L'incontro si svolge anche quest'anno nella sala convegni dell'Augustinianum, a fianco di piazza S. Pietro e si apre con un saluto di Rubén Peretó Rivas, direttore dell’associazione Centre internazional d’études liturgiques, che ci ricorda la figura di Cristina Campo, la quale fino alla morte nel 1977 soffrì e lottò per la divina liturgia di sempre, affinché non si perdesse "la cosa più bella che avesse mai visto e provato".
Alla presenza del card. Sarah, l'abbé Barthe saluta poi i presenti, ricordando che, più che mai, la nostra presenza quest'anno avrà valore di testimonianza. La nostra processione per le vie di Roma, fino alla Basilica del Principe degli Apostoli (dove, come noto, quest'anno ci viene proibito di celebrare la s. Messa) rappresenta la voce dei figli della Chiesa i quali chiedono il
pane (spirituale) e ai quali, aggiunge e spera il cronista, il padre non darà una serpe o uno scorpione, come promette il Vangelo di Luca (cap. 11)...Mons. Schneider, il primo relatore, dopo la prolusione di ieri di cui abbiamo già dato notizia, prende le mosse da uno scritto di S. Clemente, papa alla fine del primo secolo, sulla liturgia: la Lettera alla Chiesa di Corinto.
La Chiesa dei primi secoli era essenzialmente tradizionalista e considerava la propria liturgia in continuità con quella ebraica dell'antico Testamento, attraverso la valorizzazione del significato simbolico dei gesti e degli oggetti rituali, il silenzio, il sancta sanctorum (ora rappresentato dalla Custodia Eucaristica).
Papa Clemente, nell'infanzia del Cristianesimo, già si preoccupava che fosse preservato il κανών τῆς λειτυργίας, come quel Padre della Chiesa scrive nell'originale in greco, ossia il canone della liturgia.
La Chiesa antica percepiva la liturgia come manifestazione della Fede; la liturgia, quindi, non può essere rivoluzionata se non al prezzo di rivoluzionare, e quindi perdere, la Fede.
Scriveva il colto liturgista benedettino dom Capelle nel 1949 (Memoria sulla riforma liturgica) che nulla nel rito è da cambiare, se non in caso di estrema necessità, perché la liturgia è il deposito della Fede e della Pietà dei secoli.
Dietrich von Hildebrand nel 1967, nel suo libro Il cavallo di Troia nella casa di Dio, si elevava contro il sovvertimento della liturgia e l'inserimento in essa di idee eretiche, come quella che si introducessero novità liturgiche imposte sulla base di teorie e pressioni accademiche, anziché attraverso un cauto sviluppo organico interno.
In effetti ogni eretico o settario che in passato (da Lutero a Calvino, ad esempio) ha voluto introdurre nuove idee, ha trovato l'ostacolo insormontabile della liturgia e per questo si è dovuto applicare in primo luogo ad abbattere o sovvertire quest'ultima, prima di poter far affermare le proprie idee personali. Non a caso Lutero deprecava l'abominazione della messa papista.
Per finire, ci ricorda mons. Schneider che l'autorità del Papa non è illimitata, ma al servizio della Tradizione della Chiesa, ossia del Deposito della Fede. Questo scriveva il card. Ratzinger nella Introduzione allo spirito della liturgia.
Enrico
Grazie Mil per far vivere il convegno a chi non è potuto partecipare.
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