"Se il progetto di riforma andasse in porto, finirebbe per condizionare l'elezione del Papa a logiche mondane, riproponendo proprio ciò che si rimprovera ai secoli passati".
Luigi
BORGO PIO 24_11_2023
Nel dibattito suscitato dalle indiscrezioni su un progetto di riforma del conclave in chiave sinodale, interviene anche George Weigel, biografo di due Papi e autore di peso nel mondo cattolico.
Il rischio concreto è quello di subordinare l'elezione del Papa a logiche mondane. Weigel la prende apparentemente da lontano nell'articolo apparso su First Things, ricordando l'antico diritto di veto esercitato durante vari conclavi da parte di sovrani e imperatori, per mezzo dei cardinali "di fiducia". Diritto noto come ius exclusivae che fu abolito dalla costituzione apostolica Commissum nobis, promulgata nel 1904 da San Pio X. Paradossalmente questi fu l'ultimo Pontefice eletto anche per effetto di quel privilegio esercitato, per l'ultima volta nella storia, dall'imperatore Francesco Giuseppe che aveva posto il veto sull'altrimenti papabile card. Mariano Rampolla del Tindaro. Naturalmente l'imperatore non era fisicamente presente in conclave, ma si fece latore del veto il card. Jan Puzyna di Cracovia.
La questione «può sembrare oggi un anacronismo. Ma forse no», afferma Weigel, anzi potrebbe riproporsi mutatis mutandis qualora andasse in porto il ventilato progetto di riforma del conclave, specialmente laddove si parla di integrare nel collegio degli elettori «un misto di laici, uomini e donne, clero e religiosi» e per di più usando, nelle congregazioni preconclave, «la metodologia facilitata della “Conversazione nello Spirito” del Sinodo-2023 per “discernere” di cosa ha bisogno la Chiesa in un nuovo Papa».
Attraverso queste "aperture", «altre potenze mondane cercherebbero sicuramente di esercitare altre forme di “veto”», dice Weigel, e persino più invadenti di quelle esercitate in passato da un singolo sovrano nei confronti di un singolo papabile: «I governi ostili alla Chiesa vorranno senza dubbio mettere i remi nelle acque del conclave (...) Cina, Russia, Cuba e Venezuela (...). Poi ci sono i filantropi miliardari» per i quali «la Chiesa cattolica è l’ultima grande istituzione globale che ostacola l’agenda arcobaleno (...); questi uomini e donne hanno già ritenuto utile versare milioni di dollari in referendum sull’aborto in Paesi storicamente cattolici, e non c’è motivo di pensare che si farebbero scrupoli a usare la loro ricchezza per influenzare le discussioni pre-voto durante un interregno papale». Magari venendo loro stessi nominati nella "quota laica" di elettori. Se è vero che le dinamiche umane si sono sempre mescolate all'interno di un santuario, alle vecchie questioni di potere si sostituirebbero condizionamenti decisamente maggiori e più a lungo termine, poiché di natura ideologica. Uno scenario simile e speriamo soltanto ipotetico aprirebbe le porte della Cappella Sistina non più a monarchi e imperatori, ma a ben più pressanti lobby e agende.