciano volontariamente, ma forse devono studiare meglio i documenti conciliari” incalza il cardinale. Poi aggiunge: “Il Vaticano II voleva superare questo isolamento del Papa dal resto del collegio episcopale, ora invece l’hanno allontanato”.
Poca teologia, troppo psicologia e sociologia
Ma come sono andati i 25 giorni trascorsi in aula Paolo VI seduto agli ormai famosi tavoli tondi? Müller non nasconde la contrarietà rispetto a quello che ha ascoltato da alcuni partecipanti. “C’era un mix fra argomenti teologici, analisi sociologiche e psicologia”, ci racconta il cardinale sottolineando come, se è vero che “la teologia è in contatto con altre scienze, soprattutto con la filosofia” è anche vero che ad un Sinodo dei vescovi “gli argomenti come tali devono essere argomenti teologici perché questa è l’essenza della missione della Chiesa che non è un’organizzazione naturale fatta da uomini, non è comprensibile solo con categorie delle organizzazione civili”. In particolare, a suscitare più di qualche perplessità sotto questo punto di vista sono stati gli interventi dei laici che, pur presenti in rappresentanza dell’intero popolo di Dio, non sono stati eletti ma selezionati dalle conferenze episcopali e poi scelti dal Papa in persona. Le loro posizioni erano piuttosto convergenti e il cardinale tedesco fa notare a IlGiornale.it che mancavano tra i partecipanti quei fedeli con altre sensibilità. Ai delegati laici consiglia di approfondire lo studio delle costituzioni del Concilio, soprattutto la Lumen Gentium e la Dei Verbum. Müller non scarta la possibilità che si possa creare un dialogo tra opinioni opposte e persino trovare una sintesi, ma “sulla fede non possiamo compromessi”. Una posizione che spiega con un esempio a lui caro: “san Bonaventura e san Tommaso hanno avuto un stile diverso nella teologia, ma la stessa fede”. Zero compromessi sulla fede, dunque perché “o crediamo nella natura divina di Cristo o no. Tertium non datur”. Lo spiega con un altro esempio che riporta ad uno dei paragrafi della relazione di sintesi, quello relativo alla questione della ospitalità eucaristica: “abbiamo sette sacramenti, non due come i protestanti. Quindi non possiamo fare compromessi e magari venirsi incontro a cinque perché un sacramento è trasmissione della grazia divina”.
Nessun nemico, ma zero compromessi
La sua partecipazione al Sinodo ha garantito la presenza di una voce controcorrente e non è sfuggita anche a chi la pensava in maniera molto diversa da lui. È il caso di padre James Martin, noto per il suo impegno a favore dell’accettazione della causa Lgbtq+ nella Chiesa. Nei giorni dei lavori sinodali, il gesuita statunitense ha pubblicato una fotografia in compagnia di Müller. L’ex prefetto racconta a IlGiornale.it l’episodio, spiegando che Martin si è avvicinato in un momento di pausa per chiedergli la foto e lui non ha avuto alcunché da obiettare. “Non siamo nemici, io parlo con tutti. Abbiamo fatto la foto ma questo non vuol dire che io accetto i suoi programmi sull’accettazione della propaganda Lgbt”, dice il cardinale. In effetti, nell’apprendere che il gesuita americano si è detto deluso per l’assenza di una menzione specifica sulla comunità arcobaleno nella relazione di sintesi, il teologo tedesco dà sfoggio della sua ironia commentando con un indicativo “grazie a Dio”. La posizione di Müller è chiara: “si rimane delusi se prima si avevano delle illusioni. Non si può venire ad un Sinodo ed avere l’illusione che la Chiesa possa essere in grado di cambiare la dottrina rivelata”. “La Chiesa – aggiunge il cardinale – non è maestra ma serva della Parola di Dio: se Dio ha rivelato che esiste l’uomo e la donna non possiamo dire che ci sono 60 generi. Ne esistono solo due secondo la volontà di Dio”. Insegnamento sull’omosessualità e natura del Sinodo sono due dei temi su cui si è più battuto l’ex prefetto ma sono anche due dei cinque quesiti al centro dei Dubia presentati dai cardinali Walter Brandmüller, Raymond Burke, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah al Papa. Müller spiega a IlGiornale.it di non aver sottoscritto il testo soltanto perché non ricorda di averlo ricevuto o meno, ma dimostra di condividerne i contenuti rimandando a quanto da sempre sostenuto nella sua opera teologica, nelle omelie ed anche nelle interviste. Insomma, è nota la sua contrarietà a qualsiasi ipotesi di cambiare la dottrina e probabilmente è per questo, scherza il porporato, che durante le pause dei lavori sinodali nessuno gli si è avvicinato per perorare le cause più progressiste.
Il dramma suicidi
Ma da Müller non arrivano solo critiche. A Francesco, infatti, indirizza anche dei consigli su quali sono a suo parere i temi su cui davvero la Chiesa farebbe bene ad interrogarsi. “Nel mondo di oggi dovremmo parlare di come arrivare alla gente col Vangelo di Gesù Cristo quando in Italia 2/3 dei giovani dicono di non credere in Dio e di non trovare un senso nella loro vita”, osserva il cardinale. Lo preoccupa l’aumento dei suicidi, una delle cause di morte maggiore tra i giovani in tutto il mondo. Per Müller questo dato è “un segno del profondo nichilismo che esiste nelle nostre società ex cristiane”. Sono queste le grandi sfide che attendono il Cristianesimo, dice l’ex prefetto. La Chiesa deve interrogarsi su temi quali il transumanesimo perché “senza alcun elemento della trascendenza l’uomo è solo schiavo di poteri come l’intelligenza artificiale”.